Data: 2015-11-04 07:54:45

LIBERALIZZAZIONI e divieto di contingenti - immediata applicazione

LIBERALIZZAZIONI e divieto di contingenti - immediata applicazione

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[color=red][b]TAR VENETO, SEZ. III – sentenza 30 ottobre 2015 n. 1118[/b][/color]

N. 01118/2015 REG.PROV.COLL.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 697 del 2015, proposto da:

Progetto.33, rappresentato e difeso dagli avv. Silvano Ciscato, Andrea Faresin, con domicilio eletto presso Antonio Sartori in Venezia, San Polo, 2988;

contro

Regione Veneto, rappresentata e difesa dagli avv. Ezio Zanon, Emanuele Mio, Cristina Zampieri, con domicilio eletto presso Ezio Zanon in Venezia, Regione Veneto – Cannaregio, 23;

Azienda Ulss N. 3 Bassano del Grappa (Vi), rappresentata e difesa dall’avv. Mario Calgaro, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, Via Cavallotti, 22;

Presidio Ospedaliero dell’Azienda Ulss N. 3 di Asiago, Comune di Roana;

per l’annullamento

1) del provvedimento prot. n. 89917 Class. C. 101 del 2 marzo 2015; 2) della nota prot. n. 505055 Class. C. 101 del 26 novembre 2014; 3) della nota prot.n. 423295 Class. C. 101 del 9 ottobre 2014; 4) del parere prot. n. 381320 Class. 101 dell’ 11 settembre 2014; 5) del parere prot. n. 336355 Class. C. 101 del 6 agosto 2014; 6) del parere prot. n. 336298 Class. C. 101 del 6 agosto 2014; 7) degli atti connessi, presupposti e conseguenti,nonché per la disapplicazione o, in via subordinata per l’annullamento: 8) della delibera della Giunta Regionale del Veneto 19.11.2013, n. 2122, e dei relativi allegati; 9) della delibera della Giunta Regionale del Veneto 24.12.2012, n. 2718, e dei relativi allegati; 10) della delibera della Giunta Regionale del Veneto 30.12.2008, n. 4197, e dei relativi allegati; 11) della delibera della Giunta Regionale del Veneto 09.10.2007, n. 3148, e dei relativi allegati; 12 ) della delibera della Giunta Regionale del Veneto 16.08.2004, n. 2501, e dei relativi allegati (compreso il Manuale delle procedure); 13) di ogni altro atto eventualmente presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Veneto e di Azienda Ulss N. 3 Bassano del Grappa (Vi);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 la dott.ssa Oria Settesoldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La ricorrente ricorda di aver locato il presidio ospedaliero dismesso di Mezzaselva, dopo aver formulato una proposta per l’utilizzo della struttura come ospedale privato in relazione ad invito a manifestare interesse” formulato dall’A.U.L.S.S.,

L’A.U.L.S.S. e la ricorrente hanno quindi stipulato dapprima il protocollo d’intesa del 05.11.2012, definendo l’oggetto del contratto di locazione nei seguenti termini: “3. La società Progetto 33 Srl – Iniziativa Sanitaria destinerà l’immobile:

a) ad uso sanitario, in parte con attività intra ed extra ospedaliere ed in parte con prevalenza assistenziale di media intensità, al fine di svolgere una gestione globale della riabilitazione di carattere ortopedico traumatologico, fisiatrico e neuropsichiatrico;

b) all’esecuzione di interventi in Day Hospital – previa realizzazione delle due sale operatorie, già previste originariamente al grezzo – di tipo ortopedico, chirurgico bariatico minore e chirurgico-plastico estetico;

c) alla formazione con corsi di laurea triennali in Fisioterapia ed Infermieristica in accordo con le Università, nonché corsi di formazione per gli operatori socio sanitari” ; successivamente, il 22.11.2013, è stato stipulato il contratto di locazione, che prevede, in particolare, che:

– gli immobili siano destinati “allo svolgimento delle attività di cui al punto 3 del Protocollo d’Intesa” (e quindi all’“uso sanitario, in parte con attività intra ed extra ospedaliere ed in parte con prevalenza assistenziale di media intensità”, nonché “all’esecuzione di interventi in Day Hospital”);

– il canone annuo ammonti a € 186.000,00;

– non siano dovuti canoni per i primi tre anni e mezzo, in ragione dei cospicui interventi di manutenzione necessari;

– l’A.U.L.S.S. esegua gli interventi necessari per la certificazione antincendio;

– la locatrice esegua interventi di manutenzione (“lavori di natura edile e impiantistica volti al ripristino delle normali condizioni d’uso dell’immobile”) di importo stimato in € 651.000,00.

Si specifica quindi che il contratto di locazione, stabilisce chiaramente che la struttura sanitaria erogherà “prestazioni di ricovero ospedaliero” (artt. 3 e 4 della l.r. n. 22/2002) ma in regime esclusivamente privato, senza alcun onere o contributo a carico della Regione o dell’Azienda U.L.S.S..

Presentate le s.c.i.a. per le opere di manutenzione da eseguire ed avviati i relativi interventi, il 12.05.2014 l’A.U.L.S.S. n. 3 ha attestato che il complesso di Mezzaselva “sarà destinato a uso sanitario, in parte con attività intra ed extra ospedaliera e in parte con attività riabilitativa, con interventi in Day Hospital, in regime esclusivamente privato,..”).

Il 24.06.2014, la ricorrente ha quindi presentato alla Regione la domanda di autorizzazione all’esercizio della struttura sanitaria ex art. 4 della l.r. n. 22/2002, specificando che avrebbe svolto, appunto, l’attività di “casa di cura – ospedale privato ad indirizzo particolare (riabilitativo) – A1C”, ottenendo la risposta, censurata in via principale con il presente ricorso, ove si ritiene la domanda “improcedibile”, affermando che:- l’istanza non sarebbe coerente con la programmazione regionale, perché “nell’area provinciale di riferimento l’attuale dotazione dei posti letto di medicina riabilitativa previsti e rapportati alla popolazione risulta adeguata, sia sotto il profilo della soddisfazione del fabbisogno complessivo, che sotto il profilo della localizzazione e distribuzione territoriale delle strutture presenti in ambito territoriale e quindi dell’accessibilità delle cure”;

– inoltre la struttura sarebbe “priva del titolo realizzativo, prescritto per la presentazione della domanda in esame in base alla disciplina vigente”;

Questi i motivi di ricorso:

A) Sull’illegittimità del motivo di diniego concernente l’asserita “incoerenza” con la programmazione regionale.

A.1) Violazione dell’art. 8 ter del d.lgs. 30.12.1992, n. 502.

Si sostiene anzitutto che la verifica della “coerenza” con la programmazione regionale non è prescritta dalla normativa statale, in quanto la norma in epigrafe al comma 4 circoscrive la verifica per l’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie al rispetto dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi senza estenderla alla coerenza con la programmazione regionale.

A.2) In via progressivamente subordinata, l’ illegittimità sarebbe conseguente a: – l’intervenuta abrogazione (A.2.1), – l’inapplicabilità (A.2.2), – l’illegittimità costituzionale (A.2.3);, dell’art. 4, comma 2, della l.r. 16.08.2002, n. 22.

A.2.1) Sull’intervenuta abrogazione dell’art. 4, comma 2, della l.r. 16.08.2002, n. 22, si sostiene che l’art. 4, comma 2, della l.r. n. 22/2002 , che subordinava il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie anche alla verifica della “rispondenza del progetto alla programmazione socio-sanitaria regionale, definita in base al fabbisogno complessivo ed alla localizzazione e distribuzione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture”, dovrebbe ritenersi abrogato in quanto l’art. 1, commi 1 e 2, del d.l. 24.01.2012, n. 1, conv. in l. 24.03.2012, n. 27, ha stabilito l’abrogazione di tutte le previsioni che comprimono o condizionano indebitamente la libertà di iniziativa economica sancita dagli artt. 2, 3, 4 e 41 della Costituzione;

A.2.3) In via ulteriormente subordinata: sull’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, della l.r. 16.08.2002, n. 22, nonché degli artt. 2 e 9 e dell’allegato A della l.r. 29.06.2012, n. 23, per contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 41 e 117, secondo comma, lett. e), Cost..

Per il caso in cui, invece, si ritenga che l’art. 4, comma 2, della l.r. n. 22/2002 sia (ancora) applicabile anche al procedimento di rilascio dell’autorizzazione all’esercizio degli ospedali privati non destinati all’accreditamento si chiede che sia sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 2, l.r. n. 22/2002 e degli artt. 2 e 9, nonché dell’allegato A della l.r. n. 23/2012, per violazione delle norme di cui agli artt. 2, 3, 4, 41 e 117, secondo comma, lett. e), Cost..

Infatti, né il PSSR 2012-2016, né le schede di dotazione ospedaliera delle singole A.U.L.S.S. approvate con d.G.R. n. 2122/2013 fanno riferimento agli ospedali privati non destinati all’accreditamento. Di conseguenza, se tale programmazione dovesse ritenersi “vincolante” ai sensi dell’art. 4, comma 2, della l.r. n. 22/2002 (che subordina l’autorizzazione all’esercizio “alla positiva valutazione della rispondenza del progetto alla programmazione socio-sanitaria regionale”), fino al 2016 non potrebbe essere autorizzato l’esercizio di alcuna struttura ospedaliera privata non destinata all’accreditamento (anche se, come tale, non comporterebbe alcun onere a carico del bilancio regionale, nemmeno “in prospettiva”), il che sarebbe incompatibile con le norme e i principi stabiliti dall’art. 1, commi 1 e 2, del d.l. n. 1/2012, conv. in l. n. 27/2012, ai quali la Regione avrebbe dovuto adeguarsi entro il 31.12.2012.

Il 29.06.2012, con la l. n. 23, la Regione ha invece fissato un quadro programmatorio che, applicato unitamente all’art. 4, comma 2, della l.r. n. 22/2002, preclude per un quinquennio l’autorizzazione all’esercizio di ulteriori strutture sanitarie, così allestendo, a beneficio delle strutture pubbliche e private già operanti una “barriera di protezione”, e creando pregiudizio a chi necessiti di un ricovero ospedaliero, per l’indisponibilità dei posti letto che potrebbero essere garantiti dalle strutture private “a pagamento”.

A.3) Violazione dell’art. 3 della l. 07.08.1990, n. 241. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, incongruità, difetto d’istruttoria e carenza di motivazione; nell’assunto che il diniego opposto dalla Regione alla domanda di autorizzazione all’esercizio non spiegherebbe in modo idoneo da cosa deriverebbe la “non coerenza della domanda con la programmazione regionale”.

Neppure i pareri richiamati nel diniego impugnato risulterebbero motivati in modo idoneo.

Sia il parere della Sezione Attuazione Programmazione Sanitaria della Regione 06.08.2014, prot. 336355, Class. C.101 (impugnato sub 5 in epigrafe), sia quello del Settore Strutture di Ricovero Intermedie e Integrazione Socio-Sanitaria 06.08.2014, prot. 336298, Class. C.101 (impugnato sub 6 in epigrafe), infatti, si limiterebbero ad affermare, in modo del tutto apodittico, che la domanda non sarebbe “coerente con la programmazione regionale”.

Inoltre gli stessi dati regionali smentirebbero il giudizio di “soddisfazione del fabbisogno complessivo” espresso dalla Regione.

Il diniego, infatti, espone che “nell’area provinciale di riferimento l’attuale dotazione dei posti letto di medicina riabilitativa previsti e rapportati alla popolazione risulta adeguata”.

Rimarca peraltro parte ricorrente che le dotazioni previste dal PSSR 2012-2016 sono pari a:

-3 posti letto per mille abitanti per acuti e 0,5 posti letto per mille abitanti per l’area della riabilitazione (come da allegato A alla l.r. n. 23/2012 e allegato A alla d.G.R. n. 2122/2013; impugnata sub 8 in via subordinata).

L’“area provinciale di riferimento” – quella di Vicenza – conta 869.813 abitanti (dato ISTAT al 31.12.2013;), i quali “avrebbero diritto”, secondo il PSSR, a 2.609 posti letto ospedalieri per acuti e a 435 posti letto per riabilitazione.

Per gli ospedali pubblici e privati accreditati della Provincia di Vicenza, invece, le schede ospedaliere approvate con d.G.R. n. 2122/2013 prevedono 2.395 posti letto per acuti e 265 posti letto per la riabilitazione.

Secondo gli stessi parametri stabiliti dal PSSR 2012-2016, dunque, a livello provinciale dovrebbero ritenersi mancanti : n. 214 posti letto per acuti e n. 170 posti letto per la riabilitazione.

A ciò dovrebbe aggiungersi che nel solo territorio dell’A.U.L.S.S. n. 3 (in cui risiedono 180.517 abitanti) i posti letto per acuti dovrebbero essere 541 e quelli per la riabilitazione 90, sempre secondo i parametri stabiliti dal PSSR, mentre le schede ospedaliere di cui alla d.G.R. n. 2122/2013 ne prevedono rispettivamente 468 (-73) e 47 (-43).

Ne conseguirebbe l’insufficienza istruttoria e motivazionale del diniego e l’incongruità del giudizio espresso.

B) Sull’illegittimità del motivo di diniego concernente l’asserita assenza del titolo realizzativo.

B.1) Sull’illegittimità derivante dalla preesistenza della struttura sanitaria; si deduce che alle date del 31.07.1999 e (a maggior ragione) 04.09.2002 erano già avvenute sia la realizzazione dell’ospedale di Mezzaselva, sia la sua integrale ristrutturazione(completata nel 1995) , con la definitiva realizzazione della struttura in data anteriore a quella dell’entrata in vigore sia dell’art. 8 ter, comma 1, del d.lgs. n. 502/1992 che dell’art. 3 comma 2 della l. r n. 22/2002; ulteriormente si sostiene che la cessazione del solo “esercizio ( dal 2005), essendo rimaste inalterate sia la struttura che la destinazione d’uso del nosocomio di Mezzaselva, non avrebbe potuto imporre per la sua riapertura alcuna “autorizzazione alla realizzazione”non essendo necessari né la “costruzione”, né l’“ampliamento”, né la “trasformazione” o il “trasferimento” della struttura sanitaria, dato che gli unici interventi necessari erano quelli previsti dall’art. 11 del contratto di locazione stipulato con l’A.U.L.S.S. n. 3 (“lavori di natura edile e impiantistica volti al ripristino delle normali condizioni d’uso dell’immobile”).

Sia la Regione, sia l’A.U.L.S.S. n. 3, del resto, hanno attestato che non era necessario autorizzare nuovamente la “realizzazione” della struttura (intendendosi per tale la “costruzione”, l’“ampliamento”, la “trasformazione” o il “trasferimento” della stessa) e infatti alla precisa richiesta di autorizzazione presentata dall’ente proprietario (A.U.L.S.S. n. 3), il Dirigente regionale preposto alla Direzione Controlli e Governo SSR della Regione ha espressamente risposto che la locazione del complesso ospedaliero di Mezzaselva “non è soggetta ad autorizzazione della Regione, a norma … dell’art. 13, c. 1 della L.R. 16 agosto 2007, n. 23 in materia di autorizzazioni regionali alle strutture sanitarie e socio-sanitarie” (atto 12.07.2012, prot. 322863;).

La norma citata (art. 13, comma 1, della l.r. n. 23/2007) disciplina il rilascio delle autorizzazioni regionali relative agli investimenti per “nuova costruzione, ampliamento o ristrutturazione di strutture sanitarie socio-sanitarie pubbliche, ad esclusione delle spese relative ad interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria”.

B.2) In via gradatamente subordinata si deduce che l’ illegittimità sarebbe conseguente: all’intervenuta abrogazione (B.2.1), all’inapplicabilità (B.2.2), all’illegittimità costituzionale (B.2.3), dell’art. 8 ter, commi 1 e 3, del d.lgs. 30.12.1992, n. 502, e dell’art. 3, commi 2 e 3, della l.r. 16.08.2002, n. 22.

Per l’ipotesi in cui si ritenesse che l’ospedale di Mezzaselva dovesse essere dotato di una nuova “autorizzazione alla realizzazione” si deduce quindi:

B.2.1) l’intervenuta abrogazione dell’art. 8 ter, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 502/1992, dell’art. 3, commi 2 e 3, della l.r. 16.08.2002, n. 22. per contrasto con le norme liberalizzatrici di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del d.l. n. 1/2012, conv. in l. n. 27/2012.

B.2.2) l’inapplicabilità dell’art. 8 ter, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 502/1992, dell’art. 3, commi 2 e 3, della l.r. 16.08.2002, n. 22; nell’assunto che il Piano socio-sanitario regionale 2012-2016 approvato con l.r. n. 23/2006 e il provvedimento di approvazione delle nuove schede ospedaliere delle A.U.L.S.S. del Veneto (d.G.R. 19.11.2013, n. 2122) farebbero esclusivo riferimento agli ospedali privati accreditati. Pertanto, anche ritenendoli ancora vigenti, comunque l’art. 8 ter, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 502/1992 e l’art. 3, commi 2 e 3, della l.r. n. 22/2002, andrebbero considerati non più applicabili, nel Veneto per tali ospedali privati (non destinati all’accreditamento), poiché la l.r. n. 23/2012 ha circoscritto l’ambito di operatività del PSSR ai soli ospedali pubblici e privati accreditati.

B.2.3) In via ulteriormente subordinata: illegittimità costituzionale dell’art. 8 ter, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 502/1992, dell’art. 3, commi 2 e 3, della l.r. n. 22/2002, nonché degli artt. 2 e 9 e dell’allegato A della l.r. 29.06.2012, n. 23, per contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 41 e 117, secondo comma, lett. e), Cost.. per incompatibilità con le norme e i principi stabiliti dall’art. 1, commi 1 e 2, del d.l. n. 1/2012, conv. in l. n. 27/2012. come già precedentemente chiarito.

C) illegittimità per violazione dell’art. 1, comma 1, della l. 07.08.1990, n. 241, in relazione alla violazione del principio comunitario dell’affidamento, e per eccesso di potere per violazione del principio dell’affidamento e ingiustizia manifesta; nell’assunto che la ricorrente ha proposto di “riaprire” il complesso sanitario di Mezzaselva come ospedale privato, senza alcun onere per il bilancio regionale (e, anzi, con un beneficio per le “casse” dell’A.U.L.S.S. n. 3, che risparmierà le spese per la conservazione degli immobili e incasserà i canoni) e che il provvedimento impugnato – che nega l’esercizio delle attività sanitarie indicate dall’A.U.L.S.S. alla Regione già nel 2012, prima della firma del contratto di locazione – sarebbe in contrasto con il principio di tutela dell’affidamento, sintomo dell’eccesso di potere che vizia il diniego impugnato, al pari dell’ingiustizia manifesta che caratterizzerebbe la situazione in cui la ricorrente è venuta a trovarsi.

Si è costituita in giudizio la Regione Veneto controdeducendo per il rigetto del ricorso e l’AULSS N. 3 che ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva in quanto non destinataria delle domande proposte in ricorso.

Per quanto riguarda la richiesta dell’AULSS n. 3 il Collegio osserva che il ricorso, come chiaramente indicato nell’epigrafe dello stesso, non è stato proposto contro la medesima ma unicamente nei confronti della stessa, che è quindi è stata destinataria della notificazione, non diversamente dal Comune di Roana, come possibile cointeressata al ricorso, per cui la sua scelta di costituirsi in giudizio appare liberamente effettuata e nessuna dichiarazione di difetto di legittimazione passiva appare necessaria.

[color=red][b]Nel merito il ricorso è fondato.[/b][/color]

[b]L’art. 1, commi 1 e 2, del d.l. 24.01.2012, n. 1, conv. in l. 24.03.2012, n. 27, ha stabilito l’abrogazione di tutte le previsioni che comprimono o condizionano indebitamente la libertà di iniziativa economica sancita dagli artt. 2, 3, 4 e 41 della Costituzione e, ancorchè il comma 3 preveda l’emanazione di regolamenti attuativi per l’individuazione delle attività per le quali permanga l’esigenza della previa autorizzazione, la giurisprudenza si è già pronunciata nel senso di considerare le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, (che risultano ricognitive e attuative del principio, costituzionale ed europeo, di libertà d’iniziativa economica in condizioni di piena concorrenza fra tutti gli operatori, presenti e futuri, sancito dalla Costituzione e dal Trattato dell’Unione Europea) immediatamente applicabili (e non meramente “programmatiche”), stabilendo che l’ordinamento deve conformarsi al principio di libertà d’iniziativa economica indipendentemente dai regolamenti attuativi previsti dal comma 3.[/b]

[color=red][b]Pertanto, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 1/2012, conv. in l. n. 27/2012, le disposizioni emanate a tutela del principio di libertà d’iniziativa economica sono da ritenersi entrate in vigore in data 01.01.2013, dopo la scadenza del termine (31.12.2012) stabilito dai commi 3 e 4 del suddetto articolo.[/b][/color]

E’ ben vero che ai sensi del comma 2 del suddetto art. 1, “Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso ed all’esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l’iniziativa economica privata é libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l’utilità sociale, con l’ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica”, per cui , in materia di “salute”, restano validi limiti, programmi e controlli, purché risultino necessari ad evitare possibili danni.

[b]Ai sensi del comma 1, lett. b), del medesimo art. 1, tuttavia, non risultano né “adeguate”, né “proporzionate” le restrizioni che:- impediscano, condizionino o ritardino l’avvio di nuove attività o l’ingresso di nuovi operatori, ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, operanti in contesti e condizioni analoghi; impediscano, limitino o condizionino l’offerta di prodotti e servizi al consumatore, nel tempo nello spazio o nelle modalità.[/b]

Il Collegio ricorda anzitutto la necessità, ove possibile, di procedere una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni potenzialmente incompatibili con il principio di libertà di iniziativa economica, alla stregua del principio di legalità e certezza del diritto sancito dall’art. 1 della Costituzione e che la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 428 del 19.12.2008, ha precisato che la fissazione di limiti alla libertà di iniziativa economica privata, tutelata dall’art. 41, primo e secondo comma, Cost., può essere consentita solo ove detti limiti siano “non incongrui e non irragionevoli” e anche il Consiglio di Stato ha espresso un analogo orientamento proprio nella specifica materia in esame (CdS, III, n. 550 del 20.1.2013), sostenendo che la verifica di compatibilità regionale in materia di rilascio di autorizzazioni, effettuata in rapporto ad una pianificazione di distribuzione territoriale, non può risolversi, alla luce degli artt. 32 e 41 della Costituzione, che elevano la tutela della salute a diritto fondamentale dell’individuo e garantiscono la libertà di iniziativa di impresa, in uno strumento ablatorio delle prerogative dei soggetti che intendano offrire, in regime privatistico (vale a dire senza rimborsi o sovvenzioni a carico della spesa pubblica e con corrispettivi a carico unicamente degli utenti), mezzi e strumenti di diagnosi e di assistenza sul sul territorio; tutto quanto sopra premesso il Collegio rileva quindi che la pretesa di sottoporre le strutture sanitarie nella regione ad un contingente numerico massimo, non risulta in alcun modo connessa al superiore interesse pubblico generale alla tutela del diritto alla salute.

Detta pretesa, anzi, è suscettibile sia di limitare i servizi di prevenzione e cura concretamente attivabili sul territorio, sia di ostacolare il miglioramento qualitativo e la riduzione dei prezzi dell’offerta privata e non convenzionata con il servizio sanitario nazionale, grazie alla concorrenza ed alla conseguente facoltà di scelta dei pazienti fra strutture diverse.

Negli stessi termini si sono espressi anche il T.A.R. Lazio – Roma, con la sentenza della Sez. II, 14.01.2014, n. 455, il TA.R. Lazio – Latina, con la sentenza della Sez. I, 27.03.2014, n.252.

[b]L’unico, effettivo ed imprescindibile strumento di tutela rimane dunque quello costituito dalla puntuale verifica dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi (già imposta, peraltro, dall’art. 8 ter, comma 4, del d.lgs. n. 502/1992) mentre ogni altra limitazione non può che essere considerata “anti-concorrenziale”.[/b]

Conseguentemente il Collegio ritiene, anche rifacendosi agli indirizzi giurisprudenziali sopra richiamati, che le norme regionali che stabilivano un “contingentamento” delle strutture sanitarie private non destinate all’accreditamento – subordinandone l’esercizio ad una valutazione di congruità rispetto al numero massimo di strutture “programmato” dalla Regione – si pongano in contrasto con i principi comunitari e statali in materia di concorrenza e debbano quindi ritenersi abrogate fin dalla scadenza del termine fissato dall’art. 1, commi 3 e 4, del d.l. n. 1/2012, conv. in l. n. 27/2012 (31 dicembre 2012).

[color=red][b]Ne consegue che, dal 1^ gennaio 2013, deve considerarsi abrogata anche la disposizione di cui all’art. 4, comma 2, l.r. n. 22/2002 e che, per tale ragione, il diniego opposto dalla Regione alla domanda presentata dalla ricorrente risulta illegittimo per l’intervenuta abrogazione della norma in questione, per cui , con riferimento alla prima delle due ragioni addotte a supporto della ritenuta improcedibilità si rivelano fondate e ovviamente assorbenti le argomentazioni di ricorso sopra ricordate.[/b][/color]

Anche con riferimento alla seconda ragione addotta dalla Regione, vale a dire la mancanza di titolo realizzativo, è fondato e assorbente il primo motivo articolato sub b) in quanto, a prescindere da qualsiasi considerazione circa l’intervenuta abrogazione dell’art. 8 ter, comma 1, del d.lgs. n. 502/1992 e dell’art. 3, comma 2, della l.r. n. 22/2002 per contrasto con le norme liberalizzatrici ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 1/2012, conv. in l. n. 27/2012, dopo la scadenza del termine (31.12.2012) stabilito dai commi 3 e 4 del suddetto articolo, questione ininfluente nella situazione di fatto oggetto della presente controversia, dette norme erano comunque sicuramente entrate in vigore successivamente all’effettuazione degli interventi di realizzazione e ristrutturazione dell’edificio ospedaliero in questione.

Le norme soprarichiamate sono quindi inapplicabili alla mera ipotesi di “riapertura” dell’ospedale di Mezzaselva, che non implica né la “costruzione”, né l’“ampliamento”, né la “trasformazione” di tale struttura sanitaria, la quale, come previsto dall’art. 11 del contratto di locazione stipulato con l’A.U.L.S.S. n. 3, è stata assoggettata unicamente ad interventi consistenti in “lavori di natura edile e impiantistica volti al ripristino delle normali condizioni d’uso dell’immobile”.

Per tutte le considerazioni che precedono il ricorso è fondato e deve essere accolto con il conseguente annullamento degli atti impugnati in via principale, vale a dire gli unici per il cui annullamento sussista effettivo interesse.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, compensate nei confronti della A.U.L.S.S. n. 3.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Condanna la Regione Veneto a rifondere alla parte ricorrente le spese e competenze del presente giudizio liquidate in complessivi € 3.000,00 + oneri di legge, oltre alla rifusione del contributo unificato.

Spese compensate nei confronti dell’ A.U.L.S.S. n. 3.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente, Estensore

Riccardo Savoia, Consigliere

Giovanni Ricchiuto, Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 30/10/2015.

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