Somministrazione: decorso 1 anno di inattività è DECADENZA (non revoca)
[color=red][b]T.A.R. Lazio Roma, Sezione II ter, 26 maggio 2015 n. 7479[/b][/color]
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FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, la società ricorrente chiede:
1)l’accertamento dell'avvenuto perfezionamento del silenzio assenso sulla "Segnalazione certificata di inizio attività – subinqresso/reintestazione/riattivazione somministrazione" Prot CA/2013/928 trasmessa dalla Società a Roma Capitale il 10 ottobre 2013;
2)e, in ogni caso, l’annullamento:
a)del provvedimento di Roma Capitale prot. CA/117086 del 20 agosto 2014, notificato il 21 agosto 2014, con cui è stata negata l'autorizzazione al trasferimento di sede di somministrazione di alimenti e bevande da Via di Santa Maria dell'Anima 57 (Ambito 1 - Centro Storico) a Via del Monte della Farina 8/11 (Ambito 1- Centro Storico) Prot. CA/54919 del 18 aprile 2014 ("Diniego di Trasferimento Attività");
b)della Determinazione Dirigenziale n. CA/1645/14 - prot. CA/66583 del 15 maggio 2014, notificata solo il 25 agosto 2014, con cui il Comune ha dichiarato decaduta per inattività l'autorizzazione amministrativa ("Decadenza dell'Autorizzazione");
c)della deliberazione di C.C. 16 marzo 2010, n. 35
nonché,
3)la condanna di Roma Capitale al rilascio dell'autorizzazione allo svolgimento dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande in favore della Società; al risarcimento dei danni subiti e subendi dalla Società consequenziali ai provvedimenti impugnati,con riserva di quantificazione in corso di giudizio.
L’interessata espone in fatto che:
-in data 8 ottobre 2013, la scoietà Della Farina (già Taverna Oslavia) ha acquistato dalla Enfant Terrible s.r.l. il ramo d'azienda inerente l'esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande corrente in Roma Via Santa Maria dell'Anima n. 57, assistito da licenza (autorizzazione) numero 14192 del 14 febbraio 2002;
-l'Attività, all'atto della cessione, era sospesa in quanto la cedente Enfant Terrible, con richiesta del 16 aprile 2013, aveva domandato al Comune una proroga del termine (annuale) di sospensione;
-Roma Capitale, in data 21 giugno 2013, con nota prot. n. 36963, assentiva la proroga e fissava al 10 novembre 2013 il termine per la ripresa dell'Attività;
-il 10 ottobre 2013, la società ricorrente provvedeva immediatamente a trasmettere al Comune la "Segnalazione certificata di inizio attività – subingresso/re intestazione/riattivazione somministrazione" con cui richiedeva il subingresso nell'Autorizzazione della nuova società acquirente (la Della Farina subentrava alla Enfant Terrible); il trasferimento della sede della Attività da Via Dell'Anima 57 in via del Monte della Farina; la proroga del termine di decadenza dell'Autorizzazione all'attività per ulteriori 6 mesi, nelle more dell'espletamento delle attività materiali propedeutiche all'effettivo trasferimento e ripresa dell'attività;
-a detta comunicazione non seguiva alcun provvedimento del Comune, pertanto la Della Farina intraprendeva tutte le attività necessarie all'inizio dell'attività;
-il 14 gennaio 2014 la società istante trasmetteva al Comune alcune modifiche societarie (relative in particolare alla denominazione sociale, da "Taverna Oslavia" a "Della Farina") nonché il cambio della persona fisica preposta all'attività di somministrazione;
-il 10 febbraio 2014, a ben 4 mesi dalla trasmissione della SCIA, Roma Capitale notificava il preavviso di decadenza recante in oggetto: "Comunicazione modifiche societarie della "Della Farina Sr/" (già Taverna Oslavia Srl) - attività di somministrazione di alimenti e bevande in via di Santa Maria dell'Anima 57 - Avvio procedimento di decadenza";
-nella circostanza, il Comune rappresentava alla Società
che "agli atti di questo Municipio non risulta pervenuta alcuna richiesta di trasferimento dell'attività di somministrazione volturata da codesta società" e ribadiva che la Enfant Terrible (i. e. il precedente gestore) aveva già ottenuto la Proroga dell'Autorizzazione (che fissava il termine entro il quale l'attività avrebbe dovuto riprendere);
-in particolare, l’avvio del procedimento di decadenza veniva motivato ai sensi di quanto previsto dall'art. 64. c. 8 del D.Lgs. 59 del 2010, dall'art. 15 c. 2 della L.R. 21 del 2006 e dall'art. 26. c. 2 della Deliberazione C.C. 35 del 2010 secondo cui l'autorizzazione alla somministrazione è soggetta a decadenza qualora il titolare dell'attività, salvo proroga in caso di comprovata necessità e su motivata istanza, sospenda l'attività per un periodo superiore a dodici mesi";
-la società ricorrente, in data 10 febbraio 2014, presentava a Roma Capitale le proprie controsservazioni precisando di avere già richiesto, con la SCIA, oltre al subingresso sia il trasferimento, la proroga (per sei mesi) dell'originario termine di decadenza dell'autorizzazione e che, in difetto di ogni riscontro negativo del Comune alla SCIA dell'ottobre 2013, essa aveva proceduto a tutte le attività del caso necessarie per l'apertura del ristorante in Via dei Monti della Farina: in particolare, precisava di avere chiesto la proroga di sei mesi del termine di decadenza dell'autorizzazione amministrativa per la somministrazione per consentirle il trasferimento da via di S. Maria dell'Anima n. 57 a via Monte della Farina";
-il successivo 18 aprile, essa reiterava, mediante presentazione su supporto informatico di modulistica appositamente predisposta e corredata della documentazione elencata all'art. 16 della Delibera 35/10, l'informativa sull'imminente trasferimento dell'Attività nella nuova sede;
-il Comune, decorsi ulteriori tre mesi dalla seconda informativa sul trasferimento dell'attività, trasmetteva in data 10 luglio 2013 il preavviso di diniego al trasferimento; nell’occasione, informava che, a seguito dell'ultima comunicazione da parte della società Della Farina, risalente al 18 aprile 2014, "l'autorizzazione amministrativa rilasciata per l'attività di cui sopra è stata dichiarata decaduta per inattività con Determinazione Dirigenziale CA/1645/2014 del 15 maggio 2014”: determinazione, quest’ultima, mai notificata alla società fino a quel momento;
-seguiva il diniego di trasferimento attività del 20 agosto 2014, con cui Roma Capitale concludeva il procedimento ribadendo che la Della Farina “non risulta titolare di autorizzazione per l'esercizio dell'attività di somministrazione per i locali di Via di Santa Maria dell'Anima 57 in quanto la relativa autorizzazione amministrativa è stata dichiarata decaduta per inattività con Determinazione Dirigenziale CA/1645/2014 del 15 maggio 2014”.
-solo dopo il diniego del trasferimento dell'attività, la Società prendeva cognizione delle ragioni dell'avvenuta dichiarazione di decadenza, ovvero:
"1.l'attività era sospesa da oltre un anno con proroga di sospensione fino al 10.11.2013 e alla data di presentazione della SCIA di subingresso" [10 ottobre 2013] "un'ulteriore proroga non poteva più essere assentita in quanto ai sensi dell'art. 26, comma 5 del Regolamento D.C.C. 35/2010 la richiesta di proroga oltre l'anno di sospensione dell'attività, previsto al comma 2 del medesimo articolo, deve essere appositamente presentata unitamente ad una relazione che illustri dettagliatamente i motivi che giustifichino la richiesta medesime e può essere concessa per un periodo non superiore a centottanta giorni; 2)il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione negli ambiti di tutela individuati dall'art. 10 del Regolamento di cui alla deliberazione C. C. n. 35/2010, sono soggetti ad autorizzazione da richiedere al Municipio competente per territorio, mediante presentazione su supporto informatico di modulistica, appositamente predisposta e corredata della documentazione elencata all'art. 16 del Regolamento, D.C. C. 35/2010".
Nel gravarsi avverso gli atti del procedimento, parte ricorrente sostiene che il diniego di trasferimento ed il provvedimento di decadenza siano stati assunti non tanto per il difetto di requisiti sostanziali della documentazione nel complesso trasmessa a Roma Capitale, quanto, piuttosto perché la richiesta di proroga per la ripresa dell'attività - logicamente e giuridicamente prodromica ad ogni altra istanza - non sarebbe stata "appositamente presentata" sulla modulistica ad hoc predisposta da Roma Capitale né corredata da "una relazione che illustri dettagliatamente i motivi che giustifichino la richiesta medesima" e, quanto al trasferimento, perché la Società non avrebbe presentato la richiesta "su supporto informatico di modulistica. appositamente predisposta e corredata della documentazione elencata all'art. 16" della Delibera comunale 35/10”.
Chiede, pertanto, che venga scrutinata la legittimità dell’operato amministrativo in relazione alla decisione di Roma Capitale di inibire l'apertura di un ristorante nel Centro storico e di dichiarare decaduta la necessaria autorizzazione amministrativa in ragione del sol fatto che la Società, subentrata in un'attività sospesa dal precedente titolare per quasi un anno, non ha trasmesso sulla modulistica ad hoc la richiesta di proroga del termine per la riattivazione dell'esercizio.
Come seguono i motivi di ricorso.
1)Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost.; violazione e falsa applicazione degli 2 e 20, L. n. 241 del 1990; degli artt. 31 e 34 del D.L. 201/11; degli art. 25 e 64 del D. Lgs 59/2010, degli artt. 11 e 15 della L.R. Lazio n. 21 del 2006 e degli artt. 1, 25 e 26 della deliberazione c.c. 35 del 2010; eccesso di potere sotto molteplici figure sintomatiche; violazione del principio di proporzionalità e del legittimo affidamento.
1.1)Rispetto alla richiesta della Società di proroga per sei mesi del termine per la ripresa dell'attività, si è formato il silenzio assenso: la SCIA contenente la richiesta di proroga è stata, infatti, trasmessa a Roma Capitale il 10 ottobre 2013, la dichiarazione di decadenza è stata notificata alla società solo il 25 agosto 2014 e, in ogni caso, il preavviso di decadenza risale al 10 febbraio 2013.
La L.R. Lazio n. 21 del 2006 prevede, all’art. 11, che "Qualora, entro novanta giorni dalla presentazione dell'istanza per il rilascio dell'autorizzazione ... il richiedente non riceve alcuna comunicazione la domanda si intende accolta".
Ogni successivo intervento di Roma Capitale sul provvedimento di proroga formatosi per silentium avrebbe, quindi, dovuto essere adottato con le forme e nei presupposti dell'autotutela e tali non sono il diniego di trasferimento e il provvedimento di decadenza.
1.2)L'inerzia è imputabile a Roma Capitale - la Dichiarazione di Decadenza è stata notificata a quasi un anno di distanza dalla SCIA – e viola il ragionevole affidamento riposto dalla Società, titolare di un vero e proprio diritto all'informazione.
L’art. 26 del D.Lgs. 59 del 2010 (Semplificazione amministrativa) sancisce il "Diritto all'informazione" stabilendo, in particolare, al c. 3 che "Lo sportello unico risponde con la massima sollecitudine alle domande di informazioni o alle richieste . . . e, in caso di richiesta irregolare o infondata, ne informa senza indugio il richiedente".
E’ illegittimo, pertanto, avere opposto alla ricorrente presunte irregolarità nell’istanza di proroga presentata.
2)Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost., violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 34 del d.l. 201/2011, degli art. 25 e 64 del d.lgs. 59/2010, degli artt. 11 e 15 della L.R. 21/2006 e degli artt. 1, 25 e 26 della deliberazione c.c. 35/2010; eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per difetto di istruttoria, carenza della motivazione, travisamento del fatti, contraddittorietà e illogicità' manifesta; violazione del principio di proporzionalità e del legittimo affidamento.
2.1)Entrambi i provvedimenti infatti si fondano sulla pretesa non concedibilità di un’ulteriore proroga (in aggiunta a quella già assentita al vecchio gestore Enfant Terrible) per la ripresa dell'attività.
I provvedimenti adottati da Roma Capitale si pongono in violazione, in particolare, dell'interpretazione pacifica dell'art. 4 del D.lgs. 287/1991 (oggi dell'art. 64, c. 8 del D. Lgs 59 del 2010) in base alla quale la proroga è, nella sostanza, un atto dovuto perché la norma non pone limiti al numero di proroghe concedibili; ed è sufficiente che titolare si dimostri estraneo alle ragioni dell'inerzia nella riattivazione dell'attività.
2.1)Alla Società, pertanto, non è imputabile alcun inerzia o ritardo nell'attivarsi a quanto necessario per la ripresa dell'attività essendosi attivata con la richiesta della proroga appena due giorni dopo la cessione dell’azienda.
3)Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost., violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 34 del d.l. 201/2011, degli art. 25 e 64 del d.lgs. 59/2010, degli artt. 11 e 15 della L.R. 21/2006 e degli artt. 1, 25 e 26 della deliberazione c.c. 35/2010; eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per difetto di istruttoria, carenza della motivazione, travisamento del fatti, contraddittorietà e illogicità manifesta. violazione del principio di proporzionalità e del legittimo affidamento; violazione della circolare MI.S.E. n. 3635 del 6/5/2010.
3.1)Con la circolare n. 3635 del 6/5/2010 il MI.S.E. ha fornito una “interpretazione autentica” dell'art. 64, c. 8 del D.Lgs. n. 59 del 2010 secondo cui in caso di subingresso, il nuovo titolare non subentra anche nel termine residuo di sospensione massima accordata al vecchio gestore ma inizia a decorrere un nuovo termine annuale allo scadere del quale può essere disposta la sanzione della revoca.
Ne discende che, in ogni caso, l'autorizzazione non poteva essere dichiarata decaduta prima del decorso di un anno dal subingresso della Società.
3.2)La revoca, in caso di mancata tempestiva attivazione o di prolungata sospensione dell'attività dell'esercizio, costituisce un provvedimento avente natura sanzionatoria.
Le norme a carattere sanzionatorio sono di stretta interpretazione.
Ebbene, ascrivere l'inerzia decadenziale al nuovo gestore (cioè ad un soggetto diverso dal precedente titolare) costituisce un chiaro esempio di interpretazione estensiva (non ammissibile) della norma.
Inoltre, si tratta di una “inerzia” - quella addebitata da Roma Capitale alla Società - non solo ben inferiore al termine annuale (oggetto precipuo della sanzione), e comunque interrotta dalla tempestiva richiesta di proroga, ma anche del tutto ragionevole e comprensibile stante l'esigenza di procedere, una vota acquisito il ramo d'azienda, all'allestimento dei nuovi locali.
3.3)La sanzione non risponde ad alcuna utilità sotto il profilo dell'interesse pubblico: l'attività rimasta inerte, infatti, non pregiudica altri esercenti nella possibilità di ottenere tale autorizzazione, né la sua revoca rimuove tale ostacolo poiché nel Centro storico di Roma il Comune non rilascia nuove autorizzazioni in forza della deliberazione C.C. n. 35 del 2010.
Il provvedimento di decadenza ed il diniego al trasferimento rappresentano, dunque, una pura e immotivata soppressione di una iniziativa economica privata.
4)Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost., violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 34 del d.l. 201/2011, degli art. 25 e 64 del d.lgs. 59/2010, degli artt. 11 e 15 della L.R. 21/2006 e degli artt. 1, 25 e 26 della deliberazione c.c. 35/2010; eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per difetto di istruttoria, carenza della motivazione, travisamento del fatti, contraddittorietà e illogicità' manifesta. violazione del principio di proporzionalità' e del legittimo affidamento.
4.1)I provvedimenti impugnati contrastano con gli artt. 31 e 34 del Decreto c.d. 'Salva ltalia”. Come modificato dal D.L. n. 91 del 2014 (c.d. decreto competitività) la cui finalità è quella di rimuovere gli ostacoli burocratici all'attività d'impresa.
I provvedimenti sono stati motivati da Roma Capitale con ragioni di tutela del centro cittadino.
Sennonché, i dinieghi opposti alla Società rappresentano un puro e semplice ostacolo, anzi, una vera e propria mortificazione dell'iniziativa economica in contrasto con il "principio generale dell'ordinamento nazionale, la libertà di apertura di nuovi esercizi ... senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura".
In via subordinata, la società ricorrente deduce illegittimità, in parte qua, della delibera di Roma Capitale n. 35 del 2010 ove interpretabili nel senso di imporre, senza alcun margine, a Roma Capitale, l'adozione di provvedimenti di revoca e diniego al trasferimento, quali quelli di specie, non motivati su ragioni di tutela dell'interesse pubblico all'ambiente o al patrimonio storico artistico.
L’istante conclude con domanda di risarcimento danni: con l'illegittima interruzione dell'iniziativa imprenditoriale della Società, per effetto dei provvedimenti impugnati, Roma Capitale ha cagionato un ingente danno economico alla società Della Farina (che si riserva di quantificare nel suo esatto ammontare nel corso del giudizio o, comunque, da riconoscersi nella diversa misura determinata in via equitativa), dovuto ai mancati ricavi per effetto della chiusura (obbligatoria) discendente dalla privazione del titolo autorizzatorio (danno, dunque, decorrente dal 20 agosto 2014) ed al maggior esborso per le spese di istruttoria dovute allo Sportello Unico all'atto della presentazione delle domande.
Si è costituta in giudizio Roma Capitale depositando documenti.
Con provvedimento cautelare n. 5706/2014, è stato ordinato a Roma Capitale “di procedere all’esame della domanda di proroga della sospensione dell’attività connessa alla comunicazione di trasferimento della sede”, nelle more accogliendosi la “domanda di sospensione degli effetti del provvedimento di decadenza datato 15 maggio 2014”.
L’Amministrazione capitolina ha depositato documentazione datata 5 febbraio 2015.
Tra gli altri documenti, è stata depositata la D.D. n. 4929 del 18 dicembre 2015 con la quale Roma Capitale, “Premesso ... che la società Della Farina ... esercita ... un’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande senza essere in possesso della prescritta autorizzazione amministrativa in quanto l’autorizzazione rilasciata ... è stata dichiarata decaduta per inattività con D.D. n. 1645/2014 ...”, ha dichiarato “la cessazione dell’attività di somministrazione alimenti e bevande intrapresa nei locali in via Monte della Farina 8/9/10/11 ...”.
All’udienza del 19 marzo 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Preliminarmente, il Collegio ritiene che la determinazione n. n. 4929 del 18 dicembre 2014, con cui Roma Capitale ha dichiarato “la cessazione dell’attività di somministrazione alimenti e bevande intrapresa nei locali in via Monte della Farina 8/9/10/11”, non abbia determinato la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione ancorché non impugnata dalla ricorrente.
Essa, infatti, si regge sull’unico, medesimo presupposto in ragione del quale era stata dichiarata la decadenza dell’autorizzazione amministrativa (inattività dell’esercizio commerciale), quest’ultima atto prodromico al pedissequo e consequenziale diniego di trasferimento della sede e della successiva dichiarazione di cessazione dell’attività di somministrazione.
L’effetto lesivo della D.D. n. 2929/2014 origina, pertanto, dal medesimo, unico atto presupposto (D.D. n. CA/1645/14) al quale esso si lega inscindibilmente ai fini dell’attualizzazione dell’interesse ad agire.
Nel merito, il ricorso è infondato.
Con il primo motivo, parte ricorrente sostiene che sulla richiesta di proroga di sei mesi del termine per la ripresa dell’attività si sia formato il silenzio –assenso.
Il Collegio osserva che a seguito della richiesta di proroga si instaura un procedimento nel corso del quale l’Amministrazione è tenuta a valutare i motivi che la giustificano in ragione della comprovata necessità.
La proroga, recita l’art. 26 del regolamento comunale, “può essere concessa”; l’inciso sottintende norma l’attribuzione di una facoltà amministrativa che impinge l’esercizio di poteri tipicamente discrezionali in ordine alla comparazione dei contrapposti interessi.
Più in particolare, secondo la giurisprudenza amministrativa (che ha avuto modo di pronunciarsi anche sulla compatibilità della normativa locale al nuovo regime sulla liberalizzazione delle attività economiche), in linea generale il silenzio assenso in materia di attività di somministrazione alimenti e bevande non opera in assenza dei requisiti oggettivi e soggettivi (v. TAR Lazio, Roma, II ter, 2 luglio 2014 nr. 7038).
Pertanto, il silenzio-assenso non si forma per il solo fatto dell'inutile decorso del termine stabilito perla conclusione del procedimento, senza alcuna risposta del Comune, ma occorre, altresì, la prova della ricorrenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti nella norma.
Nel caso di specie, la proroga per silentium è impedita dalle prescrizioni contenute nell’art. 26, c. 5 della Delibera C.C. n. 35 del 2010, cui è subordinata l'ammissibilità dell’istanza di proroga.
Segnatamente, la norma in commento prevede che l’interessato alleghi all’istanza una relazione che illustri dettagliatamente i motivi che giustificano la richiesta medesima e che sulla stessa si pronunci l’Amministrazione previa comparazione e ponderazione dei contrapposti interessi.
Nella circostanza, risulta che l’istanza di proroga non fosse accompagnata dalla prescritta relazione illustrativa imposta dall’art. 26, c. 5 citato; sicchè – in disparte ogni considerazione sulla inconfigurabilità, di norma, del regime del silenzio assenso nei casi in cui il procedimento intercetti esigenze valutative di interesse pubblici demandati infungibilmente all’Amministrazione - decisivo s’appalesa, nella particolarità della fattispecie, il rilievo – sopra evidenziato - per cui parte ricorrente non ha provato la ricorrenza di tutti i requisiti oggettivi inveranti la fattispecie astratta contemplata dalla norma di settore.
Anche i restanti motivi di impugnativa s’appalesano infondati.
Come sopra esposto, la società ricorrente, subentrata alla “Taverna Oslavia” nella intestazione dell’autorizzazione amministrativa per la somministrazione di alimenti e bevande, ha impugnato la D.D. d prot. CA/117086 del 20 agosto 2014, notificato il 21 agosto 2014, con cui è stata negata l'autorizzazione al trasferimento di sede dell’attività di somministrazione alimenti e bevande da Via di Santa Maria dell'Anima 57 (Ambito 1 - Centro Storico) a Via del Monte della Farina 8/11 (Ambito 1- Centro Storico), prot. CA/54919 del 18 aprile 2014, nonché la (prodromica) D.D. n. CA/1645/14 - prot. CA/66583 del 15 maggio 2014, notificata solo il 25 agosto 2014 - con cui Roma Capitale ha dichiarato decaduta per inattività l'autorizzazione alla somministrazione.
L’articolo 4 della legge 25 agosto 1991, n. 287, rubricato “Revoca dell'autorizzazione.”, dispone testualmente che: “L'autorizzazione di cui all'articolo 3 è revocata:
a)qualora il titolare dell'autorizzazione medesima, salvo proroga in caso di comprovata necessità, non attivi l'esercizio entro centottanta giorni dalla data del rilascio ovvero ne sospenda l'attività per un periodo superiore a dodici mesi; …”.
L’art. 26, c. 2, lett. a) del Regolamento comunale di Roma Capitale, approvato con deliberazione di C.C. n. 35 del 2010, dispone che “Le autorizzazioni all’esercizio di somministrazione alimenti e bevande ... decadono: quando il titolare dell’autorizzazione, salvo proroga in caso di comprovata necessità e su motivata istanza, ... sospenda l’attività per un periodo superiore a sei mesi.
Il successivo c. 5 dell’articolo stabilisce che “Le richieste di proroga di cui al precedente comma 2, lett. a) ... sono presentate unitamente ad una relazione che illustri dettagliatamente i motivi che giustificano la richiesta medesima alla struttura competente almeno trenta giorni prima della scadenza dei termini ivi previsti. La suddetta proroga può essere concessa per un periodo non superiore a centottanta giorni”.
Al riguardo si evidenzia come la giurisprudenza amministrativa sul punto abbia avuto più volte modo di rilevare come,[color=red][b] in tema di esercizi pubblici, il Legislatore, con il richiamato articolo 4 della legge 25 agosto 1991, n. 287, abbia impropriamente definito “revoca” un provvedimento, ad adozione e contenuto vincolato, che presenta piuttosto i marcati connotati di una decadenza di tipo sanzionatorio; il detto atto non ha, peraltro, valore costitutivo ma solo dichiarativo, tanto che l'effetto di estinzione si formalizza con la mera sequenza dei presupposti di legge a prescindere dalla ricognizione del comune. [/b][/color]
L'interesse tutelato dalla norma è, infatti, quello ad una celere utilizzazione degli assensi rilasciati, funzionale all'ordinario svolgimento del commercio ed al fine di scongiurare il rischio di deprecabili fenomeni di indebita locupletazione sui titoli suddetti.
[b]L'obiettiva natura vincolata della detta decadenza attenua l'esigenza di una diffusa motivazione del provvedimento, apparendo sufficiente, ai fini di un'esauriente esternazione delle ragioni che lo giustificano, che dal tenore dell'atto emerga l'insussistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge. [/b]
[b]La misura della decadenza dell'autorizzazione al commercio, per effetto dell'accertata inattività protratta per un periodo complessivamente superiore ad un anno, prevista dall’art. 4 della L. n. 287 del 1991, procede al suddetto accertamento e ne è conseguenza automatica, a meno che l'intestatario non deduca comprovate necessità, per effetto delle quali la decadenza può essere differita di centottanta giorni (art. 26, Regolamento comunale), ovvero abbia dato prova di asserite cause di forza maggiore che gli avrebbero impedito di eseguire le opere necessarie a riavviare la sua attività commerciale; mentre nel caso che la necessità derivi unicamente da esigenze del titolare tanto è ininfluente. [/b]
Nel caso di specie, l’attività era stata sospesa per un anno e, successivamente, per ulteriori sei mesi.
Giunto al compimento massimo di sospensione della inattività, Roma Capitale ha dichiarato decaduta l’autorizzazione.
[b]Il presupposto in base al quale è stata dichiarata la decadenza dell'autorizzazione comunale (mancata ripresa dell’attività alla scadenza della sospensione dell’autorizzazione allo svolgimento dell'attività di somministrazione) s’appalesa, ad avviso del Collegio, legittimo in quanto:
a)ulteriori proroghe, oltre quella già concessa, non sono contemplate dal Regolamento comunale (art. 26, c. 5 della delibera C.C. n. 35 del 2010);
b)l’esigenza di non assoggettare l’inattività a più di una proroga risponde all’interesse pubblico di assicurare l’effettiva e celere utilizzazione dei titoli rilasciati, funzionale all'ordinario svolgimento del commercio, specie in settori tutelati come quelli in cui l’attività in parola dovrebbe svolgersi (Centro storico), all’interno dei quali i trasferimenti di sede sono soggetti a contingentamento e limiti numerici in ragione di specifiche attribuzioni di punteggi; nonché, allo scopo di scongiurare il rischio di deprecabili fenomeni di indebita locupletazione sui titoli suddetti;
c)le ragioni della proroga non sono state dimostrate mediante la produzione in sede amministrativa d'idonea documentazione (art. 26, c. 5 Reg. cit.);
d)infine, scontando il trasferimento di sede – così come le nuove aperture di esercizi di somministrazione - il rilascio di apposita autorizzazione amministrativa (artt. 3, 10 e 11 del regolamento n. 35 del 2010), lo strumento della SCIA utilizzato dalla ricorrente non s’appalesava, in ogni caso e comunque, idoneo allo scopo. [/b]
Acclarata la legittimità dell’art. 26, c. 5 del Regolamento comunale – ovvero l’interpretazione che di esso appare la più plausibile nei sensi sopra argomentati - nonché il buon governo che l’Amministrazione ha fatto delle norme in esame, deve concludersi per la legittimità dell’operato amministrativo siccome strettamente veicolato, in parte qua, dalle superiori disposizioni normative con le quali la discrezionalità amministrativa si era esaurita ad un livello più alto e generale di esercizio.
Va soggiunto, che l’impianto normativo di cui ha fatto applicazione Roma Capitale (Regolamento comunale approvato con delibera C.C. n. 35 del 2010), che parte ricorrente ha contestato per contrasto con il nuovo regime di semplificazione delle attività economiche (ultimo motivo di gravame), è stato ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa tuttora compatibile con la normativa comunitaria e nazionale sopravvenuta in tema di liberalizzazione (cfr per tutte C.d.S., sez. V, n. 3802/2014).
In conclusione, i motivi di ricorso non sono suscettivi di positivo apprezzamento ed il ricorso impugnatorio va, pertanto, respinto.
L’infondatezza del gravame di legittimità priva di consistenza giuridica anche la domanda di condanna di Roma Capitale al risarcimento dei danni per insussistenza del danno ingiusto.
La complessità e parziale novità della questione (in relazione all’applicazione dell’istituto della proroga della sospensione di attività in caso di subingresso e contestuale trasferimento di sede) costituiscono giusto motivo, ad avviso del Collegio, per disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Contributo unificato a carico della società ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Rotondo, Presidente FF, Estensore
Mariangela Caminiti, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere