Data: 2015-05-05 13:42:29

TAR LAZIO, sent. 6303/2015 omessa esposizione tabella giochi proibiti

TAR LAZIO, SENT. 6303/2015 DEL 4.5.2015

[b]La mancata esposizione della tabella vidimata dal questore[/b], nella quale sono indicati, oltre i giochi d’azzardo, anche quelli che l’autorità stessa ritenga di vietare nel pubblico interesse, [b]non rientra né tre le violazioni amministrative in materia di gioco pubblico né tra i reati riconducibili ad attività di gioco non lecito che prevedono l’esclusione dall'elenco dei soggetti che svolgono attività funzionali alla raccolta del gioco mediante apparecchi da divertimento con vincite in denaro di cui all’art. 1, co. 82, l. 220/10[/b].

[...] Reputa il Collegio che[b] l’amministrazione abbia, in sostanza, violato il principio di tipicità e legalità delle sanzioni amministrative - alle quali sono da assimilarsi le cause di decadenza dall’iscrizione nell’elenco di cui trattasi - attraverso l’esercizio di una forma di analogia “in malam partem[/b]”. [...]

Il testo integrale:

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=JMGNG3OYJD7A6J2HR2LEWV6XAQ&q=

PS: mi permetto di far rilevare un aspetto che da solo sarebbe stato più che sufficiente per escludere l'applicabilità di una simile condanna (decreto penale) ex art.17 TULPS con rif. al 110 c.1 TULPS tra quelle ostative nel DD AAMS del 9.9.2011 all'iscrizione al RIES (o che ne comportano comunque la cancellazione).

Mi riferisco al fatto che il "decreto penale" non è una "sentenza di condanna" e quindi non rientra tra i provvedimenti ostativi dell'art.5 del DD in questione del 9 settembre 2011 n. 2011/31857/giochi /Adi (poi modificato in varie parti dal DD n.104077 del 22/12/2014).


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N. 06303/2015 REG.PROV.COLL.

N. 13185/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13185 del 2014, proposto da:
Jonathan Juba Vercesi, rappresentato e difeso dall'avv. Alessio Corna, con domicilio ex lege presso la Segreteria del Tar Lazio in Roma, Via Flaminia, 189;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- del provvedimento dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli prot. n. 0077096 in data 22.08.2014, notificato in data 01.09.2014, con il quale l’amministrazione ha disposto la cancellazione del ricorrente dall'elenco dei soggetti che svolgono attività funzionali alla raccolta del gioco mediante apparecchi da divertimento con vincite in denaro di cui all'art. 1, comma 82 della legge n. 220 del 2010;
- di ogni altro atto anteriore e consequenziale, comunque connesso;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
Vista la memoria difensiva della parte resistente;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 18 marzo 2015 il Cons. Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti di cui al verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1. Con il provvedimento impugnato, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha proceduto alla cancellazione del ricorrente dall’elenco dei soggetti che svolgono attività funzionali alla raccolta del gioco mediante apparecchi da divertimento con vincite in denaro, di cui all’art. 1, comma 82, della l. n. 220/2010, a seguito della asserita mancanza di uno dei requisiti di cui all’art. 5 del decreto direttoriale prot. n. 2011/31857/giochi/adi del 9.9.2011, necessari per l’iscrizione nell’elenco di cui all’art. 1, comma 82, della l. 13 dicembre 2012, n. 220, costituito dall’insussistenza, negli ultimi cinque anni , di condanne riconducibili ad attività di gioco “non lecito” .
Avverso siffatto provvedimento, con il provvedimento in esame, parte ricorrente deduce:
1) VIOLAZIONE DI LEGGE A CAUSA DI ERRATA INTERPRETAZIONE DEL’ART. 5 DEL DECRETO DEL DIRETTORE GENERALE DELL’AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO DEL 9.9.2011.
Il provvedimento è motivato alla luce della presenza nel certificato dei carichi pendenti del ricorrente di un decreto penale di condanna alla pena di euro 50,00 di ammenda per avere commesso il reato di cui all’art. 110 del R.D. 1931, n. 773, punito dall’art. 17, primo comma, R.D. n. 773 del 1931, perché, quale titolare/legale rappresentante del “Bar Tabacchi di Vercesi Jonathan Juba”, sito in Portalbera, pubblico esercizio, ometteva di esporre nella sala da gioco del predetto esercizio (ove erano installati apparecchi e congegni automatici/videogiochi), la tabella vidimata dal questore, nella quale sono indicati, oltre i giochi d’azzardo, anche quelli che l’autorità stessa ritenga di vietare nel pubblico interesse.
Si tratta di un reato che deriva dal combinato disposto dell’art. 110, comma 1, TULPS, con l’art. 17, comma 1, del medesimo testo, il quale prevede che “Salvo quanto previsto dall'art. 17-bis, le violazioni alle disposizioni di questo testo unico, per le quali non è stabilita una pena od una sanzione amministrativa ovvero non provvede il codice penale, sono punite con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 206 (lire quattrocentomila)”.
Si tratta, pertanto, di una fattispecie penale che riguarda il mancato rispetto delle regole vigenti in materia di esercizio del gioco lecito.
La circostanza – prosegue parte ricorrente – è pacifica, poiché la norma incriminatrice fa espresso riferimento agli esercizi pubblici autorizzati alla pratica del gioco o all’installazione di apparecchi da gioco.
Gioco non lecito è invece quello non autorizzato dalle competenti autorità.
Esso viene represso, in particolare, dal codice penale agli artt. 718, 719, 720, 721, 723.
Nel caso di specie, l’amministrazione ha perciò erroneamente ritenuto che la condanna riportata riguardi un “gioco non lecito”.
2) ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITÀ ED IRRAZIONALITÀ DEL PROVVEDIMENTO EMESSO. INGIUSTIZIA MANIFESTA.
Solo la condanna passata in giudicato per uno dei reati indicati all’art. 5 del decreto direttoriale del 9.9.2011, preclude l’iscrizione nell’elenco di cui trattasi.
Si è costituita, per resistere, unitamente al MEF, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Ha fatto in particolare osservare che il provvedimento impugnato è stato emesso in conseguenza dell’unica violazione penale rinvenibile nella regolamentazione del gioco lecito contenuta nel T.U.L.P.S. (art. 110, comma 1, R.D. n. 773/1931 – mancata esposizione della tabelle dei giochi proibiti). Si tratta, in sostanza, dell’unica fattispecie non depenalizzata del predetto Testo Unico, sanzionata in base all’art. 17, comma 1.
Per tale ragione, secondo la difesa erariale, essa “non può non essere compresa tra i ‘i reati riconducibili ad attività di gioco non lecito’” cui fa riferimento l’art. 5, comma 1, lett. a) del D.D. 9 settembre 2011.
La dizione ivi utilizzata sarebbe sufficientemente ampia da ricomprendervi anche la violazione in esame, trattandosi dell’unica prescrizione non depenalizzata in materia di regolamentazione del gioco autorizzato.
Inoltre, poiché tra le misure preclusive dell’iscrizione, rientrano anche i provvedimenti cautelari e i decreti di mero rinvio a giudizio, ai fini in esame non potrebbe non rilevare anche un decreto penale di condanna, come quello riportato dal ricorrente nel caso di specie, rispetto al quale detti provvedimenti costituiscono indubbiamente un “minus”.
Con ordinanza n. 5900 del 21.112014, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.
Il ricorso è stato infine trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 18 marzo 2015.
2. Ai sensi dell’art. 1, comma 533, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come sostituito dall’art. 1, comma 82, della l. n. 220 del 13.12.2010 “Presso il Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è istituito, a decorrere dal 1º gennaio 2011, l'elenco:
a) dei soggetti proprietari, possessori ovvero detentori a qualsiasi titolo degli apparecchi e terminali di cui all' articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 , e successive modificazioni, per i quali la predetta Amministrazione rilascia, rispettivamente, il nulla osta di cui all' articolo 38, comma 5, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 , e il codice identificativo univoco di cui al decreto del Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 22 gennaio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 32 del 9 febbraio 2010;
b) dei concessionari per la gestione della rete telematica degli apparecchi e terminali da intrattenimento che siano altresì proprietari degli apparecchi e terminali di cui all' articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 , e successive modificazioni;
c) di ogni altro soggetto che, non essendo ricompreso fra quelli di cui alle lettere a) e b), svolge, sulla base di rapporti contrattuali continuativi con i soggetti di cui alle medesime lettere, attività relative al funzionamento e al mantenimento in efficienza degli apparecchi, alla raccolta e messa a disposizione del concessionario delle somme residue e comunque qualsiasi altra attività funzionale alla raccolta del gioco”.
Ai sensi dell’art. 533-bis, come sostituito dalla medesima l. n. 220/2010 “L'iscrizione nell'elenco di cui al comma 533, obbligatoria anche per i soggetti già titolari, alla data di entrata in vigore del medesimo comma, dei diritti e dei rapporti in esso previsti, è disposta dal Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato previa verifica del possesso, da parte dei richiedenti, della licenza di cui all' articolo 86 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 , e successive modificazioni, e della certificazione antimafia prevista dalla disciplina vigente, nonché dell'avvenuto versamento, da parte dei medesimi, della somma di euro 100. Gli iscritti nell'elenco rinnovano annualmente tale versamento. Con decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabilite tutte le ulteriori disposizioni applicative, eventualmente anche di natura transitoria, relative alla tenuta dell'elenco, all'iscrizione ovvero alla cancellazione dallo stesso, nonché ai tempi e alle modalità di effettuazione del predetto versamento”.
Ai sensi dell’art. 5 del decreto direttoriale 9 settembre 2011, nel testo vigente all’epoca di cui si verte,:
“1. In aggiunta ai requisiti richiesti per l'iscrizione al suddetto elenco, di cui all' art. 4 del presente decreto, è altresì necessaria l'insussistenza negli ultimi cinque anni:
a) di condanne con sentenza passata in giudicato od applicazioni della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, per:
reati collegati ad attività di stampo mafioso;
delitti contro la fede pubblica;
delitti contro il patrimonio;
reati di natura finanziaria o tributaria;
reati riconducibili ad attività di gioco non lecito;
b) di dichiarazione di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e concordato preventivo;
c) di sentenze definitive di condanna emesse dal giudice tributario in materia di PREU;
d) di provvedimenti di cancellazione dall'elenco per perdita dei requisiti che ostino al mantenimento dell'iscrizione;
e) per soggetti diversi da quelli della Sezione B, di contratti stipulati con soggetti non iscritti all'elenco.
2. In aggiunta ai requisiti richiesti per l'iscrizione al suddetto elenco, di cui all' art. 4 del presente decreto, è altresì necessaria la mancata reiterazione, per tre volte in un quinquennio, di comportamenti sanzionati con provvedimenti inoppugnabili per:
violazioni previste dall' art. 110 , comma 9, lettere a), b), c) e d) del T.U.L.P.S., come modificato dall' art. 1, comma 543, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 ;
violazioni amministrative previste dall' art. 24, comma 20, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 , convertito con legge 15 luglio 2011, n. 111 ;
altre violazioni amministrative in materia di gioco pubblico [...]”.
Il comma 1 è stato successivamente modificato (dall’art. 4 del decreto 24 dicembre 2014), attraverso l’espunzione dei riferimenti alle “misure cautelari” e ai “provvedimenti di rinvio a giudizio.
Pure rilevante appare l’art. 110 del T.U.L.P.S. nella parte in cui contrappone al gioco d’azzardo (cfr. i commi 4 e 5), il “gioco lecito” (commi 6 e 7).
Nel caso di specie, nel certificato del casellario giudiziale del ricorrente, figura un decreto penale di condanna ad euro 50,00 di ammenda per il reato previsto dal combinato disposto di cui all’art. 110, comma 1, del R.D.n. 773 del 1931 e dell’art. 17, comma 1, del medesimo Testo unico.
In particolare, secondo la prima delle disposizioni citate “In tutte le sale da biliardo o da gioco e negli altri esercizi, compresi i circoli privati, autorizzati alla pratica del gioco o all’installazione di apparecchi da gioco, è esposta in luogo visibile una tabella, predisposta ed approvata dal questore e vidimata dalle autorità competenti al rilascio della licenza, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d’azzardo, anche quelli che lo stesso questore ritenga di vietare nel pubblico interesse, nonché le prescrizioni ed i divieti specifici che ritenga di disporre. Nelle sale da biliardo deve essere, altresì, esposto in modo visibile il costo della singola partita ovvero quello orario”.
Come evidenziato dalla stessa amministrazione, quella in esame, è l’unica violazione non depenalizzata in materia di “gioco lecito”.
Infatti, per le restanti violazioni previste dalla medesima disposizione, in materia di “apparecchi e congegni da intrattenimento di cui ai commi 6 e 7”, sono previste sanzioni amministrative pecuniarie, e, nei casi più gravi, sanzioni amministrative interdittive (comma 11).
3. Tale essendo il quadro normativo rilevante nella fattispecie, reputa il Collegio che l’amministrazione abbia, in sostanza, violato il principio di tipicità e legalità delle sanzioni amministrative - alle quali sono da assimilarsi le cause di decadenza dall’iscrizione nell’elenco di cui trattasi - attraverso l’esercizio di una forma di analogia “in malam partem”.
Nel contesto del decreto direttoriale del 9 settembre 2011 è infatti ben chiara la distinzione tra reati che attengono al gioco “non lecito” (vale a dire quello non autorizzato e il gioco d’azzardo) e le violazioni amministrative che attengono genericamente al “gioco pubblico”.
Di tale distinzione è ben consapevole la difesa erariale la quale ha esplicitamente affermato che quella in esame è una violazione che, sebbene di rilevanza penale, riguarda indubbiamente il “gioco lecito”, ovvero quello che si svolge negli esercizi “autorizzati alla pratica del gioco o all’installazione di apparecchi da gioco”.
Si tratta, in sostanza, dell’unica violazione non depenalizzata tuttora prevista nella materia in esame.
Essa, pertanto, non rientra né tre le “violazioni amministrative in materia di gioco pubblico” né tra i reati “riconducibili ad attività di gioco non lecito”.
Si tratta di una evidente lacuna del decreto che, a parere del Collegio, non può tuttavia essere colmata attraverso applicazioni analogiche e/o estensive.
Tanto, non solo in ossequio al principio di legalità, ma anche per una ragione di carattere sostanziale.
Infatti, anche a voler seguire la tesi sostenuta dall’Avvocatura dello Stato, risulta arduo individuare una “eadem ratio” tra le norme incriminatrici relative al gioco d’azzardo previste dal Codice penale, e la violazione di cui all’art. 110, comma 1, del T.u.l.p.s., la quale, sebbene risulti ancora penalmente rilevante (per effetto dell’applicazione della disposizione residuale di cui all’art. 117, comma 1, del medesimo Testo unico), appare più affine, sul piano sostanziale, alle restanti violazioni in materia di “gioco pubblico” per cui sono invece stabilite sanzioni amministrative pecuniarie e/o interdittive.
3. Per quanto appena argomentato, assorbita ogni altra censura, il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
La novità della questione, giustifica però l’integrale compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sul ricorso, di cui in premessa, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino, Presidente
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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