CHIUSA ATTIVITA' senza autorizzazione - non rileva il ritardo dell'Ente
SINTESI: non giustifica l'avvio dell'attività senza autorizzazione il fatto che l'Amministrazione abbia ritardato nel rilascio dei titoli. In questi casi è indispensabile IMPUGNARE IL SILENZIO .... invece che farsi giustizia da soli!
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[color=red][b]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 26 ottobre 2016 n. 4901[/b][/color]
N. 04901/2015REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10046 del 2014, proposto da:
Laboratorio Analisi Cliniche Alessandria Srl, rappresentata e difeao dagli avv. Stefano Gattamelata, Renzo Cuonzo, Alessandra Dipatrizi, Leopoldo De’ Medici, con domicilio eletto presso Stefano Gattamelata in Roma, Via di Monte Fiore 22;
contro
Regione Lazio, rappresentata e difesa per legge dall’avv. Roberta Barone, domiciliata in Roma, Via Marcantonio Colonna N. 27; Commissario ad acta per l’emergenza sanitaria nella Regione Lazio, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12; Asl RM A, rappresentato e difeso dall’avv. Alessia Alesii, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Asl Rm/A in Roma, Via Ariosto 3/9;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Lucia Bertossi, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Mariani, con domicilio eletto presso Marco Mariani in Roma, Via Savoia 78; Cristiana Gorini, Ilaria Graniero, Arsenio Masi, Vincenzo Morrone, Maria Luisa Riitano, Maria Giuseppina Strillitano, Maurizio Tatti, Floriana Trotto, Maria Antonietta Sazzara, Silvia Carpentieri, Marialuisa Santoro, Lucrezia Serrani, Elisabetta Curti, Vincenzo Jannone, Francesco Pelliccia, Angela Calicchia, Alessio Pederzoli, Stefania Natalizi, Leo Guidobaldi, Vincenzo Olla, Michele Russo, Armando Bertolazzi, Giorgio Di Lorenzo, rappresentati e difesi dall’avv. Marco Mariani, con domicilio eletto presso Marco Mariani in Roma, Via Savoia, 78; Angelo Appiotti, Renato Giammarruto, Nuria Pizzarro, Leonardo Marianaccio, Giusi Rossi, Stefano Lupo, Valeria Sebastiani, Paola Alex Mascioli, Natalia Manfredi, Irene Cecchi, Alessia Carbone, Claudia Moro;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III TER n. 11416/2014, resa tra le parti, resa tra le parti, concernente cessazione attività di struttura sanitaria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Commissario ad acta per l’emergenza sanitaria nella Regione Lazio e di Asl RM A;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2015 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti gli avvocati Gattamelata, Barone, Alesii, e dello Stato Ferrante Wally;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il TAR ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dalla Laboratorio analisi cliniche Alessandria s.r.l. (d’ora innanzi Laboratorio) contro il decreto del Commissario ad acta per l’emergenza sanitaria nella Regione Lazio n.460 del 2013 (di annullamento d’ufficio del decreto commissariale n.19 del 2013, con il quale era stata confermata l’autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria gestita dal Laboratorio) e ha respinto i motivi aggiunti contro il decreto commissariale n.188 del 2014 (tranne che per la parte, per la quale il ricorso è stato accolto, in cui è stata disposta la sospensione dell’attività di istopatologia), con cui era stata ordinata la cessazione del poliambulatorio, in quanto trasferita senza autorizzazione da Via Velletri n.10 a Via Piave n.76 a Roma.
Avverso la predetta decisione ha proposto appello il Laboratorio, insistendo nel sostenere l’illegittimità del decreto commissariale n.188 del 2014 e invocando, quindi, il suo annullamento, in riforma della sentenza impugnata.
Si sono costituiti la Regione Lazio e l’ASL RM A, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Sono intervenuti ad adiuvandum i dipendenti del Laboratorio, meglio indicati in epigrafe, aderendo alle conclusioni svolte nell’appello, del quale hanno chiesto l’accoglimento.
Con ordinanza n.493 del 29 gennaio 2015 è stata sospesa l’esecutività della sentenza appellata.
Il ricorso è stato successivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2015.
DIRITTO
1.- Dev’essere preliminarmente definito l’ambito del presente giudizio di appello, che resta circoscritto alla sola disamina della correttezza della statuizione reiettiva dei motivi aggiunti proposti dal Laboratorio contro il decreto commissariale con il quale era stata disposta la chiusura dell’attività di analisi svolta nei locali di Via Piave n.76, non essendo stati impugnati (dalle parti rispettivamente interessate a contestarli) i capi relativi alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso proposto contro il decreto commissariale n.460 del 2013 e all’annullamento, in parziale accoglimento dei motivi aggiunti, del decreto commissariale n.188 del 2014, nella parte in cui era stata, con essa, sospesa l’attività di istopatologia.
Così definito il perimetro del thema decidendum, occorre, ancora premettere, in fatto, che il 18 settembre 2015 la Regione Lazio ha provveduto, con la determinazione dirigenziale n. G11128, a negare l’autorizzazione all’esercizio del presidio poliambulatoriale gestito dal Laboratorio ricorrente in Via Piave n.76, sicchè, ormai, la situazione controversa resta regolata da tale ultimo provvedimento, che non vale, tuttavia, a privare il Laboratorio dell’interesse alla decisione del ricorso in esame (in quanto inteso ad ottenere l’annullamento di un provvedimento, il decreto commissariale n.188 del 2014, che ha leso i suoi interessi, fino alla formale adozione del sopravvenuto diniego).
2.- L’appello è infondato, alla stregua delle considerazioni che seguono, e va respinto.
3.- Si deve, anzitutto, identificare nell’art.12, commi 1 e 2, della legge regionale del Lazio 3 marzo 2003, n.4, il paradigma di legalità dell’attività amministrativa in questione e, quindi, il parametro di giudizio della legittimità del provvedimento controverso.
Le predette disposizioni, infatti, vietano, per un verso, l’esercizio di un’attività sanitaria diversa da quella autorizzata e, per un altro, l’esercizio di un’attività sanitaria in carenza di titolo autorizzatorio, colpendo entrambe tali infrazioni, oltre che con l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, con quella della cessazione dell’attività abusivamente esercitata.
[b]L’esame della formulazione testuale di tali disposizioni impone, per quanto concerne la fattispecie in esame, di ritenere compreso nel loro ambito applicativo il trasferimento, da una sede a un’altra, dell’esercizio di un’attività già autorizzata, senza il preventivo assenso della Regione, vertendosi, anche in questa ipotesi, nella situazione dell’esercizio di attività sanitaria in carenza di titolo autorizzatorio (che, com’è noto, comprende anche l’ubicazione logistica della struttura, in ragione della necessaria verifica dell’idoneità tecnica dei locali dove viene svolta l’attività).[/b]
3.1- Così individuata la regola di azione dell’amministrazione, non resta che rilevare la conformità ad essa del provvedimento gravato in primo grado, nella misura in cui risulta adottato in coerenza con i presupposti stabiliti chiaramente dalla norma di riferimento per la valida applicazione della sanzione dell’ordine di chiusura dell’attività sanitaria (si ripete: abusivamente esercitata).
3.2- Dopo aver riscontrato la legittimità del provvedimento controverso, si deve rilevare l’inidoneità delle argomentazioni articolate nell’atto d’appello ad inficiare la correttezza di tale conclusione.
3.3- Si rivela, innanzitutto, del tutto ininfluente, ai fini dello scrutinio della legittimità del decreto commissariale in questione, la circostanza, dedotta sotto molteplici profili, che l’amministrazione ha provveduto a decretare la cessazione dell’attività sanitaria, prima di aver definito il procedimento attivato dal Laboratorio per ottenere l’autorizzazione al trasferimento della sede da Via Velletri n.10 a Via Piave n.76.
[color=red][b]Se è vero, infatti, che l’amministrazione regionale non ha definito tempestivamente il procedimento finalizzato ad ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività del poliambulatorio presso la nuova sede, è anche vero che il relativo ritardo, così come l’inerzia serbata in merito ai solleciti formalizzati dalla società istante, avrebbe dovuto essere denunciata per mezzo del rimedio avverso il relativo silenzio inadempimento, ma non poteva certo legittimare il Laboratorio ad attivare il poliambulatorio nella nuova sede, in difetto del prescritto titolo autorizzativo (con la conseguenza che, anche sotto tale profilo, resta confermata la legittimità del decreto con cui è stata ordinata la cessazione dell’attività).[/b][/color]
3.4- Così come restano del tutto irrilevanti, ai fini che qui rilevano, i pareri favorevoli della competente ASL RM A e gli esiti positivi dell’ispezione dei NAS, nella misura in cui attesterebbero il possesso dei requisiti tecnici ed organizzativi del poliambulatorio di Via Piave n.76, posto che le suddette, favorevoli verifiche istruttorie non valgono in alcun modo a sanare la mancanza dell’autorizzazione regionale all’esercizio dell’attività nella nuova sede, o a sostituirne gli effetti, con la conseguenza che la sua (pacifica) carenza autorizzava (anzi: imponeva) l’ordine di chiusura del laboratorio (pur a fronte di favorevoli atti endoprocedimentali, che, peraltro, non esaurivano l’istruttoria, in mancanza della prescritta autorizzazione del Comune).
[b]3.5.- Né vale, da ultimo, invocare il principio del legittimo affidamento circa la stabilità delle precedenti autorizzazioni e (pare di capire) la favorevole conclusione del nuovo procedimento (peraltro smentito dal diniego sopravvenuto), posto che il predetto canone è utilmente invocabile nei (soli) casi in cui l’applicazione rigorosa di una regola di diritto positivo produce conseguenze irragionevoli e del tutto imprevedibili, contrastanti con la condotta amministrativa tenuta in precedenza (Cons. St., sez. V, 10 giugno 2015, n.2847).[/b]
Orbene, nella fattispecie in esame non è dato rintracciare alcun comportamento dell’amministrazione regionale idoneo a fondare un legittimo affidamento circa la legittimazione amministrativa del trasferimento senza titolo della sede e, quindi, a connotare di irragionevolezza e di imprevedibilità il controverso decreto di cessazione dell’attività abusiva, sicchè il principio in questione non può ritenersi applicabile al caso di specie.
4.- Alle considerazioni che precedono consegue, in definitiva, la reiezione dell’appello.
5.- Sussistono, nondimeno, ragioni di equità si fini della compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
[b]Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa tra le parti le spese processuali.[/b]
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere, Estensore
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 26/10/2015.