Legittime ORDINANZE di chiusura dei locali per occupazione abusiva del suolo
[color=red][b]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V – sentenza 27 marzo 2015 n. 1611[/b][/color]
FATTO e DIRITTO
[color=red][b]1.– Roma Capitale, Municipio Roma Centro Storico, con determinazione dirigenziale 12 maggio 2014, prot. n. 63980, ha disposto nei confronti di Società Profumi e Sapori s.r.l. (d’ora innanzi anche solo società) la immediata rimozione dell’occupazione di suolo pubblico antistante l’attività commerciale da essa svolta, il ripristino dello stato dei luoghi e la chiusura dell’esercizio per un periodo di cinque giorni e, comunque, fino al completo ripristino dello stato dei luoghi.[/b][/color]
2.– La società ha impugnato tale determinazione innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, per i motivi riproposti in sede di appello e riportati nei successivi punti.
3. – Il Tribunale amministrativo, con sentenza 8 luglio 2014 n. 7257, ha rigettato il ricorso.
4.– La società ha proposto appello, con richiesta di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.
4.1.– Si è costituito in giudizio il Comune di Roma chiedendo il rigetto dell’appello.
4.2.– La Sezione, con ordinanza 27 agosto 2014, n. 3882, ha accolto la domanda cautelare nella sola parte in cui si chiedeva la sospensione dell’atto irrogativo della sanzione relativa alla chiusura dell’attività economica.
5.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 3 marzo 2015.
6.– L’appello è infondato.
7.– In via preliminare occorre riportare la normativa e gli atti amministrativi rilevanti.
L’art. 3, comma 16, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) dispone che «fatti salvi i provvedimenti dell’autorità per motivi di ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico» previsti dall’articolo 633 del codice penale e dall’articolo 20 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) «il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell’esercizio fino al pieno adempimento dell’ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni».
Il richiamato art. 20 del d.lgs. n. 285 del 1992 dispone, al comma 4, che chiunque occupa abusivamente il suolo stradale, ovvero, avendo ottenuto la concessione, non ottempera alle relative prescrizioni, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 168 ad euro 674 e, al quinto comma, che tale violazione importa la sanzione amministrativa accessoria dell’obbligo per l’autore della violazione stessa di rimuovere le opere abusive a proprie spese.
Il Sindaco di Roma Capitale, con ordinanza 27 novembre 2012, n. 258, ha disposto che i dirigenti dei competenti uffici dell’amministrazione, nei casi di occupazione di suolo pubblico totalmente abusiva effettuata, per fini di commercio, su strade urbane ricadenti nel territorio capitolino, delimitato dal perimetro del sito Unesco, avrebbero dovuto applicare le norme previste dalle disposizioni sopra riportate.
In particolare, nell’ordinanza si afferma quanto segue:
- «il crescente fenomeno di occupazione abusiva di suolo pubblico, da parte di titolari di esercizi commerciali, ampiamente registrato dagli organi di comunicazione ed oggetto di persistenti segnalazioni da parte della comunità cittadina, testimonia la necessità di dar corso ad una nuova valutazione generale dell’equilibrio tra l’interesse pubblico di massima fruizione del territorio, da un lato, e l’interesse pubblico di tutela del patrimonio, dall’altro»;
- «la sanzione della chiusura del pubblico esercizio si rivela quale misura accessoria alla violazione dell’art. 20 del Codice della Strada che già prevedeva l’obbligo della rimozione delle opere e, quindi, rientrante nell’ordinaria attività di vigilanza e controllo da parte della Polizia Municipale e dei competenti Uffici»;
- «il Sindaco intende avvalersi del potere previsto dall’art. 3, comma 16, della legge n. 94 del 2009, per sanzionare le occupazioni totalmente abusive di suolo pubblico, per fini di commercio, ricadenti nelle strade urbane del territorio capitolino delimitato dal perimetro del sito Unesco».
Il dirigente, con atto 12 maggio 2014, prot. n. 63980, ha rilevato che il I Gruppo di Polizia Locale di Roma Capitale, ha accertato che la società «occupava il suolo pubblico in piazza San Salvatore in Lauro con tavoli, sedie, poltroncine, n. 4 ombrelloni raccordati tra di loro con teli e sorretti da una barra metallica trasversale ancorata a due sostegni laterali, il tutto delimitato da fioriere con piante a dimora, per una superficie complessiva di 140,00 mq senza essere in possesso della relativa concessione». Sulla base di tale accertamento è stata irrogata la sanzione della rimozione dell’occupazione abusiva e della chiusura dell’esercizio per un periodo di cinque giorni e, comunque, fino al completo ripristino dello stato dei luoghi.
8.– L’appellante, con un primo motivo, assume che gli atti impugnati sarebbero illegittimi in quanto l’art. 3, comma 16, della legge n. 94 del 2009 prevede un potere discrezionale e non vincolato. Nella specie, si rileva, mancherebbe qualunque valutazione calibrata, all’esito di adeguata istruttoria, sul caso concreto, con violazione anche del principio di proporzionalità. A tale ultimo proposito, si sottolinea come dalla visione degli atti dei procedimenti posti in essere dall’amministrazione risulterebbe che la medesima sanzione è stata applicata indistintamente «nel caso in cui siano stati occupati abusivamente cinque ovvero 100 metri quadrati».
[b]Il motivo non è fondato.[/b]
La norma attributiva del potere conferisce al sindaco una facoltà discrezionale di chiusura dell’attività commerciale per un termine non inferiore a cinque giorni.
[b]Nella specie, il Sindaco di Roma, in assenza di vincoli normativi in ordine alle modalità di esercizio del potere discrezionale, lo ha legittimamente esercitato, all’esito di una complessiva comparazione degli interessi rilevanti, mediante l’adozione di un atto di natura generale. In particolare, si è ritenuto che, per le ragioni indicate nell’atto, in tutti i casi in cui fosse stata accertata l’occupazione abusiva di suolo pubblico, in determinate zone storiche della città di Roma, sarebbe stato necessario applicare anche la sanzione della chiusura dell’attività commerciale. La particolare situazione in cui versavano ampie zone della parte storica ha, pertanto, giustificato l’adozione di un provvedimento di valenza generale con il quale si è disposta l’applicazione delle sanzioni previste.[/b]
Né varrebbe rilevare che sarebbero stati violati i principi generali che impongono il rispetto dell’obbligo di motivazione, istruttoria e proporzionalità.
In relazione alla motivazione, dalla lettura dell’ordinanza del sindaco emerge chiaramente la ragione di tutela del territorio comunale che ha giustificato l’applicazione della sanzione.
In relazione all’istruttoria, la decisione è stata assunta all’esito di una accertamento complessivo dello stato dei luoghi quale risultante dalle segnalazione degli stessi cittadini e dai mezzi di informazione, che imponeva un intervento celere ed efficace di tipo generale.
In relazione alla proporzionalità, la sanzione è stata applicata nella misura minima, con la conseguenza che la società non potrebbe dolersi, per mancanza di interesse, del fatto che in presenza di infrazioni più gravi l’amministrazione abbia applicato la medesima sanzione (cfr. sentenze 3 febbraio 2015, n. 501 e 14 ottobre 2014, n. 5066 di questa Sezione).
9.– Con un secondo e terzo motivo si deduce, da un lato, la violazione dei principi che stanno alla base della liberalizzazione delle attività economiche, i quali consentirebbero la chiusura di un esercizio commerciale soltanto in casi eccezionali tassativamente previsti e previa puntuale motivazione, dall’altro, l’esigenza di interpretare in modo rigoroso la norma, subordinando la sua applicazione alla sussistenza di «un grave problema per la sicurezza pubblica».
Il motivo non è fondato.
[color=red][b]La tutela costituzionale dell’iniziativa economica, come è noto, incontra il limite dell’utilità sociale (art. 41 Cost.). Nella specie il legislatore, nell’esercizio non irragionevole della sua discrezionalità, ha ritenuto che lo svolgimento di tali attività commerciali in maniera non conforme alle regole di disciplina della materia e in particolare di uso del territorio cittadino giustifica l’applicazione della sanzione della chiusura, per un periodo di tempo limitato, del relativo esercizio commerciale. La sussistenza di ragioni di sicurezza pubblica è richiesta soltanto nel caso in cui il potere deve essere esercitato al di fuori degli ambiti territoriali specificamente individuati.[/b][/color]
L’amministrazione, per le ragioni esposte, ha fatto corretta applicazione delle suddette regole normative.
10.– Con un secondo motivo si assume che il sindaco avrebbe esercitato il potere in mancanza dei requisiti della contingibilità ed urgenza che devono immancabilmente essere presenti perché le ordinanze possano ritenersi legittime.
Il motivo non è fondato.
L’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) prevede che: «Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana».
La Corte costituzionale, con sentenza 7 aprile 2011, n. 115, ha dichiarato l’illegittimità di tale norma nella parte in cui consentiva al sindaco di adottare «ordinanze sindacali di ordinaria amministrazione» senza la predeterminazione di contenuto e modalità, con conseguente violazione del principio di legalità sostanziale. Nel caso delle «ordinanze sindacali di straordinaria amministrazione», invece, l’urgenza del provvedere giustifica la deroga al suddetto principio di legalità.
[b]Ne consegue che è conforme a Costituzione la previsione normativa attributiva di un potere sindacale ordinario che contenga sia il fine pubblico da raggiungere (cosiddetta legalità-indirizzo) sia contenuto e modalità di esercizio del potere (cosiddetta legalità-garanzia).[/b]
Nella specie, l’art. 3, comma 16, della legge n. 94 del 2009, come risulta dall’analisi delle prescrizioni in esso contenute, rispetta entrambe le declinazioni del principio di legalità.
In questi casi, pertanto, il sindaco può esercitare il potere di ordinaria amministrazione anche in assenza del requisito della necessità ed urgenza.
11.– Con un terzo motivo e quarto motivo, si assume l’illegittimità degli atti impugnati in quanto, da un lato, il potere avrebbe dovuto essere esercitato dal Sindaco e non dal Dirigente, dall’altro, avrebbe dovuto essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.
I motivi non sono fondati.
[b]Il potere discrezionale, previsto dalla norma, è stato esercitato dal Sindaco. I successivi atti hanno valenza meramente esecutiva di un ordine puntuale adottato dall’organo competente.[/b]
[color=red][b]La natura vincolata del potere di repressione esercitato in sede di attuazione dell’ordinanza giustifica l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, in quanto, ai sensi dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, la eventuale partecipazione della società al procedimento non sarebbe stata comunque in grado di incidere sul contenuto sostanziale della determinazione finale assunta (in questo senso sentenza n. 501 del 2015, cit.).[/b][/color]
12.– La parte appellante è condannata al pagamento, in favore dell’amministrazione resistente, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;
b) condanna parte appellante al pagamento, in favore dell’amministrazione resistente, delle spese del presente grado di giudizio che si determinano in euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 27/03/2015.
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CHIUSURA 5 gg per occupazione abusiva suolo pubblico - OK ordinanza Sindaco-Dirigenti
[color=red][b]TAR LAZIO – ROMA, sez. II TER – sentenza 7 gennaio 2016 n. 147[/b][/color]
http://buff.ly/22Vf1nh
SUOLO PUBBLICO ABUSIVO - se rimosso non c'è sanzione accessoria
T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 23 settembre 2016 n. 4391
Ciò comporta che, qualora non vi sia alcuna esigenza di reintegrare lo stato dei luoghi precedente, viene a mancare il parametro stesso di riferimento cui è connesso l’ordine di chiusura.
In altri termini, se lo stato dei luoghi è già ripristinato, un ordine di ripristino è palesemente privo di oggetto e della sua ragion d’essere e quindi l’atto risulta nullo per difetto di un elemento essenziale, ex art. 21-sepries della legge n. 241 del 1990 (cfr. TAR Campania, sez. VII, 25/5/2015, n. 2882), per cui rimane corrispondentemente preclusa la possibilità di ordinare la chiusura per un ripristino che è stato già attuato fin dall’epoca dell’accertamento dell’abusiva occupazione.
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