POSIZIONE ORGANIZZATIVA revocabile per mutamenti organizzativi - Cass. 6367/15
[color=red][b]CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE CIVILE - SENTENZA 30 MARZO 2015, N. 6367[/b][/color]
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi - Presidente
Dott. D'ANTONIO Enrica - Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela - Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere
Dott. BUFFA Francesco - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18878-2008 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI PIETRAVAIRANO C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) (STUDIO (OMISSIS)), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2788/2007 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/07/2007 R.G.N. 355/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/01/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 3.7.2007, la corte d'appello di Napoli, confermando la sentenza del 3.4.2004 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha rigettato la domanda di (OMISSIS), con la quale la stessa chiedeva - nei confronti del comune di Pietravairano - accertarsi l'illegittimita' degli atti comunali di revoca dell'incarico di responsabile dell'area contabile de detto comune, ed ha altresi' rigettato la domanda di risarcimento dei danni per asserito mobbing. In particolare, la Corte ha ritenuto che non vi era un diritto della ricorrente a vedersi affidato il detto incarico, tanto piu' che la revoca dello stesso derivava dalla scelta di accorpare aree di servizio, scelta rientrante nei poteri discrezionali dell'ente; per altro verso, la Corte ha ritenuto non provato il demansionamento della lavoratrice - non essendo applicabile peraltro l'articolo 2103 c.c. alla materia della revoca degli incarichi dirigenziali - ne' per altro verso il mobbing asserito dalla lavoratrice.
Avverso tale sentenza ricorre la lavoratrice per sette motivi, cui resiste il datore con controricorso.
Con il primo motivo si deduce - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 - violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 1990, articolo 33, dell'articolo 33 del contratto collettivo enti locali per il quadriennio 1998-2001 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 165 del 2001, articolo 33, per avere la corte territoriale ritenuto abrogato il decreto n. 333 del 1990, articolo 33 dalla fonte contrattuale.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 - violazione dell'articolo 44 del contratto collettivo enti locali 1994-97 e degli articoli 8 e 9 del contratto collettivo enti locali 1998-2001, per aver attribuito la responsabilita' degli uffici e servizi a dipendente di altra area (nella specie, l'area amministrativa), sebbene l'incarico riguardasse l'area contabile.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 - violazione del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 109 in quanto applicato sebbene entrato in vigore successivamente al 4 luglio del 2000, data del conferimento dell'incarico.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 - violazione dell'articolo 2103 c.c. e del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 19 per aver negato il diritto della ricorrente ad essere nominata apicale dell'area contabile.
Con il quinto motivo si deduce - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 - violazione degli articoli 410 e ss. e dell'articolo 412 c.p.c., per aver escluso il mobbing sulla base di un'offerta - peraltro non rituale -, effettuata in sede conciliativa, della responsabilita' di un servizio diverso, sebbene del verbale della seduta di conciliazione si puo' tener conto solo ai fini delle spese del giudizio e non anche per il merito della controversia.
Con il sesto motivo si deduce - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3 - violazione degli articoli 2103 e 1226 c.c. e articolo 91 c.p.c., per aver escluso un risarcimento quantificabile anche in via equitativa per il denunciato mobbing.
Con il settimo motivo si deduce - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5 - vizio di motivazione della sentenza in ordine alla mancata applicazione dell'articolo 2103 c.c., in quanto trattandosi di conferimento di incarico in un comune di privo di personale di qualifica dirigenziale non poteva trovare applicazione l'articolo 19, comma 1, del testo unico sul pubblico impiego, nella parte in cui esclude l'applicabilita' dell'articolo 2103 c.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
[b]4. I motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi: essi sono infondati.[/b]
La corte ha ritenuto abrogate le disposizioni che imponevano tre aree distinte nell'organizzazione dell'amministrazione ed in particolare il Decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 1990, articolo 33, comma 6, abrogato dal c.c.n.l. comparto ministeri del quadriennio 1998-2001, come previsto dall'articolo 1 punto d dell'allegato C del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, come pure quelle che stabilivano i titoli richiesti per l'accesso alla carica di responsabile dell'area contabile di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 268 del 1987, articolo 26 ritenendo applicabile invece il testo unico degli enti locali n. 267 del 2000, articolo 109 che consente l'attribuzione dei compiti dirigenziali ai responsabili di uffici e servizi indipendentemente dal loro qualifica funzionale, a seguito di provvedimento motivato del sindaco. La sentenza richiama impropriamente il c.c.n.l. del comparto ministeri e non quello degli enti locali dell'1.4.99, al quale invece va ricondotto l'effetto abrogativo dell'articolo 33 suddetto; per altro verso, l'effetto abrogativo si e' prodotto non per effetto del testo unico p.i. (entrato in vigore successivamente alla data di conferimento dell'incarico per cui e' causa), ma per effetto del Decreto Legislativo n. 29 del 1993, articolo 45, comma 9, (norma poi confluita nell'articolo 45, comma 9, del testo unico).
Improprio e' poi altresi' il richiamo al testo unico degli enti locali agosto 2000, n. 267, del pari sopravvenuto alla data di conferimento dell'incarico in questione, che e' del luglio precedente, dovendosi far riferimento al Decreto Legislativo n. 142 del 1990, articolo 51, comma 5 che gia' conteneva la norma poi confluita nel testo unico enti locali.
5. Pur corretta la motivazione della sentenza impugnata alla luce delle considerazioni su estese, deve rilevarsi pero' che la soluzione cui e' pervenuta la corte e' condivisibile.
6. Questa Corte ha gia' affermato (Sez. U, Sentenza n. 3183 del 01/03/2012; Sez. L, Sentenza n. 3705 del 16/02/2009) che, in materia di pubblico impiego privatizzato, il Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, articolo 72 nel prevedere che gli accordi sindacali, recepiti in decreti del Presidente della Repubblica ai sensi della Legge 29 marzo 1983, n. 93, e le norme generali e speciali disciplinanti il rapporto di impiego pubblico integrino la disciplina del rapporto di lavoro, ne ha sancita la derogabilita' ad opera dei contratti collettivi, disponendone, in ogni caso, l'inefficacia dal momento della sottoscrizione, per ogni ambito di riferimento, del secondo contratto collettivo, salvo che per la disciplina in materia di trattamenti economici accessori che, ove non espressamente recepita in occasione del primo contratto collettivo, doveva ritenersi gia' abrogata.
7. Nel sistema normativo applicabile, come sopra indicato, al conferimento delle posizioni organizzative possono aspirare i dipendenti inquadrati in categoria D, senza ulteriori restrizioni e indipendentemente della articolazione della dotazione organica. Per altro verso, gli articoli 8 ss. c.c.n.l. enti locali 31.3.99 riconoscono al sindaco discrezionalita' nell'affidamento degli incarichi di posizione organizzativa ed attribuiscono rilievo ai mutamenti organizzativi ai fini della revoca degli stessi.
[b]8. La sentenza impugnata ha quindi correttamente valutato che la revoca dell'incarico alla ricorrente e' effetto, da un lato, della modifica della dotazione organica che ha accorpato - assorbendola - l'area contabile - alla cui direzione era assegnata la ricorrente - in altra area composita, detta amministrativa, per effetto della Delib. n. 80 del 2001. La sentenza ha sottolineato, altresi', che, ne caso7 entrambi i soggetti destinatari dell'incarico erano inquadrati nella categoria D3 ed in possesso di capacita' adeguata, quanto meno pari a quella della ricorrente, mentre la ricorrente non ha spiegato perche' l'amministrazione dovesse preferirla nell'incarico una volta che la provenienza dall'area contabile non assumeva rilevanza nel nuovo contesto normativo ed organizzativo come sopra delineato.[/b]
9. In tale contesto, va rilevato che [color=red][b]il conferimento di posizione organizzativa non comporta l'inquadramento in una nuova categoria contrattuale ma unicamente l'attribuzione di una posizione di responsabilita' senza mutamento di posizione funzionale, con correlato riconoscimento di un particolare beneficio economico[/b][/color];[b] l'istituto attiene piu' alla disciplina della retribuzione che a quella dell'inquadramento, sicche' non puo' verificarsi demansionamento per effetto della revoca di una posizione organizzativa[/b]. La fattispecie in discorso inerente la revoca delle posizioni organizzative e' quindi del tutto estranea all'ambito di applicazione dell'articolo 2103 c.c. come pure dell'articolo 52 del testo unico sul pubblico impiego: infatti, la mancata assegnazione di un incarico di posizione organizzativa non da quindi origine a demansionamento, in quanto tutti gli incarichi sono conferiti a tempo determinato e possono essere revocati anticipatamente, restando il dipendente - alla scadenza dell'incarico - inquadrato nella categoria di appartenenza e nelle funzioni del profilo di appartenenza con il relativo trattamento economico (Sez. L, Sentenza n. 3451 dei 15/02/2010; Sez. L, Sentenza n. 23760 del 22/12/2004; Sez. L, Sentenza n. 29817 del 19/12/2008).
[b]10. Infine, e' stato escluso il demansionamento anche per altri profili, cosi' come e' stata esclusa la ricorrenza del mobbing denunciato per assenza assoluta di prova. Privo di valenza decisiva e' poi il richiamo nella sentenza impugnata - censurato dalla ricorrente - alla valutazione del comportamento delle parti in sede conciliativa, al quale e' stato attribuita una mera valenza confermativa di quanto comunque risultato sul piano istruttorio.[/b]
11. I ricorso deve essere per quanto detto rigettato.
12. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro quattromila per compensi, euro cento per spese, oltre accessori come per legge e spese generali nella misura del 15%
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Nel conferimento di posizioni organizzative in base a una selezione interna per curricula, รจ legittimo ritirare l'avvio del procedimento d'incarico per via di una relazione ispettiva -tra l'altro mai notificata all'interessato- risalente a oltre due anni prima, visto che se avesse dato luogo a provvedimenti disciplinari essi sarebbero totalmente scaduti?
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