Data: 2015-10-01 06:23:04

NOZZE GAY: annullati dal Tar Lombardia i provvedimenti del Prefetto

NOZZE GAY: annullati dal Tar Lombardia i provvedimenti del Prefetto

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[color=red][b]Tar Lombardia Milano, sentenza n. 2037 del 29 settembre 2015
[/b][/color]
N. 02037/2015 REG.PROV.COLL.
N. 03015/2014 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del 2014, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
- -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Antonio Papi Rossi, Mario Di
Carlo, Maria Stefania Masini e Maria Alessandra Bazzani ed elettivamente
domiciliati presso lo studio del primo in Milano, Via Visconti di Modrone n. 12;
contro
- il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro-tempore,
- la Prefettura della Provincia di Milano, in persona del Prefetto pro-tempore,
rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliati
presso la sede della stessa in Milano, Via Freguglia n. 1;
nei confronti di
- Comune di Milano, in persona del Sindaco pro-tempore;
- Sindaco pro-tempore del Comune di Milano;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
- Sindaco pro-tempore del Comune di Milano, in proprio e quale legale
rappresentante del Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
Antonello Mandarano, Antonella Fraschini e Marco Dal Toso ed elettivamente
domiciliato in Milano, Via Andreani n. 10, presso la sede dell’Avvocatura
comunale;
per l’annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
- del decreto 4 novembre 2014, prot. n. 0084149/2014, con il quale il Prefetto della
Provincia di Milano ha disposto l’annullamento della trascrizione del matrimonio
dei ricorrenti nei registri dello stato civile del Comune di Milano;
- nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, e in particolare
della nota prot. n. 10863 del 7 ottobre 2014 del Ministero dell’Interno;
quanto al ricorso per motivi aggiunti:
- del provvedimento prefettizio dell’11 febbraio 2015, n. 0011886/2015, di delega
al Vice Prefetto per procedersi alla annotazione del decreto n. 0084149/2014,
impugnato con il ricorso introduttivo, e del verbale delle operazioni eventualmente
formulato.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’Interno;
Visto l’intervento ad adiuvandum del Sindaco pro-tempore del Comune di Milano,
in proprio e quale legale rappresentante del Comune di Milano, anche attraverso la
proposizione di motivi aggiunti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Designato relatore il primo referendario Antonio De Vita;
Uditi, all’udienza pubblica del 9 luglio 2015, i difensori delle parti, come specificato
nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso introduttivo, notificato in data 6 novembre 2014 e depositato il 10
novembre successivo, i ricorrenti hanno impugnato il decreto 4 novembre 2014,
prot. n. 0084149/2014, con il quale il Prefetto della Provincia di Milano ha
disposto l’annullamento della trascrizione del loro matrimonio nei registri dello
stato civile del Comune di Milano, unitamente alla nota prot. n. 10863 del 7
ottobre 2014 del Ministero dell’Interno.
Va premesso che i ricorrenti, appartenenti allo stesso sesso, hanno contratto
matrimonio in Francia il 28 dicembre 2013 e successivamente ne hanno chiesto la
trascrizione nel registro dello stato civile del Comune di Milano; in data 9 ottobre
2014, il Sindaco del Comune di Milano, quale ufficiale di stato civile, ha
provveduto a trascrivere il predetto matrimonio. Con il decreto 4 novembre 2014,
impugnato nella presente sede, il Prefetto della Provincia di Milano ha disposto
l’annullamento della trascrizione, in quanto il matrimonio contratto all’estero da
persone dello stesso sesso non sarebbe trascrivibile in Italia, giacché difetterebbe il
requisito sostanziale e necessario della diversità di sesso dei nubendi.
A giudizio dei ricorrenti, il decreto prefettizio di annullamento della trascrizione e
la presupposta nota ministeriale sarebbero nulli per difetto assoluto di attribuzione
o, in subordine, annullabili per violazione di plurime norme di legge.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione dell’Interno, che ha chiesto il rigetto
del ricorso.
Sono intervenuti in giudizio, ad adiuvandum nei confronti dei ricorrenti, il Sindaco
e il Comune di Milano, che hanno chiesto l’annullamento degli atti già impugnati
con il ricorso introduttivo, unitamente all’ordine di annotazione del disposto
annullamento a margine della trascrizione; tale intervento è stato qualificato,
eventualmente, anche quale ricorso autonomo (pag. 4, ultimo periodo del Fatto).
2. In data 10 aprile 2015, il Sindaco e il Comune di Milano hanno depositato in
giudizio un ricorso per motivi aggiunti, previamente notificato alle controparti, con
cui è stato chiesto l’annullamento del provvedimento prefettizio dell’11 febbraio
2015, n. 0011886/2015, di delega al Vice Prefetto e finalizzato all’annotazione del
decreto prefettizio n. 84149/2014 di annullamento delle trascrizioni, unitamente
alle 13 annotazioni effettuate in pari data, riguardanti gli atti di matrimonio ritenuti
non trascrivibili. Tali atti si assumono illegittimi sia per vizi propri che per
invalidità derivata rispetto agli atti già oggetto di originaria impugnazione.
3. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 13 aprile 2015 e depositato il
21 aprile successivo, anche gli originari ricorrenti hanno impugnato il
provvedimento prefettizio dell’11 febbraio 2015, n. 0011886/2015, di delega al
Vice Prefetto e finalizzato alla procedura di annotazione del decreto n.
0084149/2014, congiuntamente al verbale delle operazioni eventualmente
formulato. Avverso i predetti atti sono state formulate censure di illegittimità
derivata rispetto a quelle già contenute nel ricorso introduttivo.
4. In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, le parti
hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni;
in particolare, l’Avvocatura erariale ha eccepito l’inammissibilità dei ricorsi per
difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la carenza di legittimazione ad
agire sia del Sindaco che del Comune di Milano; ha replicato la difesa del Sindaco e
del Comune di Milano, ribadendo sia la sussistenza della giurisdizione del giudice
amministrativo che la propria legittimazione processuale e insistendo per la
richiesta di annullamento degli atti impugnati.
Alla pubblica udienza del 9 luglio 2015, su conforme richiesta dei difensori delle
parti, la controversia è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare va verificata la sussistenza della giurisdizione del giudice
amministrativo in ordine alla presente controversia; tuttavia tale verifica va
condotta separatamente con riguardo ai ricorrenti persone fisiche, da una parte, e
in ordine all’intervento del Sindaco e del Comune di Milano, dall’altra.
2. I ricorrenti -OMISSIS-, in via principale, assumono la nullità dell’atto prefettizio
impugnato – ossia il decreto di annullamento della trascrizione nei registri dello
stato civile del Comune di Milano del loro matrimonio contratto in Francia – in
quanto adottato da autorità amministrativa incompetente, in maniera assoluta, a
modificare le risultanze dei registri dello stato civile.
In effetti dall’esame dell’ordinamento dello stato civile – da considerare quale
ordinamento settoriale, in sé completo (cfr. art. 2, commi 12 e 14, della legge n.
127 del 1997) – emerge che non è possibile effettuare annotazioni sugli atti già
registrati se non per disposto legislativo o per ordine dell’autorità giudiziaria (art.
453 c.c.) e che, in seguito alla chiusura della registrazione, tramite la firma
dell’ufficiale dello stato civile, non è possibile effettuare alcuna variazione di
quanto registrato (art. 12, comma 6, del D.P.R. n. 396 del 2000); a conferma di ciò
si può richiamare quanto previsto dall’art. 95, comma 1, del D.P.R. n. 396 del
2000, laddove si prevede che “chi intende promuovere la rettificazione di un atto
dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione
di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende
opporsi a un rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una
dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento,
deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l’ufficio dello stato
civile presso il quale è registrato l’atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che
sia eseguito l’adempimento”.
[b]Dalle disposizioni normative sopra menzionate si ricava con evidenza che, una
volta effettuata la trascrizione nei registri dello stato civile – peraltro riservata
soltanto all’ufficiale dello stato civile (cfr. art. 95, comma 1, D.P.R. n. 396 cit.) –,
non è possibile procedere a modifiche o rettifiche, se non per ordine dell’autorità
giudiziaria ordinaria, tranne nel caso di correzione di errori materiali o di
aggiornamento dei dati, per cui è previsto l’intervento dell’ufficiale dello stato civile
(cfr. artt. 5 e 98 del D.P.R. n. 396 cit.). Inoltre, a sottolineare la specialità della
materia anche da un punto di vista procedurale, la normativa impone l’intervento
obbligatorio del Pubblico Ministero nelle controversie relative alla rettificazione o
correzione degli atti dello stato civile (art. 96, comma 2, del D.P.R. n. 396 cit.).[/b]
[color=red][b]A ciò consegue che la verifica in ordine alla legittimità della trascrizione degli atti
nel registro dello stato civile o con riguardo alla rettifica e cancellazione di quanto
già annotato dall’ufficiale di stato civile, come pure il potere di sostituirsi a
quest’ultimo in caso di rifiuto di trascrizione di un atto, spetta all’autorità
giudiziaria ordinaria. Quindi anche la valutazione in ordine all’intervento
prefettizio e alla posizione giuridica eventualmente incisa non può che essere
affidata alla cognizione del medesimo giudice ordinario (cfr. T.A.R. Toscana, I, 25
settembre 2015, n. 1291).[/b][/color]
2.1. Alla declinatoria della giurisdizione amministrativa si perviene anche in base ad
un ulteriore argomento.
Preliminarmente va evidenziato che, secondo una consolidata giurisprudenza, la
giurisdizione “si determina sulla base domanda e, ai fini del riparto tra giudice
ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti,
quanto piuttosto il c.d. petitum sostanziale, il quale deve essere identificato non
solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma
anche e soprattutto in funzione della c.d. causa petendi, cioè dell’intrinseca natura
della posizione giuridica dedotta in giudizio ed individuata dal giudice sulla base dei
fatti (e degli atti) posti a sostegno della pretesa giudiziale” (Consiglio di Stato, V, 7
settembre 2015, n. 4138; altresì Cass. SS.UU., 11 ottobre 2011, n. 20902; 16
novembre 2010, n. 23108).
Nel caso de quo la richiesta di annullamento degli atti prefettizi (petitum formale) è
finalizzata alla conservazione della trascrizione nei registri dello stato civile dell’atto
attestante il matrimonio contratto all’estero dai ricorrenti persone fisiche (petitum
sostanziale).
Nello specifico, dalla prospettazione contenuta nei ricorsi e dal contestuale esame
del dato normativo emergerebbe l’insussistenza, con riferimento ai soggetti titolari
di uno specifico status giuridico, di un potere in capo all’autorità prefettizia in
ordine alla registrazione e trascrizione di atti riguardanti tali status nei registri dello
stato civile, da cui discenderebbe la nullità degli atti impugnati nelle presente sede
per carenza di potere in astratto in capo all’autorità amministrativa: ciò determina
la devoluzione della presente controversia in materia di atti dello stato civile alla
giurisdizione del giudice ordinario.
Del resto, la ritenuta assenza di potere in capo all’autorità amministrativa (in tal
senso, T.A.R. Toscana, I, 25 settembre 2015, n. 1291; in senso contrario, T.A.R.
Veneto, I, 29 luglio 2015, n. 878; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 21 maggio 2015, n.
228; implicitamente anche T.A.R. Lazio, Roma, I ter, 9 marzo 2015, n. 3912)
determinerebbe l’incomprimibilità della posizione giuridica del destinatario
dell’atto e quindi l’intangibilità della stessa, che si qualificherebbe come diritto
soggettivo perfetto: spetterà all’autorità giudiziaria ordinaria, investita della
controversia, accertare, incidenter tantum, la nullità del provvedimento
amministrativo emanato in carenza assoluta di potere, laddove dovesse emergere la
sussistenza di una posizione giuridica soggettiva tutelata in capo ai ricorrenti (ossia
il diritto o la possibilità di procedere alla trascrizione in Italia di un matrimonio
contratto all’estero tra persone delle stesso sesso).
A supporto di quanto evidenziato in precedenza può essere richiamato il disposto
di cui all’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 che definisce nullo l’atto
emanato in carenza assoluta di potere, con conseguente devoluzione delle relative
controversie al giudice ordinario (cfr. Consiglio di Stato, VI, 27 gennaio 2012, n.
372; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 11 febbraio 2015, n. 142). Tale conclusione
appare coerente con l’insegnamento della Corte costituzionale che ha precluso al
legislatore la facoltà di attribuzione al giudice amministrativo di controversie
riguardanti blocchi di materie anche per gli aspetti in cui l’Amministrazione agisce
senza la spendita, nemmeno mediata, di pubblici poteri (Corte costituzionale, sentt.
n. 204 del 2004, n. 191 del 2006, n. 35 del 2010, ecc.); pertanto, se il legislatore non
può derogare all’ordinario regime di riparto giurisdizionale in presenza di meri
comportamenti materiali dell’Amministrazione, a fortiori, quest’ultima non può
intestarsi un potere laddove manchi una esplicita o implicita norma attributiva
dello stesso (T.A.R. Toscana, I, 25 settembre 2015, n. 1291; per un differente
orientamento, T.A.R. Veneto, I, 29 luglio 2015, n. 878; T.A.R. Friuli-Venezia
Giulia, 21 maggio 2015, n. 228).
3. In senso contrario, ossia per affermare la giurisdizione del giudice
amministrativo, non può essere valorizzata la disposizione di cui al comma 1
dell’art. 104 del D.P.R. n. 396 cit. che prevede che “il prefetto, o chi da lui
delegato, si deve recare almeno una volta ogni anno negli uffici dello stato civile
compresi nella propria provincia per verificare se gli archivi sono tenuti con
regolarità e con precisione”, oppure la previsione di un potere sostitutivo dello
stesso Prefetto previsto dal comma 11 dell’art. 54 del D. Lgs. n. 267 del 2000
(T.U.E.L.). L’ampiezza del potere di controllo prefettizio e la sua estensione, anche
relativamente alla possibilità di modificare o rettificare direttamente il contenuto
delle trascrizioni, laddove si vada ad incidere direttamente sullo status di soggetti
privati, non possono che essere affidate sempre al vaglio del giudice ordinario,
attesa la possibile configurabilità di una posizione giuridica di diritto soggettivo
perfetto che, se accertata come sussistente, non potrebbe essere compressa o
degradata per il tramite di un provvedimento amministrativo, in assenza di una
esplicita o implicita norma attributiva dello stesso (cfr. T.A.R. Toscana, I, 25
settembre 2015, n. 1291).
Identico ragionamento va effettuato con riguardo alla previsione di cui all’art. 9 del
D.P.R. n. 396 cit. (“1. L’ufficiale dello stato civile è tenuto ad uniformarsi alle
istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’interno. 2. La vigilanza sugli
uffici dello stato civile spetta al prefetto”), per stabilire l’esatta portata della stessa.
4. Pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso introduttivo e quello
per motivi aggiunti proposti da -OMISSIS- devono essere dichiarati inammissibili
per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
5. Ciò consente di passare all’esame della posizione processuale sia del Sindaco che
del Comune di Milano.
5.1. In primo luogo, va evidenziato come l’intervento in giudizio delle predette
parti possa essere qualificato anche quale controversia autonoma, sussistendone sia
i requisiti formali che sostanziali. L’atto di intervento e i successivi motivi aggiunti,
difatti, sono stati notificati alle controparti e depositati nei termini previsti dagli
artt. 41 e 45 cod. proc. amm. (più nello specifico, l’atto introduttivo è stato
notificato il 10 dicembre 2014 e depositato il 18 dicembre successivo); gli stessi
contengono, poi, sia l’indicazione degli atti impugnati che lo svolgimento delle
relative censure. Di conseguenza appare irrilevante la mancata instaurazione di un
giudizio autonomo, tenuto conto che la posizione del Comune e del Sindaco è
assolutamente coerente con quella dei ricorrenti persone fisiche ed è finalizzata al
raggiungimento dello stesso risultato, ossia la pronuncia di illegittimità degli atti
prefettizi impugnati.
6. Ciò premesso, si impone la verifica della sussistenza della giurisdizione del
giudice amministrativo su questa parte della controversia, evidenziando che non
possono essere estese a tale ambito le considerazioni già svolte a proposito dei
ricorsi proposti dai ricorrenti persone fisiche.
[b]6.1. La giurisdizione appartiene al giudice amministrativo.[/b]
Il Comune e il Sindaco di Milano non risultano titolari di un diritto soggettivo alla
corretta tenuta dei registri dello stato civile, in quanto non si tratta di persone
fisiche che vedono alterato il proprio status personale, ma si è al cospetto di
soggetti pubblici che hanno un interesse qualificato alla corretta gestione di un
servizio tipicamente statale, loro delegato. Trattandosi di un rapporto di diritto
pubblico – ossia intercorrente tra soggetti pubblici (Comune e
Ministero/Prefettura) ed avente ad oggetto potestà di tipo pubblicistico (tenuta dei
registri dello stato civile) – non può che sussistere la giurisdizione del giudice
amministrativo, in assenza della quale potrebbe configurarsi un vuoto di tutela
contrastante con il disposto di cui all’art. 113 Cost. (in tal senso, in una fattispecie
similare, cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, I, 3 dicembre 2014, n. 860).
Ciò trova conferma anche nella normativa di settore, allorquando si riconosce al
Ministero dell’Interno la possibilità di impartire istruzioni all’ufficiale dello stato
civile e si affida al Prefetto un potere sostitutivo (art. 54, comma 11, del D. Lgs. n.
267 cit.) e di vigilanza sugli uffici dello stato civile (cfr. art. 9 del D.P.R. n. 396 cit.);
la sussistenza di siffatte prerogative attribuisce un potere alle autorità governative
sopra richiamate che può essere sindacato soltanto dal giudice amministrativo.
Pertanto, in un’ottica di tipo pubblicistico, l’esistenza di un ambito di legittimo
intervento potrà dar luogo a censure di cattivo uso del potere, giammai ad un
rilievo di carenza in astratto dello stesso. Del resto, a fronte della sussistenza del
potere del Prefetto di intervenire sull’attività e sugli atti posti in essere dall’ufficiale
dello stato civile è necessario, in altri termini, valutare la concreta estensione del
predetto potere in relazione ai limiti posti dalle norme attributive dello stesso.
6.2. Una volta affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, occorre
verificare la sussistenza della legittimazione ad agire del Sindaco e del Comune di
Milano.
L’art. 1 del D.P.R. n. 396 cit. stabilisce che: “1. Ogni comune ha un ufficio dello
stato civile.
2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, o chi lo sostituisce a norma di legge, è
ufficiale dello stato civile.
3. Le funzioni di ufficiale dello stato civile possono essere delegate ai dipendenti a
tempo indeterminato e, in caso di esigenze straordinarie e temporalmente limitate,
a tempo determinato del comune, previo superamento di apposito corso, o al
presidente della circoscrizione ovvero ad un consigliere comunale che esercita le
funzioni nei quartieri o nelle frazioni, o al segretario comunale. Per il ricevimento
del giuramento di cui all’articolo 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, e per la
celebrazione del matrimonio, le funzioni di ufficiale dello stato civile possono
essere delegate anche a uno o più consiglieri o assessori comunali o a cittadini
italiani che hanno i requisiti per la elezione a consigliere comunale”.
La predetta norma attribuisce al Sindaco la qualifica di ufficiale dello stato civile e
consente l’affidamento delle relative funzioni anche ad altri organi comunali. A ciò
consegue che sia il Sindaco che il Comune sono per esplicito disposto normativo
titolari di una funzione in materia di stato civile, sul cui esercizio vigila il Prefetto.
La corretta e regolare tenuta dei registri dello stato civile è uno specifico dovere
degli organi comunali che potrebbero essere chiamati a rispondere della loro
attività in diverse sedi (civile, penale, contabile, ecc.); inoltre, lo svolgimento di tale
funzione ha un impatto non indifferente sull’attività svolta sia dal Sindaco che dal
Comune in generale, sia in termini organizzativi che di costi da sostenere (cfr.
T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, I, 3 dicembre 2014, n. 860).
La titolarità di una posizione sostanziale dà luogo a sua volta ad una posizione di
legittimazione ad agire a tutela delle funzioni attribuite direttamente dalla legge (si
veda, tuttavia, per una opposta soluzione, T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 21 maggio
2015, n. 228). In senso contrario non assume rilievo determinante la qualifica di
ufficiale del Governo del Sindaco e quindi la sottoposizione della sua attività al
potere gerarchico del Prefetto o del Ministero, giacché non si è al cospetto di una
gerarchia propria – che consentirebbe al superiore di annullare l’atto del sottoposto
in via diretta, inibendo l’intervento del giudice – ma si è in presenza di un rapporto
di vigilanza generico, che non sottrae la titolarità della funzione all’organo vigilato,
unico soggetto individuato dalla legge a svolgere quel compito (in tal senso, T.A.R.
Abruzzo, L’Aquila, I, 3 dicembre 2014, n. 860; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 8
febbraio 2011, n. 384).
6.3. Una volta affermata la sussistenza della giurisdizione del giudice
amministrativo e la legittimazione ad agire sia del Sindaco che del Comune di
Milano, si può passare all’esame del merito sia del ricorso introduttivo –
denominato atto di intervento ad adiuvandum – che di quello per motivi aggiunti,
proposti dagli stessi.
[b]7. I ricorsi, che possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.[/b]
8. Va trattato in via preliminare il terzo motivo del ricorso introduttivo, che ha
carattere prioritario e risulta altresì di natura assorbente.
8.1. Con la predetta censura si assume l’illegittimità del decreto prefettizio n.
84149/2014, in quanto adottato in carenza di potere, attesa l’impossibilità di
annullare gli atti di trascrizione nei registri dello stato civile, sussistendo soltanto in
capo all’autorità giudiziaria ordinaria il potere di disporne la rettifica.
8.2. La doglianza è fondata.
[color=red][b]Va ribadito che il Prefetto, nell’esplicazione del suo potere di vigilanza e sostituivo
sugli uffici dello stato civile (cfr. art. 9 del D.P.R. n. 396 cit. e art. 54, comma 11,
del D. Lgs. n. 267 cit.), ha certamente il potere di impartire direttive e indirizzi
nell’ambito del funzionamento dei predetti uffici; quindi in astratto, come già
evidenziato in precedenza, sussiste un potere dello stesso nella predetta materia.
Tuttavia nel caso di specie, ossia con riguardo alla trascrizione di un matrimonio
contratto all’estero tra persone dello stesso sesso, non risulta avere alcuna potestà
di intervento o rettifica, considerato che la normativa – già richiamata in
precedenza al punto 2 del diritto (cfr. T.A.R. Toscana, I, 25 settembre 2015, n.
1291) – affida soltanto all’autorità giudiziaria ordinaria il potere di rettificare o
annullare gli atti indebitamente trascritti. Difatti, la posizione dei soggetti
interessati dall’atto di trascrizione assume la consistenza di diritto soggettivo
perfetto che – laddove ritenuto sussistente dal giudice ordinario, quale giudice
naturale dei diritti – non può essere compresso o degradato per il tramite di un
provvedimento amministrativo, atteso che in materia di stato delle persone non
può ammettersi un intervento atipico dell’autorità amministrativa, ma si deve
affidare ad un organo indipendente la sua definitiva conformazione (cfr. art. 101
Cost., che afferma la sottoposizione del giudice soltanto alla legge).[/b][/color]
[b]Il Comune e il Sindaco quindi non possono essere obbligati a modificare il
contenuto degli atti già trascritti, pena la violazione della normativa di settore –
ossia dell’ordinamento dello stato civile – e la concreta possibilità di produrre delle
lesioni dello status giuridico di soggetti dell’ordinamento, unitamente al concreto
rischio di essere esposti a profili di responsabilità nei diversi ambiti.
8.3. Ciò determina l’accoglimento della censura.[/b]
9. La fondatezza della predetta doglianza, previo assorbimento delle restanti
censure, determina l’accoglimento del ricorso introduttivo proposto dal Sindaco e
dal Comune di Milano e l’annullamento del decreto 4 novembre 2014, prot. n.
0084149/2014, con il quale il Prefetto della Provincia di Milano ha disposto
l’annullamento della trascrizione nei registri dello stato civile del Comune di
Milano dei matrimoni nello stesso indicati.
L’annullamento del decreto n. 0084149/2014 determina, di conseguenza, anche
l’annullamento del provvedimento prefettizio dell’11 febbraio 2015, n.
0011886/2015, di delega al Vice Prefetto al fine di procedere all’annotazione del
decreto n. 0084149/2014 e del verbale delle operazioni successivamente poste in
essere, impugnati con il ricorso per motivi aggiunti.
10. In conclusione, il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti, proposti da
-OMISSIS-, devono essere dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo, individuando quale giudice munito di giurisdizione quello
ordinario. La dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo
in favore di quello ordinario determina gli effetti, in ordine alla prosecuzione del
giudizio presso il giudice munito di giurisdizione, di cui all’art. 11, comma 2, cod.
proc. amm.
11. I ricorsi proposti dal Sindaco e dal Comune di Milano vanno accolti e, per
l’effetto, devono essere annullati il decreto prefettizio del 4 novembre 2014, n.
0084149/2014 e il successivo provvedimento dell’11 febbraio 2015, n.
0011886/2015, con tutte le conseguenze che da ciò derivano.
12. In relazione alla complessità delle controversie, le spese di giudizio possono
essere compensate tra le tutte le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando:
- dichiara inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il
ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti proposti da -OMISSIS- e
individua quale giudice munito di giurisdizione quello ordinario, avanti al quale il
processo potrà proseguire;
- accoglie il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti proposti dal Sindaco e
dal Comune di Milano e, per l’effetto, annulla il decreto prefettizio del 4 novembre
2014, n. 0084149/2014 e il successivo provvedimento dell’11 febbraio 2015, n.
0011886/2015.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, del D. Lgs. 30
giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per
procedere all’oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi di -
OMISSIS-, manda alla Segreteria di procedere all’annotazione di cui ai commi 1 e 2
della medesima disposizione, nei termini indicati.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 9 luglio 2015 con l’intervento
dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Alberto Di Mario, Primo Referendario
Antonio De Vita, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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