DIVIETO di art. 90 a titolo gratuito - Corte dei Conti 23/9/2015
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[color=red][b]Corte dei Conti - Campania, 23 settembre 2015 – Delibera/213/2015/PAR[/b][/color]
Campania/213 /2015/PAR
REPUBBLICA ITALIANA
CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO
PER LACAMPANIA
Composta dai Magistrati:
dott. Ciro Valentino Presidente
dott. Silvano Di Salvo Consigliere
dott. Tommaso Viciglione Consigliere
dott.ssa Rossella Bocci Primo Referendario
dott.ssa Innocenza Zaffina Primo Referendario
dott. Francesco Sucameli Referendario (relatore)
dott.ssa Carla Serbassi Referendario
nella camera di consiglio del 23 settembre 2015
Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12
luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;
Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14 del 16 giugno
2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della
Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1
del 17 dicembre 2004;
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali (TUEL);
Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;
Vista l’atto d’indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004, avente ad
oggetto g consultiva;
Vista la nota prot. C.C. n. 3831 del 28 luglio 2015 con cui il Sindaco del Comune di Cesa
(CE) ha chiesto un parere ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 131/2003, nei termini di seguito
indicati;
Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza
odierna per deliberare sulla prefata richiesta;
Udito il relatore, dott. Francesco Sucameli.
OGGETTO DEL PARERE
[color=red][b]Con la nota richiamata in epigrafe il Sindaco ha chiesto alla Sezione un parere con
riguardo alla possibilità di costituire un ufficio di Staff del Sindaco ai sensi dell’art. 90 TUEL,
nonostante l’ente sia in condizione di strutturale deficitarietà, a condizione che la prestazione
sia gratuita e al di fuori di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato o autonomo.[/b][/color]
Secondo la prospettazione dell’Ente, infatti, la ratio dell’art. 90 TUEL, che esclude la
possibilità di ricorrere a personale esterno per costituire tali uffici se in dissesto o in condizione
di strutturale deficitarietà, sarebbe da individuare nell’esigenza di eliminare spese non
necessarie favorendo il risanamento finanziario; pertanto, mediante un’esegesi
teleologicamente orientata, il divieto non avrebbe ragion d’essere in caso di prestazioni
gratuite al di fuori di un rapporto giuridicamente inquadrabile negli schemi del rapporto di
lavoro subordinato e/o antonomo.
PREMESSA
La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze
attribuite alla Corte dei conti dalla legge n. 131 del 2003 (recante la disciplina d’adeguamento
dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
Pertanto, la prima questione che si pone, riguardo al descritto quesito, è quella del
rispetto delle condizioni di legge per accedere alla funzione consultiva della Corte. A tal fine si
rammenta che ai sensi dell’art. 7, comma 8, della citata legge n. 131 del 2003, Regioni,
Province e Comuni possono chiedere alle Sezioni regionali di norma tramite il Consiglio delle
autonomie locali, se istituito pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme
di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia
dell’azione amministrativa.
AMMISSIBILITÀ SOGGETTIVA
Con particolare riguardo all’individuazione dell’organo legittimato a inoltrare le richieste
di parere dei Comuni, si osserva che, per consolidata giurisprudenza, gli enti elencati dalla
legge possono rivolgersi direttamente alla Corte in funzione consultiva, senza passare
necessariamente dal Consiglio delle autonomie locali.
Poiché il sindaco è l’organo istituzionalmente legittimato a rappresentare l’ente, la
richiesta di parere è proposta dall’organo competente ed è pertanto soggettivamente
ammissibile.
AMMISSIBILITÀ OGGETTIVA
Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo di ammissibilità del quesito, in primo
luogo occorre rammentare che la disposizione contenuta nell’art. 7, comma 8, della legge
131/2003 deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte
dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli
obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione
finanziaria degli enti locali.
Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di
controllo collaborativo.
Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di
collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma, rese esplicite, in particolare,
con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica. In
quest’ottica, appare chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una
funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che anzi le attribuzioni
consultive “in materia di contabilità pubblica” si ritagliano sulle funzioni sostanziali di controllo
collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.
Secondo le Sezioni riunite della Corte dei conti – intervenute con una pronuncia in sede
di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 17, comma 31 del decreto legge 1°
luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 il concetto
di contabilità pubblica deve essere incentrato sul “sistema di principi e di norme che regolano
l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici” da intendersi in senso
dinamico in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri
(Deliberazione del 17 novembre 2010, n. 54).
Tuttavia, l’inerenza ad una materia di contabilità pubblica non esaurisce i presupposti di
ammissibilità oggettiva di un quesito, presupposti che vanno ricavati, oltre che dalla lettera
della legge, dalla natura della funzione consultiva. Essi vanno stabiliti in negativo, delineando il
rapporto tra tale funzione e, da un lato, l’attività amministrativa, dall’altro, la funzione
giurisdizionale civile, penale, amministrativa e contabile.
Rispetto all’attività amministrativa, questa Sezione, in più occasioni, ha riconosciuto che
la funzione di cui al comma 8 dell’art. 7 della Legge n. 131/2003, è una facoltà conferita agli
amministratori di Regioni ed enti locali per consentire loro di avvalersi, nello svolgimento delle
funzioni loro intestate, di un organo neutrale e professionalmente qualificato, in grado di
fornire gli elementi di valutazione necessari ad assicurare la legalità della loro azione: è
innegabile che i pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nello svolgimento dei
procedimenti degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la
collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate.
Peraltro, la stessa giurisprudenza contabile ha puntualmente rammentato che dalla
funzione consultiva resta esclusa qualsiasi forma di cogestione o co-amministrazione con
l’organo di controllo esterno (cfr. ex multis SRC Lombardia, n. 36/2009/PAR). Quindi, i quesiti,
oltre a riguardare una questione di contabilità pubblica, devono avere carattere generale ed
essere astratti, cioè non direttamente funzionali all’adozione di specifici atti di gestione, che
afferiscono alla sfera discrezionale della potestà amministrativa dell’ente.
In secondo luogo, oltre a non intervenire nell’attività amministrativa nei termini
predetti, tale funzione consultiva non deve sovrapporsi con l’esercizio di altre funzioni di
controllo della Corte, né tantomeno interferire con l’esercizio di funzioni giurisdizionali (in sede
civile, penale, amministrativa o contabile).
Nel caso in esame, la richiesta di parere si può ritenere ammissibile anche sotto il
profilo oggettivo, attesa l’inerenza agli aspetti finanziari della costituzione di un organo
dell’ente locale.
[b]MERITO[/b]
1. In via preliminare, il Collegio rammenta che la funzione consultiva è diretta a fornire
un ausilio all’Ente richiedente per le determinazioni che lo stesso è tenuto ad assumere
nell’esercizio delle proprie funzioni, restando – dunque – ferma la discrezionalità
dell’Amministrazione in sede di esercizio delle prerogative gestorie, la quale deve essere
rigorosamente esercitata entro i limiti di legge.
Ciò premesso, come è noto, l’art. 90, comma 1, TUEL prevede che «Il regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette
dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli assessori, per
l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge».
Si tratta di uffici c.d. di staff, in quanto sono posti in diretta collaborazione col vertice e
non hanno compiti di amministrazione attiva o comunque gestionali. La disposizione, in punto
di competenze affidabili a tali uffici, è espressione del principio della separazione tra politica e
gestione, cui è informato l’ordinamento del lavoro pubblico italiano (D.lgs. 165/2001). In tal
senso, e in via rafforzativa, recentemente, il legislatore ha aggiunto all’art. 90 TUEL il comma
3-bis, ai sensi del quale «Resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel
caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal
possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale». (art. 11, comma 4, legge n.
114 del 2014).
[b]Detto in altri termini, la funzione di tali uffici è quella di corroborare il vertice
istituzionale nell’elaborazione dell’indirizzo politico-amministrativo; la “competenza” gestionale
è peraltro riservata ai dirigenti e alla struttura burocratica dell’ente. E’ evidente, pertanto, che
si tratta di un ufficio che, da un lato, non può duplicare le competenze della struttura
amministrativa, e che, per altro verso, data la funzione di supporto alle decisioni politiche che
rimangono riservate all’organo di vertice è, per definizione, un ufficio eventuale e non
necessario.[/b]
In quest’ottica accidentale, tali uffici di staff possono, in primo luogo, essere «costituiti
da dipendenti dell'ente», ovvero, in secondo luogo, «da collaboratori assunti con contratto a
tempo determinato, i quali, se dipendenti di una pubblica amministrazione, sono collocati in
aspettativa senza assegni»; in questo secondo caso, però, purché non si tratti di enti dissestati
o strutturalmente deficitari. Infatti, data la natura non necessaria della spesa, il legislatore, a
fronte di situazioni di acclarato squilibrio di bilancio, pone un divieto con l’intento di ricavare
economie che favoriscano il risanamento finanziario.
[b]Ad ogni buon conto, il trattamento economico di entrambe le categorie di soggetti
reclutabili è disciplinato dal contratto nazionale di lavoro del personale degli enti locali (comma
2); il trattamento accessorio, peraltro, può essere costituito da un «unico emolumento
comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la
qualità della prestazione individuale».[/b]
2. Nell’ipotesi prospettata dall’ente quaerens, il comune si trova in una situazione di
deficitarietà strutturale, ragione per la quale non sarebbe possibile acquisire professionalità
esterne ai ruoli del comune medesimo.
Per tale ragione chiede se tale preclusione valga anche nel caso in cui la prestazione sia
resa in modo gratuito e a fronte di «nessun rapporto di lavoro o di dipendenza».
[color=red][b]La risposta non può che essere negativa[/b][/color], per le ragioni di seguito esposte.
Se da un lato, infatti, indubbiamente, la preclusione ad acquisire personale esterno di
cui all’art. 90, comma 1 TUEL, è collegata all’esigenza di non gravare ulteriormente la
situazione debitoria dell’ente con spese per definizione non obbligatorie, si deve altresì
rammentare che la disciplina generale contenuta nell’art. 90 è informata e plasmata da altri
principi sistematici di cui bisogna dare conto nell’interpretazione della disposizione.
Infatti, la giurisprudenza contabile ha più volte ribadito il carattere necessariamente
oneroso del rapporto con i soggetti investiti di funzioni di staff, organo peraltro eventuale e
non necessario per il funzionamento dell’ente (cfr. per una più ampia ricostruzione la pronuncia
SRC Campania n. 155/2014/PAR). Segnatamente, si è ritenuto che la norma non ammetta
forme di collaborazione al di fuori del lavoro subordinato oneroso, in ragione dell’esigenza di
tutelare altri principi, come la dignità del lavoro. Pertanto, onde evitare l’esposizione dell’ente a
rischi legali e di contenzioso (ergo, finanziari per le ricadute sul bilancio in caso di
soccombenza), [color=red][b]la giurisprudenza di questa Corte ha più volte ricordato che atteso che il lavoro
gratuito è ammesso nei soli casi espressamente disciplinati dalla legge[/b][/color] (cfr. anche SRC
Lombardia n. 192/2015/PAR).
Del resto, come evidenziato dalla richiamata [b]giurisprudenza[/b]:
- è da escludere la possibilità di corrispondere al personale dell’ufficio di staff il mero rimborso
delle spese sostenute e debitamente documentate nell’esercizio dell’attività lavorativa, con
esclusione di qualsiasi compenso o retribuzione per l’attività svolta, essendo testualmente
previsto dall’art. 90, comma 2, TUEL che «al personale assunto con contratto di lavoro
subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del
personale degli enti locali» (SRC Piemonte con la pronuncia consultiva n. 312/2013/PAR). La
citata norma di legge statale, infatti, non è suscettibile di essere derogata dal regolamento
comunale sull’ordinamento degli uffici e servizi, trattandosi di norma imperativa posta a tutela
del lavoratore, al quale viene garantito un trattamento economico equivalente a quello
disciplinato dalla contrattazione collettiva nazionale del personale degli enti locali, alla quale si
fa espresso rinvio (SRC Calabria n. 395/2010/PAR);
- né la diposizione può essere aggirata attraverso « l’assunzione mediante contratti di lavoro
autonomo, nel chiaro intento di evitare che la disciplina giuridico-economica del rapporto sia
dettata in contrasto con le previsioni del CCNL, per quel che riguarda, principalmente, l’entità
della retribuzione» (Sez. Giur. Puglia, n. 241/07), anche perché il personale degli uffici di staff
rientrerebbe nell'ambito della dotazione organica dell'ente (a differenza di quelli ammessi
dall’art. 110 TUEL), con la conseguenza che l’unico rapporto configurabile sarebbe solo quello
di lavoro subordinato (Sez. Giur. Toscana, n. 622/04 cit.);
- ne consegue che non sono ammesse forme di collaborazione a titolo gratuito, se non nei casi
e nelle forme stabilite dalla legge (SRC Campania n. 155/2014/PAR e SRC Calabria n.
395/2010/PAR).
[b]Il rapporto di lavoro subordinato, infatti, per la sua struttura causale e tipica, riveste un
carattere necessariamente oneroso in aderenza al dettato dell’art. 36 della Costituzione, in
forza del quale “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità
del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e
dignitosa”.[/b]
L’art. 2094 c.c. qualifica come prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante
retribuzione a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione del datore di
lavoro. Giova evidenziare, infine, che l’onerosità è garantita dall’art. 2126 c.c. anche nel caso
di nullità o annullamento del contratto di lavoro non derivante da illiceità dell’oggetto o della
causa, allorquando è riconosciuto il diritto al trattamento retributivo per la prestazione di fatto
svolta dal lavoratore.
Le eccezioni alla necessaria onerosità del rapporto di lavoro possono essere previste
soltanto dalla legge (cfr., ad esempio, la Legge n. 266/1991, in particolare l’art. 7 che
disciplina il lavoro prestato gratuitamente nelle organizzazioni di volontariato in convenzione
con gli enti locali).
[color=red][b]In definitiva, il rapporto dei soggetti di cui all’art. 90 TUEL, non può che essere di tipo
oneroso e comunque inquadrabile in uno degli schemi giuridici previsti dal codice civile e dalle
leggi speciali in materia di lavoro, anche in ragione del fatto che l’inserimento di un soggetto
nell’organizzazione pubblica, per quanto in strutture di staff, non può non comportare la
soggezione al potere di controllo e di indirizzo necessario alla realizzazione delle finalità
istituzionali, con le conseguenze di legge che si ricollegano alla instaurazione di un “rapporto di
servizio”, incompatibile con una logica di precarietà giuridica per l’assenza, nella
prospettazione dell’ente, di «nessun rapporto di lavoro o di dipendenza»[/b][/color] .
P.Q.M.
nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.
Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, per il tramite del Direttore del
Servizio di supporto, all’Amministrazione interessata.
Così deliberato in Napoli, nella camera di consiglio del 23 settembre 2015.
L’estensore Il Presidente
f.to Dott. Francesco Sucameli f.to Dott. Ciro Valentino
Depositata in Segreteria il
23 settembre 2015
Il Direttore della Segreteria
f.to Dott. Mauro Grimaldi