Data: 2015-07-29 04:43:14

RUMORE: limiti di zona riferiti ai recettori sensibili disturbati - SENTENZA

RUMORE: limiti di zona riferiti ai recettori sensibili disturbati - SENTENZA

[color=red][b]T.A.R. Toscana, Sezione II, 16 giugno 2015 N. 920[/b][/color]

[img width=245 height=300]http://consulenza-tecnica.lacasagiusta.it/img/problemi-di-rumore-isolamento-acustico-edifici.jpg[/img]

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorso in esame si inquadra nell'ambito dell'analisi della valutazione di impatto acustico prodotta dalla Società Colacem S.p.A., odierna ricorrente, ai fini del rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale per l'impianto di sua proprietà, finalizzato alla produzione di cemento e di calcestruzzo, ubicato in località Rassina, nel Comune di Castel Focognano (AR).
Lo stabilimento è sito in area inserita in classe sonora VI dal Piano Comunale di Classificazione Acustica, approvato con Delibera del Consiglio Comunale di Castel Focognano n. 13 del 23.02.2003.
Nell'ambito del procedimento per il rilascio dell'A.I.A. per l'operatività dello stabilimento in questione, veniva esaminata la valutazione di impatto acustico dell'impianto presentata dalla Colacem.
In seno alle varie Conferenze di Servizi deputate all'esame della valutazione di impatto acustico, emergeva una differente interpretazione da parte della Colacem e dell'ARPAT in merito ai limiti di emissione da applicare.
Giusta tale discrasia, con nota n. 77740 del 23.04.2010, la Provincia di Arezzo trasmetteva al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare una richiesta di parere, per lo specifico caso della Colacem, in merito "all'applicazione del criterio differenziale e ai valori limite di emissione in materia di inquinamento acustico", predisposto sulla base di una nota di inquadramento della problematica dei limiti di emissione del Dipartimento ARPAT di Arezzo.
Non seguiva alcun riscontro da parte del Ministero.
Con provvedimento dirigenziale n. 62/EC del 28.03.2012, la Provincia di Arezzo rilasciava alla Società Colacem S.p.A. l'Autorizzazione Integrata Ambientale per l'impianto.
Tuttavia, stante la mancata risposta da parte del Ministero al quesito presentatogli, la Provincia inseriva nell'A.I.A. le seguenti prescrizioni:
"entro 120 giorni dalla notifica del presente Provvedimento dovrà essere presentato, al Comune, il Piano di Risanamento Acustico per il rispetto dei limiti di emissione; le prescrizioni e i termini fissati dal Comune con l'atto di approvazione del Piano di Risanamento Acustico diventeranno prescrizioni della Autorizzazione Integrata Ambientale";
“a seguito della risposta da parte del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al quesito relativo all'applicazione del criterio differenziale e ai valori limite di emissione in materia di inquinamento acustico, potranno eventualmente essere disposte ulteriori prescrizioni”.
In data 04.04.2013, la Colacem produceva una nuova valutazione di impatto acustico dell'impianto, che veniva esaminata in sede di Conferenza di Servizi del 31.10.2013, la quale, da un lato, rilevava l'opportunità di effettuare "nuove rilevazioni sonore, dato atto che le ultime rilevazioni sono state effettuate nel 2010. Con congruo anticipo, dovranno essere comunicate ad ARPAT le date dei rilevamenti. Gli esiti di tali rilevazioni dovranno essere inviate a tutti gli Enti componenti la Conferenza nel termine dei successivi trenta giorni per essere portati alla valutazione comune in sede di Conferenza di Servizi"; e, dall'altro, stabiliva che "in attesa di conoscere le determinazioni del competente Ministero … si provveda, nell'ambito delle rilevazioni di cui sopra, anche alla valutazione del rispetto del limite di emissione ai recettori ".
Successivamente, in data 24.03.2014, la Colacem produceva ulteriore valutazione di impatto acustico.
Al fine di analizzare la suddetta documentazione, la Provincia di Arezzo convocava per il 18.06.2014 una nuova Conferenza di Servizi, in seno alla quale veniva rilevato che "non risultano, allo stato, aggiornamenti normativi in materia di rispetto dei limiti di emissione sonora da verificare al perimetro dello stabilimento e/o al ricettore. Per tale motivo, la Conferenza ritiene che debba essere perseguito il rispetto del valore limite di emissione sonora secondo l'interpretazione della giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato che stabilisce che tale limite deve essere verificato sia al perimetro dello stabilimento sia ai ricettori. Alla luce di quanto sopra, il Gestore dovrà completare la verifica del rispetto di tale valore di emissione ed eventualmente presentare il Piano di risanamento acustico aziendale nel termine massimo di giorni sessanta".
Con provvedimento n. 136824 del 05.08.2014, la Provincia di Arezzo prorogava il termine concesso per l'eventuale presentazione del Piano di risanamento acustico di ulteriori sessanta giorni.
Con ricorso in esame, la Società Colacem S.p.A. ha chiesto, quindi, l’annullamento, previa sospensione dell'efficacia ex artt. 55 e 56 c.p.a., del Verbale della Conferenza di Servizi indetta dalla Provincia di Arezzo in data 18.06.2014, per l'analisi della documentazione concernente la valutazione di impatto acustico, presentata dalla Colacem ai fini del rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale, nonché di tutti gli atti preordinati, presupposti, connessi e consequenziali.
Questi i motivi di doglianza dedotti a sostegno del gravame:
1) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della L. 26 ottobre 1995, n. 447. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.C.M. 14 novembre 1997. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche dell’irragionevolezza e dell’illogicità manifesta, del travisamento dei fatti, del difetto di istruttoria e della perplessità dell’azione amministrativa”: la Colacem, dopo aver illustrato le disposizioni vigenti in materia di inquinamento acustico e di rilevazioni acustiche, contesta la prescrizione data dalla Conferenza di Servizio del 18 giugno 2014 circa i punti da prendere a riferimento per la rilevazioni dei limiti di emissione acustica dell'impianto, secondo la quale il valore limite di emissione deve essere verificato “sia al perimetro dello Stabilimento, sia ai ricettori”. Ritiene, infatti, che, alla luce di quanto disposto dall'art. 2 della Legge 447/1995, tale limite, che stabilisce la soglia massima di rumore che può essere emesso dalla singola sorgente nell’area inserita nella classe acustica presa a riferimento, debba essere verificato in prossimità della sorgente (con riferimento alla classe acustica dell’area in cui quest’ultima è ubicata) – collocando gli strumenti di misura in modo tale che siano posti “in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone e comunità” più prossimi alla sorgente stessa - e non anche presso il ricettore (con riferimento alla classe acustica dell’area in cui quest’ultimo è collocato), come indicato dalla Conferenza. A sostegno di ciò richiama le decisioni assunte dal TAR Toscana con sentenze della sezione II n. 766/2009 e n. 11/2010, rilevando come la decisione del Consiglio di Stato n. 1081/2011, di riforma della prima delle sentenze TAR appena citate, ed assunta dalla Conferenza di Servizio del 18 giungo 2014 a sostegno della contestata prescrizione, afferisca ad un caso diverso da quello oggetto di esame, atteso che nel caso deciso dal Consiglio di Stato il ricettore si trovava in prossimità della sorgente. Contesta in ogni caso la decisione del Consiglio di Stato poiché sposta l'indagine dall'area in prossimità della sorgente, con riferimento alla quale dovrebbe essere misurato il valore di emissione, in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 2 della L. 44711995, al ricettore, che sulla base di quanto previsto dal medesimo articolo di legge, è il punto dove deve essere misurato il valore limite di immissione assoluto e differenziale;
2) “Ulteriori profili di violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 447/1995. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, irragionevolezza e illogicità manifesta”: la ricorrente contesta ancora la violazione del citato art. 2 della Legge 44711995, attesa la distanza del ricettore ove dovrebbe essere effettuata la misurazione del valore di emissione, sito in località S. Angelo in classe acustica III, rispetto alla sorgente, rappresentata dallo stabilimento Colacem, ubicato in classe acustica VI. Rileva, altresì, che tra l'impianto ed il ricettore preso a riferimento, oltre alla distanza, vi sono due aree individuate dal Comune, poste rispettivamente in classe V ed in classe IV, nelle quali sono presenti - tra l'altro - infrastrutture stradali, altri ricettori ed altre attività. Inoltre, gli atti impugnati non sembrano aver considerato che “le misurazioni effettuate presso il ricettore hanno dimostrato che in tale località il rumore, misurato quando l'Impianto non è attivo, supera di per sé il valore limite di emissione della classe acustica III”;
3) “Eccesso di potere nelle figure sintomatiche della contraddittorietà, dell’illogicità manifesta e del difetto di motivazione. Violazione dell’allegato II del D.M. 31 gennaio 2005”: la ricorrente contesta l'interpretazione data da ARPAT e condivisa dalla Conferenza di Servizi, in merito alle disposizioni del D.M. 31 gennaio 2005, sostenendo che il combinato disposto della L. 447/1995, del D.P.C.M. 14 novembre 1997 e del D.M. 31 gennaio 2005 conduce a ritenere che la verifica delle emissioni acustiche debba essere effettuata secondo i limiti della classe acustica in cui è ubicata la sorgente, effettuando il rilevamento in corrispondenza degli spazi più prossimi alla sorgente, che siano suscettibili di uso da parte di persone e comunità, e che in quanto tale costituiscono il recettore da prendere a riferimento;
4) “ Illegittimità parziale dell’A.I.A., in via derivata, per i vizi dedotti nei precedenti motivi n. I, n. II e n. III. Eccesso di potere, nelle figure sintomatiche del difetto di istruttoria, della contraddittorietà e del travisamento dei fatti”: la ricorrente lamenta, da un lato, l'illegittimità dell’impugnata prescrizione contenuta nel verbale della conferenza di servizi del 18 giugno 2014 in quanto imposta prima dell'emissione del richiesto parere ministeriale, contrariamente a quanto previsto nell'A.I.A. rilasciata il 28.03.2012, secondo la quale eventuali prescrizioni riferite alle emissioni acustiche dovevano essere impartite solo in seguito al parere del MATTM; e, dall'altro, l'illegittimità di detta A.I.A. nella parte in cui la si dovesse interpretare come impositiva alla ricorrente del dovere di misurare i valori di emissione dell'impianto secondo i valori di emissione della classe III anziché della classe VI (in cui è ubicata la sorgente).
Si sono costituite in giudizio la Provincia di Arezzo e l’ARPAT, che hanno cotrodedotto. L’ARPAT ha preliminarmente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo di aver svolto su richiesta dell’Ente pubblico, competente all’emanazione del provvedimento finale, mere attività endoprocedimentali.
2. Si può prescindere dall’esame dell’eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’ARPAT, stante l’infondatezza del ricorso nel merito.
Ai sensi delle lettere e) ed f) del comma l dell'art. 2 della Legge quadro sull'inquinamento acustico (L. n. 447/1995), vengono rispettivamente definiti i "valori limite di emissione" e i "valori limite di immissione" come:
- “valori limite di emissione”: “il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa”;
- “valori limite di immissione”: “il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori”.
Il D.P.C.M. 14.11.97 - intitolato "Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore", e che è uno dei decreti attuativi portanti della "Legge quadro sull’inquinamento acustico" – recita testualmente all’art. 1 (intitolato “Campo di applicazione”): “1. Il presente decreto, in attuazione dell’art. 3, comma 1, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, determina i valori limite di emissione, i valori limite di immissione, i valori di attenzione ed i valori di qualità, di cui all’art. 2, comma 1, lettere e), f), g) ed h); comma 2; comma 3, lettere a) e b), della stessa legge”.
“2. I valori di cui al comma 1 sono riferiti alle classi di destinazione d’uso del territorio riportate nella tabella A allegata al presente decreto e adottate dai comuni ai sensi e per gli effetti dell’art. 4, comma 1, lettera a) e dell’art. 6, comma 1, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447”.
Inoltre, il successivo art. 2 (articolo intitolato “Valori limite di emissione”) stabilisce, al comma 1, che “I valori limite di emissione, definiti all’art. 2, comma 1, lettera e), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, sono riferiti alle sorgenti fisse ed alle sorgenti mobili”.
Aggiunge, al comma 2, che "I valori limite di emissione delle singole sorgenti fisse di cui all'art. 2, comma l, lettera c), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, sono quelli indicati nella tabella B allegata allo stesso decreto, fino all'emanazione della specifica norma UNI che sarà adottata con le stesse procedure del decreto, e si applicano a tutte le aree del territorio ad esse circostanti, secondo la rispettiva classificazione in zone".
Specifica, quindi, al comma 3, che: "I rilevamenti e le verifiche sono effettuati in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone e comunità".
Così disponendo, il D.P.C.M. 14.11.1997 prevede, quindi, che i "valori limite di emissione" per le varie classi di destinazione acustica in cui può essere suddiviso il territorio, si applicano a tutte le aree del territorio circostanti una certa sorgente sonora fissa, secondo la rispettiva classificazione in zone, e che, sempre relativamente ai "valori limite di emissione", "I rilevamenti e le verifiche sono effettuati in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone e comunità", ossia, in altre parole, dove c'è un recettore sensibile, con l’ovvia conseguenza che il limite di emissione di riferimento deve essere quello stabilito con riguardo alla classificazione della zona in cui si trovano i ricettori sensibili.
In tal modo, attraverso il D.M. 14.11.1997, viene specificato il generico dettato dell'art. 2, comma 1, lettera e), della "Legge quadro sull'inquinamento acustico", che, relativamente ai "valori limite di emissione", prevedeva di operare le misurazioni "in prossimità della sorgente stessa".
[b]Emerge, quindi, che, ove si accedesse ad una interpretazione meramente letterale della disposizione di cui all’art. 2, comma 1, lettera e), della legge n. 447/1995, secondo la quale i valori limite di emissione devono essere verificati in prossimità della sorgente stessa e non “in prossimità dei ricettori”, verrebbe meno la tutela predisposta dalla normativa sulle zone acustiche, pervenendosi all’irragionevole conseguenza che sarebbero tutelati dall’inquinamento acustico solo coloro che, pur abitando nella medesima area di classificazione acustica, si trovano nella immediata vicinanza alla fonte sonora rispetto a coloro che abitano ad una maggiore distanza, ed al contempo si priverebbe la classificazione acustica delle zone circostanti alla fonte di emissione di qualsiasi valore precettivo e di tutela, dal momento che gli abitanti di tali zone dovrebbero subire un valore di emissione ben superiore rispetto a quello previsto per la propria zona acustica. [/b]
[color=red][b]Occorre, pertanto, procedere ad un’interpretazione sistematica di detta disciplina alla luce del disposto di cui al citato art. 2 del D.P.C.M. 14.11.1997, che attua e integra il contenuto della legge stessa, alla luce dei principi dalla medesima espressi. Ciò comporta che la valutazione delle fonti di emissione deve essere effettuata tenendo conto della classificazione della zona in cui si trovano i ricettori sensibili e non già solo della classificazione della zona in cui è allocata la fonte di emissione sonora, essendo questa – come correttamente messo in luce dall’ARPAT nei propri scritti difensivi - l’interpretazione che più di ogni altra permette di attribuire alle norme in questione un significato costituzionalmente orientato, idoneo a tutelare il principio di uguaglianza e il diritto alla salute dei privati cittadini. [/b][/color]
[b]Peraltro, tale interpretazione emerge anche dal D.M. 31.01.2005, recante "Emanazione delle linee guida per l'individuazione delle migliori tecniche disponibili" per le attività soggette ad autorizzazione ambientale integrata, il quale introduce una ulteriore definizione del valore di emissione laddove indica all'Allegato II, che "valore limite di emissione: più propriamente da intendersi come valore limite assoluto di immissione della sorgente specifica in esame". [/b]
Invero, il disposto normativo qui da ultimo richiamato sembra implicitamente indicare quale luogo di misura del valore di emissione il luogo in cui si misura anche l'immissione, ossia il [color=red][b]recettore[/b][/color].
D'altro canto, ciò trova più esplicita conferma laddove lo stesso Allegato II del D.M. 31.01.2005 stabilisce che "i primi due valori limite (ossia immissione ed emissione) sono diversificati in funzione della destinazione d'uso dell'area in cui si trova il ricettore", ovvero allorquando prevede che "per la verifica della conformità al valore limite di emissione il rumore immesso dalla sorgente specifica in corrispondenza del ricettore non è misurato direttamente bensì come differenza tra rumore ambientale e quello residuo".
E, alla ricostruzione ermeneutica qui prospettata, secondo la quale la valutazione delle fonti di emissioni deve essere effettuata tenendo conto della classificazione della zona in cui si trovano i ricettori sensibili e non già solo quella in cui è allocata la fonte di emissione, è pervenuto anche il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1081/2011, richiamata proprio nell’impugnato verbale della Conferenza di Servizi, laddove afferma che “Quanto al valore di emissione, l'art. 2 del d P.C.M. 14 novembre 1997, nel rinviare all'allegata tabella per la loro determinazione applicabile "a tutte le aree del territorio ad essa circostanti, secondo la rispettiva classificazione in zone" (ultima parte del co. 2), precisa al co. 3 che "I rilevamenti e le verifiche sono effettuate in corrispondenza degli spazi utilizzati da persone e comunità"“.
Né può fondatamente eccepirsi che la suindicata pronuncia del Consiglio di Stato aveva ad oggetto una fattispecie diversa da quella oggetto del presente giudizio, per non essere l’odierno recettore, contrariamente a quello oggetto di valutazione del Consiglio di Stato, limitrofo all'impianto fonte sonora.
Infatti, ciò che rileva è che il Consiglio di Stato abbia comunque spostato l’indagine dall’area in prossimità della sorgente al ricettore, ritenendo corretto applicare il limite di emissione ai ricettori sensibili disturbati, secondo la rispettiva classificazione dell'area in cui i ricettori stessi sono ubicati, nella convinzione che una siffatta interpretazione “si pone in linea, oltre che col dato letterale emergente dalla normativa richiamata, con lo scopo della medesima, che è chiaramente quello di contenere l'inquinamento acustico consistente, secondo la definizione che ne è data dal cit. art. 2, co. 1, lett. a), della legge, nell'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo ed esterno "tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana ...” Scopo, questo, che verrebbe vanificato qualora […] il valore di emissione dovesse coincidere con quello misurato all'interno della zona interessata dall'azienda.
[b]Tale interpretazione trova ulteriore conforto nel parere del 3 aprile 2008 richiesto alla Commissione Acustica dell'UNI dal Ministero dell'Ambiente, nel quale si espone che il luogo di misurazione del livello di emissione è quello idoneo "a rilevare l'effetto della sorgente in esame, laddove esso si produce; non si tratta quindi di valori rilevati a ridosso della sorgente e finalizzati al calcolo della potenza sonora". E non v 'è dubbio che, nella zona ad "alta densità umana" in cui si colloca l'abitazione del [controinteressato], l'effetto della sorgente di rumore altro non è che l'effetto verificato in quella zona in "prossimità" della sorgente, non già la ''potenza sonora" della sorgente stessa, misurabile a ridosso dell'azienda nell'ambito dell'area di classe V "prevalentemente industriale" ov’è sita quest'ultima. [/b]
Né con ciò si perviene ad unificare il valore di emissione con quello di immissione, poiché, a termine della definizione di cui al cit. art. 2, co. 1, lett. f), della legge il secondo dato coincide col "rumore ambientale" e comprende, perciò, anche quello "residuo" rispetto al rumore prodotto dalla sorgente sonora, proveniente da eventuali ulteriori sorgenti, tant'è che nella fattispecie in trattazione per la classe IV il relativo limite massimo notturno è pari a 55 dB a fronte dell'analogo valore di 50 dB fissato per il primo dato”.
Ed è opportuno sottolineare come l’UNI – Ente Nazionale Italiano di Unificazione, con la nota 03.04.2008 – citata nella suindicata sentenza del Consiglio di Stato – abbia precisato che “la prossimità della sorgente” si identifica con “tutti i punti in cui gli effetti della sorgente siano effettivamente rilevabili”, senza sottacere, peraltro, l’esigenza di un intervento legislativo chiarificatore che, in effetti, è particolarmente auspicabile al fine di sottrarre una materia così delicata per la salute come quella in esame alle incertezze interpretative che ne caratterizzano allo stato l’applicazione.
In conclusione, appare corretto applicare il limite di emissione ai ricettori sensibili disturbati, secondo la rispettiva classificazione dell’area in cui i ricettori stessi sono ubicati, a prescindere dalla distanza del recettore dalla fonte sonora, in quanto ciò che rileva è l'area in cui la sorgente "dispiega comunque i suoi effetti", i cui abitanti devono comunque trovare una adeguata tutela della salute.
Seguendo, invece, la tesi della ricorrente, secondo la quale il rilevamento dei livelli di emissione dovrebbe essere effettuato in corrispondenza di quegli spazi destinati alla fruizione collettiva e delle persone più prossimi alla sorgente, si perverrebbe ad una interpretazione della normativa rilevante in materia – costituita dal combinato disposto di cui alla legge n. 447/1995, al D.P.C.M. 14.11.1997 e al D.M. 31.01.2005 – che comporterebbe, così come innanzi rilevato ed evidenziato dall’ARPAT nei propri scritti difensivi, una lesione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, in quanto darebbe luogo ad una irragionevole disparità di trattamento tra i ricettori più distanti dalla sorgente e quelli collocati più in prossimità della sorgente sonora, poiché, pur essendo collocati nella medesima area di classificazione acustica, questi ultimi riceverebbero una maggiore tutela rispetto agli altri, ed al contempo priverebbe la classificazione acustica delle zone di qualsiasi valore precettivo e di tutela.
Stante la suddetta ricostruzione ermeneutica, dunque, la prescrizione contenuta nel Verbale della Conferenza di Servizi impugnato con il ricorso in esame, secondo la quale il rispetto del valore limite di emissione deve essere verificato sia al perimetro dello stabilimento che ai ricettori limitrofi appare logica e conforme alla disciplina di settore.
Né può fondatamente obiettarsi che "gli atti impugnati non paiono aver considerato che le misurazioni effettuate presso il ricettore hanno dimostrato che in tale località il rumore, misurato quando l'Impianto non è attivo, supera di per sé il valore limite di emissione della classe acustica III".
Infatti, con l'atto impugnato – come correttamente evidenziato sempre dall’ARPAT nei propri scritti difensivi - non si ordina alla ricorrente di procedere al risanamento acustico anche del rumore di fondo, bensì si chiede alla stessa di effettuare rilievi fonometrici sia presso il recinto dello stabilimento che in prossimità di un determinato recettore e, solo nel caso di superamento di uno o di tutti e due i valori limite di emissione, procedere alla redazione di un piano di risanamento che, ovviamente, non potrà avere ad oggetto anche il rumore di fondo.
Da quanto sopra esposto, pertanto, discende l'infondatezza del primo, del secondo e del terzo motivo di ricorso.
Ugualmente infondato è anche il quarto motivo di ricorso.
Sul punto è conducente la controdeduzione dell’ARPAT, che ha evidenziato come la tutela della salute dei cittadini non potesse essere sospensivamente condizionata al rilascio di un parere ministeriale, peraltro facoltativo, e, pertanto, di fronte al protrarsi dell’inerzia del Ministero – che a tutt’oggi, dopo ben 4 anni dalla richiesta di parere, non ha ancora espresso il proprio avviso – era doveroso imporre il perseguimento del rispetto del valore limite di emissione sonora secondo l’interpretazione recepita nella prescrizione impugnata.
3. Il ricorso va, pertanto, respinto.
4. Quanto alle spese di giudizio, le stesse, tenuto conto della vicenda contenziosa nel suo complesso, possono essere compensate tra le parti costituite; nulla spese nei confronti delle parti non costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate tra le parti costituite; nulla spese nei confronti delle parti non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 12 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore
Carlo Testori, Consigliere

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Data: 2016-04-27 05:52:02

Re:RUMORE: limiti di zona riferiti ai recettori sensibili disturbati - SENTENZA

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