TABACCHI - rivendite speciali DIVERSE da quelle ordinarie - sent. 11 maggio 2015
[color=red][b]T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sezione I, 11 maggio 2015 n. 212[/b][/color]
FATTO
1.1. La società DEC S.p.A. impugna l’atto in epigrafe indicato, con il quale l’Agenzie delle Dogane e dei Monopoli ha respinto la domanda dalla stessa formulata di istituzione di una rivendita speciale di generi di monopolio (segnatamente tabacchi) all’interno del Centro commerciale Città Fiera in Torreano di Martignacco.
1.2. Espone a tale fine di essere proprietaria della suddetta struttura di vendita, che nella stessa operano una rivendita ordinaria di prodotti da fumo e un distributore automatico di sigarette collegato a tale rivendita, e che è stato richiesto un patentino per la commercializzazione di tabacchi all’interno della sala bingo ivi esistente.
1.3. Espone altresì che l’Amministrazione dello Stato ha denegato la propria istanza con la seguente motivazione «Visto quanto previsto dall’art. 4 comma 2 lettera g) del D.M. 38 del 21/02/13, che richiama il rispetto dei parametri di cui all’art. 2 del Decreto medesimo, che non consente, nei Comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti, l’istituzione di una nuova rivendita a distanza inferiore ai 600 metri dalla rivendita ordinaria più vicina quando è già raggiunto il rapporto di una rivendita ogni 1.500 abitanti».
In buona sostanza è risultata ostativa all’apertura della richiesta rivendita speciale la combinazione delle circostanze per cui il Comune di Martignacco ha meno di 10.000 abitanti, in tale ambito territoriale è già stato raggiunto il rapporto di una rivendita ogni 1.500 abitanti, e la rivendita più vicina si trova a meno di 600 metri.
2.1. La ricorrente, pur riconoscendo che l’Agenzia statale si sia limitata ad applicare il D.M. 21.02.2013 n. 38, ritiene illegittimo tanto l’atto regolamentare, quanto l’atto applicativo, chiedendo, pertanto, la disapplicazione in parte qua del primo, e l’annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia, del secondo, per il motivo di seguito sunteggiato.
2.2. “Violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 22, L. 22 dicembre 1957, n. 1293 – art. 53, D.P.R. 14 ottobre 1958 – art. 24, comma 42, D.L. 6 luglio 2011, n. 98); violazione e/o falsa applicazione dei principi comunitari e nazionali che regolano la concorrenza ed il libero mercato (artt. 49 e 56 TFUE, artt. 3 e 41 Costituzione); eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria, di motivazione, per manifesta illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà e contraddittorietà; violazione e/o falsa applicazione dei principi di giusto e corretto procedimento e di buona e corretta azione amministrativa”.
Secondo la deducente va disapplicato l’articolo 4, comma 2, lettera g), D.M. n. 38/2013, e per l’effetto annullato l’atto di diniego impugnato che vi da applicazione, nella parte in cui estende alle rivendite speciali all’interno dei centri commerciali i limiti di distanza fissati per le rivendite ordinarie, perché la norma è illogica, differenzia ingiustificatamente fra le diverse tipologie di rivendite speciali, eccede i limiti del potere regolamentare attribuito con la norma primaria, viola i principi comunitari e nazionali di libera concorrenza nelle attività economiche.
3.1. Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, contestando la prospettazione avversaria e instando, conseguentemente, per la reiezione del ricorso promosso da controparte.
3.2. In punto di diritto, la difesa erariale evidenzia, da un lato, come l’atto impugnato sia assolutamente conforme alla disciplina regolamentare, e dall’altro, come la previsione di distanze minime anche per siffatta tipologia di rivendite speciali persegua il duplice pubblico interesse alla tutela della salute dei consumatori e della concorrenza tra gli operatori.
3.3. In punto di fatto, parte resistente rappresenta che nei centri commerciali l’apertura di una rivendita di tabacchi presuppone la predeterminazione dei locali all’uopo destinati e che tale predeterminazione nel caso di specie è totalmente mancata. Sostiene, inoltre, che la rivendita ordinaria con distributore automatico presente all’interno del Centro commerciale sia assolutamente sufficiente a soddisfare le esigenze della clientela.
4.1. Replica la società DEC S.p.A. con memoria difensiva, sostenendo che nessuna disposizione normativa subordina l’apertura di una rivendita di tabacchi in un centro commerciale alla predeterminazione dei locali destinati a tale attività, ma che comunque la condizione sarebbe soddisfatta senza difficoltà nel caso di specie.
4.2 Oppone, inoltre, la ricorrente come della questione della predeterminazione dei locali, al pari di quella della inesistenza di esigenze ulteriori dell’utenza da soddisfare, non vi sia traccia alcuna nel diniego gravato. Si tratterebbe, invero, di argomentazioni che compaiono esclusivamente nella costituzione in giudizio a mezzo dell’Avvocatura erariale e che costituiscono, quindi, una motivazione postuma, come tale, non ammessa.
5. Non si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, pure evocato.
6. Rinunciata da parte della ricorrente la domanda cautelare, la causa è chiamata all’udienza dell’ 8 aprile 2015 e in quella sede trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.1. Il Collegio ritiene necessario preliminarmente delimitare l’ambito della propria cognizione, avendo a mente che la potestas iudicandi del Giudice amministrativo si esercita su un atto amministrativo concreto e determinato e con riguardo alle doglianze specificatamente dedotte avverso di esso dalla parte ricorrente.
La società DEC S.p.A. ha impugnato il diniego di istituzione di rivendita speciale prot. n. 22332 del 5.09.2014, il quale indica come unico motivo di reiezione della domanda del privato la insussistenza del requisito della distanza minima da altra rivendita già esistente, derivante dal combinato disposto degli articoli 4, comma 2, lettera g), e 2, comma 3, D.M. n. 38/2013.
1.2. Di contro, come del resto rilevato anche dalla difesa di parte ricorrente, l’impugnato diniego non si fonda, né sulla assenza di locali idonei allo svolgimento dell’attività in questione, né sulla mancanza di ulteriori esigenze della clientela da soddisfare, che pure in astratto costituiscono ragioni idonee a negare il rilascio dell’auspicato provvedimento ampliativo.
Le argomentazioni svolte al riguardo dall’Avvocatura dello Stato fuoriescono, pertanto, dall’ambito di cognizione di questo Tribunale nel presente procedimento, e dunque non formeranno oggetto di pronunciamento (cfr., T.A.R. Campania – Napoli, Sez. I^, sentenza n. 4649/2014).
1.3. Invero, la dequotazione dei vizi formali del provvedimento amministrativo, retrocessi dall’articolo 21 octies, comma 2, L. n. 241/1990, a determinate condizioni, a mere irregolarità, non ha determinato il superamento del divieto di integrazione postuma – in sede giudiziale - della motivazione. Il Collegio ritiene condivisibile l’argomento per cui «la motivazione del provvedimento costituisce l'essenza e il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata, e non può certo essere emendata o integrata, quasi fosse una formula vuota o una pagina bianca, da una successiva motivazione postuma, prospettata ad hoc dall'Amministrazione resistente nel corso del giudizio», con la conseguenza che «il difetto di motivazione nel provvedimento impugnato non può essere in alcun modo assimilato alla violazione di norme procedimentali o ai vizi di forma» (cfr., C.d.S., Sez. III^, sentenza n. 2247/2014).
2. Fatta questa premessa, il ricorso è fondato.
3.1.1. Risulta utile muovere il ragionamento dal dato normativo.
3.1.2. La L. n. 1293/1957, recante norme di “Organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio”, distingue tra rivendite ordinarie e rivendite speciali, stabilendo che le prime «sono istituite dove e quando l’Amministrazione lo ritenga utile ed opportuno nell’interesse del servizio» (articolo 21), e le seconde «sono istituite per soddisfare particolari esigenze del pubblico servizio anche di carattere temporaneo quando, a giudizio dell'Amministrazione, mancano le condizioni per procedere alla istituzione di una rivendita ordinaria, ovvero al rilascio di un patentino» (articolo 22).
3.1.3. Il relativo Regolamento di esecuzione, emanato con D.P.R. n. 1074/1958, dopo aver disciplinato le modalità di istituzione delle rivendite ordinarie nei Comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti, nei Capoluoghi di Provincia e nei Comuni con popolazione superiore ai 30.000 abitanti (articoli 50 e 51), stabilisce che le rivendite speciali siano istituite «nelle stazioni ferroviarie, marittime, tranviarie, automobilistiche, delle aviolinee e di servizio automobilistico, nelle caserme e nelle case di pena, nonché ovunque siano riconosciute necessità di servizio alle quali non possa sopperirsi mediante rivendita ordinaria o patentino» (articolo 53).
3.1.4. Successivamente è intervenuto il D.L. n. 98/2011, che all’articolo 24, comma 42, ha demandato a un emanando Regolamento ministeriale la determinazione dei criteri per l’istituzione di rivendite ordinarie e speciali di generi di monopolio. In particolare per quanto riguarda le rivendite speciali, la precitata disposizione precisa che la istituzione delle stesse deve essere subordinata alla sussistenza di «un'oggettiva ed effettiva esigenza di servizio, da valutarsi in ragione dell'effettiva ubicazione degli altri punti vendita già esistenti nella medesima zona di riferimento, nonché in virtù di parametri certi, predeterminati ed uniformemente applicabili sul territorio nazionale, volti ad individuare e qualificare la potenzialità della domanda di tabacchi riferibile al luogo proposto».
3.1.5. E' stato così approvato il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 38/2013, che all’articolo 2 detta i criteri, di distanza tra gli esercizi commerciali in relazione alla popolazione del Comune ove sono ubicati, e di remuneratività con riguardo alla alienazione dei generi di monopolio, per l’istituzione delle rivendite ordinarie.
L’articolo 4 disciplina, invece, l’istituzione delle rivendite speciali, partendo da un elencazione di luoghi in cui ne è possibile l’apertura (stazioni ferroviarie, stazioni automobilistiche e tramviarie, stazioni marittime, aeroporti, caserme, case di pena), e concludendo con una categoria residuale (lettera g), ricomprendente testualmente anche i centri commerciali.
Mentre per tutte le categorie di rivendite speciali costituisce presupposto indefettibile per l’apertura la necessità di soddisfare concrete e particolari esigenze, solamente per le rivendite speciali di cui alla suvvista categoria residuale della lettera g), si pone anche la necessità imposta dal Regolamento stesso di rispettare i medesimi parametri (all’evidenza di distanza e di redditività) previsti per le rivendite ordinarie al già menzionato articolo 2.
3.2. Si tratta, da un lato, di una differenziazione di disciplina (quella tra rivendite speciali dell’una piuttosto che dell’altra categoria), e, dall’altro lato, di una equiparazione di disciplina (quella tra rivendite ordinarie e una tipologia di rivendite speciali) che non trovano alcuna razionale giustificazione, e che, anzi, finiscono per obliterare le ragioni sottese alla enucleazione legislativamente operata delle due diverse fattispecie.
[color=red][b]4.1. Ed, infatti, la giurisprudenza anteriore all’emanazione del surricordato Regolamento ministeriale, era orientata nel ritenere che per le rivendite speciali non potessero valere i requisiti di distanza e di densità di popolazione stabiliti per le rivendite ordinarie (cfr., T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III^, sentenza n. 4779/2013), potendo tutt’al più tali elementi venire in rilievo nella valutazione discrezionale che l’Amministrazione deve compiere, caso per caso, nella decisione in ordine alla istituzione o meno di una nuova rivendita speciale e quindi in definitiva in ordine all’esistenza di quelle particolari esigenze che la rivendita speciale dovrebbe soddisfare (cfr., C.d.S., Sez. IV^, sentenza n. 3174/2013). [/b][/color]
4.2. Sennonché, la necessità di una valutazione discrezionale caso per caso da parte dell'Autorità concedente nell'ipotesi di rivendita speciale, in luogo degli automatismi discendenti dai criteri predeterminati per le rivendite ordinarie, è da ritenersi tuttora persistere, considerato che il quadro normativo a livello primario non è mutato, e che il suvvisto Regolamento ministeriale conferma la finalità delle rivendite speciali a soddisfare esigenze non raggiungibili con le rivendite ordinarie ovvero con i patentini.
[b]4.3. E’, infatti, indubbio che le rivendite speciali abbiano una clientela in linea di principio diversa da quella delle rivendite ordinarie: transeunte per definizione la prima (si pensi esemplificativamente alle stazioni ferroviarie), stanziale e tendenzialmente fidelizzata la seconda (si pensi esemplificativamente al tabaccaio vicino a casa). Di talché per le rivendite speciali non appare ragionevole guardare al dato della popolazione residente nel Comune ove essa è collocata, perché i potenziali utenti risiedono con maggiore probabilità altrove (si pensi ancora una volta alla stazione di servizio posta su una via di grande comunicazione). [/b]
4.4. La stessa società ricorrente nella memoria partecipativa depositata in sede procedimentale aveva evidenziato all’Amministrazione statale come a fronte dei 6.896 abitanti del Comune di Martignacco, il Centro commerciale avesse registrato una media di 21.792 presenze giornaliere con picchi di 47.00 presenze giornaliere.
5.1. Il nudo dato numerico manifesta in maniera quasi plastica la ragione della previsione legislativa delle due categorie di rivendite di generi di monopolio: la rivendita speciale è destinata ad avere un bacino di utenza diverso da quello della rivendita ordinaria, o, comunque, non completamente coincidente con esso.
[b]Conseguentemente, non ha senso legare l’istituzione della rivendita speciale agli stessi criteri previsti per la rivendita ordinaria. Il che, peraltro, non significa prescindere totalmente dalla ubicazione dei punti vendita già esistenti, ma non limitarsi a una applicazione meccanica del rapporto numero di abitanti del comune – distanza minima, tenendo, invece, conto delle peculiarità della situazione concreta, per verificare di volta in volta se vi siano ulteriori esigenze (all’evidenza, non degli abitanti o non solo degli abitanti) da soddisfare. [/b]
5.2. D’altro canto, se la rivendita speciale all’interno del centro commerciale deve soddisfare gli stessi requisiti stabiliti per l’apertura della rivendita ordinaria, non si capisce perché dovrebbe istituirsi una rivendita speciale invece di una ordinaria.
Ed, infatti, il Consiglio di Stato, in sede di parere su ricorso straordinario ha avuto modo di richiamare l’attenzione sulla necessità che la norma regolamentare mantenga pur sempre la differenziazione di disciplina tra le due diverse tipologie di rivendite di generi di monopolio (cfr., Sezione II^, decisione n. 3054/2014).
6.1. Alla luce delle suesposte considerazioni, il Regolamento di cui al D.M. n. 38/2013 risulta illegittimo per illogicità nella parte in cui (articolo 4, comma 2, lettera g), n. 6) equipara quanto a disciplina, e segnatamente quanto a parametri da rispettare, l’istituzione di rivendite ordinarie e quella di rivendite speciali di prodotti da fumo all’interno dei centri commerciali.
Ma ai fini che qui rilevano, il suddetto Regolamento ministeriale risulta, sempre in parte qua, illegittimo perché viola la norma primaria (articoli 21 e 22 L. n. 1293/1957), che distingue, quanto a finalità perseguite, e, conseguentemente, quanto a presupposti per la concessione, le rivendite ordinarie e le rivendite speciali di generi di monopolio.
Conformemente alla domanda della società ricorrente, la suvvista previsione normativa di rango secondario viene, pertanto, disapplicata.
6.2. Il potere di disapplicazione degli atti normativi di secondo grado è già da tempo entrata nel patrimonio di strumenti di tutela dei diritti soggettivi e anche degli interessi legittimi (cfr., C.d.S., Sez. VI^, sentenza n. 3623/2014). Il Giudice amministrativo, invero, in attuazione del principio di gerarchia delle fonti non può annullare un atto amministrativo conforme alla legge, ma difforme dal regolamento, così come deve annullare l’atto amministrativo pur conforme al regolamento, ma difforme dalla legge, anche ove il regolamento non sia stato oggetto di impugnazione congiunta da parte dell’interessato (cfr., T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. I^, sentenza n. 427/2014).
6.3. Nel caso di specie, il diniego di apertura di una rivendita speciale esclusivamente per mancato rispetto dei criteri previsti per le rivendite ordinarie, pur se conforme al Regolamento ministeriale, è contrastante con la legge, che tiene distinte le due figure.
7.1. In definitiva il ricorso viene accolto, e, previa disapplicazione dell’articolo 4, comma 2, lettera g), n. 6, .D.M. n. 38/2013, il diniego impugnato è annullato.
7.2. Peraltro, essendosi limitata l’Amministrazione dello Stato a dare attuazione alla norma regolamentare, senza essere dotata di un analogo potere di disapplicazione, il Collegio ritiene di compensare integralmente tra le parti costituite le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima),definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie come da motivazione.
Compensa integralmente tra le parti costituite le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore
Benedetto Nappi, Referendario
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I requisiti per ottenere l'autorizzazione alla rivendita speciale in un bar interno ad un Centro sportivo.
[color=red][b]TAR Lazio, Roma, sez. II sent. 29 marzo 2016 n. 3850[/b][/color]
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Il TAR, ricostruito il quadro normativo vigente in materia (1.- art. 22 della legge n. 1293 del 1957 – recante l’organizzazione dei servizi di distribuzione e di vendita dei generi di monopolio; 2.- art. 53 del D.P.R. n. 1074 del 1958, recante il regolamento di esecuzione della L. n. 1293; 3.- D.M. n. 38 del 21 febbraio 2013, recante il regolamento della distribuzione e vendita dei prodotti da fumo di cui al D.L. n. 98 del 2011 n. 98, convertito nella L. n. 211 del 2011), con sentenza n. 3850 del 29 marzo 2016 (della II Sezione) ha rigettato il ricorso.
http://buff.ly/1PGXBAs