Sul BURT n. 56 del 30/11/11 la LR n. 63/2011. La nuova norma modifica la LR 28/2005, introducendo disposizioni in materia di DURC e OUTLET, e reca delle disposizioni transitorie proprie (vedere articoli da14 a 19).
Viene definito che cosa è un OUTLET e viene introdotto l’obbligo del DURC per l’esercizio del commercio su area pubblica (sia in modo itinerante che su posteggio).
Obblighi di adeguamento per gli esercizi di commercio esistenti alle nuove disposizioni sugli OUTLET entro 60 giorni dall’entrata in vigore della norma (entra in vigore il 01/12/2011). Introdotte ricche sanzioni in materia.
Gli operatori su area pubblica già abilitati hanno l’obbligo della presentazione del DURC entro il 31/03/2012.
Sul DURC è da notare come nel preambolo della LR 63/2011 venga citato l’art. 43 del DPR 445/2000 in materia di documentazione amministrativa ma non venga citato anche il nuovo articolo 44bis (introdotto dalla legge 183/2011) che entrerà in vigore il 01/01/2012:
[i]Art. 44-bis - (Acquisizione d'ufficio di informazioni) -
1. Le informazioni relative alla regolarità contributiva sono acquisite d'ufficio, ovvero controllate ai sensi dell'articolo 71, dalle pubbliche amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore.
[/i]
La norma transitoria sul DURC della LR 63/2011 (art. 15) dal 01/01/2012 appare in contrasto con la normativa statale sopra richiamata.
Decorsa la fase transitoria, la verifica della regolarità contributiva sarà effettuata in via telematica ai sensi di una futura deliberazione regionale che ne disciplinerà le modalità.
Da notare anche l'ambiguità in tema di OUTLET.
All’art. 11, comma 2, lett. g), la LR 28/05 esclude dal proprio campo di applicazione gli industriali, per la vendita nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti dei beni da essi prodotti, purché i locali di vendita non superino le dimensioni di un esercizio di vicinato.
All’art. 15, comma 1, lett. g bis) viene definito l’OUTLET come (prima parte della definizione):
1. la vendita diretta di beni di produzione propria da parte di imprese industriali in locali adiacenti a quelli di produzione;
Domanda immediata (riferita al DURC). Entrando, le modifiche alla Legge regionale 28, in vigore dal 1/12 come ci si deve comportare con i subingressi su autorizzazioni al commercio su area pubblica che abbiamo in corso d'istruttoria?
Se sono arrivate prima dell'entrata in vigore, anche se la concessione non è stata ancora volturata non si terrà conto dell'obbligo? Ovvero, chiudendo il procedimento oltre il 1/12 si deve richiedere anche il DURC?
Grazie,
Fulvia
A mio parere il subingresso si perfeziona senza l'avvio di un procedimento. Il subingresso avviene con una semplice comunicazione ex art. 77 della LR 28/2005. Tutt’al più puoi rilasciare un atto di aggiornamento del titolo che però non ha valore di autorizzatorio.
Ciò che è temporalmente discriminate nell’applicazione della norma è il momento della presentazione della comunicazione.
Infatti, la nuova disposizione di cui all’art. 77, comma 2bis della LR 28/05 dispone:
[i]Entro sessanta giorni dalla comunicazione di subingresso di cui all’articolo 74, il comune provvede alla verifica della regolarità contributiva del cedente e del subentrante.[/i]
Il comma 2 ter dello stesso articolo aggiunge:
[i]Per i soggetti non ancora iscritti al registro delle imprese alla data del subingresso nel titolo abilitativo o per i quali, alla medesima data, non sia scaduto il termine per il primo versamento contributivo, la verifica di cui al comma 2 bis è effettuata decorsi centottanta giorni dalla data di iscrizione al medesimo registro e comunque entro i sessanta giorni successivi.[/i]
Infine, il nuovo art. 40 quinquies, comma 5 dispone:
[i]In caso di subingresso il titolo abilitativo e la concessione di posteggio sono revocati a seguito dell’esito negativo delle verifiche di cui all’articolo 77, commi 2 bis e 2 ter.[/i]
La modalità transitoria applicabile da subito alle ipotesi di subingresso, nelle more dei sistemi telematici regionali di verifica, è descritta dall'art. 15, comma 1, lett. d) della LR 63/2011:
[i]i soggetti cedenti e subentranti nella gestione o nella proprietà dell’azienda o in un ramo d’azienda presentano il DURC al comune, tramite lo SUAP, ai sensi dell’articolo 77, commi 2 bis e 2 ter, della l.r. 28/2005.[/i]
Da una prima lettura, mi pare che in materia di Outlet si verifichi un vero e proprio contrasto.
Per le nuove disposizioni in materia (art. 15 1°c. lett. g bis ed art. 19 bis 2°c della L.R. 28/2005 novellata) sono outlet anche le imprese industriali che vendono direttamente beni di produzione propria in locali adiacenti a quelli di produzione, ed a dette imprese sarebbero applicabili le norme del Codice e del suo regolamento di attuazione "in relazione alla realtiva struttura commerciale".
Per l'art. 11, 2°c lett. g) della L.R. 28/2005, le norme del Codice [b]non sarebbero applicabili [/b] "agli industriali, per la vendita nei locali di produzione [b] o nei locali a questi adiacenti [/b] dei beni da essi prodotti".
Credo che il contrasto possa essere risolto nel senso di ritenere implicitamente abrogata la disposizione dell'art. 11 2°c. cit. in quanto comunque in contrastante con disposizioni contenute in una legge successiva (proprio la L.R. 63/2011 che ha normato gli Outlet).
Oppure si tiene conto della condizione "purché i locali di vendita non superino le dimensioni di un esercizio di vicinato" e quindi le disposizioni sugli outlet si applicano solo (limitatamente alla vendita diretta) dalle medie struttura di vendita in su.
Siamo ad arrimpicarci sugli specchi. Temo che questa ambiguità sia frutto di una vista del legislatore regionale.
Il Durc si applica anche ai non commercianti su area pubblica (produttori agricoli ecc.) ma che comunque hanno un posteggio in un mercato, fiera ecc.?
Direi di si ma attendo un conforto.
Grazie
Buon lavoro
Sui produttori agricoli.
Penso che i Comuni non faranno distinzioni ma a parere mio le disposizioni sul DURC non si applicano ai produttori agricoli neanche se questi effettuano la vendita diretta su posteggio dato in concessione.
Dall’art. 11 della legge 28/05 si evince che le disposizioni della stessa legge non si applicano “[i]agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita dei propri prodotti ai sensi dell' articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, salvo che per le disposizioni relative alla concessione dei posteggi nonché per la sostituzione nell'esercizio dell'attività di vendita di cui all'articolo 39[/i]”.
Questa locuzione cita l’applicazione solo di precise disposizioni di legge tra le quali non ci sono quelle sul DURC.
Da altra angolazione si può notare come il d.lgs. 228/01 sottoponga a semplice comunicazione la tipologia di vendita di cui parliamo. Art. 4, comma 4 del d.lgs. 228/2001:
[i]Qualora si intenda esercitare la vendita al dettaglio non in forma itinerante su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico, la comunicazione è indirizzata al sindaco del comune in cui si intende esercitare la vendita. Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio la comunicazione deve contenere la richiesta di assegnazione del posteggio medesimo, ai sensi dell'art. 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114[/i].
Fra l’altro il MISE, a su tempo, ha chiarito che questa comunicazione non era da considerarsi una DIA ma una semplice comunicazione/notifica dato che l’attività non necessita di procedura abilitativa essendo libera.
In pratica, il produttore agricolo, se effettua la vendita dei prodotti provenienti in misura prevalente dalla propria azienda, non necessita mai di autorizzazione al commercio su aree pubbliche. L’unica cosa di cui ha bisogno ai sensi della legge 28/05 è una “concessione di suolo pubblico” quando esercita la vendita su posteggio (la cosa è avvalorata anche da una vecchia sentenza). Ritornando all’art. 11 citato all’inizio, si nota ora con maggiore cognizione come venga citata la concessione ma non l’autorizzazione.
Analizzando le nuove disposizioni sul DURC si vede che si applicano solo alle fattispecie commerciali (autorizzazione e SCIA) e non anche alla vendita diretta dei prodotti agricoli su area pubblica. Il nuovo art. 40 bis, infatti, dispone:
[i]I comuni svolgono in via telematica l’attività di verifica della regolarità contributiva ai fini del rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 31 e nell’ambito dei controlli sulle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA) presentate ai sensi del medesimo articolo[/i].
Sulle imprese diverse dai commercianti su area pubblica che partecipano a manifestazioni commerciali su area pubblica.
Le imprese non abilitate al commercio su area pubblica possono vendere su area pubblica nell’ambito delle ferie promozionali. Esse, in quanto non abilitate al commercio su area pubblica, non sono sottoposte agli obblighi transitori di presentazione del DURC degli articoli 15 e 17 della LR 63/11.
L’art. 40 bis, comma 5 della LR 28/05 sembra comunque rivolgersi anche a questo tipo di vendite (su questo approfondiremo):
[i]La partecipazione da parte di imprese a mercati, mercati straordinari, fiere, fiere promozionali e manifestazioni commerciali a carattere straordinario è subordinata alla verifica di regolarità contributiva[/i].
Alla luce di questo sarà il Comune, quando dovuto, a verificare la regolarità contributiva senza che le imprese debbano presentare alcunché.
Colgo l’occasione per affermare ancora una volta che per la vendita delle opere dell’ingegno da parte operatori non professionali non occorre nessuna SCIA, autorizzazione o altro.
Ora la cosa apparirebbe ancora più assurda dato che la presentazione di una SCIA potrebbe far venir voglia della verifica anche della relativa posizione contributiva (spesso quelli che espongono sono pensionati).
In pratica ad oggi tutti i c.d. spacci aziendali, adiacenti ai luoghi di produzione, sono classificati outlet?
Le sanzioni previste riguardano gli eserciziche utilizzano in modo improrprio la dicitura outlet?
Un esercizio commerciale può continuare a vendere prodotti di seconda scelta, fuori stagione, che non abbiano il requisito di essere stti prodotti 12 mesi prima, purchè non si usi la denominazione outlet?
Non mi è molto chiara la ratio di tali disposizioni....
La ratio non è chiara perché la norma non è scritta molto bene. Approfondiremo insieme a Simone.
Diciamo che ad una prima interpretazione puoi chiamarti OUTLET solo se sei uno spaccio aziendale (industriale) sopra i limiti dell’esercizio di vicinato oppure se vendi i prodotti come da elenco di cui all’art. 15, comma 1, lett. g-bis) in esercizi commerciali a ciò appositamente individuati.
Nella ratio più logica che vedo nella norma penso sia individuabile la facoltà di vendere, da parte di un esercizio di commercio, prodotti appartenenti ad una o più tipologie di cui all’elenco anzi detto unitamente ad altri prodotti “normali”. In questa ipotesi, però, non potrà denominarsi outlet.
Pensa a un negozio che vende prodotti sportivi e lascia in vendita zaini, biciclette, archi, frecce ecc. che sono prodotti da più di 12 mesi. Potrà continuare a farlo senza problemi.
Se si usa la denominazione outlet allora è vietata la vendita di merci diverse da quelle indicate.
Naturalmente l’elenco è da leggere in senso “disgiuntivo”. O si vendono rimanenze di magazzino, oppure beni con difetti... oppure combinazioni degli stessi.
Le sanzioni riguardano l’uso improprio della denominazione outlet e la vendita di beni diversi da quelli indicati da parte di chi si fregia della denominazione outlet.
Quindi riassumendo:
-in uno spaccio aziendale posso vendere ciò che voglio, indipendentemente che lo chiami outlet o meno...?
- in un esercizio appositamemte individuato (è appositamente individuato solo se si chiama outlet?) devo vendere i prodotti elencati nell'art. 15 let. G bis n. 2 (ed i prodotti venduti non devono essere stati [b]tutti[/b] prodotti da più di dodici mesi)
- in un esercizio commerciale che non sia denominato outlet posso vendere di tutto (difettato, rimamenze, prodotti "normali", etc ....)?.
Grazie per il supporto
Quindi riassumendo:
-in uno spaccio aziendale posso vendere ciò che voglio, indipendentemente che lo chiami outlet o meno...?
SE LO CHIAMI OUTLET DEVI VENDERE PRODOTTI PROPRI E SECONDO ME PUOI ASSOCIARE ANCHE GLI ALTRI DELL'ELENCO (PER ORA FERMIAMOCI QUI)
- in un esercizio appositamemte individuato (è appositamente individuato solo se si chiama outlet?) devo vendere i prodotti elencati nell'art. 15 let. G bis n. 2 (ed i prodotti venduti non devono essere stati tutti prodotti da più di dodici mesi)
SI', "APPOSITAMENTE" INDIVIDUATO, IN ITALIANO VUOL DIRE "INDIVIDUATO DI PROPOSITO COME TALE". QUINDI POSSO VENDERE SOLO I PRODOTTI DELL'ELENCO. PIù TIPOLOGIE O UNA SOLA TIPOLOGIA.
- in un esercizio commerciale che non sia denominato outlet posso vendere di tutto (difettato, rimamenze, prodotti "normali", etc ....)?.
SABATO HO COMPRATO IN FERRAMENTA DEGLI ATTREZZI DA CAMINO IN FERRO CHE A GIUDICARE DALLE CONDIZIONI ERANO STATI PRODOTTI UN DECENNIO FA. NON CREDO CHE NELLA RATIO DELLA NORMA CI SIA L'OBBLIGO DA PARTE DEL V.U. DI ANDARE A CONTROLLARE SE GLI ESERCIZI COMMERCIALI HANNO MESSO IN VENDITA OGGI ROBA CHE è STATA PRODOTTA PIù DI UN ANNO FA
LA FACCENDA DEGLI OUTLET E' NATA PER VESTITI E SCARPE, MALE SI ADATTA AGLI ALTRI PRODOTTI.
Grazie per il supporto