Data: 2015-03-21 12:25:27

Rinnovo o proroga tacita dei contratti pubblici - DIVIETO ASSOLUTO

[color=red][b]Rinnovo o proroga tacita dei contratti pubblici - DIVIETO ASSOLUTO[/b][/color]

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza 14 gennaio – 3 marzo 2015, n. 188

Fatto e diritto

1. L’odierna ricorrente è stata, nel 2000, aggiudicataria di un appalto indetto dall’Azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania per l’espletamento di servizi socio-sanitari.
L’appalto, avente in origine la durata di anni tre, è stato in seguito rinnovato con modifiche per ulteriori tre anni, sino al 30.1.2006, e successivamente eseguito in proroga per altri quattro anni, sino al 2010.
1.1. Con un primo ricorso, proposto nel 2010, la Tecnoservice ha impugnato il silenzio serbato dalla Azienda ospedaliera sulla domanda di revisione dei prezzi avanzata ai sensi dell’art. 115 del Codice dei contratti, assumendo come parametro gli incrementi retributivi previsti dal Contratto collettivo nazionale di categoria.
Con sentenza n. 4327 del 2010 il Tar Catania ha accertato l’obbligo dell’amministrazione di dare corso alla domanda di revisione prezzi, senza peraltro pronunciarsi sulla fondatezza o meno della pretesa.
Nel dare corso alla sentenza, all’esito del procedimento istruttorio l’Azienda ospedaliera respingeva la domanda di adeguamento del corrispettivo.
1.2. Proposto un nuovo ricorso avverso tale atto di diniego, il Tar Catania, con sentenza n. 1620 del 2012, lo ha respinto, sul rilievo che, nella vicenda in esame, la revisione prezzi fosse stata già prevista in occasione della ricordata rinnovazione del 2004, con modifiche, del contratto, nella misura rapportata agli indici FOI, e che la domanda avanzata fosse preordinata ad ottenere una duplicazione della revisione, fermo restando l’obbligo di eseguire quanto pattuito nel contratto, pagando gli adeguamenti ISTAT sui canoni maturati da febbraio 2005 in poi.
2. Con il presente appello è impugnata la sentenza n. 1620/2012 deducendone l’erroneità nella parte in cui ha respinto la domanda di revisione dei prezzi per il periodo compreso tra il gennaio 2006 e il marzo 2010, per tutto il periodo di proroga del contratto di appalto, sempre assumendo come parametro il CCNL Uneba in ordine alle retribuzioni dei dipendenti socio-sanitari.
2.1. Si è difesa l’Azienda ospedaliera, replicando che tra le parti dovevano trovare applicazioni le condizioni concordate nel dicembre del 2004, quando il corrispettivo dell’appalto era stato stabilito in 514.000 euro, comprensivi di IVA e dell’aggiornamento ISTAT.
2.2. All’udienza pubblica del 10.7.2014 il Collegio ha posto all’attenzione delle parti la questione, rilevabile d’ufficio, della possibile nullità della proroga dell’appalto ai sensi dell’art. 57 u.c. del Codice dei contrati e, sull’accordo delle parti, ha rinviato la causa ad una nuova udienza.
2.3. In vista della nuova discussione, la difesa di parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa finale con cui, dato atto di come l’Azienda ospedaliera abbia corrisposto tutte le somme convenute con l’accordo del 2004 rapportate agli indici ISTAT, afferma la validità del rapporto contrattuale intercorso tra le parti e il proprio diritto ad un compenso revisionale superiore, che tenga conto degli aumenti retributivi registratisi nello stesso periodo.
Ha anche depositato delibera del 20.2.2007 del Direttore generale dell’Azienda, con cui sarebbe stata disposta la proroga in via di urgenza dei tutti i contratti di appalto in corso.
2.4. All’udienza pubblica del 15.1.2015, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.
[b]3. L’appello è infondato e la sentenza del Tar deve essere confermata, seppure con diversa motivazione, per le seguenti ragioni.[/b]
4. Giova osservare, in premessa, come Tecnoservice, chiedendo la revisione del prezzo dell’appalto, abbia azionato in questo giudizio un tipico rimedio contrattuale – eccezionalmente devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nonostante attenga all’esecuzione del contratto, in forza dell’art. 133, lett. e), n. 2) del c.p.a. - apprestato dall’ordinamento per mantenere costante, durante lo svolgimento del rapporto di durata, l’equilibrio tra le prestazioni, così come determinato dalle parti al momento della conclusione del contratto e che le sopravvenienze possono in vario modo alterare.
4.1. Tale rimedio, che ha il suo fondamento ultimo nella nota clausola rebus sic stantibus e che nell’appalto privilegia la modificazione in chiave di conservazione del contratto (v., per l’appalto privato, l’art. 1664) piuttosto che il suo scioglimento attraverso la risoluzione per eccessiva onerosità (art. 1467), postula per definizione la validità del contratto, del cui “equilibrio” e della cui possibile “conservazione” appunto si discute.
4.2. Deve sul punto richiamarsi l’evoluzione giurisprudenziale sui rapporti tra nullità e azioni di esecuzione o di impugnazione contrattuali, ricordando come, in particolare la Corte di Cassazione, del potere del giudice di rilevare d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, la nullità del contratto, ai sensi dell’art. 1421, e del suo problematico combinarsi con il principio dispositivo di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c., abbia dato una interpretazione progressivamente sempre più estesa.
E’sufficiente ricordare in questa sede come tale potere officioso, in origine e per molto tempo, ritenuto esercitabile dal giudice a fronte della sola proposizione di un’azione di adempimento (v., ad esempio, Cass. n. 23292/2004), è stato esteso anche alle domande di risoluzione contrattuale (Cass. s.u., n. 14828/2012) e, da ultimo, anche a quelle di annullamento e di rescissione (Cass. s.u., n. 26242/2014).
4.3. Si vedrà più avanti come la sentenza 26242/2014 abbia affrontato anche la questione dell’eventuale giudicato implicito sulla validità del contratto formatosi all’esito del giudizio di primo grado; questione rilevante nel caso in esame, avendo la difesa di parte ricorrente, nel dare seguito all’indicazione del Collegio a verbale all’udienza del 10.7.2014, eccepito proprio il formarsi del giudicato implicito sulla “non-nullità” della proroga contrattuale, per effetto della sentenza del Tar qui appellata.
5. Prima ancora di esaminare quest’ultimo punto, è necessario chiarire come il rapporto contrattuale sorto tra le parti nel 2000 - avente in origine durata di anni tre, senza che negli atti di gara (cfr. il bando e il capitolato della gara indetta nel 1999 ed aggiudicata in favore di Tecnoservice per un importo annuo di 5.620.504 di vecchie lire) ne fosse previsto il rinnovo o la proroga – fosse stato oggetto di rinnovo espresso con accordo del 27.12.2004, con scadenza nuovamente fissata al 31.1.2006 (e la possibilità di una ulteriore proroga di altri 15 mesi, subordinata peraltro ad una verifica istruttoria dell’A.O.), avente una più ampia valenza di atto - al tempo stesso - transattivo per il passato e novativo per il futuro.
Dopo la scadenza del 31.1.2006, nonostante sia incontestato che il rapporto contrattuale tra le parti si sia protratto sino al 2010 (cfr. l’attestazione, con valenza confessoria, rilasciata dall’Azienda appellata in data 26.8.2010 riferita al servizio reso dalla Tecnoservice negli anni 2007-2009), non constano verifiche istruttorie ad hoc, né tanto meno ulteriori atti di rinnovo o di proroga adottati in forma espressa, non essendo stati depositati né dalla parte appellante, né dall’azienda.
Né può supplire il documento prodotto in ultimo dalla difesa di Tecnoservice, che assume (anche ai sensi dell’art. 104, co. 2, c.p.a.) di non averne avuto la disponibilità prima, e che ha ad oggetto un atto del 20.2.2007 (quindi a distanza di oltre un anno dalla scadenza del gennaio 2006) del Direttore generale dell’Azienda ospedaliera che recava l’autorizzazione alla prosecuzione di un numero cospicuo di rapporto di fornitura e di servizi – vi si legge - “con validità contrattuale scaduta o di prossima scadenza, presso le ditte già aggiudicatarie/affidatarie, alle medesime quotazioni economiche già praticate, nelle more dell’espletamento e aggiudicazione delle nuove gare”.
Si tratta, infatti, di un atto interno e generale, di programmazione della spesa, cui è del tutto ovvio ritenere che dovessero seguire singoli e puntuali accordi contrattuali, tra Azienda ospedaliera e privati appaltatori tenuti ad eseguire il singolo appalto, rispettosi – in primo luogo - della regola generale di garanzia che impone per i contratti della pubblica amministrazione la forma scritta ai sensi dell’art. 1350 c.c. e dalla cui violazione consegue la nullità del contratto (v., ex multis, Cass., n. 9219/2014 e Cons. St., VI, n. 3507/2010).
[color=red][b]All’assenza di forma scritta si accompagna la già prospettata inosservanza del divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici, inosservanza che l’art. 57 co. 7 del d.lgs. 163/2006 sanziona, sempre, con la nullità.[/b][/color]
[b]Non è forse inutile rammentare come la disposizione appena ricordata abbia una chiara impronta comunitaria, costituendo il portato della previsione introdotta con l’art. 23 della l. 62/2005 (che modificava l’art. 6 della l. 537/1993, in seguito abrogato dal d.lgs. 163/2006) proprio per far fronte all’avvio di una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, volta a sanzionare una prassi tradizionalmente incline ad ammettere il rinnovo tacito dei contratti pubblici.[/b]
Né qualificando la fattispecie diversamente, nei termini di una proroga anziché di un rinnovo, se ne potrebbe predicare in qualche modo la validità, avendo l’art. 57, u.c., una valenza generale e di sistema (v. Cons. St., V, n. 4192/2013 e n. 2151/2011).
Anche i non molti precedenti giurisprudenziali degli ultimi anni favorevoli alla proroga dei contratti pubblici hanno limitato tale possibilità ai soli casi in cui fosse stata prevista da una clausola generale della lex specialis e la sua concreta attuazione, per un periodo circoscritto e necessario all’indizione di una nuova gara ed in forma espressa, fosse sorretta da una adeguata motivazione (v. ad esempio Cons. St., III, n. 3580/2013).
Il che conferma come, a tutto concedere, la sola proroga ammissibile sia quella espressa e pur sempre nel rispetto di condizioni che nella vicenda in esame, comunque, non sarebbe dato riscontrare (v., anche, Infra).
6. Una volta accettata l’inosservanza della regola generale che vieta di rinnovare o prorogare tacitamente un contratto pubblico, si tratta di stabilire se questo Giudice possa dichiarare in via d’ufficio la nullità del contratto intercorso tra le parti nel periodo successivo alla scadenza concordata espressamente del 31.1.2006.
6.1. Come osservato al principio, dopo che tale questione era stata indicata alle parti, a verbale, all’udienza del 10.7.2014, ai sensi dell’art. 73 co. 3, c.p.a., la difesa appellante ne ha eccepito la preclusione per effetto del giudicato implicito che – sostiene - si sarebbe formato sul punto in ragione della sentenze del Tar Catania n. 4327/2010 e 1620/2012. Ciò sul presupposto che il Tar, soprattutto in occasione della prima sentenza, abbia riconosciuto la validità e l’efficacia non solo del contratto ma anche delle sue successive proroghe.
6.2. Se questa è in sintesi la tesi di parte appellante, si deve osservare, tuttavia, come con il primo dei precedenti richiamati il Tar si fosse limitato ad accertare l’obbligo della stazione appaltante di pronunciarsi sulla domanda di revisione dei prezzi avanzati dall’appaltatore, sulla base di una pronuncia incentrata in buona parte sulle questioni di giurisdizione, in tema di revisione prezzi, che non aveva esaminato il merito della controversia e che, quindi, non aveva neppure distinto le diverse periodizzazioni del rapporto contrattuale intercorso tra le parti.
6.3. Quanto alla seconda sentenza del Tar, impugnata con il presente appello, deve ricordarsi come con essa sia stata respinta la domanda, di accertamento e condanna, della Tecnoservice sul rilievo che una modalità di aggiornamento del prezzo, ancorato all’indice Istat, fosse stata pur sempre prevista nell’accordo transattivo-novativo del 2004 e che, pertanto, la pretesa dell’appaltatore all’equilibrio contrattuale fosse già sufficientemente salvaguardata da tale, espressa, previsione contrattuale.
Con la precisazione che la domanda, di accertamento e di condanna, era stata inizialmente proposta in primo grado indistintamente per tutto il periodo compreso tra il 28.12.2004 e il 7.3.2010, quindi anche per i primi anni “coperti” dall’accordo sottoscritto in forma scritta nel dicembre 2004; quando invece, in appello, il riferimento temporale della domanda è stato delimitato al (solo) periodo di proroga successivo alla scadenza del 31.1.2006.
Il che vale sottolineare come l’accertamento del Tar si fosse concentrato essenzialmente sulle previsioni racchiuse nell’atto di rinnovo espresso dell’originario contratto di appalto, ritenendo che tali previsioni fossero satisfattive, senza nulla pronunciare sulla validità del rapporto contrattuale nel periodo successivo.
Del resto, un vero e proprio accertamento sulla validità dell’intero rapporto contrattuale, anche per quanto concerne l’ultima fase, avrebbe presupposto un’attività istruttoria, mediante l’acquisizione di prove documentali, che in primo grado è del tutto mancata.
Il solo punto della sentenza dove si fa riferimento alla fase finale del rapporto, contenuto nelle ultime due righe della sentenza, e dove si stigmatizza il mancato pagamento degli adeguamenti ISTAT per il periodo febbraio 2009-gennaio 2010, è in funzione (e giustificazione) della statuizione sulla compensazione delle spese e muove dal presupposto che la Tecnoservice avesse eseguito il servizio in favore dell’Azienda anche in tale arco temporale.
Presupposto, quest’ultimo, incontestato, ma compatibile anche con un’obbligazione di fonte diversa, non contrattuale (v., in ipotesi, l’art. 2041 c.c., rimedio che la giurisprudenza riconosce esperibile dal privato nei confronti della p.a., ove ad esempio il contratto intercorso sia nullo per difetto di forma: Cass. n. 8722/2008).
6.4. Si deve quindi escludere, in ultima analisi, che il Tar, nel respingere la domanda di esecuzione del contratto avanzata dalla Tecnoservice con il ricorso introduttivo, abbia deciso sul presupposto della validità della proroga tacita successiva al 31.1.2006.
Sulla base di tale conclusione, reputa il Collegio che non sia invocabile alcun giudicato, né esplicito né implicito, sulla “non-nullità” della proroga, tale da precludere a questo Giudice di rilevarne d’ufficio la nullità nel presente giudizio di appello, ai sensi dell’art. 1421 c.c.
6.5. I precedenti giurisprudenziali invocati dalla difesa appellante, per un verso, riguardano ipotesi in cui in primo grado la domanda di esecuzione (o di impugnazione) del contratto era stata accolta (e non respinta) dal giudice; e, per altro verso, parrebbero superati alla luce della più recente evoluzione giurisprudenziale che limita la formazione del giudicato ai soli casi in cui il giudice (di primo grado) si sia pronunciato non equivocamente nel senso della validità del negozio (v. Cass. s.u. n. 26242/2014, cit. sub. 7.3., e Cass., II, ord. n. 16630/2013 che le aveva rimesso la questione; v., già in precedenza, nel senso che la rilevabilità d’ufficio, in appello o in cassazione, della nullità fosse preclusa solamente dall’espressa affermazione della validità del contratto da parte del giudice di primo grado, Cass. n. 11356/2006; 4185/1997; 6480/1987; 3341/1984; 590/1982).
6.6. Una volta ammesso l’esercizio del potere di rilevare d’ufficio la nullità della proroga contrattuale successiva al 31.1.2006, ne consegue con ogni evidenza l’impossibilità, in radice, di accogliere la domanda, di accertamento e condanna, che proprio nella validità di tale proroga avrebbe il suo elemento costitutivo e la sua ragione fondante (v., per un precedente in termini, Tar Lombardia, Milano, n. 1152/2014). Il che preclude l’ulteriore esame del merito, arrestandosi questo giudizio nel punto in cui ha invece avuto inizio quello del Tar, senza quindi potersi affrontare in questa sede la questione di merito della revisione prezzi, nei suoi controvertibili aspetti anche quantitativi.
6.7. Né, infine, la domanda iniziale potrebbe essere riqualificata nei termini di un’azione di arricchimento ingiustificato, ostandovi la diversità di causa petendi e di petitum (indennizzo in luogo del corrispettivo contrattuale), per cui si avrebbe una domanda nuova (v. Cass. s.u., n. 4712/1996), il cui esame non potrebbe avvenire per la prima volta in grado di appello (art. 104 c.p.a.), e sulla quale non sarebbe più invocabile, per radicare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il ricordato art. 133, lett. e), n. 2, del c.p.a.
7. In conclusione, per tutte le ragioni sin qui evidenziate, l’appello non può essere accolto e la sentenza del Tar deve essere confermata, sebbene sulla base di una motivazione diversa.
8. La peculiarità della vicenda e il concorso dell’Azienda ospedaliera nel determinare l’invalidità (di una parte) del rapporto contrattuale costituiscono giustificati motivi per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando sull'appello, lo respinge, confermando con diversa motivazione la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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