REGIONE LOMBARDIA
In questi giorni è pervenuta al SUAP la richiesta di avere informazioni sull'apertura di un home restaurant per il quale il MISE ha adottato una specifica risoluzione stabilendo l'obbligo di presentazione della scia con la dimostrazione del possesso dei requisiti professionali.
Ho chiesto parere ad a.s.l. e questa è la risposta che mi è stata data:
facendo riferimento al quesito da lei proposto, e qui riportato in cronologia, si esprime quanto di seguito:
per quanto di nostra competenza, ad oggi, non risulta notificata nessuna attività che opera in ambito alimentare presso abitazioni private.
Va innanzitutto puntualizzato che il regolamento CE 852/04 non "prevede la possibilità" di preparare gli alimenti presso l'abitazione privata per la successiva commercializzazione, ma, più semplicemente, fissa i requisiti dei locali destinati a questo tipo di attività.
Difatti il regolamento, che si applica in tutta Europa, ha dovuto tenere in considerazione il fatto che in alcuni paesi dell'Unione (come ad esempio il Belgio), non esistono vincoli di destinazione d'uso dei locali e la pratica di aprire una attività commerciale/artigianale presso l'abitazione è lecita e diffusa.
Ad oggi, in Italia, questa attività non è ammessa perchè prevederebbe, prima dell'avvio, l'ottenimento, presso il Comune dove è ubicata l'abitazione, del cambio di destinazione d'uso dei locali, senza di ciò si potrebbe configurare la fattispecie contravvenzionale (di carattere penale) di cui all'art. 44, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 380/2011.
Ne è dimostrazione il fatto che il modello unificato a livello regionale di SCIA (Segnalzione Certificata di Inizio attività), con il quale si ottempera anche all'obbligo di notifica alla competente Autorità Sanitaria previsto dall'art. 6 del citato Reg. CE 852/2004, non prevede tale fattispecie di attività e anzi prevede tra, le autocertificazioni, la dichiarazione, "che l'edificio/i locali/l'area in cui si svolge l'attività ha/hanno una destinazione d’uso compatibile con l’attività stessa.."
Per quanto riguarda, invece, la tutela del consumatore ed i principi enunciati nel reg ce 178/02, questi verrebbero meno in quanto, per l'Autorità di controllo, non sarebbe possibile effettuare i dovuti controlli, perchè le abitazioni private non possono essere ispezionate se non con apposita autorizzazione di un Giudice (art. 13 Legge 689/81).
Anche la Regione Piemonte, direzione sanità, che al momento risulta l'unica che si è espressa nel merito, con nota del 12 Luglio 2012, ammette le preparazioni presso la privata abitazione per il solo fine della commercializzazione (vietando quindi la somministrazione), in cucine e locali separati da quelli utilizzati per l'attività domestica/familiare.
La regione Piemonte inoltre, nella predetta nota, ammette questo tipo di attività, con i requisiti sopra citati, ma fa salve altre autorizzazioni in capo ad altre amministrazioni non sanitarie, quali ad esempio l'autorizzazione al cambio di destinazione d'uso dei locali che è in capo all'autorità Comunale.
COSA NE PENSATE???!!??
REGIONE LOMBARDIA
In questi giorni è pervenuta al SUAP la richiesta di avere informazioni sull'apertura di un home restaurant per il quale il MISE ha adottato una specifica risoluzione stabilendo l'obbligo di presentazione della scia con la dimostrazione del possesso dei requisiti professionali.
Ho chiesto parere ad a.s.l. e questa è la risposta che mi è stata data:
facendo riferimento al quesito da lei proposto, e qui riportato in cronologia, si esprime quanto di seguito:
per quanto di nostra competenza, ad oggi, non risulta notificata nessuna attività che opera in ambito alimentare presso abitazioni private.
Va innanzitutto puntualizzato che il regolamento CE 852/04 non "prevede la possibilità" di preparare gli alimenti presso l'abitazione privata per la successiva commercializzazione, ma, più semplicemente, fissa i requisiti dei locali destinati a questo tipo di attività.
Difatti il regolamento, che si applica in tutta Europa, ha dovuto tenere in considerazione il fatto che in alcuni paesi dell'Unione (come ad esempio il Belgio), non esistono vincoli di destinazione d'uso dei locali e la pratica di aprire una attività commerciale/artigianale presso l'abitazione è lecita e diffusa.
Ad oggi, in Italia, questa attività non è ammessa perchè prevederebbe, prima dell'avvio, l'ottenimento, presso il Comune dove è ubicata l'abitazione, del cambio di destinazione d'uso dei locali, senza di ciò si potrebbe configurare la fattispecie contravvenzionale (di carattere penale) di cui all'art. 44, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 380/2011.
Ne è dimostrazione il fatto che il modello unificato a livello regionale di SCIA (Segnalzione Certificata di Inizio attività), con il quale si ottempera anche all'obbligo di notifica alla competente Autorità Sanitaria previsto dall'art. 6 del citato Reg. CE 852/2004, non prevede tale fattispecie di attività e anzi prevede tra, le autocertificazioni, la dichiarazione, "che l'edificio/i locali/l'area in cui si svolge l'attività ha/hanno una destinazione d’uso compatibile con l’attività stessa.."
Per quanto riguarda, invece, la tutela del consumatore ed i principi enunciati nel reg ce 178/02, questi verrebbero meno in quanto, per l'Autorità di controllo, non sarebbe possibile effettuare i dovuti controlli, perchè le abitazioni private non possono essere ispezionate se non con apposita autorizzazione di un Giudice (art. 13 Legge 689/81).
Anche la Regione Piemonte, direzione sanità, che al momento risulta l'unica che si è espressa nel merito, con nota del 12 Luglio 2012, ammette le preparazioni presso la privata abitazione per il solo fine della commercializzazione (vietando quindi la somministrazione), in cucine e locali separati da quelli utilizzati per l'attività domestica/familiare.
La regione Piemonte inoltre, nella predetta nota, ammette questo tipo di attività, con i requisiti sopra citati, ma fa salve altre autorizzazioni in capo ad altre amministrazioni non sanitarie, quali ad esempio l'autorizzazione al cambio di destinazione d'uso dei locali che è in capo all'autorità Comunale.
COSA NE PENSATE???!!??
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TROVO LA RISPOSTA PRIVA DI FONDAMENTO GIURIDICO (come la note MISE citata).
1) la ASL fa una premessa sulla disciplina COMUNITARIA adottata per tener conto di specificità come quelle del BELGIO per arrivare alla tesi opposta del divieto dell'Home restaurant in Italia. Se è vietato in Italia lo deve essere anche in Belgio e viceversa
2) la destinazione d'uso non c'entra per niente. I B&B somministrano (anzi hanno l'obbligo di somministrare) e nessuno pensa a cambi di destinazione
3) HOME RESTAURANT (ovviamente se non sfocia in una attività imprenditoriale) è attività libera. Di un privato che invita altri privati!
4) sostenere che una attività è vietata perchè la modulistica non la contempla ... LASCIAMO PERDERE I COMMENTI ... i modelli non sono fonte del diritto!
5) la risoluzione MISE non è fonte del diritto
6) nel nostro ordinamento vige il principio di LIBERTA'. Si può fare tutto ciò che non è vietato e non viceversa
ERGO:
- a mio avviso l'Home restaurant opera liberamente, senza scia, senza notifica e senza altri adempimenti
- se l'attività supera i limiti el privato ... gli organi di vigilanza contesteranno tutti gli illeciti amministrativi e penali
- le violazioni si possono contestare anche senza accedere ai locali (o accedendo in borghese quali clienti!)
NON si può risolvere in via amministrativa un presunto problema di lacuna normativa. Se il legislatore nazionale (avendone competenza esclusiva) lo vorrà potrà disciplinare questo fenomeno ... fino ad allora vedo con grande difficoltà un intervento comunale, di ASL o altro organo di vigilanza ed attendo a breve qualche sentenza contraria ....
Concordo con Simone. Il problema più grande è quello, in assenza di una norma ad hoc, di stabilire quando un soggetto passa i limiti del rapporto privato e mancanza di professionalità sfociando nel pubblico esercizio.
Fai un parallelo con gli hobbisti che vendono su area pubblica senza partita iva e senza nessun titolo amministrativo.
Per l'igiene e sanità guarda le linne guida europee:
http://ec.europa.eu/food/food/biosafety/hygienelegislation/guidance_doc_852-2004_it.pdf
Guarda a pag. 11 del documento, punto 3.8.
La notifica si applica a stabilimenti classificabili come impresa dotati di un certo grado di organizzazione. Anche in questo caso ricorre quanto già affermato all'inizio.
In ogni caso, pur nell'incertezza nello stabilire il limite, poche cenne all'anno utilizzando l'abitazione e reperendo le persone "clienti" con sistemi web o simili senza "vendersi" come ristorante, ritengo che non integrino la fattiscpie pubblico esercizio né impresa: né inps né CCIAA né IVA
HOME RESTAURANT - scatta la prima sanzione amministrativa - approfondimenti
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=29299.0