Ludopatia - legittima ordinanza del SINDACO di riduzione degli orari delle SLOT
[color=red][b]Tar Piemonte, sentenza 27/3/2015 n. 534[/b][/color]
N. 00534/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00869/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 869 del 2012, proposto da:
LOTTOMATICA VIDEOLOT RETE S.P.A., rappresentata e difesa dagli avv. Carlo Geronimo Cardia, Tommaso Gualtieri, con domicilio eletto presso Andrea Guaschino in Torino, Via Palmieri, 13;
contro
COMUNE DI RIVOLI, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Giovanna Gambino, con domicilio eletto presso T.A.R. Piemonte- Segreteria in Torino, corso Stati Uniti, 45;
A.A.M.S. - AMMINISTRAZIONE AUTONOMA MONOPOLI DI STATO, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
nei confronti di
ISTITUTO COMPRENSIVO GIACOMO MATTEOTTI – RIVOLI;
ISTITUTO COMPRENSIVO GIACOMO MATTEOTTI c/o Avvocatura dello Stato;
per l'annullamento
1) dell'Ordinanza n. 263 del 23/05/2012, pubblicata dal 25.05.2012 al 09.06.2021 avente ad oggetto la "Determinazione in conformità al regolamento comunale approvato con D.C.C. nr. 1124 del 21/12/2011 dell'orario di apertura delle sale pubbliche da gioco nonchè dell'esercizio degli apparecchi e congegni automatici da gioco e intrattenimento di cui all'art. 110 del T.U.L.P.S. negli esercizi autorizzati dal Comune";
2) del Regolamento comunale per le sale giochi e per l'installazione di apparecchi elettronici da intrattenimento o da gioco approvato con deliberazione n. 124 del 21/12/2011 con il quale si stabilisce all'art. 9 rubricato "orari di apertura" che "1. L'orario di apertura delle sale giochi è stabilito dall'esercente entro i limiti compresi tra le h. 10.00 e le 2.00 con l'osservanza della prescrizione contenuta al comma 2. 2) gli apparecchi automatici di intrattenimento di cui all'art. 110 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza possono essere messi in esercizio tra le h. 12.00 e le h. 23.00; al di fuori di tale fascia oraria devono essere spenti e disattivati";
3) Comunicazione del 29/05/2012 avente ad oggetto "Nuovo regolamento comunale delle sale da gioco e degli apparecchi automatici da gioco ed intrattenimento";
4) nonchè, di ogni atto relativo, presupposto e conseguente, individuato ed individuabile.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rivoli e dell’A.A.M.S. - Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2015 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel presente giudizio sono impugnati gli atti mediante i quali il Comune di Rivoli (TO) ha imposto alle sale pubbliche da gioco un orario di apertura entro i limiti compresi tra le ore 10:00 e le ore 2:00 ed ha altresì stabilito che gli apparecchi automatici di intrattenimento, di cui all’art. 110 del r.d. n. 773 del 1931, possono essere attivati esclusivamente nell’orario compreso tra le ore 12:00 e le ore 23:00: “Al di fuori di detta fascia oraria gli apparecchi devono essere spenti e disattivati”.
Si tratta, in particolare, dell’ordinanza del Sindaco n. 263, del 23 maggio 2012 (nella quale, premesso il riferimento all’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, è stato richiamato l’“interesse primario della tutela delle fasce deboli della popolazione” in nome del quale occorrerebbe “porre un argine alla disponibilità illimitata, o quasi, delle offerta di gioco, soprattutto per quanto riguarda l’orario notturno e il mattino, ovvero i periodi della giornata in cui si manifestano con più evidenza i fenomeni di devianza e emarginazione sociale legati alla tossicodipendenza, all’alcolismo, all’isolamento relazionale da parte di soggetti appartenenti ai ceti più disagiati e privi delle ordinarie occupazioni legate al lavoro o allo studio, tenendo conto che vasta letteratura scientifica ha largamente sottolineato il ruolo aggravante del gioco a denaro praticato compulsivamente”) e del presupposto Regolamento comunale (“Regolamento per le sale giochi e per l’installazione di apparecchi elettronici da intrattenimento o da gioco”) approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 124, del 21 dicembre 2011, limitatamente al suo art. 9 che disciplina l’orario di apertura delle sale giochi e della connessa attivazione degli apparecchi.
[b]La società ricorrente, che opera nel settore in qualità di concessionario del servizio pubblico per la gestione telematica del gioco lecito (e che, come tale, ha collocato appositi apparecchi presso numerosi esercizi siti anche nel Comune di Rivoli), ha domandato l’annullamento degli atti impugnati, previa loro sospensione cautelare, per i seguenti motivi:[/b]
- violazione della riserva di legge prevista nella materia dei giochi pubblici;
- violazione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere per sviamento e/o per arbitrio;
- incompetenza del Comune e competenza del Questore ai sensi dell’art. 88 del r.d. n. 773 del 1931;
- eccesso di potere per illogicità, manifesta irragionevolezza e travisamento dei fatti, difetto di motivazione e di istruttoria; mancanza di un’idonea giustificazione del “sacrificio imposto al privato”;
- violazione dell’art. 41 Cost.; violazione dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere per manifesta irragionevolezza;
- violazione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 per mancato richiamo e rispetto degli indirizzi espressi dal Consiglio comunale.
2. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Rivoli, in persona del Sindaco pro tempore, ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, quest’ultimo rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, depositando documenti e chiedendo entrambi il rigetto del ricorso. La difesa erariale, peraltro, con successiva memoria depositata il 28 novembre 2012, “melius re perpensa”, ha domandato l’accoglimento del ricorso.
[b]Questo TAR, con ordinanza n. 200 del 2013, ha sollevato questione di legittimità costituzionale sull’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 e sull’art. 31, comma 1 (recte: 2), del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011, nella parte in cui tali disposizioni determinano una situazione di assenza di principi normativi a contrasto della patologia ormai riconosciuta della “ludopatia” ed escludono la competenza dei Comuni ad adottare atti normativi e provvedimentali volti a limitare l’uso degli apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, del r.d. n. 773 del 1931 in ogni esercizio a ciò autorizzato ai sensi dell’art. 86 dello stesso testo di legge, assumendo a parametro la violazione degli artt. 118 e 32 Cost. Allo stesso tempo, con separata ordinanza n. 56 del 2013, ed in attesa della restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, ha nelle more respinto la domanda cautelare avanzata dalla società ricorrente.[/b]
[color=red][b]Con sentenza n. 220 del 2014 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione così sollevata.[/b][/color]
Riassunta la causa dinnanzi a questo TAR, ai fini della decisione sull’incidente cautelare, all’esito della camera di consiglio dell’8 ottobre 2014 la causa è stata rinviata al merito.
3. In vista della pubblica udienza di discussione tutte le parti hanno svolto difese, ciascuna ribadendo le proprie conclusioni. L’amministrazione, in particolare, ha anche eccepito la tardività del ricorso.
Alla pubblica udienza del 25 febbraio 2015, quindi, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Può prescindersi dall’eccezione di tardività del ricorso, in quanto esso non è fondato nel merito e deve essere respinto.
[b]Nel dichiarare l’inammissibilità della prospettata questione di legittimità costituzionale, la Corte costituzionale (sentenza n. 220 del 2014) ha indicato l’interpretazione c.d. costituzionalmente orientata che deve essere riferita alla norma di cui all’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 (la quale, letteralmente, così dispone: “Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”). In particolare, è stata richiamata l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa, sia di legittimità, sia di merito, la quale “ha elaborato un’interpretazione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, compatibile con i principi costituzionali evocati, nel senso di ritenere che la stessa disposizione censurata fornisca un fondamento legislativo al potere sindacale in questione”: ciò, nel senso che, in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, cit., “il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale”, con richiamo anche alla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (invero, successiva all’ordinanza di rimessione di questo TAR), come ad esempio la sentenza n. 3271 del 2014 della V Sezione, nella quale si è affermato che il regime di liberalizzazione degli orari dei pubblici esercizi, applicabile indistintamente agli esercizi commerciali e a quelli di somministrazione, non preclude all'amministrazione comunale la possibilità di esercitare il proprio potere di inibizione delle attività, per comprovate esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché del diritto dei terzi al rispetto della quiete pubblica; con la precisazione, tuttavia, che ciò è consentito dal legislatore solo in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati quali quelli richiamati dall’art. 31, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011 (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute), interessi che non possono considerarsi violati aprioristicamente e senza dimostrazione alcuna. La Corte costituzionale ha anche aggiunto, nel richiamare la sentenza n. 2710 del 2012 del Consiglio di Stato, che il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle sale da gioco, attraverso l’imposizione di distanze minime rispetto ai cosiddetti luoghi sensibili, “potrebbe altresì essere ricondotto alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni”; ciò, in quanto “l’esercizio del potere di pianificazione non può essere inteso solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma deve essere ricostruito come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti”.[/b]
Pertanto, se interpretate secondo queste coordinate,[b][color=red] le norme sospettate di incostituzionalità – nonostante la recente introduzione legislativa dei principi di c.d. liberalizzazione delle attività economiche private, e nonostante il chiaro riferimento letterale della norma di cui all’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 all’unico scopo “di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti” e non anche alle finalità di sicurezza pubblica – si svelano idonee a fondare un apprezzabile potere di intervento dell’amministrazione comunale, e per essa del Sindaco, nella conformazione degli orari di apertura delle sale da gioco e di attivazione degli apparecchi da gioco, a tutela delle fasce più deboli della popolazione ed in funzione di prevenzione della c.d. ludopatia[/color][/b].
5. Ne deriva la non fondatezza dei motivi di gravame in questa sede sollevati.
Tanto è a dirsi, in primo luogo, con riguardo alla presunta violazione della “riserva di legge statale” esistente nella materia dei giochi pubblici (e riaffermata, di recente, anche dal precedente di questo TAR Piemonte, Sezione II, sent. n. 513 del 2011). Al contrario, la rimarcata circostanza che l’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 fonda l’autonomo potere di intervento del Sindaco, funzionale alla tutela delle fasce più deboli della popolazione contro le degenerazioni del gioco lecito compulsivo, è di per sé sufficiente a ritenere giustificata e legittima l’imposizione comunale di limiti agli orari di apertura delle sale da gioco, anche con riguardo alla stessa attivazione degli apparecchi da gioco (limitandola, per ragioni connesse alla tutela della salute, ad un arco temporale ancora più ristretto rispetto all’orario di apertura degli esercizi), e ad escludere, conseguentemente, l’esistenza di alcun vizio di incompetenza.
In secondo luogo, il vizio di incompetenza del Comune non è ravvisabile nemmeno con riguardo alla disattivazione degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lett. b, del r.d. n. 773 del 1931 (le c.d. VLT), nonostante che la gestione delle sale ove si installano i suddetti apparecchi è sottoposta al rilascio di apposita licenza del Questore ai sensi dell’art. 2, comma 2-quater, del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito in legge n. 73 del 2010. Il titolo di competenza del Comune, infatti, interviene lungo un versante – quello della tutela della salute delle c.d. fasce più deboli della popolazione, in chiave di prevenzione dalla ludopatia – che non si sovrappone rispetto all’ambito di intervento rimesso alla competenza questorile, concernente altri e rilevanti aspetti di pubblica sicurezza.
In terzo luogo, non si apprezza nella specie alcuna carenza di istruttoria, né di motivazione, da parte dell’amministrazione. La deliberazione del Consiglio comunale n. 124, del 21 dicembre 2011, nell’approvare il nuovo regolamento sulle sale giochi e sui limiti all’utilizzazione degli apparecchi da gioco, si è riferita, in modo soddisfacente, alla necessità di “adottare soluzioni equilibrate che possono contemperare lo svolgimento di tali attività con la presenza, sul territorio comunale, di luoghi sensibili”, richiamando i risultati delle indagini scientifiche nazionali (concernenti l’allarmante crescita delle problematiche di salute psico-fisica dei soggetti giocatori, e delle conseguenti ricadute sulla loro vita familiare, sociale e lavorativa) e calandole in una prospettiva di necessario intervento a livello locale, finalizzato alla predisposizione di adeguati criteri di programmazione. Non è questa, evidentemente, la sede più idonea per stabilire se interventi del tipo di quello intrapreso dal Comune di Rivoli siano più o meno efficaci per combattere il fenomeno della “ludopatia”, alla luce delle perizie del prof. Crepet depositate in giudizio dalla società ricorrente (doc. n. 19); il Collegio si deve invece limitare a verificare se le scelte del Comune si indirizzino, in modo non manifestamente irragionevole o arbitrario, nella direzione (auspicata) di un possibile arginamento del fenomeno, in adempimento al dovere di preservare la tutela della salute delle fasce più deboli o più esposte della popolazione locale (dovere che, come visto, deve ritenersi incombente anche sui Comuni, ai sensi del combinato disposto dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, quale interpretato dalla sentenza n. 220 del 2014 della Corte costituzionale, e dell’art. 31, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011), pur nella consapevolezza che, alla luce di una verifica ex post, l’intervento dell’amministrazione possa anche risultare non in grado di raggiungere l’obiettivo sperato.
E non pare al Collegio – per quanto più sopra rilevato – che, nel caso di specie, l’intervento previsto dal Comune di Rivoli sia manifestamente disallineato rispetto ai doveri incombenti sulla civica amministrazione. Del resto, l’importanza delle politiche di comunità locale, proprio per fronteggiare concretamente il problema del gioco patologico nella sua reale dimensione, è stata segnalata alle amministrazioni locali da un apposito studio del “Dipartimento Patologia delle Dipendenze” della ASL Torino 3 (depositato in atti: doc. n. 1 del Comune, depositato il 25 gennaio 2013) nel quale si è evidenziata l’importanza di una “sensibilizzazione degli Enti locali per le politiche di contenimento del gioco lecito in denaro” volta soprattutto a sollecitare l’“emanazione di Regolamenti comunali del gioco in denaro eticamente orientati” che stabiliscano restrizioni dell’accesso al gioco sia mediante l’imposizione di distanze tra le sale giochi e i c.d. luoghi sensibili (in quanto frequentati da soggetti maggiormente vulnerabili, in specie i minorenni e le persone anziane) sia mediante l’introduzione di limiti orari anche per il mero funzionamento degli apparecchi da gioco. Proprio questa è la direzione intrapresa dal Comune di Rivoli mediante gli atti impugnati, i quali dunque si svelano essere stati adottati non solo nella piena consapevolezza della gravità del fenomeno da arginare ma anche, e soprattutto, in funzione di necessario ausilio locale alle politiche nazionali già avviate.
Ne deriva anche l’evidente sussistenza di una ragionevole giustificazione, fondata su interessi pubblici preminenti e rispettosa del canone di proporzionalità invocato dalla stessa parte ricorrente, tale da legittimare il sacrificio economico imposto ai soggetti privati gestori delle sale giochi e degli apparecchi, senza che – come già visto – possano nella specie condurre a conclusioni differenti nemmeno le nuove disposizioni di legge sulla liberalizzazione delle attività economiche. Come si è già visto, infatti, proprio quelle leggi (si veda, in particolare, il comma 2 dell’art. 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011) consentono pur sempre di introdurre limitazioni al più ampio godimento della libertà di iniziativa economica per fronteggiare esigenze pubbliche preminenti, come la tutela della salute, ferma restando la necessità (nella specie, come detto, adempiuta in modo soddisfacente) di un’adeguata istruttoria, volta a verificare se risulti davvero compromessa, nel caso specifico, qualcuna di quelle esigenze.
Da ultimo, non può affatto ritenersi che il Sindaco del Comune di Rivoli, nell’adottare l’impugnata ordinanza sui limiti orari, si sia mosso in assenza di qualsivoglia indirizzo proveniente dal Consiglio comunale, così come imposto dall’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000. Al riguardo, è sufficiente osservare che l’ordinanza del Sindaco è stata, nella specie, adottata in attuazione delle norme del nuovo Regolamento comunale, approvato proprio con la delibera del Consiglio comunale n. 124 del 21 dicembre 2011, e quindi senz’altro in linea con gli indirizzi provenienti dall’organo consiliare.
[b]6. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.[/b]
Le spese del giudizio, tuttavia, possono essere compensate tra le parti, attesa l’incertezza del quadro normativo di riferimento e la sopravvenienza, in corso di causa, della sentenza n. 220 del 2014 della Corte costituzionale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione seconda, definitivamente pronunciando,
Respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Roberta Ravasio, Primo Referendario
Antonino Masaracchia, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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