VIGILANZA PRIVATA - linee guida ANAC per gli appalti della PA
[b]AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE
DETERMINA 22 luglio 2015
Linee guida per l'affidamento del servizio di vigilanza privata.[/b]
(Determina n. 9). (15A06177)
(GU n.186 del 12-8-2015)
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L'AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE
1. Premessa
La Prefettura di Roma ha segnalato a questa Autorita' talune
criticita' riscontrate in relazione agli appalti indetti per
l'affidamento del servizio di vigilanza privata. Tali criticita'
attengono, in particolare:
all'esatta indicazione dell'oggetto dell'appalto (es. distinzione
tra servizio di vigilanza privata e servizi di guardiania e
custodia);
alla corretta individuazione dei requisiti di partecipazione da
fissare nel bando di gara;
alla determinazione della formula per individuare l'offerta
economicamente piu' vantaggiosa ed ai casi in cui si attribuisce un
punteggio esiguo ai fin della valutazione dell'offerta tecnica (es.
pari a 20 punti) rispetto a quello attribuito all'offerta economica
(es. pari ad 80);
ai ribassi eccessivi proposti dagli operatori economici in sede
di gara, che potrebbero essere correlati ad irregolarita' nel
rispetto degli obblighi derivanti dall'applicazione del CCNL di
categoria ed all'applicazione di tariffe orarie non in linea con le
tabelle sul costo medio del lavoro elaborate dal Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali per tale settore;
alle modalita' di attuazione del c.d. «cambio appalto», con
particolare riferimento all'applicazione, da parte del nuovo
aggiudicatario, di tariffe orarie inferiori al personale dell'impresa
«uscente».
Stante il rilievo della questione ed il coinvolgimento di numerosi
interessi di settore, l'Autorita' ha ritenuto opportuno adottare il
presente documento all'esito dei lavori di apposito tavolo tecnico e
della consultazione pubblica avviati in conformita' al Regolamento in
tema di «Disciplina dell'analisi di impatto della regolamentazione
(AIR) e della verifica dell'impatto della regolamentazione (VIR)»
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 27 novembre 2013), al
fine di acquisire ulteriori valutazioni o aspetti critici da
approfondire.
Si evidenzia, preliminarmente, che, per l'affidamento di tali
servizi, le stazioni appaltanti dovranno utilizzare il bando-tipo che
l'Autorita' ha elaborato, a seguito della consultazione conclusa il
20 novembre 2014, con riferimento ai contratti pubblici di servizi e
forniture. Il bando-tipo, che regolamenta gli affidamenti mediante
procedura aperta con il criterio dell'offerta economicamente piu'
vantaggiosa, riporta le clausole tassative di esclusione individuate
ai sensi dell'art. 46, co. 1, del Codice, e contiene le principali
regole per la gestione della procedura di gara quali, ad esempio,
quelle attinenti alla documentazione amministrativa da produrre, ai
requisiti di partecipazione, agli strumenti per premiare la qualita'
delle offerte, alla verifica di anomalia.
2. Inquadramento normativo
L'attivita' di vigilanza privata e' disciplinata da molteplici
fonti normative e regolamentari. Tra queste, le principali sono
rappresentate dal r.d. 18 giugno 1931 n. 773 recante «Testo unico
delle Leggi di Pubblica Sicurezza» e s.m.i. e dal r.d. 6 maggio 1940,
n. 635 di «Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo
unico 18 giugno 1931-IX, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza» e
s.m.i..
Devono indicarsi, altresi', il d.m. 1° ottobre 2010, n. 269,
recante «Disciplina delle caratteristiche minime del progetto
organizzativo e dei requisiti minimi di qualita' degli istituti e dei
servizi di cui agli articoli 256-bis e 257-bis del Regolamento di
esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonche'
dei requisiti professionali e di capacita' tecnica richiesti per la
direzione dei medesimi istituti e per lo svolgimento di incarichi
organizzativi nell'ambito degli stessi istituti» ed il d.m. del 4
giugno 2014 n. 115 «Regolamento recante disciplina delle
caratteristiche e dei requisiti richiesti per l'espletamento dei
compiti di certificazione indipendente della qualita' e della
conformita' degli istituti di vigilanza privati, autorizzati a norma
dell'articolo 134 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e
dei servizi dagli stessi offerti. Definizione delle modalita' di
riconoscimento degli organismi di certificazione indipendente». Tra
le altre fonti normative intervenute in materia, devono altresi'
indicarsi le seguenti:
d.l. 8 febbraio 2007, n. 8, recante «Misure urgenti per la
prevenzione e la repressione dei fenomeni di violenza connessi a
competizioni calcistiche» convertito, con modificazioni, dalla legge
4 aprile 2007, n. 41; d.m. 8 agosto 2007 in tema di «organizzazione e
servizio degli «steward» negli impianti sportivi»;
d.l. 27 luglio 2005 n. 144 recante «Misure urgenti per il
contrasto del terrorismo internazionale», convertito con
modificazioni dalla l. 31 luglio 2005, n. 155; d.m. 15 settembre
2009, n. 154 in tema di «Regolamento recante disposizioni per
l'affidamento dei servizi di sicurezza sussidiaria nell'ambito dei
porti, delle stazioni ferroviarie e dei relativi mezzi di trasporto e
depositi, delle stazioni delle ferrovie metropolitane e dei relativi
mezzi di trasporto e depositi, nonche' nell'ambito delle linee di
trasporto urbano, per il cui espletamento non e' richiesto
l'esercizio di pubbliche potesta', adottato ai sensi dell'articolo
18, comma 2, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito,
con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155»;
l. 15 luglio 2009, n. 94 recante «Disposizioni in materia di
sicurezza pubblica»;
d.m. 6 ottobre 2009 recante «Determinazione dei requisiti per
l'iscrizione nell'elenco prefettizio del personale addetto ai servizi
di controllo delle attivita' di intrattenimento e di spettacolo in
luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, le modalita' per la
selezione e la formazione del personale, gli ambiti applicativi e il
relativo impiego, di cui ai commi da 7 a 13 dell'articolo 3 della
legge 15 luglio 2009, n. 94»;
l. 16 gennaio 2003 n. 3 recante «Disposizioni ordinamentali in
materia di pubblica amministrazione»;
d.m. 28 dicembre 2012 n. 269 in tema di «Regolamento recante
l'impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti
bandiera italiana, che transitano in acque internazionali a rischio
pirateria».
Ai fini del presente documento, tra le fonti sopra indicate, sembra
opportuno richiamare in primo luogo il R.D. 18 giugno 1931 n. 773 (di
seguito Tulps) ed il R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (di seguito
Regolamento).
In particolare, il Tulps disciplina, al Titolo IV, l'attivita' di
vigilanza privata, prevedendo due diverse modalita' di svolgimento
della stessa: quella contemplata dall'art. 133, ossia l'ipotesi in
cui la vigilanza della proprieta' privata venga esercitata
direttamente dal proprietario dei beni (enti pubblici, enti
collettivi, soggetti privati) attraverso l'impiego di guardie
particolari alle proprie dipendenze e nominate dal Prefetto
competente per territorio; una seconda ipotesi, prevista invece
dall'art. 134, consistente nello svolgimento dell'attivita' di
vigilanza, previa autorizzazione prefettizia, da parte di persone
giuridiche private o singole persone fisiche che impieghino propri
dipendenti, in via professionale ed in forma imprenditoriale,
riconosciuti come guardie giurate, al servizio di proprieta'
mobiliari o immobiliari.
In particolare, l'art. 133 Tulps dispone che «gli enti pubblici,
gli altri enti collettivi e i privati possono destinare guardie
particolari alla vigilanza o custodia delle loro proprieta' mobiliari
od immobiliari. Possono anche, con l'autorizzazione del prefetto,
associarsi per la nomina di tali guardie da destinare alla vigilanza
o custodia in comune delle proprieta' stesse».
L'art. 134 Tulps dispone, invece, che «senza licenza del prefetto
e' vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o
custodia di proprieta' mobiliari od immobiliari e di eseguire
investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di
privati. Salvo il disposto dell'art. 11, la licenza non puo' essere
conceduta alle persone che non abbiano la cittadinanza italiana
ovvero di uno Stato membro dell'Unione europea o siano incapaci di
obbligarsi o abbiano riportato condanna per delitto non colposo. I
cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono conseguire
la licenza per prestare opera di vigilanza o custodia di beni
mobiliari o immobiliari alle stesse condizioni previste per i
cittadini italiani. Il regolamento di esecuzione individua gli altri
soggetti, ivi compreso l'institore, o chiunque eserciti poteri di
direzione, amministrazione o gestione anche parziale dell'istituto o
delle sue articolazioni, nei confronti dei quali sono accertati
l'assenza di condanne per delitto non colposo e gli altri requisiti
previsti dall'articolo 11 del presente testo unico, nonche'
dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575. La licenza non
puo' essere conceduta per operazioni che importano un esercizio di
pubbliche funzioni o una menomazione della liberta' individuale».
La licenza per l'esercizio dell'attivita' di vigilanza e'
rilasciata dal Prefetto in presenza di particolari presupposti e
requisiti indicati negli artt. 134, 136, 138 del Tulps.
La modalita' di presentazione della domanda per il rilascio della
licenza di cui all'art. 134 del Tulps e' disciplinata dall'art. 257
Reg., il quale prevede (tra l'altro) che tale istanza deve indicare
il soggetto che la richiede, la composizione organizzativa e
l'assetto proprietario di quest'ultimo, l'indicazione dell'ambito
territoriale, anche in province o regioni diverse, in cui l'istituto
intende svolgere la propria attivita', l'indicazione dei servizi per
quali si chiede l'autorizzazione, dei mezzi e delle tecnologie che si
intendono impiegare. La domanda e' corredata da un progetto
organizzativo e tecnico-operativo dell'istituto, nonche' della
documentazione comprovante il possesso delle capacita' tecniche
occorrenti, proprie e delle persone preposte alle unita' operative
dell'istituto e la disponibilita' dei mezzi finanziari, logistici e
tecnici occorrenti per l'attivita' da svolgere e le relative
caratteristiche, conformi alle disposizioni in vigore. Il successivo
art. 257-bis disciplina, inoltre, le modalita' di presentazione della
domanda per ottenere la licenza di cui al citato art. 134 del Tulps
per le attivita' di investigazione, ricerca e raccolta di
informazioni per conto di privati.
Il comma 4 dell'art. 257 Reg. demanda poi ad un decreto del
Ministro dell'interno la definizione delle caratteristiche minime cui
deve conformarsi il progetto organizzativo ed i requisiti minimi di
qualita' degli istituti e dei servizi, nonche' i requisiti
professionali e di capacita' tecnica richiesti per la direzione
dell'istituto e per lo svolgimento degli incarichi organizzativi.
A tale ultima disposizione regolamentare e' stato dato seguito con
il citato d.m. 1 ottobre 2010, n. 269, con il quale sono stati
disciplinati, in particolare, i seguenti aspetti:
caratteristiche e requisiti organizzativi e professionali degli
istituti di vigilanza privata;
requisiti e qualita' dei servizi;
caratteristiche e requisiti organizzativi e professionali degli
istituti di investigazione privata e di informazione commerciale;
qualita' dei servizi di investigazione privata e di informazione
commerciale;
requisiti professionali e formativi delle guardie particolari
giurate;
aggiornamento dei requisiti tecnico-professionali.
Il d.m. 269/2010 individua, all'Allegato D, sez. III, par. 3.a, le
tipologie di servizi demandati agli istituti di vigilanza privata
«per mezzo delle dipendenti guardie giurate e con l'uso dei mezzi
posti a loro disposizione», elencandoli come segue:
1. vigilanza fissa;
2. vigilanza saltuaria di zona;
3. vigilanza con collegamento di sistemi di allarme e di
videosorveglianza;
4. intervento su allarme;
5. vigilanza fissa antirapina;
6. vigilanza fissa mediante l'impiego di unita' cinofile;
7. servizio di antitaccheggio;
8. custodia in caveau;
9. servizio di trasporto e scorta valori e servizi su
apparecchiature automatiche, bancomat e casseforti;
10. servizio scorta a beni trasportati con mezzi diversi da
quelli destinati al trasporto di valori, di proprieta' dello stesso
istituto di vigilanza o di terzi;
11. servizi di vigilanza e di sicurezza complementare previsti da
specifiche norme di legge o di regolamento (d.m. 85/1999, d.m.
154/2009, ecc.).
Lo stesso d.m., sempre all'Allegato D, sez. III, par. 3.b.1
individua i casi in cui, per speciali esigenze di sicurezza, il
servizio di vigilanza deve essere svolto dalle guardie giurate. In
particolare si dispone al riguardo che devono intendersi come
obiettivi sensibili e, come tali, affidati alla vigilanza delle
guardie giurate, qualora non vi provvedano direttamente le Forze
dell'Ordine, i seguenti beni:
aziende pubbliche o private del settore energetico (sia che
trattasi di strutture di produzione di energia che di centrali di
distribuzione nelle aree urbane) e delle forniture idriche (compresi
gli impianti di potabilizzazione o distribuzione nella rete idrica
urbana);
aziende pubbliche o private del settore delle telecomunicazioni
(in particolare centrali di collegamento, smistamento e gestione di
reti telefoniche, sia fisse che mobili) e sedi di emittenti
radiotelevisive a carattere nazionale;
raffinerie, centri oli per la raccolta ed il trattamento del
greggio, depositi di carburante e lubrificanti con capacita' di
stoccaggio superiore a 100 tonnellate.
Devono intendersi come siti con speciali esigenze di sicurezza e,
come tali, analogamente affidati alla vigilanza delle guardie
giurate, qualora non vi provvedano direttamente le Forze dell'Ordine:
siti dove operano persone che svolgono compiti di particolare
delicatezza per il pubblico interesse e per i quali va garantita
l'incolumita' e l'operativita' (ad esempio aziende o presidi
ospedalieri e/o sanitari);
siti contenenti banche dati sensibili o il cui accesso e'
riservato solo a persone autorizzate (ad esempio strutture pubbliche
munite di centri elaborazione dati e/o a forte affluenza di pubblico,
sedi di Regioni, Province, Inps...);
siti dove l'accesso sia subordinato al controllo con macchinari
radiogeni o rilevatori di metalli o all'identificazione personale (ad
esempio tribunali ed uffici giudiziari in genere);
siti dove ci sia giacenza di valori significativi o merci di
valore asportabili (ad esempio musei, pinacoteche, mostre se
contenenti opere di alto valore artistico ed economico).
Va considerato, inoltre, che l'articolo 256-bis del Regolamento
specifica al comma 2 che «rientrano (...) nei servizi di sicurezza
complementare, da svolgersi a mezzo di guardie particolari giurate,
salvo che la legge disponga diversamente o vi provveda la forza
pubblica, le attivita' di vigilanza concernenti:
a) la sicurezza negli aeroporti, nei porti, nelle stazioni
ferroviarie, nelle stazioni delle ferrovie metropolitane e negli
altri luoghi pubblici o aperti al pubblico specificamente indicati
dalle norme speciali, ad integrazione di quella assicurata dalla
forza pubblica;
b) la custodia, il trasporto e la scorta di armi, esplosivi e di
ogni altro materiale pericoloso, nei casi previsti dalle disposizioni
in vigore o dalle prescrizioni dell'autorita', ferme restando le
disposizioni vigenti per garantire la sicurezza della custodia, del
trasporto e della scorta;
c) la custodia, il trasporto e la scorta del contante o di altri
beni o titoli di valore; nonche' la vigilanza nei luoghi in cui vi e'
maneggio di somme rilevanti o di altri titoli o beni di valore
rilevante, appartenenti a terzi;
d) la vigilanza armata mobile e gli interventi sugli allarmi,
salve le attribuzioni degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza;
e) la vigilanza presso infrastrutture del settore energetico o
delle telecomunicazioni, dei prodotti ad alta tecnologia, di quelli a
rischio di impatto ambientale, ed ogni altra infrastruttura che puo'
costituire, anche in via potenziale, un obiettivo sensibile ai fini
della sicurezza o dell'incolumita' pubblica o della tutela
ambientale».
Il successivo comma 3 precisa, poi, che «rientra altresi' nei
servizi di sicurezza complementare la vigilanza presso tribunali ed
altri edifici pubblici, installazioni militari, centri direzionali,
industriali o commerciali ed altre simili infrastrutture, quando
speciali esigenze di sicurezza impongono che i servizi medesimi siano
svolti da guardie particolari giurate».
E' necessario, infine considerare che e' affidata alle guardie
giurate la custodia dei beni immobili e dei beni mobili in essi
contenuti durante l'orario notturno o di chiusura al pubblico.
Con le disposizioni sopra indicate sono state, quindi, definite le
tipologie di servizi demandati agli istituti di vigilanza privata
(Allegato D, sez. III, par. 3.a, d.m. 269/2010) e sono stati
espressamente individuati i casi in cui, per speciali esigenze di
sicurezza, il servizio di vigilanza privata deve essere svolto dalle
guardie giurate (art. 256-bis Reg. e All. D, sez. III, par. 3.b.1,
d.m. 269/2010).
Quanto sopra assume rilievo ai fini della definizione di una delle
problematiche segnalate dalla Prefettura di Roma e rappresentata dai
soggetti partecipanti al tavolo tecnico, ossia l'affidamento, da
parte delle stazioni appaltanti, di servizi di portierato o global
service in luogo del servizio di vigilanza privata, anche nei casi in
cui la disciplina di settore imporrebbe il ricorso a quest'ultimo
servizio.
Appare evidente che tale prassi sia da censurare in quanto
contraria alla disciplina di settore che, invece, impone nei casi
indicati dall'art. 256-bis Reg. e dal d.m. 269/2010 il necessario
ricorso alla vigilanza privata, stante la necessita' di eseguire
peculiari prestazioni a tutela di specifiche esigenze di sicurezza.
Le guardie giurate, infatti, come sopra illustrato, devono essere
in possesso di specifica licenza prefettizia. Inoltre, mentre la
vigilanza privata si caratterizza per l'esercizio di poteri di
intervento diretto per la difesa dell'immobile, l'attivita' di
portierato o di guardiania non implica un obbligo di difesa attiva
degli immobili, ma una normale tutela della proprieta' privata e
della funzionalita' di aziende o complessi operativi (es.
registrazione dei visitatori, controllo ed ispezione degli accessi;
regolazione dell'afflusso delle vetture ai parcheggi; monitoraggio
dell'impianto di allarme antintrusione e nell'obbligo, in caso di
allarme, di darne immediata notizia al servizio tecnico ed ai
soggetti individuati dal proprietario dell'immobile o
dall'amministrazione per i necessari interventi; etc.).
Le societa' di portierato, di global service e di servizi
integrati, pur iscritte alla Camera di Commercio, invece, possono
svolgere esclusivamente le attivita' indicate nel loro oggetto
sociale, in quanto operanti senza le autorizzazioni ed i controlli
cui invece sono soggetti gli istituti di vigilanza privata.
L'attivita' di portierato, a seguito dell'abrogazione dell'art. 62
Tulps e degli artt. 111, 113, 114 Reg., per effetto della l. 24
novembre 2000, n. 340 (disposizioni per la delegificazione di norme e
per la semplificazione di procedimenti amministrativi), non e' piu'
soggetta ad autorizzazione ed e' dunque liberalizzata (permane
l'autorizzazione del Prefetto all'uso della divisa ai sensi dell'art.
230 Reg.).
Appare evidente che le caratteristiche che contraddistinguono la
vigilanza privata dai servizi fiduciari rendono la prima non
assimilabile e non sostituibile dai secondi.
Inoltre, alla luce delle espresse previsioni dell'art. 256-bis Reg
e par. 3.b.1 dell'Allegato D del d.m. 269/2010 che, come sopra
illustrato, prevedono come obbligatorio il ricorso alle guardie
giurate per la vigilanza dei c.d. obiettivi sensibili, deve
escludersi la possibilita' di affidare tali servizi ad agenzie di
portierato.
Sulla questione sembra utile citare anche il Vademecum operativo
del Ministero dell'Interno (Disposizioni operative per l'attuazione
del Decreto Ministeriale 1.12.2010, n. 269) allegato alla circolare
557/PAS/U/004935/10089.D(1)Reg, nel quale si afferma che con il d.m.
269/2010 viene «definita la spinosa questione della differenza tra i
servizi di portierato e quelli di vigilanza privata», rientrando,
evidentemente, i primi per esclusione nelle fattispecie non
espressamente previste dalla norma in esame. La linea scelta dal
Decreto, peraltro, appare coerente con il consolidato orientamento
della giurisprudenza che gia' faceva distinzione tra la mera
vigilanza passiva - che puo' essere espletata da personale diverso
dalle guardie giurate - ed «i ...compiti di vigilanza attiva - che
possono comportare l'uso delle armi, la prevenzione e l'immediata
repressione dei reati in concorso con le forze dell'ordine, che
ricadono nel regime di controllo e di autorizzazione previsto dagli
artt.133 e seguenti del Tulps....», ritenendo tali compiti come
assimilabili a quelli svolti «...dagli appartenenti alla forze di
polizia e distinta, per tale ragione, dalla attivita' di portierato
la quale si caratterizza invece per essere destinata a garantire
l'ordinata utilizzazione dell'immobile da parte dei fruitori senza
che vengano in alcun modo in rilevo (se non in via del tutto mediata
ed indiretta) finalita' di prevenzione e sicurezza» (Cfr. Cass.
Penale, sez. I, 12.04.2006, n. 14258; Cons. Stato, sez. VI,
14.02.2007, n. 654; TAR Lombardia, sez. III, 25.5.2010, n. 1674).
Alla luce di quanto sopra esposto, la commistione tra il servizio
di vigilanza privata e servizi fiduciari (portierato e reception),
non risulta conforme al dettato normativo in esame, infatti la
diversita' delle prestazioni di cui si compongono i predetti servizi,
non consente di considerarli sostituibili. Pertanto si ritiene
necessario richiamare le stazioni appaltanti ad una attenta e
scrupolosa applicazione delle disposizioni sopra indicate, ed in
particolare del d. m. 269/2010, che, come visto, individua
all'Allegato D, sez. III, par. 3.a e 3.b.1, le tipologie di servizi
demandati agli istituti di vigilanza privata ed i casi in cui, per
speciali esigenze di sicurezza, il servizio di vigilanza deve essere
svolto dalle guardie giurate, escludendo quindi la possibilita' di
affidare tali servizi alle societa' di portierato.
3. Suddivisione in lotti
Alcuni partecipanti al tavolo tecnico ed alla consultazione hanno
evidenziato come le stazioni appaltanti, oltre a non richiedere in
taluni casi l'autorizzazione prefettizia normativamente prevista per
il servizio di vigilanza privata, finiscono spesso per aggregare
attivita' eterogenee in un'unica procedura. Tale aggregazione
potrebbe condurre alla mancata distinzione tra i servizi per i quali
e' prevista l'apposita autorizzazione e quelli per cui la legge non
impone particolari requisiti di idoneita'.
Qualora non vengano richiesti in gara tali requisiti si rischia che
pervengano offerte da soggetti non vincolati ne' al possesso della
licenza di cui all'art. 134 Tulps ne' al rispetto dei contratti di
settore, con evidenti rischi per lo sviluppo di un corretto confronto
competitivo.
Fermo restando che la stazione appaltante ha l'onere di indicare
nel bando di gara che il servizio di vigilanza privato non possono
essere svolto senza la necessaria licenza di cui sopra, la stessa
deve poi verificare che all'atto della stipula del contratto di
affidamento del servizio de quo il soggetto aggiudicatario possegga
detta autorizzazione e la mantenga per tutta l'esecuzione del
contratto. In sostanza, vi e' il rischio che l'offerta
dell'aggiudicatario, se pur astrattamente piu' conveniente, non sia
idonea a garantire la qualita' e la regolare esecuzione del servizio
di vigilanza privata in quanto l'aggiudicatario, se e', privo della
licenza di cui all'art. 134 Tulps, non puo' effettuare interventi di
vigilanza attiva a tutela del patrimonio e del pubblico, quali ad
esempio i servizi antirapina, non disponendo di personale a cio'
autorizzato e in possesso delle necessarie qualifiche professionali
ed attrezzature.
Cio' premesso, al fine di generare risparmi di spesa, potrebbe
comunque essere conveniente per la stazione appaltante effettuare
un'unica gara comprendente piu' servizi, quali la vigilanza armata,
la custodia e il portierato, prevedendo pero' lotti distinti per
ciascun servizio. In tal caso, rimane l'obbligo per la stazione
appaltante di indicare dettagliatamente nei documenti di gara i
singoli servizi richiesti, precisando in relazione a ciascuno di essi
i requisiti necessari per la partecipazione alla gara e quelli
necessari per l'esecuzione, ivi comprese le autorizzazioni.
Inoltre, stante l'attenzione del legislatore nazionale per la
suddivisione in lotti, finalizzata a promuovere la partecipazione
delle piccole e medie imprese, nell'impostazione della gara le
stazioni appaltanti debbono valutare l'opportunita' di suddividere
l'affidamento dei servizi in piu' lotti funzionali, caratterizzati da
attivita' omogenee per natura e requisiti richiesti, di cui almeno
uno dovrebbe riguardare il servizio di vigilanza privata. Nel caso di
servizi da svolgere presso vasti complessi immobiliari, come gli
aeroporti o le stazioni, o eventi/fiere, la suddivisione puo'
riguardare anche l'estensione geografica. Si ricorda, peraltro, che
ai sensi dell'art. 2, co. 1-bis, del Codice, l'eventuale mancata
suddivisione in lotti deve essere espressamente motivata negli atti
di gara.
4. Ribassi eccessivi
I soggetti intervenuti al tavolo tecnico ed alla consultazione
lamentano che nelle procedure di gara per l'affidamento del servizio
di vigilanza privata vengono spesso presentate offerte non
remunerative e/o che non ne garantiscono l'effettiva qualita'. Il
fenomeno, secondo quanto segnalato, puo' essere causato da diversi
fattori: (i) partecipazione alla gara di agenzie d'affari ex art. 115
Tulps, che individuano successivamente gli istituti a cui affidare i
servizi, proponendo delle tariffe che non coprono nemmeno i costi di
gestione; (ii) partecipazione alla gara di soggetti che non sono
provvisti della licenza di cui all'art. 134 Tulps e che, pertanto,
non sopportano gli oneri sostenuti dagli istituti di vigilanza
autorizzati; (iii) eccessiva competizione sul prezzo, determinata
dall'affidamento secondo il criterio del prezzo piu' basso, che
potrebbe essere eliminata scegliendo come criterio di aggiudicazione
quello dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa (nel seguito
OEPV).
In relazione alla riferita prassi di invitare alle procedure per
l'affidamento del servizio di vigilanza privata non gli istituti di
cui all'art. 134 Tupls, ma societa' intermediarie, agenzie di affari
di cui all'art. 115 Tulps, che successivamente individuano i
prestatori del predetto servizio, si osserva che la stessa
costituisce in buona sostanza una delega di funzioni pubblicistiche
in contrasto con la normativa di settore. Difatti l'art, 33, comma
1,decreto legislativo n. 163/2006 consente alle stazioni appaltanti
ed agli enti aggiudicatori di acquistare lavori, servizi e forniture
facendo ricorso a centrali di committenza, ma in questa categoria non
rientrano le agenzie di cui sopra (cfr, Avcp, deliberazione 6.3.2013
n.7). In altri termini, salvo le ipotesi prescritte dal legislatore,
il decreto legislativo n. 163/2006 ‹‹proibisce che un soggetto
diverso dall'amministrazione interessata possa avviare e gestire il
procedimento volto all'affidamento di contratto pubblico. Per la
stipulazione di tale contratto e' necessario che l'intera fase
pubblicistica antecedente, finalizzata alla scelta del contraente,
sia svolta dall'amministrazione aggiudicatrice che sara' parte del
contratto stesso›› (Avcp, parere sulla normativa, 30 luglio 2009).
Con riferimento ai requisiti di partecipazione, si osserva che la
stazione appaltante deve prevedere requisiti coerenti con la
normativa di settore, che assicurino un'effettiva concorrenza nel
mercato del servizio di vigilanza privata.
Sul punto si ricorda che «senza licenza del prefetto e' vietato ad
enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di
proprieta' mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o
ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati» (art.
134 Tulps). Tale autorizzazione e' rilasciata dal Prefetto su istanza
dell'interessato, previa verifica della sussistenza di determinati
presupposti e requisiti, espressamente previsti e disciplinati dagli
artt. 11, 134, 136 e 138 Tulps e dagli artt. 256-bis e 257 ss. del
regolamento di esecuzione. La stessa e', quindi, un provvedimento di
autorizzazione intuitu personae, riconducibile, ai fini della
partecipazione alle procedure di aggiudicazione nella categoria
generale dei requisiti di idoneita' professionale di cui all'art. 39
decreto legislativo n. 163/2006 (cfr. ANAC, parere di precontenzioso,
8 aprile 2015 n.48; e 14 ottobre 2014 n. 64).
Conseguentemente, secondo l'orientamento piu' recente
dell'Autorita', il possesso della licenza prevista e disciplinata
dall'art. 134 Tulps - riferita ad una o piu' province - costituisce
un requisito di partecipazione alle gare pubbliche per l'affidamento
di servizi di vigilanza privata, da ricondurre nell'ambito della
categoria generale dei requisiti di idoneita' professionale di cui
all'art. 39 decreto legislativo n.163/2006.
Corre, tuttavia, l'obbligo di evidenziare che nel rispetto dei
principi di ragionevolezza, non discriminazione e favor
partecipationis, tale requisito di ammissione deve ritenersi
soddisfatto anche laddove il concorrente sia gia' titolare di una
licenza prefettizia ex art. 134 del Tulps per un determinato
territorio provinciale ed abbia presentato istanza per l'estensione
dell'autorizzazione in altra Provincia - quale territorio di
riferimento per l'espletamento del servizio previsto in gara -
purche' la relativa autorizzazione (estensione) pervenga prima della
stipula del contratto. Sul punto va, infatti, considerato che in
virtu' del citato art. 257-ter, comma 5, «ai fini dell'estensione
della licenza ad altri servizi o ad altre province, il titolare della
stessa notifica al prefetto che ha rilasciato la licenza i mezzi, le
tecnologie e le altre risorse che intende impiegare, nonche' la nuova
o le nuove sedi operative se previste ed ogni altra eventuale
integrazione agli atti e documenti di cui all'articolo 257, commi 2 e
3. I relativi servizi hanno inizio trascorsi novanta giorni dalla
notifica, termine entro il quale il prefetto puo' chiedere
chiarimenti ed integrazioni al progetto tecnico-organizzativo e
disporre il divieto dell'attivita' qualora la stessa non possa essere
assentita, ovvero ricorrano i presupposti per la sospensione o la
revoca della licenza, di cui all'articolo 257-quater».
Tale disposizione prevede, dunque, che l'estensione della licenza
ad altri servizi o ad altre Province e' subordinata ad una notifica
dell'interessato alla competente prefettura, corredata dalla
necessaria documentazione. L'estensione dell'attivita' di vigilanza
autorizzata dal provvedimento prefettizio in altre Province puo'
essere avviata solo dopo il decorso del termine di 90 giorni dalla
presentazione della predetta istanza, termine entro il quale il
Prefetto puo' chiedere chiarimenti ed integrazioni al progetto
tecnico-organizzativo prodotto e disporre il divieto dell'attivita',
qualora la stessa non possa essere assentita. Tale richiesta ai sensi
dell'art. 257-ter, comma 5, e' dunque un posterius non un prius
rispetto al conseguimento dell'autorizzazione ex art. 134 Tulps.
Conseguentemente il concorrente in possesso della predetta licenza
e che abbia presentato istanza di estensione ex art. 257-ter, co.5,
r.d. 773/1940, puo' concorrere alla gara se dimostra di aver gia'
richiesto l'estensione entro il termine previsto per la presentazione
della domanda di partecipazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo
2011, n. 1315 secondo cui ‹‹l'esclusione dell'appellante, che pure
aveva presentato tempestiva domanda di estensione territoriale
dell'autorizzazione prefettizia, deve reputarsi illegittimo e merita
di conseguenza l'annullamento, con conseguente riammissione della
societa' alla procedura ai fini dell'esame dell'offerta›› e sez. VI,
2 maggio 2012 n. 2515).
Dunque, mentre il possesso della licenza ex art. 134 Tulps
costituisce condizione di partecipazione alle gare per l'affidamento
dei servizi di vigilanza privata, il conseguimento dell'estensione
territoriale o ad altre attivita', ex art. 257, co. 5 sopra citato,
costituisce una condizione di stipulazione del contratto, dopo
l'aggiudicazione.
Con riferimento ai criteri di aggiudicazione si osserva che la
scelta degli stessi e' rimessa dall'art. 81 decreto legislativo
n.163/2006 esclusivamente alla stazione appaltante, che deve indicare
o il prezzo piu' basso o l'OEPV (1) Tale opzione, tuttavia, deve
essere ancorata al parametro indicato dallo stesso art. 81, comma 2,
decreto legislativo n.163/2006, ossia, alle caratteristiche
dell'oggetto del contratto. Conseguentemente, la stessa non puo'
essere dettata esclusivamente dalla necessita' di evitare ribassi
eccessivi e l'eventuale utilizzo dell'OEPV deve essere motivata in
funzione degli elementi oggettivi del contratto e prevedere criteri
di valutazione dell'offerta tecnica idonei a far emergere le
differenze qualitative tra le offerte presentate. In sostanza, l'OEPV
e' preferibile quando il progetto tecnico acquista una sua valenza
nell'ambito dell'offerta (cfr. Avcp, determinazione 24 novembre 2011,
n. 7).
Viceversa, quando il prodotto o servizio e' altamente
standardizzato per le sue caratteristiche o per la stringente
regolamentazione, sarebbe preferibile adottare il criterio del prezzo
piu' basso. In questo caso, al fine di prevenire comportamenti
opportunistici sia in fase di offerta che in fase esecutiva, la
stazione appaltante deve definire un progetto completo ed accurato e
verificare che le offerte presentate corrispondano a quanto richiesto
dai documenti di gara e dalla disciplina di settore. Si noti,
peraltro, che l'affidamento al prezzo piu' basso si caratterizza per
una maggiore semplicita' nel processo di valutazione delle offerte.
In considerazione di quanto sopra, nel caso in cui la stazione
appaltante, ritenga che sussistano le condizioni per l'applicazione
del criterio del prezzo piu' basso dovra' definire puntualmente negli
atti di gara le condizioni tecniche per l'esecuzione del servizio,
con la conseguenza che l'unica differenza nelle offerte presentate
dai concorrenti sara' data dal prezzo di realizzazione dei servizi
come predeterminati dalla stazione appaltante. Tali condizioni
potrebbero riguardare ad esempio:
la tipologia di vigilanza richiesta (fissa, ronda, ecc.);
il numero di personale impiegato nei diversi servizi, con
particolare riferimento al personale in possesso di autorizzazione
prefettizia;
il numero delle pattuglie/vetture che devono essere disponibili
per interventi ed emergenze;
il numero e le caratteristiche delle frequenze radio per i
collegamenti con le stazioni di polizia;
il numero e la dislocazione delle telecamere necessarie per la
videosorveglianza;
l'esperienza richiesta al personale con riferimento ai servizi da
espletare;
l'esperienza nelle procedure e modalita' di intervento operativo.
Di contro, qualora la stazione appaltante ritenga che il servizio
possa essere differenziato da un punto di vista qualitativo potra'
aggiudicare il contratto con il criterio dell'OEPV. In tal caso e'
possibile prevedere dei criteri di valutazione tecnica che attengano
alla qualita' del progetto e che non privilegino, invece, aspetti
legati alla dimensione d'impresa. Tra gli aspetti che possono
premiare la qualita' vi sono la formazione per il personale,
l'organizzazione del servizio, il progetto tecnico, anche in
relazione alle attrezzature e apparecchiature tecnologiche, le
modalita' di intervento in caso di emergenza attraverso
strutture/attrezzature dedicate, l'offerta di servizi aggiuntivi
rispetto a quelli richiesti nel capitolato. Non dovrebbero essere
compresi di norma nell'ambito dei criteri di valutazione dell'offerta
quegli elementi, il cui possesso oltre una certa quantita'
predefinita ex ante dalla stazione appaltante, da un lato, non
comporti un beneficio evidente per la qualita' del servizio offerto,
e, dall'altro, possa avere, invece, l'effetto di privilegiare gli
operatori di maggiori dimensioni (ad es. criteri legati al numero di
pattuglie o al personale in possesso di autorizzazione prefettizia
oltre a quello necessario per garantire il servizio).
Come l'Avcp ha avuto modo di evidenziare in piu' occasioni (da
ultimo, bando-tipo n. 1/2014), l'utilizzo dell'OEPV permette di
prestare maggiore o minore attenzione alla qualita' del servizio reso
(ovvero maggiore o minore valore all'elemento prezzo) adottando
alcuni accorgimenti consentiti dalla normativa vigente. Si
evidenziano, in particolare:
la possibilita' di limitare il peso della componente del prezzo;
la fissazione di un coefficiente X elevato (0,85 o 0,9) nella
calibrazione della formula bi-lineare di cui Allegato P del
Regolamento;
la fissazione di una soglia di sbarramento al punteggio tecnico,
in modo da selezionare solo le offerte che soddisfano determinati
standard qualitativi;
la possibilita' di effettuare la riparametrazione dei punteggi
tecnici, con la quale si premiano le offerte di maggiore qualita'
(cfr. determinazione Avcp del 24 novembre 2011, n. 7). Si ricorda che
la riparametrazione assolve all'esigenza di garantire un rapporto
invariabile tra il fattore prezzo ed il fattore qualita' in modo che,
in relazione ad entrambe le componenti, l'offerta migliore ottenga il
massimo punteggio, con conseguente rimodulazione delle altre offerte
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3716). Si sottolinea
pertanto l'importanza di tale operazione, cosi' come piu' ampiamente
indicato nella predetta determinazione n.7/2011, a cui si rinvia per
un approfondimento della tematica in esame.
A prescindere dal criterio di aggiudicazione prescelto dalla
stazione appaltante, e' comunque, necessario che la documentazione di
gara suddivida l'importo globale tra i vari servizi, cio' sia ai fini
della formulazione dell'offerta sia per la corretta quantificazione
dei requisiti di partecipazione connessi al fatturato aziendale che,
secondo l'art. 41, co. 2, del codice, devono essere congruamente
motivati negli atti di gara, pena l'illegittimita' della clausola che
li prevede.
Al fine di impedire che la concorrenza sul prezzo si traduca in
offerte economiche tali da compromettere la qualita' delle
prestazioni o le condizioni di lavoro e di sicurezza del personale
impiegato nello svolgimento della commessa, e' necessario, inoltre,
che le stazioni appaltanti procedano ad effettuare la verifica di
congruita' secondo quando disposto dagli artt. 86 e seguenti del
decreto legislativo n.163/2006, valutando, in particolare, se il
prezzo offerto sia idoneo a garantire il rispetto di tutti i costi
attinenti al servizio previsto nel capitolato tecnico, tra cui il
costo del lavoro, in ordine al quale non si potranno presentare
offerte al ribasso. Al riguardo si ricorda che non sono ammesse
giustificazione in relazione a trattamenti salariali minimi
inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge
(art. 87, comma 3) (2) Cio' significa che la stazione appaltante
dovra' verificare la coerenza tra l'importo complessivo offerto per
l'appalto e i costi orari del personale indicati in sede di gara,
ponendo attenzione a che gli stessi siano in linea con i minimi
previsti dai contratti collettivi di lavoro. A tal fine, un utile
parametro di riferimento e' rappresentato anche dalle tabelle
ministeriali sul costo medio del lavoro. Al riguardo si precisa,
pero', che le stesse non assumono valore di parametro assoluto ed
inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, suscettibile di
scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi
aziendali evidenzianti una particolare organizzazione in grado di
giustificare la sostenibilita' di costi inferiori (in tal senso si e'
espressa anche la giurisprudenza amministrativa cfr. Cons. Stato,
sez. V 13 marzo 2014 n.1176, Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2013, n.
3314 e sez. IV, 22 marzo 2013, n. 1633; AVCP, parere di
precontenzioso, 20 ottobre 2011, n.189).
La stazione appaltante, inoltre, nel verificare la serieta'
dell'offerta potra' considerare anche la percentuale di utile
indicata dal concorrente. Sebbene secondo alcuni partecipanti alla
consultazione quest'ultima non potrebbe essere pari a zero in
considerazione dello scopo di lucro perseguito dagli operatori
economici, sul punto occorre considerare che secondo la
giurisprudenza amministrativa non e' possibile fissare una quota
rigida di utile al di sotto della quale l'offerta debba considerarsi
per definizione incongrua, dovendosi invece avere riguardo alla
serieta' della proposta contrattuale, atteso che anche un utile
apparentemente modesto puo' comportare un vantaggio importante (cfr.
Cons. Stato, sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 215 e sez. IV, 23 luglio
2012, n. 4206).
5. Cambio appalto e imponibile di manodopera
Ai fini dell'inquadramento generale della problematica in esame, si
richiama l'art. 69 del codice dei contratti - in recepimento
dell'art. 26 della direttiva 2004/18/CE e dell'art. 38 della
direttiva 2004/17/CE - ai sensi del quale le stazioni appaltanti
possono esigere condizioni particolari di esecuzione dell'appalto,
purche' queste siano compatibili con il diritto comunitario e, in
particolare, con i principi di parita' di trattamento, non
discriminazione, trasparenza, proporzionalita', e purche' siano
precisate nel bando di gara, o nell'invito in caso di procedure senza
bando o nel capitolato d'oneri. A tal riguardo, la suddetta
disposizione precisa, al comma 2, che dette condizioni possono
attenere, in particolare, a esigenze sociali o ambientali ed
aggiunge, al comma 3, che la stazione appaltante che prevede tali
condizioni particolari ha facolta' di comunicarle all'Autorita', al
fine di ottenerne una pronuncia sulla compatibilita' con il diritto
comunitario. Le norme comunitarie e la disciplina di recepimento
prevedono, dunque, espressamente che debba trattarsi di condizioni di
esecuzione, con cio' chiarendo, esplicitamente, come ha piu' volte
stabilito l'Autorita', che si tratta di condizioni che producono
effetti nella fase esecutiva dell'appalto e, implicitamente, che le
stesse non devono avere incidenza sulla fase di partecipazione alla
gara.
Inoltre, dall'applicazione delle clausole concernenti una
particolare condizione di esecuzione della prestazione, non devono
conseguire indebite interferenze con i criteri di valutazione della
migliore offerta, atteso che quest'ultima deve essere valutata sulla
base del proprio contenuto qualitativo, direttamente attinente
all'oggetto dell'appalto.
Le stazioni appaltanti devono, quindi, effettuare un'attenta
valutazione della conformita' delle condizioni particolari di
esecuzione richieste ai principi del Trattato UE, concernenti la
libera circolazione delle merci e la libera prestazione dei servizi,
al fine di evitare discriminazioni, dirette o indirette, tra gli
offerenti, e di scongiurare il rischio che le stesse possano avere
effetti pregiudizievoli sulla reale ed effettiva concorrenza tra le
imprese. Proprio al fine di favorire tale valutazione, il gia'
richiamato art. 69, comma 3, del Codice dei Contratti Pubblici ha
previsto la facolta' per le stazioni appaltanti di richiedere
all'Autorita' un pronunciamento sulle clausole del bando contemplanti
«particolari condizioni di esecuzione del contratto», onde evitare
che le disposizioni in esse contenute incidano negativamente sulle
condizioni di concorrenzialita' del mercato «in modo tale da
discriminare o pregiudicare alcune categorie di imprenditori,
determinando cosi' un'incompatibilita' delle previsioni del bando o
dell'invito con il diritto comunitario» (Cons. Stato, parere 6
febbraio 2006, n. 355).
Si deve, poi, richiamare il costante indirizzo interpretativo di
questa Autorita', secondo il quale, al fine di onorare gli obblighi
pubblicitari richiesti dalla norma, e' opportuno che la stazione
appaltante: a) includa la clausola sociale, oltre che nel capitolato
tecnico anche nel bando di gara e nel disciplinare di gara; b) dia
alla clausola adeguata e autonoma evidenza, trasponendola in un
articolo specifico rubricato «clausola sociale» o espressione
equivalente; c) riporti una clausola di identico tenore nello schema
di contratto; d) curi che gli operatori economici concorrenti
dichiarino in sede di offerta di accettare le condizioni di
esecuzione. Infatti, poiche' tali clausole implicano una parziale
deroga alla disciplina comunitaria, ragioni di opportunita' inducono
a suggerire una previsione espressa e facilmente individuabile della
stessa, mediante formulazione idonea ad evidenziare la specificita'
esecutiva(cfr. Anac, parere sulla normativa AG 6/2015 e 14/2015).
Analoga attenzione deve essere prestata affinche' gli operatori
economici concorrenti dichiarino in sede di offerta di accettare le
condizioni particolari di esecuzione previste dal capitolato
prestazionale.
Fra le condizioni di esecuzione del contratto rientra la cd.
clausola sociale, chiamata anche di assorbimento del personale
impiegato dal precedente aggiudicatario. Come rilevato dalla Corte
costituzionale - pronuncia n. 68 del 3 marzo 2011 - la clausola in
questione opera nell'ipotesi di cessazione d'appalto e subentro di
nuove imprese appaltatrici e risponde all'esigenza di assicurare la
continuita' del servizio e dell'occupazione, nel caso di
discontinuita' dell'affidatario. La Corte evidenzia come tale
clausola non solo e' stabilita dalla contrattazione collettiva ed e'
riconosciuta in sede giurisprudenziale, ma e' anche prevista in
specifiche disposizioni normative statali e regionali, con cio'
riconoscendone piena legittimita'. A sostegno della legittimita'
della clausola si richiama, inoltre, sia l'art. 41 della
Costituzione, che ammette limiti alla liberta' di iniziativa
economica per fini sociali, sia l'art. 2 del Codice dei contratti
pubblici, che subordina il principio di economicita' «ai criteri,
previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali».
In linea generale, si precisa che per costante giurisprudenza
(Cons. Stato, sez. III, 10 maggio 2013, n. 2533) detta clausola non
deve essere intesa come un obbligo di totale riassorbimento dei
lavoratori del pregresso appalto, anche ove la stazione appaltante .
sia tenuta ad inserirla nella disciplina di gara per disposizione di
contrattazione collettiva nazionale, e, pertanto, non sono previsti
automatismi assoluti nell'applicazione della clausola in fase
esecutiva. Infatti «l'amministrazione non puo' ritenersi vincolata in
maniera indefinita ad utilizzare un servizio con un numero di addetti
variabile solo in aumento, nonostante l'evoluzione tecnologica
consenta la realizzazione del servizio con un numero minore, con
corrispondente risparmio di spesa pubblica» (ibidem, sentenza n.
2533/2013).
Viceversa, la clausola deve essere interpretata nel senso che il
riassorbimento sia armonizzabile con l'organizzazione dell'impresa
subentrante e con le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera
previste nel nuovo contratto, in modo da non attribuirle un effetto
escludente. La clausola, pertanto, puo' essere inserita soltanto nel
caso in cui il nuovo affidamento abbia ad oggetto il medesimo
servizio per il quale e' cessato l'appalto, conseguentemente e'
necessario che la stazione appaltante definisca correttamente
l'oggetto dell'appalto secondo un'esatta applicazione del D.M.
269/2010, evitando di qualificare come servizio di vigilanza privata
attivita' che invece ne esulano, oppure che trasformi il servizio di
vigilanza privata, oggetto del precedente appalto, in un servizio
fiduciario, in tal caso, si ribadisce, non puo' trovare applicazione
il riassorbimento del personale (cfr. Avcp, pareri sulla normativa,
AG 19/2013, AG 20/2013 e AG 39/2013).
Secondo il consolidato orientamento dell'Avcp sul punto l'obbligo
di reperimento dei lavoratori dal precedente affidatario puo' essere
consentito soltanto previa valutazione di compatibilita' con
l'organizzazione di impresa, nel duplice senso che sia il numero dei
lavoratori sia la loro qualifica devono essere armonizzabili con
l'organizzazione d'impresa della ditta aggiudicataria e con le
esigenze tecnico-organizzative previste (Avcp, parere sulla
normativa, AG 44/2013). La clausola sociale, infatti, non puo'
alterare o forzare la valutazione dell'aggiudicatario in ordine al
dimensionamento dell'impresa e, in tal senso, non puo' imporre un
obbligo di integrale riassorbimento dei lavoratori del pregresso
appalto, senza adeguata considerazione delle mutate condizioni del
nuovo appalto, del contesto sociale e di mercato o del contesto
imprenditoriale in cui dette maestranze si inseriscono. Ed infatti la
giurisprudenza ha affermato che «l'appaltatore subentrante deve
prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle
dipendenze dell'appaltatore uscente, a condizione che il loro numero
e la loro qualifica siano armonizzabili con l'organizzazione
d'impresa prescelta dall'imprenditore subentrante». Aggiungendo,
inoltre, che alla clausola sociale deve essere data una lettura
"flessibile", secondo il diritto vivente e pertanto, i lavoratori che
non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante o
vengono adibiti ad altri servizi o sono destinatari delle norme in
materia di ammortizzatori sociali (Cons. Stato, sez. IV, 2 dicembre
2013, n. 5725; in argomento cfr. anche Avcp, parere di
precontenzioso, n. 44/2010, Avcp ,parere sulla normativa, AG
41/2012).
Per il servizio di vigilanza privata, il C.C.N.L. di categoria a
partire dal 1 febbraio 2013 ha introdotto una disciplina contrattuale
cogente in materia di cambio appalto, stabilendone la relativa
procedura (artt.24-27 C.C.N.L. 2013-2015).
In disparte da qualsiasi analisi su detta disciplina, istituita «al
precipuo fine di mantenere i livelli di occupazione» e per evitare,
nei confronti dei lavoratori, soluzione di continuita' fra i due
appalti, in questa sede occorre individuare la corretta applicazione
della clausola sociale nelle procedure di gara per l'affidamento del
servizio di vigilanza privata, al fine di assicurare piena
trasparenza nella procedura, circolarita' delle informazioni e creare
i presupposti affinche' la stazione appaltante sia in condizione di
valutare l'attendibilita' dell'offerta in sede di verifica
dell'anomalia.
In particolare la presenza di specifici obblighi in materia di
assorbimento del personale derivanti dal C.C.N.L. del settore
vigilanza privata determina la necessita' di prevedere che nella
documentazione di gara sia contenuta in maniera chiara ed espressa la
clausola sociale, quale modalita' di esecuzione dell'appalto ex art.
69, commi 1 e 4, del Codice dei contratti pubblici. Ne deriva che, da
un lato, la stazione appaltante deve esplicitare le condizioni di
esecuzione nei documenti di gara e, dall'altro, che gli operatori
economici debbono accettarle, nel caso in cui risulteranno
aggiudicatari. A titolo esemplificativo, il tenore della predetta
clausola potrebbe essere il seguente: «Al fine di garantire i livelli
occupazionali esistenti, si applicano le disposizioni previste dalla
contrattazione collettiva in materia di riassorbimento del
personale».
Nella documentazione di gara, inoltre, nell'ambito dei dati e
informazioni utili alla definizione dell'oggetto dell'appalto, la
stazione appaltante deve prevedere l'indicazione del personale che
attualmente svolge il servizio, corredata dall'indicazione del
livello, comprensivo di eventuali scatti di anzianita', e della
retribuzione corrisposta al lavoratore. Cio' in quanto la previsione
di cui al comma 1, dell'art. 69, secondo la quale le condizioni
particolari di esecuzione devono essere precisate nel bando di gara,
o nell'invito in caso di procedure senza bando, o nel capitolato
d'oneri, e' destinata a salvaguardare il principio, non eludibile,
che il concorrente sia messo in condizione di conoscere, prima della
presentazione dell'offerta, quali oneri assume con la partecipazione
alla gara (cfr. Cons. Stato, Ad. Pl., 6 agosto 2013, n. 19).
Non da ultimo, l'indicazione nella documentazione di gara del
personale impiegato nell'appalto e della relativa retribuzione,
costituisce un elemento per la valutazione dell'attendibilita'
dell'offerta, la cui sostenibilita' viene calcolata anche con
riferimento al numero di personale uscente.
Dopo l'aggiudicazione, in caso di subentro di altro istituto di
vigilanza nei medesimi servizi gia' oggetto del precedente appalto,
con riferimento all'istituto uscente e agli altri soggetti
individuati dal C.C.N.L. 2013-2015 (OO.SS., istituto subentrante,
Prefettura e Questura), trova applicazione la disciplina prevista
dagli artt. 24-27 del citato C.C.N.L. Il mancato rispetto della
clausola sociale, costituendo la stessa modalita' di esecuzione del
contratto, potra' essere valutata dalla stazione appaltante di volta
in volta, al fine di verificare se l'appaltatore abbia commesso grave
negligenza o malafede nell'esecuzione del contratto.
Approvato dal Consiglio nella seduta del 22 luglio 2015
Il Presidente: Cantone
Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 30 luglio 2015
Il segretario: Esposito
(1) Tale disposizione potrebbe essere modificata a seguito del
recepimento delle nuove direttive comunitaria sugli appalti
publici. Per un approfondimento sul tema si rinvia all'atto di
segnalazione n. 3, del 21 maggio 2014, adottato dall'AVCP ai
sensi dell'art. 6, comma 7, lettera f), del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163 «Direttive n. 2014/24/UE sugli appalti
pubblici, n. 2014/25/UE, sulle procedure d'appalto degli enti
erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e
dei servizi postali e n. 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei
contratti di concessione».
(2) Per un approfondimento sulla problematica relativa al costo del
lavoro negli appalti pubblici si rinvia all'atto di segnalazione
n. 2, del 19 marzo 2014, adottato dall'AVCP ai sensi dell'art.
6, comma 7, lettera f), del decreto legislativo 12 aprile 2006,
n. 163 «Disposizioni in materia di costo del lavoro negli appalti
pubblici di cui all'art. 82, comma 3-bis, del decreto legislativo
del 12 aprile 2006 n. 163».
Linee guida n.10 2018 sulla vigilanza privata
https://www.anticorruzione.it/portal/rest/jcr/repository/collaboration/Digital%20Assets/anacdocs/Attivita/Atti/Delibere/2018/Deibera_462_2018_Linee_guida_10_vigilanza%20privata.pdf