Buona sera a tutti
dopo una lunghissima conversazione con il Dot. Simone Chiarelli avvenuta questa mattina
sono a sottoporvi, come da suo consiglio, un problema che non mi sta facendo dormire la notte negli ultimi 10 giorni:
circa 2 anni fa ho aperto una ditta individuale di nome Red Pixel Studio di Francesco Provincia in qualità di grafico pubblicitario come libero professionista senza cassa esercitando la professione in casa. (sono 15 anni che faccio il grafico prima avevo un'altra ditta con 2 soci e ci siamo divisi aprendo ognuno una propria realtà).
Dopo 2 anni le cose stanno andando molto bene e ho deciso di inrgandirmi, prendere una macchina per la stampa digitale in piccolo formato (depliant e volantini), una per il grande formato (poster e manifesti) e una macchina per la stampa digitale del tessuto per la realizzazione di pezze (quadrati di stoffa che verranno poi cucite per la realizzazione di capi di abbigliamento) e di t-shirt finite che verranno acquistate neutre dal fornitore e poi stampate e personalizzate all'occorrenza.
L'attività principale naturalmente rimarrà quella di studio grafico e tutto il resto dovrebbero essere di contorno e per "arrotondare" il fatturato annuale.
Il commercialista mi ha naturalmente suggerito come da prassi di iscrivermi all'Artigianato e trasformare l'attività da libero professionista in attività artigianale e da qui che cominciano a nascere problemi:
Dopo alcune settimane di ricerca sono riuscito a trovare il locale perfetto per le mie esigenze: 98mq, due bagni, posizione perfetta primissima periferia della mia città, lungo strada con N 2 vetrine per l'esposizione dei lavori di grafica e dei lavori di abbigliamento.
Da qui l'immane burocrazia nella quale mi sono perso clamorosamente:
Zona R-1 residenziale, in comune mi hanno detto che in questo non ci sono problemi essendio la mia una attività artigiana non nociva o molesta e questo almeno dovrebbe essere ok
Locale ANTE '67 quindi non è presente nessun tipo di documento sull'agibilità dei locali e sempre il tecnico del comune mi ha detto che in questo caso fa fede l'accatastamento sia per il settore merciologico del locale che per il discorso tributario.
Ad oggi il locale è accatastato C1 quindi Negozi e botteghe, in comunque mi stanno dicendo che l'unico modo di essere in regola in quei locali è fare un cambio di uso e trasformarli in C3 quindi laboratorio per Arti e mestieri.
A me e al mio commercialista questa cosa sembra estremamente assurda per due semplici motivi:
Io vendo un servizio pubblicitario e in secondaria importanza, realizzo e personalizzo abbiliamento, faccio stampa digitale con vendita al dettaglio sia alle aziende che al pubblico: se bussano alla mia porta 10 ragazzi e vogliono 10 magliette per un addio al celibato realizzo la grafica, personalizzo magliette acquistate, emetto regolare ricevuta fiscale e festa finita.
Non credo proprio che il mio lavro sia equiparabile a quello di un falegname oppure di un muratore.
Detto questo non vedo per quale motivo mi venga chiesto una traformazione catastale da C1 a C3 e spendere all'incirca 2.800 € quando credo seriamente che il settore C1 sia quello più indicato alla mia attività
Spero che voi possiate dipanare un po' dei nostri dubbi e al tempo stesso darmi delle indicazioni su come io possa muovermi o meno.
Grazie infinite
Francesco Provincia
Salve,
per capire bene la differenza fra classificazione catastale e destinazione d'uso faccio riferimento alla sentenza:
Cons. St., Sez. IV, 26 marzo 2013, n. 1712
[i]1. Sulla rilevanza delle categorie catastali ai fini dell’individuazione delle destinazioni di unità immobiliari.
1.1. Fin dalla legge istitutiva del 1º marzo 1886 n. 3682, le iscrizioni catastali non hanno valore di piena prova ai fini del riconoscimento della proprietà dei beni immobili, tuttavia ciò non toglie che a partire dalla riforma dal 1939 la funzione primaria del Catasto è proprio quella di consentire di individuare la destinazione (anche -- ma non solo -- ai fini fiscali della fissazione della rendita degli immobili) e le singole categorie catastali vengono attribuite ad ogni fabbricato proprio in base alla destinazione urbanistica del permesso edilizio. In linea di principio quindi l’accatastamento di un immobile non ha esclusivamente valore ai fini fiscali in quanto, al contrario, le iscrizioni catastali rilevano, ad esempio, anche nelle procedure ablative o similari al fine dell’individuazione del proprietario (ex art. 11, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327); o per l’individuazione dei coefficienti di computo del canone con riferimento alle categorie catastali (ex art. 16 della abrogata L. 27/07/1978, n. 392); ed anche sul piano civilistico, i dati catastali degli immobili ben possono identificare l'immobile trasferito, in caso di alienazione di immobili, e quindi possono valere ad individuare con esattezza il bene oggetto della cessione (cfr. Cassazione civile sez. II 17 febbraio 2012 n. 2369).
1.2. In ogni caso, le categorie catastali rilevano ai fini dell’individuazione delle destinazioni delle unità immobiliari ivi censite per cui, in difetto di indicazione nei titoli abilitativi, la precisa ed inequivocabile destinazione catastale costituisce un elemento che non può essere pretermesso o ignorato né dalla P.A. e neppure dai relativi proprietari.
1.3. La destinazione d’uso d'uso giuridicamente rilevante di un immobile è unicamente quella prevista da atti amministrativi pubblici, di carattere urbanistico o catastale, dovendosi del tutto escludere il rilievo di un uso di fatto che in concreto si assume sia stato praticato sull'immobile, risultante da circostanza di mero fatto. Tale uso, quantunque si sia protratto nel tempo, è comunque inidoneo a determinare un consolidamento di situazioni ed a modificare ex sé la qualificazione giuridica dell’immobile.
[/i]
Ciò detto, mancando un titolo edilizio da cui ricavare la destinazione dell'unità immobiliare (in quanto costruita ante 67) correttamente il Comune fa riferimento alla classificazione catastale.
Quindi l'immobile ha destinazione COMMERCIALE (usando l'attuale classificazione urbanistico-edilizia).
Una volta utilizzato l'accatastamento per individuare la destinazione questo diviene IRRILEVANTE AI FINI EDILIZI. Cioè sbaglia il Comune a pretendere il mutamento della classificazione catastale (e quindi un cambio di destinazione) conseguente all'utilizzo dell'immobile per l'attività in questione.
SOLO SE l'utilizzo non è compatibile con la destinazione commerciale si potrà pretendere un cambio d'uso edilizio (non catastale).
A MIO AVVISO nel caso indicato, per quanto descritto, sembra che l'attività in questione, pur iscritta all'artigianato, sia prevalentemente una attività di servizi al pubblico e comunque di artigianato di servizio.
L'ARTIGIANATO DI SERVIZIO (si vedano gli approfondimenti nel forum) è compatibile con le destinazioni artigianale, commerciale e direzionale.
A mio avviso vi sono elementi per ritenere valido l'utilizzo del bene senza cambio di destinazione.
Dott. Chiarelli
la ringrazio tantissimo per la risposta che ho già girato al mio commercialista per valutare il da farsi
è stato gentilissimo e speriamo di riuscire a risolvere la situazione senza dover svuotare completamente il portafoglio
Grazie mille e buona giornata
Francesco Provincia