Data: 2015-03-31 09:15:14

Risoluzione n. 145826 del 25 settembre 2014 - Diniego autorizzazione apertura

Risoluzione n. 145826 del 25 settembre 2014 - Sentenza 17 luglio 2014, n. 3802 del Consiglio di Stato – Diniego autorizzazione apertura esercizio di somministrazione di alimenti e bevande

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Risoluzione n. 145826 del 25 settembre 2014
Per opportuna informazione e diffusione, si porta a conoscenza il contenuto della sentenza
del Consiglio di Stato, n. 3802 del 17 luglio 2014, con la quale l’Organo in discorso ha bocciato la
sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, sez. II-Ter, n. 6721 del 29 maggio 2013, il quale aveva
accolto il ricorso di una società alla quale era stata negata, dal Comune di Roma, una nuova
autorizzazione per l’apertura di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande.
Nello specifico, il comune di Roma ha avanzato il diniego sulla base degli articoli 10, comma
4 e 11, comma 1, del Regolamento per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e
bevande, approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 35 del 2010.
Ai sensi del predetto articolo 10, comma 4, infatti, “ai fini della regolamentazione delle
attività di somministrazione sono, altresì, individuati gli ambiti territoriali, caratterizzati dalla
presenza di particolari condizioni di concentrazione delle attività commerciali e di elevati livelli di
pressione antropica e/o di eventuali vincoli di tutela ai sensi della normativa vigente in materia
ambientale, archeologica, monumentale,culturale, paesaggistico-territoriale e storico-artistica”; il
successivo articolo 11, comma 1, con riferimento a tali ambiti stabilisce che “non è consentito il
rilascio di autorizzazioni per nuove attività di somministrazione di alimenti e bevande, nonché per
il trasferimento di sede di attività ubicate all’esterno degli ambienti medesimi”.
Il T.A.R. Lazio ha annullato il provvedimento di diniego e ha ordinato al Comune di Roma di
riesaminare l’istanza presentata dalla società in questione, il quale, però, dopo detta verifica, ha
emesso un ulteriore provvedimento di diniego, proponendo inoltre appello al Consiglio di Stato.
Con la sentenza di cui in oggetto l’Organo in questione ha dichiarato fondato l’appello del
Comune di Roma e non condivisibile la tesi del T.A.R., in quanto tale tribunale ha sostenuto che il
provvedimento dell’amministrazione comunale fosse “di per sé illegittimo in quanto - in presenza
della previsione di cui all’art. 31, comma 2, del D.L. n. 201/2011 che ha imposto di rivalutare gli
interessi in gioco alla luce delle prescrizioni contenute nello stesso art. 31 - il riferimento ad una
fonte normativa previgente non può ritenersi esaustivo”.
Ad avviso dell’Organo in oggetto, il comune di Roma ha continuato ragionevolmente ad
applicare il regolamento n. 35/2010, considerandolo tuttora conforme ai principi nazionali e
comunitari posti a tutela della concorrenza e dell’iniziativa economica, non ritenendo necessario o
urgente integrare la legislazione statale del 2011 e del 2012, intendendo ancora applicabile la
propria normazione di dettaglio esistente.
Non vi sono, infatti, differenze sostanziali di contenuto, sempre ad avviso del Consiglio di
Stato, per quanto interessa, nella legislazione nazionale e comunitaria susseguitasi, a far tempo dal
D.L. n. 223/2006, convertito con modificazioni dalla legge di conversione n. 248 del 2006, dalla
direttiva 2006/123/CE e dalla relativa legge di recepimento (decreto legislativo n. 59 del 2010) fino
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ai più recenti decreti Salva Italia (D.L. n. 201/2011) e Cresci Italia (D.L. n. 1/2012); in detta
legislazione, in particolare, viene posto in rilievo, costantemente, il carattere preminente dei valori
costituzionalmente garantiti, di salvaguardia del patrimonio ambientale, storico-artistico e culturale
del Paese, rispetto ai quali la libertà di concorrenza, cui tende la liberalizzazione delle attività
commerciali, può subire limitazioni nell’ambito di una programmazione volta a contemperare i
bisogni delle imprese commerciali, ivi compresi i pubblici esercizi, con le esigenze di sostenibilità
ambientale e con la salvaguardia dei valori storico-artistici del contesto del territorio di riferimento.
Quindi, il Consiglio di Stato ha considerato ammissibile, e pertanto, in linea con le norme di
semplificazione e liberalizzazione in materia di esercizio dell’attività commerciale, di cui ai
provvedimenti nazionali su citati, nonché con i principi comunitari, una programmazione locale che
preveda il divieto di nuove aperture in una determinata zona del territorio comunale nella quale si
rilevi la necessità “di salvaguardare l’assetto (…) da trasformazioni connesse ad una
commercializzazione esasperata” ove sussista una “rilevanza storica del luogo”.
IL DIRETTORE GENERALE
(Gianfrancesco Vecchio)

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