A fronte di una indagine amministativa che si conclude con un "nulla di fatto", l'esponente, può continuare, reiteratamente, a riprororre il medesimo documento, mediante accessi, esposti e o denunce che vanno, semplicemente, ad aggravare l'insieme dei procedimenti amministrativi?
Quali strumenti o sanzioni può adottare la P.A. per evitare che ciò continui ad accadere con un evidente danno all'azione amministrativa?
A fronte di una indagine amministativa che si conclude con un "nulla di fatto", l'esponente, può continuare, reiteratamente, a riprororre il medesimo documento, mediante accessi, esposti e o denunce che vanno, semplicemente, ad aggravare l'insieme dei procedimenti amministrativi?
Quali strumenti o sanzioni può adottare la P.A. per evitare che ciò continui ad accadere con un evidente danno all'azione amministrativa?
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Provo a riepilogare.
L'esponente TIZIO presenta denuncia per determinati fatti.
Il Comune effettua verifiche da cui non emergono elementi di intervento a carico di Caio.
TIZIO chiede accesso ai documenti e li ottiene.
TIZIO presenta nuovo esposto su analoghi (ma diversi) fatti.
TIZIO chiede accesso ai documenti nuovi e li ottiene.
SECONDO ME non vi sono elementi per intervenire. Il cittadino, seppur petulante agli occhi del Comune esercita propri diritti, se necessario paga eventuali oneri ...
So che è fastidioso ma non ritengo che vi siano elementi per poter adottare provvedimenti "sanzionatori".
La Commissione sull'accesso si è pronunciata su un caso analogo relativo alle reiterate istanze di un Consigliere arrivando comunque alla conclusione che esse dovevano ritenersi procedibili.
La stessa Commissione ha ritenuto improcedibili le istanze reiterate di un cittadino ma perchè volte ad ottenere NON l'accesso agli atti ma generici "chiarimenti".
Il Consiglio di Stato nel 2013 ha ritenuto legittima la REITERATA RICHIESTA di accesso di consiglieri su NUMEROSI ATTI. Ma il caso non è analogo a quello descritto in quanto qui NON vi è l'esigenza di effettuare un controllo generalizzato.
SINTESI: ritengo che dobbiate valutare volta per volta le istanze ed in generale concedere accesso ai nuovi documenti se presenti.
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PLENUM 13 SETTEMBRE 2011
Rag. ............................
Responsabile settore economico finanziario
Comune di Sant’Agata di Puglia
Piazza XX Settembre, 7
71028 Sant’Agata di Puglia
OGGETTO: richiesta di accesso di consigliere comunale a documenti inerenti le indennità
corrisposte al sindaco.
Un funzionario comunale lamenta l’abusività delle reiterate richieste di accesso agli atti di
bilancio provenienti da un consigliere comunale, adducendo in particolare dubbi sulla legittimità
della istanza di accesso alle indennità del sindaco negli ultimi dieci anni (1999 – 2011) in quanto,
per il numero di atti richiesti e per l’ampiezza della richiesta, si tradurrebbe in un eccessivo e
minuzioso controllo dell’ente estranea alla funzione di controllo dei consiglieri e determinerebbe un
rischio di paralisi delle ordinarie attività amministrative.
La Commissione osserva anzitutto che, secondo l’articolo 11 del d.lgs. n. 150/2009, la
trasparenza amministrativa - che sta assumendo tendenzialmente portata generale, tanto che rientra,
nei livelli essenziali delle prestazioni disciplinate nella Costituzione (articolo 117, comma 2, lett. m)
- è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione
e l’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali. In tale ottica, è stato
imposto ad ogni amministrazione l’obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale, tra l’altro, i
curricula e le retribuzioni di coloro che rivestono incarichi di indirizzo politico amministrativo (vedi
art 11 comma 8 lett. h).
Tale ampio regime di pubblicità delle informazioni inerenti la situazione reddituale dei
titolari di cariche elettive attribuisce, di conseguenza, anche il diritto di accedere ai documenti
formati dalla pubblica amministrazione e a qualsiasi informazione concernente indennità e altri
emolumenti corrisposti dall’Amministrazione a favore del Sindaco e degli assessori. Ciò è peraltro
conforme all’art 43 d.lgs. n. 267/2000 che attribuisce ai consiglieri comunali un diritto pieno e non
comprimibile ad accedere a tutte le notizie e le informazioni in possesso degli uffici, utili
all’espletamento del proprio mandato che è quello di controllare l’attività degli organi istituzionali
del Comune.
In secondo luogo, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale
amministrativo (cfr., fra le molte, C.d.S., Sez. V, 22 maggio 2007, n. 929), riguardo le modalità di
accesso alle informazioni e alla documentazione richieste dai consiglieri comunali ex art 43 TUEL,
la Commissione ribadisce che il diritto di accesso agli atti di un consigliere comunale non può
subire compressioni per pretese esigenze di natura burocratica dell’Ente, tali da ostacolare
l’esercizio del suo mandato istituzionale, con l’unico limite di poter esaudire la richiesta (qualora
essa sia di una certa gravosità) secondo i tempi necessari per non determinare interruzione alle altre
attività di tipo corrente: ciò in ragione del fatto che il consigliere comunale non può abusare del
diritto all’informazione riconosciutogli dall’ordinamento pregiudicando la corretta funzionalità
amministrativa dell’ente civico con richieste non contenute entro i limiti della proporzionalità e
della ragionevolezza che possano aggravare l’ordinaria attività amministrativa.
Pertanto, in merito alle problematiche esposte, la Commissione ritiene che la richiesta di
accesso in esame rientri senza dubbio nelle facoltà di esercizio del munus del consigliere comunale,
sia sufficientemente specifica e possa essere evasa, senza aggravare l’ordinaria attività
amministrativa, anche avvalendosi dei sistemi telematici o di supporti informatici.
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PLENUM 13 SETTEMBRE 2011
Al Ministero dell’Interno
Dipartimento Affari Interni e Territoriali
Direzione Centrale per la Finanza Locale
Area II Contenzioso e rappresentanza in giudizio
Palazzo del Viminale
Roma
OGGETTO: Reiterate richieste di accesso a documenti da parte di cittadino residente. Limiti
all’esercizio dell’accesso.
Il Ministero istante - premesso che un cittadino residente nel Comune di Angri aveva chiesto
all’ente locale di ottenere “chiarimenti” sui motivi dell’approvazione di due delibere di Giunta,
aventi ad oggetto il riconoscimento di debiti fuori bilancio per notevoli importi in favore di terzi -
chiede a questa Commissione un parere sull’accoglibilità della richiesta di accesso, segnalando che
l’istante, in qualità di “utente e contribuente comunale” invoca la titolarità di un interesse diretto e
personale ai sensi dell’art 22 legge n 241/90 e che l’art. 24 comma 3 legge n 241/1990 non ammette
richieste dirette ad operare un controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione.
Circa la prima questione, secondo l’orientamento consolidato della Commissione, il diritto
di accesso agli atti degli enti locali del cittadino-residente – come quello di specie - non è
condizionato (diversamente a quanto l’art. 22, comma 1, lett. b, legge n. 241/90 prescrive per
l’accesso ai documenti di amministrazioni centrali dello Stato) alla titolarità in capo al soggetto
accedente di una situazione giuridica differenziata, atteso che l’esercizio di tale diritto è
equiparabile all’attivazione di un’azione popolare finalizzata ad una più efficace e diretta
partecipazione del cittadino all’attività amministrativa dell’ente locale e alla realizzazione di un più
immanente controllo sulla legalità dell’azione amministrativa. Non è, pertanto, possibile
subordinare il diritto di accesso del cittadino-residente alla dimostrazione della titolarità di un
interesse giuridicamente rilevante.
Quanto alla seconda questione, è possibile nella specie negare l'accesso in quanto dalle
delibere comunali, già rese accessibili all’istante, appare evincibile a sufficienza il percorso
motivazionale posto dall’amministrazione a fondamento delle delibere adottate, con la conseguenza
che risulta infondata la richiesta di accesso volta ad ottenere non meglio precisati “chiarimenti” sui
motivi di adozione delle delibere stesse.
****************
N. 00846/2013REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9090 del 2012, proposto da:
Comune di Valva, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Vetrano, con domicilio eletto presso Giancarlo Navarra in Roma, P.Le Porta Pia, 121;
contro
Michele Cuozzo, Mario Torsiello, Luca Forlenza;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE II n. 01578/2012, resa tra le parti, concernente diniego accesso mediante rilascio di copie degli atti riguardanti le occupazioni dei prefabbricati
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2013 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Vetrano.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione di Salerno i signori Cuozzo Michele, Torsiello Mario e Forlenza Luca, tutti consiglieri comunali di minoranza del Comune di Valva, agivano per l’accesso a documenti e informazioni ritenuti utili all’espletamento del mandato e in particolare agli atti e documenti riguardanti le occupazioni dei prefabbricati di cui alla deliberazione n.12/1998 del Consiglio Comunale, come da domanda prot.n.1362 del 9 marzo 2012.
Il giudice di primo grado, richiamando l’art. 43 del TUEL, accoglieva il ricorso 759 del 2012, dichiarando l’obbligo del Comune di consentire l’accesso con le modalità di cui alla domanda entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione o notifica della sentenza.
Avverso la sentenza di primo grado propone appello il Comune di Valva, deducendo che i ricorrenti di primo grado, consiglieri di minoranza, in modo emulativo, hanno presentato innumerevoli istanze di accesso, come copia delle determinazioni dalla n.261 alla 280 e dalla n.305 alla 337 del 2011, copia degli atti di pagamento, copia dell’elenco in ordine cronologico delle liquidazioni effettuate dal Comune dal luglio 2011 al 31.12.2001, copia degli atti relativi al consumo di carburanti per automezzi comunali, copia delle determinazioni dalla n.1 alla n.20 del 2012, copia degli atti di pagamento delle indennità degli amministratori, numero degli operai addetti alla nettezza urbana e spesa del rapporto di lavoro e così via.
L’appello fa presente che con l’istanza su indicata (il cui diniego ha poi dato luogo a tre distinti ricorsi) essi chiedevano ai sensi dell’art. 43 TUEL di accedere "agli atti relativi alle verifiche dei requisiti per l’occupazione dei prefabbricati di cui alla delibera di C.C. n.12 del 27.3.1998" nonché "di conoscere l’esito delle verifiche in considerazione del fatto che vi sono prefabbricati abbandonati e non utilizzati da anni".
Il Comune ha esibito anche in giudizio le comunicazioni aventi le informazioni chieste e evidenziato l’assenza di altri documenti da esibire.
Come motivi di appello si deduce l’erroneità della sentenza, che non ha valutato la natura emulativa della pretesa azionata e che non deve caratterizzarsi per la forma generalizzata della richiesta; il primo giudice non ha correttamente considerato il riscontro del Comune con nota n.1987/2012, che rappresentava come non vi erano ulteriori documenti da esibire; il Comune, prima della notifica del ricorso, aveva fornito le informazioni relative alle verifiche sulle occupazioni dei prefabbricati. Con la citata nota 1987 del 13 aprile 2012 il Sindaco comunicava che: "agli atti del Comune non vi è un elenco dei cittadini occupanti prefabbricati senza titolo, ed è difficile censire tutti i prefabbricati poiché molti sono stati smontati e agli atti dell’Ente non risultano né atti di alienazione né atti di donazione"; il Comune "al momento sta procedendo solo in presenza di segnalazioni di cittadini alla verifica di casi di occupazione abusiva e nei prossimi giorni si procederà ad una attenta ed accurata verifica di tutti i possessori aventi titolo all’occupazione dei prefabbricati"; in allegato alla nota il Sindaco inviava gli unici atti in possesso dell’Ente e cioè l’Elenco occupanti prefabbricati comunali redatto in data 4 marzo 2010 dalla Polizia Municipale e dall’U.T.C. e la planimetria del 16 febbraio 2012 delle aree prefabbricati con indicazione degli occupanti.
Il Comune ha anche depositato in giudizio nota sindacale n.2985 del 6 giugno 2012 di impulso al responsabile dell’UTC e dell’area tecnica di effettuare un dettagliato sopralluogo al fine di censire i prefabbricati di proprietà del Comune, di verificare il numero dei prefabbricati non occupati, di verificare chi ne detiene il possesso. Soltanto all’esito di tale attività, il Comune avrebbe potuto fornire ulteriori informazioni e documentazioni rispetto a quanto già evaso.
Gli appellati non si sono costituiti.
Alla camera di consiglio del 22 gennaio 2013 la causa per l’accesso, ai sensi dell’art.116 c.p.a., è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato per le seguenti ragioni, nonostante la latitudine che deve riconoscersi al diritto di accesso dei consiglieri comunali.
L’art. 43 del TUEL prevede il diritto dei consiglieri comunali di ottenere dagli uffici tutte le notizie e informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del loro mandato.
Pertanto, la ratio della norma è nel principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale, sicchè tale diritto è direttamente funzionale non tanto all’interesse del consigliere comunale (o provinciale) ma alla cura dell’interesse pubblico connessa al mandato conferito, controllando il comportamento degli organi decisionali del Comune.
Quanto ai presupposti, si è osservato come non sia necessaria una connessione tra la conoscenza dei dati richiesti con l’attività espletata nel mandato di consigliere.
Il diritto di accesso dei Consiglieri comunali non è soggetto ad alcun onere motivazionale giacché diversamente opinando sarebbe introdotto una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale. Gli unici limiti all'esercizio di tale diritto si rinvengono nel fatto che l’esercizio di tale diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e che non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazione al diritto stesso (tra tanti, Consiglio di Stato sez. V, 29 agosto 2011, n. 4829).
I consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere di utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di permettere di valutare - con piena cognizione - la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale. Di conseguenza sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che diversamente opinando sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale; dal termine "utili", contenuto nell'articolo 43 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, detto aggettivo garantendo in realtà l’estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l’esercizio del mandato (così Consiglio Stato sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963).
In base all'art. 43, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267 i consiglieri comunali, ivi inclusi ovviamente quelli di minoranza, hanno un diritto di accesso incondizionato - purché non invada l'ambito riservato all'apparato amministrativo e non integri però un abuso del diritto - a tutti gli atti che possano essere "utili" all'espletamento del loro mandato, anche al fine di permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale; sul consigliere comunale, inoltre, non può gravare alcun onere di motivare le proprie richieste di accesso atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale.
I consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere di utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale. Sul consigliere comunale, inoltre, non può gravare alcun onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che diversamente opinando sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale; dal termine ««utili», contenuto nell'art, 43, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, detto aggettivo garantendo in realtà l'estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l'esercizio del mandato. Dette conclusioni si appalesano stringenti ove ad azionare l'istituto siano consiglieri di minoranza , come nel caso di specie, cui i principi fondanti delle democrazie e la legge attribuiscono compiti di controllo dell'operato della maggioranza e, quindi, dell'esecutivo, qui inteso nella sua più larga accezione di apparato politico ed apparato amministrativo, se pur, si intende, da esplicarsi nel rispetto della legge, ovvero senza indebite incursioni in ambiti riservati all'apparato amministrativo dalla legge stessa e senza porre in essere atti e/o comportamenti qualificabili come abuso del diritto.
Il diritto di accesso dei consiglieri comunali quindi si atteggia quale latissimo diritto all’informazione al quale si contrappone l’obbligo degli uffici di fornire ai richiedenti tutte le notizie e informazioni in loro possesso, fermo il divieto di perseguire interessi personali o di tenere condotte emulative.
L’appellante Comune in realtà lamenta l’abuso del diritto, rappresentando come i tre istanti abbiano manifestato l’interesse alla conoscenza rispetto ad una generalizzata serie di atti e avverso varie delibere in serie, di modo che si debba dubitare della correttezza delle esigenze di informazione, dovendosi invece ravvisarsi un generalizzato e strumentale esercizio del diritto di informazione di cui all’art. 43 del TUEL.
In effetti, il Collegio osserva il riconoscimento da parte dell'articolo 43 del d.lg. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo Unico sugli Enti Locali) di una particolare forma di accesso costituita dall'accesso del consigliere comunale per l'esercizio del mandato di cui è attributario, non può portare allo stravolgimento dei principi generali in materia di accesso ai documenti e non può comportare che, attraverso uno strumento dettato dal legislatore per il corretto svolgimento dei rapporti cittadino- pubblica amministrazione, il primo, servendosi del baluardo del mandato politico, ponga in essere strategie ostruzionistiche o di paralisi dell'attività amministrativa con istanze che a causa della loro continuità e numerosità determinino un aggravio notevole del lavoro negli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull'attività dell'amministrazione oramai vietato dall'art. 24, comma 3 della l. n. 241 del 1990.
Soprattutto, la particolare disposizione del Testo Unico degli Enti Locali va coordinata con la modifica introdotta all'art. 22 della l. n. 241 del 1990, dalla l. n. 15 del 2005, di tal che anche il consigliere comunale deve essere portatore di un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento per il quale richiede l'accesso.
Sulla base di tali considerazioni generali, l’appello dell’amministrazione non può che ritenersi fondato.
Pertanto, è legittimo il diniego opposto dall'amministrazione comunale alla richiesta rivolta dai consiglieri comunali diretta all'estrazione di copie in assenza di motivazione in ordine all'esistenza dei presupposti del diritto di accesso, soprattutto in presenza di numerose e reiterate istanze, che tendono ad ottenere la documentazione di tutti i settori dell'Amministrazione, apparendo così tendenti a compiere un sindacato generalizzato dell'attività degli organi decidenti, deliberanti e amministrativi dell'Ente che non all'esercizio del mandato politico finalizzato ad un organico progetto conoscitivo in relazione a singole problematiche che di volta in volta l'elettorato.
Il Collegio osserva però che, nella fattispecie, al di là delle valutazioni su una esagerata richiesta di conoscere e informarsi su tutti i settori dell’attività amministrativa da parte dei consiglieri comunali, in ogni caso, per l’accoglimento dell’appello è sufficiente prendere atto dell’attività eseguita dal Comune in ottemperanza alla richiesta di accesso, espletatasi sia nella trasmissione e ostensione dei documenti a disposizione, sia nell’apertura di nuovi procedimenti, intesi ad acquisire maggiori conoscenze, allo stato non disponibili.
Pertanto, in buona sostanza l’ostensione degli atti richiesti ed esistenti è già avvenuta; per il resto, non si può pretendere, secondo costante giurisprudenza di questo Consesso, che l’Amministrazione costruisca una documentazione allo stato non ancora esistente.
Anche a voler ritenere che la nozione di "notizie e informazioni" sia più lata della nozione di "documenti" ravvisabile nell’art. 22 della l.n.241 del 1990 – e cioè ogni elemento conoscitivo in possesso dell’amministrazione, anche non riferibile alle competenze del Consiglio Comunale, perché sempre inerente al munus rivestito e non solo i provvedimenti adottati, ma anche gli atti preparatori, anche di provenienza privata - , anche in tale situazione soggettiva speciale non può non valere il principio, affermato dalla Sezione (così Consiglio Stato sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8359), secondo cui il rimedio dell' accesso non può essere utilizzato per indurre o costringere l'Amministrazione a formare atti nuovi rispetto ai documenti amministrativi già esistenti, ovvero a compiere un'attività di elaborazione di dati e documenti , potendo essere invocato esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e materialmente esistenti presso gli archivi dell'Amministrazione che li possiede.
Nella specie, come deduce l’appellante, con nota n. 1987 del 13 aprile 2012, l’amministrazione rappresentava che non vi erano ulteriori documenti da esibire, fornendo le possibili informazioni e comunicava che: "agli atti del Comune non vi è un elenco dei cittadini occupanti prefabbricati senza titolo, ed è difficile censire tutti i prefabbricati poiché molti sono stati smontati e agli atti dell’Ente non risultano né atti di alienazione né atti di donazione"; il Comune "al momento sta procedendo solo in presenza di segnalazioni di cittadini alla verifica di casi di occupazione abusiva e nei prossimi giorni si procederà ad una attenta ed accurata verifica di tutti i possessori aventi titolo all’occupazione dei prefabbricati"; in allegato alla nota il Sindaco inviava gli unici atti in possesso dell’Ente e cioè l’Elenco occupanti prefabbricati comunali redatto in data 4 marzo 2010 dalla Polizia Municipale e dall’U.T.C. e la planimetria del 16 febbraio 2012 delle aree prefabbricati con indicazione degli occupanti.
In corso di giudizio, anche se quindi successivamente alla introduzione del medesimo, il Comune ha anche depositato nota sindacale n.2985 del 6 giugno 2012 di impulso al responsabile dell’UTc e dell’area tecnica di effettuare un dettagliato sopralluogo al fine di censire i prefabbricati di proprietà del Comune, di verificare il numero dei prefabbricati non occupati, di verificare chi ne detiene il possesso.
E’ evidente che pertanto il Comune ha soddisfatto le richieste di accesso dei consiglieri comunali e che, sulla base del principio secondo cui l’Amministrazione non può essere condannata a costruire documenti allo stato non disponibili, debba essere accolto l’appello e, in conseguenza, respinto il ricorso di primo grado, in riforma della appellata sentenza.
La condanna alle spese del doppio grado di giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello e, in conseguenza, in riforma della appellata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna gli appellati al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidandole in complessivi euro quattromila, oltre iva e cpa nella misura dovuta per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 12/02/2013.
:-[... grazie...
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