ORARI: ordinanza che limita a 2 ore al giorno - ILLEGITTIMA
[img width=300 height=199]http://www.timbrificiodiego.it/media/www.salviniluigi.it/catalog/product/cache/0/image/9df78eab33525d08d6e5fb8d27136e95/0/7/07703300.JPG[/img]
[b]TAR VENETO, SEZ. III – sentenza 29 ottobre 2015 n. 1115 [/b]
N. 01115/2015 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1292 del 2015, proposto da:
Alif Snc di Kalim Shuaib & C, rappresentato e difeso dall’avv. Caterina Bozzoli, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
contro
Comune di Padova, rappresentato e difeso dagli avv. Marina Lotto, Vincenzo Mizzoni, Paolo Bernardi, Paola Munari, Antonio Sartori, con domicilio eletto presso Antonio Sartori in Venezia, San Polo, 2988;
per l’annullamento
dell’ordinanza sindacale n. 40 dell’8 settembre 2015.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Padova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 la dott.ssa Oria Settesoldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
[b]La società ricorrente, titolare di un’attività di “Piadineria” ubicata nella centralissima Piazza delle Erbe di Padova, impugna il provvedimento in epigrafe con il quale il suo orario, in precedenza autorizzato dalle 12,00 a.m. alle 2,00 a.m., viene ridotto sino al 31.12 2015 a due sole ore di apertura per ogni giorno lavorativo, dalle ore 12,00 a.m. alle 14,00.[/b]
Il provvedimento impugnato colpisce solo l’attività del ricorrente e non tocca né le altre attività della piazza (tra le quali un supermarket che vende superalcolici esponendoli addirittura nella vetrina), né quelle delle altre piazze vicine ove si sono verificati episodi ancor più gravi e con maggiore frequenza (es. Piazza Duomo).
Questi i motivi di ricorso:
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del T.u.e.l. (D.lgs. n. 267/2000). Eccesso di potere per difetto di motivazione; nell’assunto che il provvedimento di “riduzione dell’orario dell’attività dalle 12 alle alle 14,00” risulta motivato sotto tre ordini di profili. I primi due fanno riferimento, rispettivamente:
– al fatto che l’esercizio avrebbe ricevuto in passato una diffida dall’A.S.L. a non effettuare “attività di preparazione e cottura di Kebab da vendere da asporto” e una “intimazione ad effettuare interventi di adeguamento e messa a norma all’interno dell’attività commerciale” entro cinque giorni (spostamento di un frigorifero a pozzetto, tinteggiatura del soffitto del bagno, esibizione del certificato di intervento sui filtri a carbone ecc..);
– a due verbali di Polizia Locale che, in data 8 marzo e 11 marzo 2015, accertavano la vendita di alcolici oltre l’orario consentito (due bottiglie di birra da 33 cc., alle ore 00.10 e 00.30).
Con riferimento alla prima contestazione il ricorrente ricorda di aver ottemperato alle richieste della A.s.l., che ha successivamente svolto un sopralluogo dove non è più stata rilevata alcuna irregolarità, e di aver chiarito, quanto alla cottura di Kebab contestata, che nel locale non viene svolta alcuna attività di cottura, dato che la carne è acquistata già cotta e viene solo scaldata su un “finto spiedo” per essere utilizzata per imbottire le piadine.
Quanto alla seconda contestazione si puntualizza trattarsi di due semplici multe, elevate dal Comune per la vendita di due lattine di birra fuori orario e prontamente pagate.
Si sostiene che si tratterebbe comunque di motivazioni inserite nel provvedimento comunale per così dire ad colorandum e non idonee a sorreggere una ordinanza contingibile e urgente ed a giustificare un provvedimento come quello emesso dal Comune.
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del D.lgs. n. 267/2000. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, falsità e carenza di presupposto, erroneità di motivazione, disparità di trattamento e violazione del principio di proprozionalità e abnormità provvedimentale. Violazione degli artt. 41 e 42 della Costituzione.
Il terzo profilo motivazionale sarebbe la vera motivazione del provvedimento e si evincerebbe dai seguenti passaggi:
– “considerato che nel corso degli ultimi mesi il personale della Polizia locale in servizio appiedato nella zona delle piazze centrali avrebbe constatato la presenza frequente, nei pressi dell’attività in parola, di persone nullafacenti e/o dedite ad attività sospette, afferenti allo spaccio ed il consumo di stupefacenti, e che tali persone, specie in orario tardo pomeridiano e serale, sarebbero solite aggregarsi e trattenersi nel sottoportico prospiciente l’esercizio, diventato luogo di abituale ritrovo dei medesimi soggetti”;
– “visto l’intervento effettuato dalla Polizia di Stato nella notte tra il giorno 4 e il giorno 5 settembre u.s. a seguito di una rissa verificatasi tra soggetti extracomunitari irregolari, sul territorio italiano, dediti a traffici illeciti, ed in particolare allo spaccio di sostanze stupefacenti”;
– “che l’attività stessa costituirebbe luogo di aggregazione di tali soggetti irregolari, favorendo di fatto l’organizzazione di attività illecite, prime tra tutte lo spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope, ingenerando la diffusione di un senso generale di insicurezza tra i cittadini che risiedono, lavorano o transitano nulla zona”;
– “che dalle situazioni descritte si evince una gestione dell’attività troppo tollerante e non rispettosa della normativa, che favorisce peraltro l’abuso di bevande alcoliche, con conseguente stato di forte aberrazione psicofisica di frequentatori e clienti”.
Parte ricorrente sostiene che si tratterebbe di mere illazioni, prive del benché minimo supporto istruttorio quanto al collegamento con l’esercizio commerciale del ricorrente, tra le tante attività di somministrazione presenti sulla piazza, tanto più che, non avendo il locale dimensioni tali da consentire ai clienti di stazionare all’interno, non sarebbe comprensibile come “l’attività stessa”, possa costituire “luogo di aggregazione di soggetti irregolari, favorendo di fatto l’organizzazione di attività illecite, prime tra tutte lo spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope”.
Lo stesso riferimento alla “rissa verificatasi nella notte tra il 4 e il 5 settembre” sarebbe del tutto pretestuoso perché il fatto si sarebbe svolto dalla parte opposta della Piazza, sulla quale si affacciano numerosi bar e locali che al momento del fatto erano tutti aperti. Vi sarebbe anche difetto di presupposto perché la circostanza sulla quale si fonda il provvedimento del Comune non sarebbe qualificabile come evento “imprevisto” ed “eccezionale”, tale da giustificare l’esercizio del potere extra ordinem di ordinanza e mancherebbero quindi i presupposti di pericolo grave, imminente, concreto ed irreparabile che giustificano l’emanazione da parte del Sindaco di un’ordinanza contingibile e urgente. Inoltre la misura assunta risulterebbe viziata per irragionevolezza, sproporzionalità e definitività perché la limitazione della apertura a due sole ore al giorno sino a dicembre porterebbe alla definitiva chiusura dell’attività.
3.Violazione degli artt. 7 e seguenti della legge n. 241/1990, per la mancata comunicazione ai ricorrenti dell’avvio del procedimento.
Il Comune di Padova si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, che risulta peraltro fondato e meritevole di accoglimento sotto i profili di eccesso di potere dedotti con il secondo motivo di ricorso.
[b]Invero se anche l’art. 54, 4^ comma del DLgs 267/2000 permette al sindaco di adottare motivati provvedimenti contigibili al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, tuttavia la norma specifica che questo deve avvenire nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento.[/b]
[color=red][b]Nel caso di specie la drastica riduzione d’orario imposta con l’atto impugnato fino a tutto il 31.12.2015 risulta non aver in alcun modo valutato né l’impatto sull’attività imprenditoriale, nè la validità di possibili soluzioni intermedie, tenuto conto del fatto che, per quanto riguarda le possibili mancanze di tipo igienico così come per la violazione della normativa inerente il commercio di bevande alcoliche, altri sono i mezzi all’uopo previsti dall’ordinamento e che, invece, il collegamento tra l’attività del ricorrente ed i riscontrati assembramenti di persone “indesiderabili” non risulta provato al di là di semplici illazioni, come invece sarebbe stato necessario data la gravità della decisione presa. Invece, proprio dalla documentazione istruttoria prodotta, il collegio rileva come sia stato riscontrato che la presenza delle forze dell’ordine comportasse un ‘immediata dispersione di tali assembramenti; pare quindi evidente che una ancor maggiore presenza in loco da parte di polizia comunale o di appartenenti alla pubblica sicurezza, con conseguente identificazione delle persone solite intrattenersi in loco, avrebbe permesso anzitutto di meglio chiarire i presunti rapporti tra l’esercizio interessato e persone coinvolte in attività illecite e forse anche di disincentivare le frequentazioni indesiderate, oltre a permettere la verifica di eventuali infrazioni dell’esercizio in questione in relazione alla normativa di vendita, tutti elementi che necessitano di riscontri precisi ed oggettivi quali possono essere rinvenuti solo da accertamenti circostanziati e oggetto di relazioni immediate e precise, nel caso di specie non presenti,[/b][/color]
La richiesta di risarcimento del danno deve essere respinta per la mancanza di prova, tanto più che il provvedimento risulta essere già stato sospeso con decreto 416/2015.
Per quanto sopra il ricorso è fondato nei limiti sopra ricordati e deve essere accolto con il conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il Comune di Padova a rifondere a parte ricorrente le spese e competenze del presente giudizio liquidate in € 2000,00 + oneri di legge oltre alla rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente, Estensore
Riccardo Savoia, Consigliere
Giovanni Ricchiuto, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 29/10/2015.