Data: 2015-08-12 05:33:27

Consiglio di Stato su LIBERALIZZAZIONE ORARI e SUOLO PUBBLICO

[color=red][b]Liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali: il parere del Consiglio di Stato[/b][/color]

[img width=300 height=225]http://www.carpenteriametallicascarzello.it/it/sites/default/files/archivio/dehors%20ferro%20battuto%20con%20vetro.jpg[/img]

Solo la tutela della salute, dell'ambiente e dei beni culturali può limitare la libera apertura di strutture commerciali.

[color=red][b]Con parere della Sezione Seconda del 4 agosto 2015 n. 2287 il Consiglio di Stato torna ad affermare che la liberalizzazione degli esercizi commerciali, voluta dal legislatore a partire dal 2009, non può trovare ostacoli che non siano quelli della "tutela della salute dei lavoratori e dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali".[/b][/color]

In questo modo il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa si pone contro il cattivo esercizio del potere amministrativo che porta a "vanificare la liberalizzazione delle attività commerciali voluta in modo ampio e risolutivo dal legislatore in più riprese".

D'altronde, conclude il Parere, è proprio il secondo comma dell'art.31 del D.L. n. 201/2011 a stabilire che "costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura" esclusi ovviamente la tutela della salute dei lavoratori, dell'ambiente e dei beni culturali.

[color=red][b]Qualsiasi provvedimento amministrativo limitativo dell'iniziativa commerciale privata, non motivato con riferimento alla tutela dei predetti beni, è, per i giudici di Palazzo Spada, illegittimo e va annullato.[/b][/color]

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[b][color=red][size=14pt][b]Consiglio di Stato, sez. II sentenza 4 agosto 2015 n. 2287[/b][/size][/color][/b]

Numero 02287/2015 e data 04/08/2015

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REPUBBLICA ITALIANA


Consiglio di Stato

Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 24 giugno 2015


NUMERO AFFARE 00814/2015

OGGETTO:
Ministero dello sviluppo economico.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da Sig. Davide BOTTI - titolare della gelateria artigiana e dell’esercizio di vicinato “CrazyCream”, di C.so Durante 253, Frattamaggiore (NA), contro Comune di Frattamaggiore, per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento prot. n.3175/P.M. del 29.04.2014 notificato il 30.04.2014.
LA SEZIONE

Vista la relazione n. 398 del 04/05/2015 con la quale il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, presidente Sergio Santoro;

FATTO
Il sig. Davide Botti in data 5.4.2013 rilevava un'impresa artigiana di produzione e vendita di gelati, sorbetti e granite, corrente nel Comune di Frattamaggiore al Corso Durante 235.
Quindi, riferisce, acquistava i macchinari di laboratorio, i banchi frigoriferi, tavoli, sedie, panchine funzionali all'attività di somministrazione già in essere con il precedente titolare in quanto attività del tutto strumentale ed accessoria alla produzione e vendita dei prodotti.
L’ufficio competente negava al ricorrente la possibilità di offrire alla sua clientela idonee sedute e piani di appoggio per la degustazione dei gelati, non tenendo in debito conto che il ricorrente, quanto la normativa speciale sull’artigianato dispone in riferimento ‘attività di somministrazione che intatti risulta consentita dall'art. 3 della Legge 443/85 qualora essa sia strumentale ed accessoria alla vendita del gelato artigianale.
Nel ricorso si riferisce che, successivamente il Botti comunicava l'apertura di un "esercizio di vicinato’’ nella stessa sede dell'impresa artigiana come attività secondaria per non perdere la qualifica artigiana, per la vendita di acqua minerale e bibite, conformemente a quanto disciplinato dal decreto legge 223/2006 (convertito in legge n.248 del 2006) in base al quale gli esercenti di generi alimentari (compresi gelati e bibite) possono far consumare sul posto i loro prodotti e la clientela può degustarli nelle sedute offerte dall'esercente, con esclusione di un servizio assistito di somministrazione.
Al riguardo il ricorrente precisa che il competente ufficio in data 9.05.2013 gli rilasciava idonea concessione per occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche con protocollo 2635/2013.
Tre mesi prima della scadenza della concessione annuale per l'occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche, in data 24.02.2014 il ricorrente presentava idonea istanza per il rinnovo della concessione, pagando gli oneri concessori relativi al secondo anno.
Prima ancora del riscontro della domanda, prosegue il ricorrente, gli giungeva una nuova contestazione: un verbale di accertamento per una pretesa violazione, datato 14.04.2014 e riferito a fatti accertati e rilevati in data 20.03.2014 quindi in piena validità della concessione annuale “per l'occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche” prot. n.2635 del 9/05/2013.
In particolare, il preteso accertamento letteralmente contestava “...non in possesso di autorizzazione per somministrazione; non in possesso di autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico...” cosicché nel successivo verbale di sanzione è stato contestato l’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande in assenza di autorizzazione.
Avverso tale verbale, prosegue il sig. Botti, è in corso un ricorso proposto dal medesimo.
In data 30.04.2014, riferisce il ricorrente, veniva comunicato al medesimo che “in esito ad accertamenti esperiti” la richiesta del 24.02.2014 “non può essere accolta perché mancano i requisiti professionali previsti dalla normativa vigente in materia di attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (decreto legisl.vo 26 marzo 2010 n. 59).
Prosegue il ricorrente che l’istanza del 24.02.2014 prot. n.3692 riguardava il rinnovo e non il rilascio della concessione, contrariamente a quanto asserito dall'ufficio del Comune; l’Amministrazione neppure conosceva l’esistenza della già rilasciata (il 9.05.2013 prot.n. 2635) concessione “per occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche”.
Il ricorrente deduce tre motivi concernenti, in sintesi, violazione e falsa applicazione dell'art.20 della legge 7 agosto 1990 n.241 - violazione del procedimento in autotutela - eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità' nei presupposti. difetto di istruttoria. ingiustizia manifesta e difetto di motivazione.
Secondo il ricorrente, sull'istanza del 24.02.2014 di rinnovo e non di rilascio della concessione, si sarebbe già formato il silenzio-assenso ai sensi dell'art.20 della legge del 1990. Già prima dell'adozione dell'atto di diniego quindi il Comune avrebbe potuto intervenire solo esercitando il proprio potere di autotutela senza eludere le garanzie procedimentali chelo stesso indica come essenziali; il provvedimento di diniego tardivo risulta, a parere del ricorrente, illegittimo, non avendo né la forma né la sostanza della revoca (o dell'annullamento) in autotutela.
Lo stesso precisa che il silenzio-assenso che si intende rivendicare non surroga “l'atto di concessione" bensì il suo rinnovo.
In data 9.5.2013 lo stesso Comune aveva già rilasciato una concessione “per l'occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche’' con validità annuale, sino al 8.05.2014. il ricorrente aveva acquistato gli arredi funzionali all'attività di somministrazione non assistita, strumentale ed accessoria alla produzione artigianale ed alla vendita di gelati, ripristinando esattamente quanto era concesso alla precedente attività di gelateria.
Il diniego quindi contenuto nel provvedimento oggetto dell'odierna impugnativa si riferisce alla seconda istanza del ricorrente (prot. 3692/2014) con la quale veniva chiesto il rinnovo della concessione, tre mesi prima della sua scadenza annuale. Il medesimo, come richiesto dallo stesso ufficio, allegava l'attestazione del pagamento degli oneri concessori relativi al secondo anno.
Quindi, prosegue il ricorrente, l’istanza del 24.2.2014 a firma del medesimo, riguardava il “rinnovo'’ della concessione e non il “rilascio” della stessa, come asserito nel provvedimento. Lamenta ancora che solo dopo ben 64 giorni in data 30.4.2014 gli veniva comunicato il diniego qui impugnato.
Il tempo trascorso configura, prosegue, una vera e propria qualificazione giuridica formale e corretta del silenzio-assenso, per cui l'istanza del Botti deve ritenersi legittimamente accolta in applicazione dell’art. 20 della legge 241/190 e l'occupazione del suolo prorogata sino al 08.05.2015.
Quindi in una fase successiva alla formazione del silenzio assenso, l'amministrazione resistente sarebbe potuta intervenire soltanto attraverso l'esercizio di un potere di annullamento (o di revoca) così come previsto dall’art. 20, con l'avvertenza che tale forma di potere, in sede di autotutela decisoria, deve essere esercitata secondo il dettato del nuovo art. 21 nonies. tenendo altresì conto di uno specifico interesse pubblico alla rimozione della situazione delineatasi con il silenzio assenso nonché degli interessi dei destinatari e degli eventuali controinteressati.
Sarebbe inoltre mancato il principio del giusto procedimento per mancato rispetto delle garanzie del contraddittorio, non avendo egli ricevuto alcuna comunicazione circa le ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza, in violazione dell'articolo 10 bis della legge 241 citata. Vi sarebbe un evidente contraddittorietà con il rilascio allo stesso avvenuto in data 9 maggio 2013 di una licenza con validità annuale per l'occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche.
Il comune di Frattamaggiore ha depositato una memoria difensiva con allegata documentazione, negando che il ricorrente sia mai stato autorizzato all'occupazione permanente di suolo pubblico, in quanto l'autorizzazione rilasciata il 9 maggio 2013 aveva validità annuale, come confermato la circostanza che il 24 febbraio 2014 il ricorrente stesso presentava nuova richiesta di occupazione di suolo pubblico, questa volta respinta il 29 aprile 2014. La richiesta del 24 febbraio 2014 era una nuova istanza e non un rinnovo della precedente autorizzazione, era infatti scaduta il 31 dicembre 2013.
Infine il comune solleva l'inammissibilità del ricorso per difetto di valida notifica, perché direttamente effettuato al comune in persona del sindaco, e perché non vidimato dal consiglio dell'ordine.
DIRITTO
[b]Il ricorso è ammissibile e fondato.[/b]
Le eccezioni di inammissibilità del ricorso sono palesemente infondate, in quanto il ricorrente ha compiuto tutte le formalità che le norme di rito vigenti assegnano alla fase introduttiva di tale rimedio.
L'art.9, primo comma, del d.p.r. 24 novembre 1971, n. 1199 stabilisce infatti che il ricorso straordinario “deve essere notificato nei modi e con le forme prescritti per i ricorsi giurisdizionali ad uno almeno dei controinteressati e presentato con la prova dell'eseguita notificazione all'organo che ha emanato l'atto o al Ministero competente, direttamente o mediante notificazione o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Nel primo caso l'ufficio ne rilascia ricevuta. Quando il ricorso è inviato a mezzo posta, la data di spedizione vale quale data di presentazione”.
Ora, poiché il Comune di Frattamaggiore non è un controinteressato bensì la stessa autorità emanante, non vi era onere di notifica ad esso del ricorso nelle forme del ricorso giurisdizionale, essendo sufficiente il mero deposito o in alternativa la spedizione a mezzo posta, da effettuarsi in alternativa, “all'organo che ha emanato l'atto o al Ministero competente”. Con ciò evidentemente cadono tutte le eccezioni proposte con riferimento a tale fase introduttiva.
[b]Nel merito il ricorso è fondato, sotto l’aspetto dell’eccesso di potere per difetto di motivazione.[/b]
[color=red][b]Il provvedimento impugnato è un diniego su istanza di occupazione di suolo pubblico per installazione di panchine, sedie, tavolini in Corso Durante n. 253.
Come denunciato nel ricorso, tale provvedimento è totalmente privo di motivazione, in quanto il diniego è ricondotto ad una generica contestazione di mancanza dei “requisiti professionali previsti dalla normativa vigente in materia di attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (decreto legislativo 26 marzo 2010 n. 59) e successive modifiche ed integrazioni”.[/b][/color]
Tale considerazione tuttavia non è assolutamente supportata da alcun elemento di prova, né da alcun elemento di diritto, non soltanto non indicati nel provvedimento, ma neanche preventivamente opposti al ricorrente in sede di preavviso delle ragioni del diniego, come tassativamente stabilito dall’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 aggiunto dall'art. 6, L. 11 febbraio 2005, n. 15., la cui violazione, parimenti fondata, è stata altresì esplicitamente e puntualmente denunciata dal ricorrente.
Secondo l’ art. 10-bis cit., “nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale ...”.
[b]È poi appena il caso di rilevare che, in modo del tutto generico ed astratto, nel provvedimento impugnato si fa riferimento “ad accertamenti esperiti”, in esito ai quali si sarebbe deciso di negare la richiesta occupazione di suolo pubblico. Di tali accertamenti esperiti non vi è assolutamente traccia in alcuno dei provvedimenti e dei documenti esibiti. Né può considerarsi sufficiente o idoneo ad integrare un accertamento validamente eseguito il verbale di accertamento del 20 marzo 2014 eseguito dal comando della polizia municipale, il cui esito è “non in possesso di autorizzazione alla somministrazione”, “non in possesso di autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico”, ed il cui contenuto non è certamente idoneo a giustificare il diniego.[/b]
Quanto alla questione inerente la dedotta contraddittorietà con precedenti provvedimenti rilasciati al ricorrente, va rilevato che lo stesso aveva positivamente conseguito in precedenza l’autorizzazione ad installare sedie e tavolini nell’area antistante il proprio esercizio commerciale (da ultimo con il provvedimento n. 2635 del 9 maggio 2013), di modo che il diniego qui impugnato si pone in stridente ed immotivato contrasto con i precedenti assensi, tanto da apparire- a motivo della sua palese arbitrarietà - un modo surrettizio per limitarne l’attività commerciale a vantaggio di altri concorrenti.
[color=red][b]Non vi è dubbio infine che il coacervo di poteri autorizzatori di varia natura e finalità in capo all’ente locale possano, in ipotesi estreme di cattivo esercizio come quella per cui è causa, vanificare le liberalizzazioni delle attività commerciali voluta in modo ampio e risolutivo dal legislatore in più riprese, tra le quali da ultimo con il D.L. 21 giugno 2013 n. 69, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia”, convertito con modificazioni, dalla legge L. 9 agosto 2013, n. 98 (cosiddetto decreto del fare). Del resto, il secondo comma dell’art. 31 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 stabilisce che “costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro il 30 settembre 2012, potendo prevedere al riguardo, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali solo qualora vi sia la necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali”.[/b][/color]
Ed è appena il caso di rilevare che nessuna delle eccezionali ipotesi limitative indicate da tale disposizione, può ritenersi ricorrere nella fattispecie in esame.
Il ricorso deve pertanto essere accolto.
P.Q.M.
Esprime il parere che, assorbita l’istanza cautelare, il ricorso deve essere accolto con annullamento del provvedimento impugnato.



IL PRESIDENTE ED ESTENSORE
Sergio Santoro




IL SEGRETARIO
Marisa Allega

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Data: 2016-12-24 06:05:58

Re:Consiglio di Stato su LIBERALIZZAZIONE ORARI e SUOLO PUBBLICO

[color=red][size=14pt][b]Orari esercizi somministrazione LIBERALIZZATI con alcuni vincoli Ris. 294246 [/b][/size][/color]

[b]Ministero dello Sviluppo Economico[/b]

[i]- permane l’obbligo per gli esercenti di comunicare preventivamente al comune l’orario adottato e di renderlo noto al pubblico con l’esposizione di apposito cartello, ben visibile
- le disposizioni sulle liberalizzazioni degli orari non si applicano agli esercizi di cui all’articolo 3, comma 6, della citata legge n. 287 del 1991
- permane l’obbligo, per gli esercenti, di rendere noti i turni al pubblico mediante l’esposizione, con anticipo di almeno venti giorni, di un apposito cartello ben visibile. Il sindaco, infatti, al fine di assicurare all’utenza, specie nei mesi estivi, idonei livelli di servizio, può predisporre programmi di apertura per turno degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.[/i]

http://buff.ly/2hlHC67

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