Data: 2015-05-22 05:23:42

AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA è impugnabile autonomamente - sent. 8/5/2015

AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA è impugnabile autonomamente - sent. 8/5/2015

[color=red][b]T.A.R. Liguria, Sezione I, 8 maggio 2015 n. 464[/b][/color]

N. 00464/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00854/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 854 del 2014, proposto da:
Laura Agnoletto e Francesco Bertolini, rappresentati e difesi dagli avv. Luigi Piscitelli e Piermario Gatto, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Piscitelli nel suo studio in Genova, corso Aurelio Saffi, 7/2;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
Comune di Santa Margherita Ligure, Regione Liguria, Ente Parco Portofino, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
Emanuele Seghezzo, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Gerbi, presso il quale è elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, via Roma, 11/1;
per l'annullamento
del decreto della Regione Liguria n. 329 del 28/1/2013, avente ad oggetto “Rilascio di autorizzazione per opere di sostituzione edilizia di un manufatto agricolo, in variante a progetto di cui al decreto regionale n. 287/2010, in loc. Gave, nel Comune di Santa Margherita Ligure”;
della determinazione direttoriale dell’Ente Parco Portofino n. 245 del 6/9/2012, avente ad oggetto “Legge regionale 12/1995. Richiesta di nulla osta di conformità per spostamento di manufatto non residenziale ad uso agricolo sito nel Comune di Santa Margherita Ligure, loc. Gave, distinto a NCT con F. 12, mapp. 108”;
di ogni altro atto presupposto, conseguente o connesso, ivi espressamente compresi il decreto della Regione Liguria n. 2875/2010, l’autorizzazione per movimenti di terra in zona di vincolo idrogeologico prot. n. 11997/13386 del 17/4/2013 rilasciata dal Comune di Santa Margherita Ligure e il parere della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria reso con nota n. 38000 del 21/12/2012.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali e del signor Emanuele Seghezzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2015 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
I ricorrenti, proprietari di una casa di civile abitazione e annesso terreno agricolo nel territorio del Comune di Santa Margherita Ligure, in un’area compresa nel Parco naturale regionale di Portofino, si oppongono all’intervento edificatorio progettato dal proprietario del fondo confinante, odierno controinteressato, che comporta la demolizione e ricostruzione su diverso sedime, più vicino alla loro proprietà, di un fienile ivi esistente.
A tal fine, essi hanno proposto due distinti ricorsi giurisdizionali:
- con il primo (r.g. n. 852 del 2014), contestano il progetto edilizio (recte: la decisione del Comune di non dare seguito alla diffida formulata per ottenere l’annullamento in autotutela dei titoli edilizi assentiti per silentium);
- con il secondo (r.g. n. 854 del 2014), che costituisce oggetto della presente pronuncia, impugnano gli atti prodromici alla formazione dei titoli predetti: l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione Liguria, il nulla osta dell’Ente Parco, l’autorizzazione comunale per movimenti di terra in zona soggetta a vincolo idrogeologico e il parere favorevole della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria.
Nei confronti degli atti da ultimo indicati, gli esponenti denunciano, con il ricorso in trattazione, i seguenti vizi di legittimità:
I) il nulla osta dell’Ente Parco sarebbe viziato per violazione degli artt. 13, 17 e 18 del regolamento per la riqualificazione del patrimonio edilizio del Parco naturale di Portofino che, rispettivamente, non consentono nella zona in questione interventi di sostituzione edilizia (o comportanti, comunque, incrementi di volume e di superficie), ammettono esclusivamente la riqualificazione di manufatti al servizio delle attività agricole e fissano una serie di prescrizioni (ad esempio, in tema di requisiti dimensionali massimi dei manufatti) non rispettati nella fattispecie;
II) il su indicato atto di assenso sarebbe stato rilasciato in assenza delle necessarie valutazioni in ordine alla compatibilità dell’intervento con gli obiettivi di salvaguardia dell’ambiente naturale del Parco, costituente area tutelata ai sensi della legge regionale Liguria 10 luglio 2009, n. 28;
III) l’autorizzazione paesaggistica, preceduta dal parere favorevole della Soprintendenza, sarebbe viziata per travisamento dei presupposti fattuali e per violazione, sotto diversi profili, dell’art. 48 del piano territoriale di coordinamento paesistico;
IV) l’autorizzazione idrogeologica, infine, non avrebbe tenuto conto delle prescrizioni impartite con l’autorizzazione paesaggistica.
Si è costituito in giudizio il signor Emanuele Seghezzo, proprietario dell’area interessata dall’avversato intervento edificatorio.
Con decreto monocratico n. 321 del 11 settembre 2014, è stata respinta l’istanza di tutela cautelare provvisoria.
Si è costituito formalmente in giudizio l’intimato Ministero per i beni e le attività culturali.
In data 27 ottobre 2014, la difesa del controinteressato ha depositato un’unica memoria difensiva per i due ricorsi: relativamente al ricorso in trattazione, ne viene eccepita l’inammissibilità, essendo stati impugnati atti asseritamente endoprocedimentali, e l’infondatezza nel merito.
All’udienza camerale del 30 ottobre 2014, il difensore dei ricorrenti, stante la fissazione dell’udienza per la trattazione di merito, ha dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare incidentalmente proposta con l’atto introduttivo del giudizio.
In prossimità della pubblica udienza, i ricorrenti e il controinteressato hanno depositato memorie difensive e di replica.
Tra l’altro, la parte ricorrente riferisce che, nel corso dei lavori, è stato gettato un basamento in cemento armato a fondazione del nuovo edificio; la difesa del controinteressato precisa che tale intervento era stato determinato da un errore dell’impresa esecutrice dei lavori e che, come accertato dallo stesso Comune di Santa Margherita Ligure, il basamento è stato successivamente rimosso.
Il ricorso, infine, è stato chiamato all’udienza del 26 febbraio 2015 e ritenuto in decisione.
[color=red][b]DIRITTO[/b][/color]
La domanda di annullamento proposta nel presente giudizio investe l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione Liguria in relazione ad un intervento di sostituzione edilizia (demolizione e ricostruzione in altro sito, con analoghe superfici e volume) di un manufatto agricolo ubicato nel territorio del Parco naturale regionale di Portofino.
Sono impugnati anche il nulla osta paesaggistico dell’Ente Parco, l’autorizzazione idrogeologica rilasciata dal Comune di Santa Margherita Ligure per l’esecuzione di movimenti di terra e il parere favorevole reso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria.
La difesa del controinteressato eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso, siccome inteso a conseguire l’annullamento di atti endoprocedimentali, di per sé non idonei a consentire alcun intervento edificatorio.
L’eccezione è meritevole di condivisione, innanzitutto, per quanto concerne l’impugnativa del nulla osta dell’Ente Parco, vale a dire l’atto ex art. 21 della legge regionale Liguria 22 febbraio 1995, n. 12, con cui l’Ente medesimo verifica preliminarmente la conformità tra gli interventi, gli impianti e le opere in progetto e le norme in vigore nel territorio del Parco.
Tale atto si inscrive nell’ambito del procedimento che conduce al rilascio (o al diniego) della concessione o autorizzazione relativa all’intervento richiesto, senza vincolare l’adozione della decisione finale: esso ha valenza meramente endoprocedimentale, non esplica effetti determinativi della fattispecie né direttamente lesivi dell’interesse del privato e, pertanto, non è suscettibile di autonoma impugnazione.
Analoghe considerazioni si impongono relativamente all’impugnazione dell’autorizzazione idrogeologica e del parere della Soprintendenza, trattandosi di atti endoprocedimentali e prodromici alla formazione del titolo edificatorio da cui deriva la lesione lamentata dai ricorrenti.
[color=red][b]Non può ritenersi inammissibile, invece, l’impugnazione dell’autorizzazione paesaggistica che, sebbene non idonea di per sé a consentire le progettate trasformazioni edilizie, si configura quale atto autonomo rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli che legittimano l'intervento, emesso all’esito di apposito e distinto procedimento.[/b][/color]
[b]Come recentemente sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa, tale affermazione trova espressa conferma nella lettera della legge, precisamente nell’art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, che definisce l’autorizzazione paesaggistica come “atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio” (Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2014, n. 3618).[/b]
I dubbi manifestati in passato da una parte della giurisprudenza in ordine all’autonoma impugnabilità dell’autorizzazione paesaggistica (cfr. T.A.R, Sicilia, Catania, sez. I, 27 settembre 2010, n. 3835) paiono dover essere dissipati, in ogni caso, alla luce della chiara previsione di cui al comma 12 del citato art. 146: “L’autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse”.
[b]In definitiva, il presente ricorso è ammissibile limitatamente all’impugnativa dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione Liguria; lo scrutinio di legittimità sarà circoscritto, in conseguenza, alle censure sollevate nei confronti di questo solo atto, contenute nel terzo motivo di gravame.[/b]
L’autorizzazione paesaggistica richiama il parere favorevole della Soprintendenza ed esprime un duplice ordine di considerazioni in merito all’assentibilità dell’intervento:
- esso “è tale da non compromettere gli equilibri ambientali della zona interessata in quanto la soluzione progettuale prospettata ne definisce adeguatamente le caratteristiche tipologico-compositive sia in relazione alle situazioni esistenti nell’immediato contorno che in rapporto ai valori d’insieme del quadro paesaggistico nel quale l’intervento si colloca”;
- “le opere in progetto risultano ammissibili alla luce delle indicazioni del Piano territoriale di coordinamento paesistico come da art. 48 delle relative norme di attuazione, in quanto non alterano lo stato dei luoghi, riqualificandone il sito e mantenendolo in equilibrato rapporto con l’ambiente”.
Il primo ordine di considerazioni sarebbe viziato, ad avviso del ricorrente, sotto i profili dell’erronea rappresentazione dei presupposti di fatto e dei contenuti del progetto, della carenza di istruttoria e dell’erroneità della motivazione in quanto:
- non è stato considerato il rapporto pertinenziale che legava il preesistente manufatto agricolo all’edificio residenziale del controinteressato, rapporto che sarebbe venuto meno per effetto dello spostamento in altro lotto del manufatto medesimo;
- non è vero, infatti, che il fienile sarà ricostruito nel medesimo lotto di terreno, poiché l’area di destinazione è diversa sia dal punto di vista catastale sia da quello urbanistico nonché posta ad apprezzabile distanza dal sito originario e separata da una strada pubblica;
- l’affermazione inerente alla salvaguardia degli equilibri ambientali della zona non considera che il manufatto ricostruito avrà caratteristiche tipologiche e funzionali diverse da quello originario (quali nuove finestre e una scala esterna) e sarà collocato in area più elevata e visibile della precedente.
Nel complesso, tali rilievi compongono la tesi secondo cui l’intervento favorevolmente valutato sotto il profilo paesaggistico, seppure qualificato come spostamento e riqualificazione di un manufatto agricolo, senza aumenti volumetrici né modifiche della destinazione d’uso, configura un’iniziativa edificatoria affatto nuova, comportante l’alterazione degli equilibri paesistici del Parco e l’introduzione di dotazioni non compatibili con la pretesa destinazione agricola dell’immobile che, in realtà, risulterebbe idoneo a soddisfare una stabile fruizione abitativa.
Il Collegio ritiene che tale prospettazione non possa essere condivisa.
Va sottolineato, in primo luogo, come lo spostamento del fienile in un sito più distante dal fabbricato residenziale del proprietario non costituisca, di per sé, circostanza idonea far presumere che sia venuta meno la natura pertinenziale del bene in questione.
Come rileva correttamente la difesa del controinteressato, infatti, il rapporto di pertinenzialità implica che il manufatto agricolo sia funzionale alla coltivazione del fondo nel quale si colloca, non al fabbricato residenziale che parimenti vi insiste.
La nuova ubicazione del fienile, comunque compresa nell’area di proprietà del controinteressato e nella stessa zona urbanistica, garantisce perciò l’invarianza del contestato rapporto di pertinenzialità.
Né è stata individuata alcuna puntuale disposizione che imponga di non superare una determinata distanza minima tra i manufatti agricoli e gli edifici residenziali: anzi, le norme di attuazione del Piano del Parco prescrivono esattamente il contrario, laddove stabiliscono che le nuove strutture agricole realizzate nell’area del paesaggio agricolo collinare devono essere posizionate ad una distanza minima di 7 metri dalle abitazioni (cfr. art. 9, comma 4, lett. d), n. 5).
Lo spostamento in altro sito del manufatto agricolo non costituisce, perciò, circostanza idonea a far presumere che sia venuta meno la natura pertinenziale dello stesso ovvero la sua specifica destinazione d’uso.
In secondo luogo, il manufatto ricostruito presenta alcuni elementi di novità (diversa disposizione delle porte di accesso e delle finestre, una scala esterna, un servizio igienico e un’intercapedine in cemento) che, oltre a non essere precluse da alcuna previsione normativa, non paiono dotate di consistenza tale da snaturare la tipologia dell’immobile, rendendolo certamente idoneo ad una destinazione abitativa o, comunque, incompatibile con l’attuale destinazione agricola.
Infine, le considerazioni inerenti alla mancata alterazione degli equilibri paesistici della zona appartengono alla sfera riservata alla discrezionalità amministrativa e, in difetto di evidenti profili di illogicità, non possono essere sindacate nel merito dal giudice amministrativo.
Con un secondo ordine di censure, i ricorrenti deducono che l’avversato intervento si porrebbe in contrasto con la disciplina del piano paesistico in quanto:
- l’art. 48, comma 4, delle norme di attuazione vieta la costruzione di nuovi edifici nella zona interessata;
- il successivo comma 5 vieta di “alterare in misura paesaggisticamente percepibile la morfologia e le sistemazioni del terreno e ogni altro elemento o manufatto che concorra significativamente alla definizione del paesaggio”: nel caso in esame, la “percepibilità paesistica” dell’intervento sarebbe evidente, atteso che il manufatto ricostruito si collocherà in un’area più elevata e visibile rispetto a quella che ospitava il vecchio fienile;
- la ricostruzione del manufatto determinerebbe, infine, l’interruzione di un sentiero che si snoda attraverso la proprietà dei ricorrenti, in violazione di un altro precetto contenuto nel citato comma 5 (“E’ inoltre vietato aprire nuove strade, modificare le caratteristiche tipologiche e di tracciato di quelle esistenti”).
Neppure questi rilievi paiono idonei a rivelare l’esistenza dei denunciati vizi di legittimità.
L’art. 48 delle norme di attuazione del piano paesistico fissa l’obiettivo di “conservare sostanzialmente inalterata la situazione attuale per quanto riguarda i rapporti quantitativi e qualitativi tra l’insediamento ed il contesto ambientale” (comma 2) e di rendere possibili, in quanto compatibili con l’obiettivo sopra enunciato, “interventi episodici che siano preordinati al recupero di eventuali singole situazioni di degrado” (comma 3).
Il divieto di nuove costruzioni (e di alterazione di quelle esistenti) sancito dal comma 4 dello stesso art. 48, pertanto, non può essere inteso in senso assoluto, essendo sostanzialmente inteso ad inibire gli interventi edificatori che incidono in senso peggiorativo sul paesaggio, alterando il rapporto attualmente esistente tra l’insediamento e il contesto ambientale, mentre sono fatti salvi gli interventi minori che consentono di ricuperare specifiche situazioni di degrado.
Il caso in esame non rientra nel perimetro di applicazione del divieto, poiché il manufatto ricostruito avrà esattamente lo stesso volume di quello demolito, ne manterrà invariate le essenziali caratteristiche tipologiche e, come si evince dalla documentazione fotografica in atti, determinerà un oggettivo miglioramento rispetto al degradato manufatto preesistente.
L’Amministrazione procedente ha ritenuto, in secondo luogo, che l’intervento non producesse alcuna alterazione dello stato dei luoghi, anzi contribuisse alla riqualificazione del sito ed a mantenerlo in equilibrato rapporto con l’ambiente: la semplice ricollocazione del manufatto in un sito asseritamente più visibile non costituisce circostanza idonea a dimostrare l’illogicità di tale valutazione discrezionale.
Fermo restando che la stessa Amministrazione dimostra di aver adottato opportune cautele per garantire un ottimale inserimento delle opere nel contesto ambientale, laddove ha prescritto che il manufatto dovrà essere ricostruito interamente in legno, onde mantenere la caratteristica tipologica a fienile come nella preesistenza.
Infine, la documentazione fotografica in atti non rende chiaramente conto del percorso che sarebbe interrotto dalla ricostruzione del manufatto agricolo: si scorge una vaga traccia di sentiero che non ha certo la consistenza e il grado di individuazione necessari per essere qualificata come strada ex art. 2 del d.lgs. n. 285/1992.
L’impugnata autorizzazione paesaggistica resiste, perciò, alle censure di legittimità sollevate dalla parte ricorrente.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile (relativamente alla domanda di annullamento degli atti endoprocedimentali sopra indicati) e deve essere respinto nella restante parte (corrispondente alla domanda di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica).
Avendo riguardo alle peculiarità della vicenda controversa, le spese di lite vanno integralmente compensate fra le parti costituite; va dichiarata, altresì, l’irripetibilità del contributo unificato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e, nella restante parte, lo respinge.
Spese compensate; contributo unificato irripetibile.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Santo Balba, Presidente
Paolo Peruggia, Consigliere
Richard Goso, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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