Notifica ricorso con PEC - nulla ma sanata da costituzione PA
[color=red][b]TAR MOLISE, SEZ. I – sentenza 12 giugno 2015 n. 258[/b][/color]
N. 00258/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00378/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 378 del 2014, proposto da:
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Duilio Vigliotti, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Fiorella in Campobasso, Via Gorizia, n.1;
contro
Comune di Scapoli in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giuliano Di Pardo, con domicilio eletto presso il medesimo avvocato in Campobasso, Traversa Via Crispi, n. 70/a;
per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia, dell’ordinanza n. 14/2014 del Comune di Scapoli avente ad oggetto “Sgombero locali in via Buonconsiglio n. 1-8-10 per la tutela dell’igiene e salute pubblica e dalle pubblica incolumità” e notificata in data 15 luglio 2014.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Scapoli in persona del Sindaco p.t.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2015 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il sig. -OMISSIS- espone di occupare da oramai oltre un decennio alcuni locali dello storico Palazzo Battiloro “per uso bottega artigiana”, in virtù di un accordo concluso con la proprietà (ditta Favellato); sennonché con provvedimento del 14 luglio 2014 (notificata al sig. -OMISSIS- il giorno successivo), il Sindaco del Comune di Scapoli ha ordinato alla parte proprietaria “a tutela dell’igiene e salute pubblica e della pubblica incolumità”, di provvedere alla “messa in sicurezza igienico sanitaria dell’immobile” nonché all’immediata eliminazione “delle condizioni di pericolo per l’incolumità pubblica”, sgomberando i luoghi da persone e cose.
Con il medesimo provvedimento, e agli stessi fini, l’Amministrazione ha ordinato anche al sig. -OMISSIS-, in qualità di occupante, di sgomberare immediatamente i locali rimuovendo striscioni, tabelle informative, cartelli informative e “quant’altro collocato senza autorizzazione”.
[color=red][b]Con ricorso notificato a mezzo PEC in data 3 ottobre 2014 e depositato in data 29 ottobre 2014, il sig. -OMISSIS- ha impugnato la predetta ordinanza chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, sulla base delle seguenti ragioni.[/b][/color]
I) Violazione dell’art. 54 del d.lgs. n. 267/2000 per assenza del presupposto dell’imminente pregiudizio, non essendo sufficiente l’esigenza di migliorare le condizioni igieniche e ambientali, soprattutto laddove l’ordinanza contingibile ed urgente abbia ad oggetto beni privati sottratti all’utilizzo pubblico;
II) l’immobile, poi, sarebbe precedente al 1967 e come tutti gli edifici realizzati prima di quella data è sprovvisto della licenza di abitabilità.
Con atto depositato in data 17 novembre 2014, si è costituito il Comune di Scapoli chiedendo il rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare.
In particolare, la resistente ha rilevato, quanto al sollevato difetto di motivazione, che essa consisterebbe nel contenuto della relazione del 4 luglio 2014 dell’ufficio tecnico, a cui il provvedimento gravato rinvia, in cui verrebbero adeguatamente rappresentati i rischi per la salute pubblica a causa delle condizioni di abbandono in cui verserebbe la struttura da considerarsi oramai fatiscente e i conseguenti rischi all’incolumità derivanti dalla presenza di molte persone nei locali occupati dal ricorrente.
Non risponderebbe al vero, poi, che il provvedimento impugnato sarebbe viziato da travisamento dei fatti, per non aver indicato nessun evento dannoso in atto o in via di realizzazione, atteso la relazione evidenzierebbe sia i pericoli strutturali sia le precarie condizioni igienico sanitarie in cui versa l’immobile.
L’Amministrazione, poi, non avrebbe avuto nessuna conoscenza, fino al sopralluogo del 4 luglio 2014, dell’attività svolta dal ricorrente all’interno dei locali, inoltre i lavori di consolidamento avrebbero interessato solo alcune parti dell’immobile ma non anche i locali occupati dal sig. -OMISSIS-, che avrebbe aggravato la situazione eseguendo lavori non autorizzati.
Né può ravvisarsi alcuna violazione del principio di proporzionalità nel fatto che l’Amministrazione abbia ordinato lo sgombero dei locali e non la mera esecuzione dei lavori necessari, atteso che la presenza di persone renderebbe più elevato il rischio di crolli e più difficoltosa l’esecuzione dei lavori stessi.
Il provvedimento gravato, poi, non deve intendersi finalizzato alla tutela del valore storico/artistico dell’edificio in cui si trovano i locali occupati dal sig. -OMISSIS-, ma Il richiamo operato nel provvedimento alla disciplina precedentemente vigente relativa ai beni di rilevanza storico/artistica è volto solo a fornire una rappresentazione completa della situazione giuridico/fattuale in cui versa l’immobile.
Irrilevante sarebbe poi la mancata osservanza del procedimento previsto dall’art. 222 del R.D. n. 1265/1934 ai fini della dichiarazione di inagibilità, in quanto nella fattispecie è stata adottata un’ordinanza contingibile ai sensi del art. 54 del d.lgs. n. 267/2000 che per l’urgenza che la connota non è sottoposta alla disciplina prevista dal predetto decreto.
In ogni caso, conclude la resistente, il provvedimento impugnato è stato adottato sia per la tutela della salute e dell’igiene pubblica tanto sia per la protezione dell’incolumità di modo che se non si dovesse ravvisare nella specie l’effettiva ricorrenza di una tali finalità sarebbe pur sempre l’altra a sostenere la legittimità dell’atto gravato.
Con ordinanza 20 novembre 2014, n. 149 questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare rilevando che <<la motivazione dell’ordinanza gravata non specifica in modo sufficientemente circostanziato i presupposti di necessità e urgenza che la sorreggono>>.
All’udienza pubblica del 26 marzo 2015 la resistente, nel corso della discussione di merito, ha eccepito la nullità della notifica a mezzo PEC, in quanto priva dell’attestazione di conformità all’originale prescritta dall’art. 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53.
All’esito della discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
[b]Nell’ordine di priorità logica a cui occorre attenersi nello scrutinio dei motivi di ricorso, il Collegio deve esaminare per prima l’eccezione di nullità della notifica sollevata da parte resistente.[/b]
Essa è priva di pregio.
[color=red][b]Occorre premettere che la notificazione a mezzo PEC è prevista ai sensi daell’art. 3-bis della predetta legge 21 gennaio 1994, n. 53, come inserito dall'articolo 16-quater, comma 1, lettera d), del D.L. 18 ottobre 2012, n.179, introdotto dall' articolo 1, comma 19, punto 2), della l. 24 dicembre 2012, n. 228; il comma 5 dell’articolo appena citato dispone che l’avvocato che esegue la notificazione a mezzo PEC redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata che deve contenere, tra l’altro, l’attestazione di conformità della copia informatica dell'atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità all'originale a norma dell' articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 .[/b][/color]
[b]Secondo parte resistente, nella fattispecie, mancherebbe l’attestazione di conformità all’originale sulla relazione di notificazione con conseguente nullità della notifica ai sensi dell’art. 11 della l. n. 53/1994.[/b]
[b]Al riguardo rileva il Collegio che la tempestiva costituzione del Comune nel presente giudizio dimostra la sua piena ed effettiva conoscenza del ricorso, potendosi concludere che la notifica, seppure invalida, ha comunque raggiunto il suo scopo e conserva perciò gli effetti suoi propri alla luce dell'art. 156, comma 3, c.p.c. a mente del quale <<la nullità non può mai essere pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato>>.[/b]
In base a tale principio, applicabile al processo amministrativo in forza dell'art. 44, comma 3, cod.proc.amm., qualsiasi vizio della notifica del ricorso giurisdizionale, quand'anche rientri nelle ipotesi di nullità previste dall'art. 11, l. 21 gennaio 1994, n. 53, è sanato dalla rituale costituzione del resistente ovvero del controinteressato, nella specie avvenuto con il pieno dispiegamento di tutti i mezzi difensivi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 30 maggio 2013, n. 2945; TAR Lazio, sez. III, 25 novembre 2014, n. 11808; TAR Lazio, sez. III, 2 luglio 2014, n. 7017).
Nel proprio atto di costituzione, poi, l’Amministrazione non ha sollevato alcuna eccezione specificamente rivolta a rilevare presunte difformità tra la copia del ricorso notificata e quella depositata, potendosene desumere che il vizio rilevato non si è tradotto in alcun pregiudizio concreto al diritto di difesa del Comune resistente.
La circostanza, poi, che la data di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata sia successiva alla scadenza del termine di impugnazione del provvedimento gravato, non impedisce la sanatoria di cui all’art. 156 c.p.c.. La sanatoria, infatti, per un verso, opera retroattivamente, con la conseguenza che il ricorso introduttivo si considera regolarmente proposto fin dall’inizio (cfr. Cass. civile, sez. I, 2 maggio 2006, n. 10119); per altro verso, essa costituisce un principio fondamentale del processo amministrativo che, ai sensi dell’art. 39 cod.proc.amm., deve trovare applicazione in assenza di specifiche previsioni contrarie contenute nel medesimo codice.
Può dunque passarsi allo scrutinio del merito del ricorso.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente si lamenta il difetto di motivazione del provvedimento gravato che non recherebbe una chiara indicazione del pericolo che, in ipotesi, minaccerebbe la salute e incolumità pubblica oltre a richiamare la legislazione di tutela dei beni culturali la cui tutela non può essere rimessa a provvedimenti del tipo di quelli qui adottati.
Il motivo è fondato alla stregua e nei limiti delle considerazioni che di seguito si espongono.
Ai sensi dell’art. 54, co. 4, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 <<Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana>>.
L’abbondante giurisprudenza maturata su tale norma ha enucleato una serie di principi che possono oramai considerarsi consolidati alla stregua dei quali, per quanto rileva in questa sede:
I) i requisiti di necessità ed urgenza cui si riferisce la norma sono intesi nel senso che il provvedimento extra ordinem si deve necessariamente fondare su una eccezionale situazione di pericolo, tale da non potere essere fronteggiata se non con interventi immediati ed indilazionabili, non rientranti tra gli ordinari mezzi previsti dall'ordinamento giuridico (cfr. Cons. Stato Sez. V, 22 ottobre 2014, n. 5213);
II) la natura eccezionale delle misure adottate impone un preventivo accertamento della situazione di emergenza, fondato su prove concrete e non su mere presunzioni (cfr. TAR Piemonte Torino, sez. I, 9 luglio 2014, n. 1194), situazione che l'Amministrazione deve accertare a seguito di approfondita istruttoria con adeguata motivazione circa il carattere indispensabile degli interventi immediati ed indilazionabili imposti a carico dei privati (cfr. TAR Calabria Catanzaro, Sez. I, 29 gennaio 2014, n. 202).
III) Precisi limiti devono essere rispettati nell'adozione delle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti ( art. 54 d.lgs. 267/2000 - T.U. Enti locali) al fine di evitare che tale strumento, che si pone già ai limiti del principio di legalità - sul quale è fondato l'intero Ordinamento - possa legittimare atti slegati da qualunque paradigma normativo con effetti pesantemente incidenti sulla realtà fattuale e giuridica (cfr. TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, 2 dicembre 2013, n. 2339).
IV) L’ordinanza deve avere, come requisito di legittimità formale, una motivazione che dia conto della sussistenza concreta (necessità immediata e tempestiva tutela di interessi pubblici, come la salute o l’incolumità, che in ragione della situazione di emergenza non potrebbero essere protetti in modo adeguato, ricorrendo alla via ordinaria; cfr. TAR Campania, Salerno, sez. I, 13 maggio 2015, n. 1000 che richiama TAR Lazio, sez. II, 2 gennaio 2012, n. 4).
Ritiene il Collegio che il provvedimento gravato non sia in linea con i principi sopra riferiti nella fattispecie.
La motivazione dell’ordinanza, infatti, si limita ad indicare che:
a) l’immobile oggetto di causa è sottoposto a vincolo imposto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
b) il ricorrente utilizzerebbe i locali occupati in assenza di autorizzazione comunale “soprattutto dal punto di vista della tutela e salvaguardia della igiene, salute e incolumità pubblica”;
c) l’immobile è privo dei requisiti di agibilità ed abitabilità;
In sostanza l’ordinanza gravata non riporta alcuna specifica circostanza che valga a definire ed identificare il concreto rischio per l’incolumità e salute delle persone che giustificherebbe l’adozione del provvedimento impugnato, non potendosi certo fondare l’adozione di esso su elementi quali l’assenza di autorizzazione allo svolgimento dell’attività commerciale o la mancanza del certificato di agibilità che, al più, potrebbero fondare l’adozione di provvedimenti sanzionatori tipici, ma non anche all’adozione di un rimedio extra ordinem.
Anche il richiamo alla relazione dell’ufficio tecnico non è risolutivo, posto che in essa non si precisano le specifiche ragioni dell’imminente pericolo di un pregiudizio per l’incolumità pubblica, invocando solo un generico rischio alla stabilità che, tuttavia, nella misura in cui è privo di ogni elemento concreto di supporto, si riduce ad una mera illazione.
Tali conclusioni trovano conforto nell’autorevole giurisprudenza della Corte costituzionale che ha escluso l’esistenza di un generale potere sindacale di emettere tale tipo di ordinanze, dichiarando costituzionalmente illegittima la norma su cui lo stesso potere extra ordinem si fonda (art. 54, comma 4, d.lgs. n. 267/2000 come sostituito dall'art. 6 del D.L. n. 92/2008 conv. con legge n. 125/2008) nella parte in cui comprendeva la locuzione “anche” prima delle parole “contingibili ed urgenti” (cfr. decisione n. 115 del 4 aprile 2011), determinando quindi l’essenzialità della contingibilità ed urgenza che deve essere specificamente indicata nella motivazione del provvedimento.
Quest’ultima, pur se necessariamente stringata dovendosi tenere conto delle esigenze di celerità implicite in un provvedimento siffatto, deve comunque identificare chiaramente i presupposti di pericolosità della situazione e di urgenza del provvedere che radicano il potere di intervento sindacale.
Alla luce dei principi sopra indicati, l’ordinanza impugnata è illegittima perché è stata adottata per finalità che paiono più riferibili a questioni attinenti a rapporti privatistici, mancando la dimostrazione della ricorrenza effettiva di un pericolo per la pubblica incolumità o l’igiene pubblica e senza contare che, da quanto affermato dal ricorrente (e non contestato dall’Amministrazione) risulta che nell’immobile in questione si è tenuta comunque una manifestazione pubblica alla quale non risulta che il Comune si sia opposto.
Resta peraltro salvo il potere dell’Amministrazione di provvedere nuovamente, anche mediante l’adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti qualora ne sussistano i presupposti di legge (come definiti dalla giurisprudenza sopra riportata) che dovranno essere accertati all’esito di un’istruttoria che, per quanto rapida, deve incentrarsi sulle ragioni di pericolo e di urgenza che dovranno essere specificamente indicate nella motivazione dell’eventuale provvedimento adottato.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e l’ordinanza impugnata deve essere annullata nei limiti sopra indicati.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di doglianza.
La particolare discrezionalità di cui gode l’Amministrazione in questo ambito e la scarsità delle indicazioni normative che rende principalmente giurisprudenziale la definizione dei limiti del potere di adottare provvedimenti contingibili ed urgenti, giustificano la compensazione tra e parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla, nei sensi di cui in motivazione, l’ordinanza n. 14/2014 del Comune di Scapoli.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi di parte ricorrente manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.
Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Onorato, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere
Domenico De Falco, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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