Data: 2015-04-17 09:06:41

Requisiti professionali - Risoluzione n. 219976 del 12 dicembre 2014

Risoluzione n. 219976 del 12 dicembre 2014 - Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. – Art. 71, co. 6 – Requisiti professionali

La risoluzione n. 219976  del  12 dicembre 2014 reca alcuni chiarimenti in merito alla validità del possesso del requisito professionale per l’avvio di attività di commercio al dettaglio di generi alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande ai sensi dell’articolo 71, comma 6 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i..
Nello specifico affronta il caso di alcuni  soggetti i quali in sede di compilazione della SCIA, avevano dichiarato il possesso del requisito in questione e che a seguito di alcune verifiche non risultavano invece esserne in possesso.

Ministero dello Sviluppo Economico
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Risoluzione n. 219976 del 12 dicembre 2014
Oggetto: Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i. – Art. 71, co. 6 – Requisiti professionali
Si fa riferimento alla nota a margine indicata, con la quale codesto Comune chiede un parere
in merito alla validità del possesso del requisito professionale per l’avvio di attività di commercio al
dettaglio di generi alimentari e per la somministrazione di alimenti e bevande ai sensi dell’articolo
71, comma 6 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e s.m.i..
Evidenzia, nello specifico, che alcuni soggetti, i quali in sede di compilazione della SCIA,
avevano dichiarato il possesso del requisito in questione ai sensi dell’articolo 71, comma 6, lettera
a) del citato decreto legislativo n. 59 del 2010, a seguito di alcune verifiche condotte su varie
attività commerciali, non risultavano invece esserne in possesso in quanto il corso indicato non è
risultato istituito o riconosciuto dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano,
come previsto dalla suindicata normativa di settore.
Disposte le conseguenti procedure amministrative, uno degli interessati ha però provveduto a
compilare una nuova SCIA dichiarando il possesso del requisito professionale ai sensi dell’articolo
71, comma 6, lettera b) del citato decreto legislativo n. 59 del 2010, ovvero il possesso della pratica
professionale.
Fermo quanto sopra, codesto Comune chiede se è ipotizzabile che il successivo requisito
professionale dichiarato dal soggetto, ovvero la pratica professionale, possa essere considerato
acquisito avendo svolto l’attività in questione grazie ad un precedente requisito professionale
autodichiarato ma non effettivamente ricorrente.
Al riguardo la scrivente Direzione rappresenta quanto segue.
Richiama, in via preliminare, quanto disposto dai commi 3 e 4 dell’articolo 19 della legge 7
agosto 1990, n. 241:
“3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di
cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al
medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di
rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato
provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato
dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere
dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli
articoli 21-quinquies e 21-nonies, nei casi di cui al comma 4 del presente articolo. In caso di
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dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci,
l’amministrazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonché
di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445, può sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo
periodo.
4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3 ovvero
di cui al comma 6-bis, ovvero nel caso di segnalazione corredata della dichiarazione di conformità
di cui all'articolo 2, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9
luglio 2010, n. 159, all’amministrazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un
danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza
pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare
comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente”.
Sulla base di tali disposizioni, considerato il tempo trascorso e verificato che l’esercizio
dell’attività e l’affidamento che ne deriva non tragga origine da una falsa consapevole dichiarazione
dell’interessato (ovvero, quantomeno, fin tanto che tale eventuale reato non sia accertato), bensì
solo da un’errata interpretazione da parte dello stesso delle certificazioni in suo possesso, occorre
tener conto che già in sede di primo controllo entro 60 giorni ed ancor di più quanto tale termine sia
decorso, le norme in questione tendono a salvaguardare tale affidamento e l’esercizio delle attività
economiche non dannose consentendone la prosecuzione mediante conformazione di tali attività
private alla normativa vigente.
Pertanto, una volta che sia stato escluso, sulla base anche dell’attività finora prestata senza
rilievi o contestazioni e dell’esperienza comunque acquisita, che la carenza del requisito
professionale (tardivamente rilevata) possa determinare danni alla salute, si ritiene che codesto
Comune potrebbe prescrivere, per la precedente attività o per quella nuova che in qualche modo sia
in continuità con la stessa, la conformazione dell’attività mediante la nomina di un preposto dotato
dei necessari requisiti o mediante l’acquisizione del relativo requisito professionale di frequenza
con esito positivo del corso entro un determinato congruo termine, ovvero, al limite, mediante il
solo esame finale di verifica della professionalità complessiva in concreto acquisita.
Non sembra invece che per nuove attività possa essere utilizzato il requisito della pratica
professionale acquisita mediante tale attività irregolare, non tanto perché irregolarmente acquisita,
bensì in quanto l’assenza di un titolare o di un preposto munito dei necessari requisiti di
professionalità (neppure sul piano sostanziale, salvo prova contraria) non consente, di per sé, di
ritenere che tale esperienza e professionalità possano essere state “trasferite” a nessuno degli altri
titolari o dipendenti dell’esercizio.
IL DIRETTORE GENERALE
(Gianfrancesco Vecchio)

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