[b]RUMORE - inquinamento acustico fra procedure e sentenze
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Dedichiamo questo post agli approfondimenti in merito alla disciplina sull'inquinamento acustico partendo da alcuni spunti del nostro forum:
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[b]E da una recente sentenza[/b]
[b]Cass. Sez. III n. 5735 del 9 febbraio 2015 (Ud 21 gen 2015)[/b]
Rumori.Rapporti tra articolo659 cod. pen. e legge quadro
L'ambito di operatività dell'art. 659 cod. pen., con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447\95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2 della legge quadro; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità che regolano l'esercizio del mestiere o dell'attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall'art. 659 comma 2 cod. pen., mentre, nel caso in cui l'attività ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall'art. 659, comma 1 cod. pen.
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/156-cassazione-penale156/11295-rumori-rapporti-tra-articolo659-cod-pen-e-legge-quadro.html
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[color=red][b]DPR n. 227/2011
Regolamento per la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle imprese, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 3 febbraio 2012, n. 28.[/b][/color]
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l' articolo 87 della Costituzione;
Visto l' articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge 26 ottobre 1995, n. 447;
Visti i regolamenti (CE) n. 363/2004 e n. 364/2004 recanti modifiche rispettivamente al regolamento (CE) n. 68/2001 e al regolamento (CE) n. 70/2001 , che in allegato riportano, ai fini della definizione delle piccole e medie imprese, l'estratto della raccomandazione 2003/361/CE ;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ;
Visti gli articoli 25 e 38 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
Visto l' articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 , convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
Visto il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 ;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160;
Visto il decreto del Ministro delle attività produttive in data 18 aprile 2005 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005, recante adeguamento alla disciplina comunitaria dei criteri di individuazione di piccole e medie imprese ed, in particolare, l' articolo 2;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 marzo 2011;
Sentite le associazioni imprenditoriali;
Acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 19 maggio 2011;
Acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 luglio 2011;
Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, del Ministro per la semplificazione normativa, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
Emana
il seguente regolamento:
CAPO I
Ambito di riferimento
[b]Art. 1 Ambito di applicazione[/b]
1. Il presente regolamento si applica alle categorie di imprese di cui all' articolo 2 del decreto del Ministro delle attività produttive in data 18 aprile 2005 . Le imprese attestano l'appartenenza a tali categorie mediante dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell' articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 .
CAPO II
Disposizioni in materia di scarichi di acque reflue
[b]
Art. 2 Criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche[/b]
1. Fermo restando quanto previsto dall' articolo 101 e dall' Allegato 5 alla Parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , sono assimilate alle acque reflue domestiche:
a) le acque che prima di ogni trattamento depurativo presentano le caratteristiche qualitative e quantitative di cui alla tabella 1 dell'Allegato A ;
b) le acque reflue provenienti da insediamenti in cui si svolgono attività di produzione di beni e prestazione di servizi i cui scarichi terminali provengono esclusivamente da servizi igienici, cucine e mense;
c) le acque reflue provenienti dalle categorie di attività elencate nella tabella 2 dell'Allegato A , con le limitazioni indicate nella stessa tabella.
2. Fermo restando quanto previsto dall' articolo 101, comma 7, lettera e), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , in assenza di disciplina regionale si applicano i criteri di assimilazione di cui al comma 1.
[b]Art. 3 Rinnovo dell'autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali
[/b]
1. Fermo restando quanto previsto dall' articolo 124 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , ai fini del rinnovo dell'autorizzazione il titolare dello scarico, almeno sei mesi prima della scadenza, qualora non si siano verificate modificazioni rispetto ai presupposti della autorizzazione già concessa, presenta all'autorità competente un'istanza corredata di dichiarazione sostitutiva ai sensi dell' articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 , che attesti che sono rimaste immutate:
a) le caratteristiche quali-quantitative dello scarico intese come volume annuo scaricato, massa e tipologia di sostanze scaricate, in relazione a quanto previsto nella precedente autorizzazione o se, non esplicitato in questa ultima, nella relativa istanza;
b) le caratteristiche del ciclo produttivo compresa la capacità di produzione;
c) le sostanze impiegate nel ciclo produttivo e le relative quantità;
d) gli impianti aziendali di trattamento delle acque reflue e le relative caratteristiche tecniche;
e) la localizzazione dello scarico.
2. La modalità semplificata di rinnovo dell'autorizzazione di cui al comma 1 non si applica per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all' articolo 108 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 .
CAPO III
Disposizioni in materia di inquinamento acustico
[b]Art. 4 Semplificazione della documentazione di impatto acustico
[/b]
[glow=red,2,300]1. Sono escluse dall'obbligo di presentare la documentazione di cui all' articolo 8, commi 2, 3 e 4, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 , le attività a bassa rumorosità elencate nell' Allegato B , fatta eccezione per l'esercizio di ristoranti, pizzerie, trattorie, bar, mense, attività ricreative, agroturistiche, culturali e di spettacolo, sale da gioco, palestre, stabilimenti balneari che utilizzino impianti di diffusione sonora ovvero svolgano manifestazioni ed eventi con diffusione di musica o utilizzo di strumenti musicali. In tali casi è fatto obbligo di predisporre adeguata documentazione di previsione di impatto acustico ai sensi dell' articolo 8, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 . Resta ferma la facoltà di fare ricorso alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all' articolo 8, comma 5, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 , ove non vengano superati i limiti di emissione di rumore di cui al comma 2.
2. Per le attività diverse da quelle indicate nel comma 1 le cui emissioni di rumore non siano superiori ai limiti stabiliti dal documento di classificazione acustica del territorio comunale di riferimento ovvero, ove questo non sia stato adottato, ai limiti individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 novembre 1997 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1° dicembre 1997, la documentazione di cui all' articolo 8, commi 2, 3 e 4, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 , può essere resa mediante dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà ai sensi dell' articolo 8, comma 5, della legge 26 ottobre 1995, n. 447.
3. In tutti i casi in cui le attività comportino emissioni di rumore superiori ai limiti stabiliti dal documento di classificazione acustica del territorio comunale di riferimento ovvero, ove questo non sia stato adottato, dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 novembre 1997 , è fatto obbligo di presentare la documentazione di cui all' articolo 8, comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 , predisposta da un tecnico competente in acustica.[/glow]
CAPO IV
Disposizioni attuative
[b]Art. 5 Sportello unico per le attività produttive[/b]
1. Le imprese presentano le istanze di autorizzazione, la documentazione, le dichiarazioni e le altre attestazioni richieste in materia ambientale esclusivamente per via telematica allo Sportello unico per le attività produttive competente per territorio, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 .
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, previa intesa con la Conferenza Unificata, è adottato un modello semplificato e unificato per la richiesta di autorizzazione.
[b]Art. 6 Monitoraggio[/b]
1. I Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico e i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, in collaborazione con la Conferenza Unificata e con il coinvolgimento delle associazioni imprenditoriali, predispongono forme di monitoraggio sull'attuazione del presente regolamento.
2. All'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Allegato A (previsto dall' articolo 2 )
[omissis]
[b]Allegato B - (previsto dall' articolo 4 )
Categorie di attività di cui all' articolo 4 , comma 1
[/b]
1. Attività alberghiera.
2. Attività agro-turistica.
3. Attività di ristorazione collettiva e pubblica (ristoranti, trattorie, pizzerie comprese quelle da asporto, mense, bar).
4. Attività ricreative.
5. Attività turistica.
6. Attività sportive, escluse quelle motoristiche, quelle con rilevante presenza di pubblico in luoghi circoscritti e quelle con uso di armi da fuoco.
7. Attività culturale.
8. Attività operanti nel settore dello spettacolo.
9. Palestre.
10. Stabilimenti balneari.
11. Agenzie di viaggio.
12. Sale da gioco.
13. Attività di supporto alle imprese.
14. Call center.
15. Attività di intermediazione monetaria.
16. Attività di intermediazione finanziaria.
17. Attività di intermediazione Immobiliare.
18. Attività di intermediazione Assicurativa.
19. Attività di informatica - software.
20. Attività di informatica - house.
21. Attività di informatica - internet point.
22. Attività di acconciatore (parrucchiere, barbiere).
23. Istituti di bellezza.
24. Estetica.
25. Centro massaggi e solarium.
26. Piercing e tatuaggi.
27. Laboratori veterinari.
28. Studi odontoiatrici e odontotecnici senza attività di analisi chimico-cliniche e ricerca.
29. Ospedali, case o istituti di cura, residenze socio-assistenziali e riabilitative con un numero di posti letto inferiore a 50, purché sprovvisti di laboratori di analisi e ricerca.
31. Lavanderie e stirerie.
32. Attività di vendita al dettaglio di generi vari.
33. Laboratori artigianali per la produzione di dolciumi.
34. Laboratori artigianali per la produzione di gelati.
35. Laboratori artigianali per la produzione di pane.
36. Laboratori artigianali per la produzione di biscotti.
37. Laboratori artigianali per la produzione di prodotti alimentari freschi e per la conservazione o stagionatura di prodotti alimentari.
38. Macellerie sprovviste del reparto di macellazione.
39. Laboratori artigianali di sartoria e abbigliamento senza attività di lavaggi, tintura e finissaggio.
40. Laboratori artigianali di oreficeria, argenteria, bigiotteria, orologeria.
41. Esercizi commerciali di oreficeria, argenteria, bigiotteria, orologeria.
42. Liuteria.
43. Laboratori di restauro artistico.
44. Riparazione di beni di consumo.
45. Ottici.
46. Fotografi.
47. Grafici.
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[color=red][b]L. 26/10/1995, n. 447 - Legge quadro sull'inquinamento acustico.
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 30 ottobre 1995, n. 254[/b][/color]
[b]1. Finalità della legge.[/b]
1. La presente legge stabilisce i princìpi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 117 della Costituzione.
2. I princìpi generali desumibili dalla presente legge costituiscono per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
[b]2. Definizioni.[/b]
1. Ai fini della presente legge si intende per:
a) inquinamento acustico: l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi;
b) ambiente abitativo: ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o di comunità ed utilizzato per le diverse attività umane, fatta eccezione per gli ambienti destinati ad attività produttive per i quali resta ferma la disciplina di cui al D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 , salvo per quanto concerne l'immissione di rumore da sorgenti sonore esterne ai locali in cui si svolgono le attività produttive;
c) sorgenti sonore fisse: gli impianti tecnici degli edifici e le altre installazioni unite agli immobili anche in via transitoria il cui uso produca emissioni sonore; le infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali, marittime, industriali, artigianali, commerciali ed agricole; i parcheggi; le aree adibite a stabilimenti di movimentazione merci; i depositi dei mezzi di trasporto di persone e merci; le aree adibite ad attività sportive e ricreative;
d) sorgenti sonore mobili: tutte le sorgenti sonore non comprese nella lettera c);
e) valori limite di emissione: il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa;
f) valori limite di immissione: il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori;
g) valori di attenzione: il valore di rumore che segnala la presenza di un potenziale rischio per la salute umana o per l'ambiente;
h) valori di qualità: i valori di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel lungo periodo con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla presente legge.
2. I valori di cui al comma 1, lettere e), f), g) e h), sono determinati in funzione della tipologia della sorgente, del periodo della giornata e della destinazione d'uso della zona da proteggere.
3. I valori limite di immissione sono distinti in:
a) valori limite assoluti, determinati con riferimento al livello equivalente di rumore ambientale;
b) valori limite differenziali, determinati con riferimento alla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale ed il rumore residuo.
4. Restano ferme le altre definizioni di cui all' allegato A al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991.
5. I provvedimenti per la limitazione delle emissioni sonore sono di natura amministrativa, tecnica, costruttiva e gestionale. Rientrano in tale ambito:
a) le prescrizioni relative ai livelli sonori ammissibili, ai metodi di misurazione del rumore, alle regole applicabili alla fabbricazione;
b) le procedure di collaudo, di omologazione e di certificazione che attestino la conformità dei prodotti alle prescrizioni relative ai livelli sonori ammissibili; la marcatura dei prodotti e dei dispositivi attestante l'avvenuta omologazione;
c) gli interventi di riduzione del rumore, distinti in interventi attivi di riduzione delle emissioni sonore delle sorgenti e in interventi passivi, adottati nei luoghi di immissione o lungo la via di propagazione dalla sorgente al ricettore o sul ricettore stesso;
d) i piani dei trasporti urbani ed i piani urbani del traffico; i piani dei trasporti provinciali o regionali ed i piani del traffico per la mobilità extraurbana; la pianificazione e gestione del traffico stradale, ferroviario, aeroportuale e marittimo;
e) la pianificazione urbanistica, gli interventi di delocalizzazione di attività rumorose o di ricettori particolarmente sensibili.
6. Ai fini della presente legge è definito tecnico competente la figura professionale idonea ad effettuare le misurazioni, verificare l'ottemperanza ai valori definiti dalle vigenti norme, redigere i piani di risanamento acustico, svolgere le relative attività di controllo. Il tecnico competente deve essere in possesso del diploma di scuola media superiore ad indirizzo tecnico o del diploma universitario ad indirizzo scientifico ovvero del diploma di laurea ad indirizzo scientifico.
7. L'attività di tecnico competente può essere svolta previa presentazione di apposita domanda all'assessorato regionale competente in materia ambientale corredata da documentazione comprovante l'aver svolto attività, in modo non occasionale, nel campo dell'acustica ambientale da almeno quattro anni per i diplomati e da almeno due anni per i laureati o per i titolari di diploma universitario.
8. Le attività di cui al comma 6 possono essere svolte altresì da coloro che, in possesso del diploma di scuola media superiore, siano in servizio presso le strutture pubbliche territoriali e vi svolgano la propria attività nel campo dell'acustica ambientale, alla data di entrata in vigore della presente legge nonché da coloro che, a prescindere dal titolo di studio, possano dimostrare di avere svolto, alla data di entrata in vigore della presente legge, per almeno cinque anni, attività nel campo dell'acustica ambientale in modo non occasionale.
9. I soggetti che effettuano i controlli devono essere diversi da quelli che svolgono le attività sulle quali deve essere effettuato il controllo.
[b]
3. Competenze dello Stato.[/b]
1. Sono di competenza dello Stato:
a) la determinazione, ai sensi della L. 8 luglio 1986, n. 349 , e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dei valori di cui all'articolo 2;
b) il coordinamento dell'attività e la definizione della normativa tecnica generale per il collaudo, l'omologazione, la certificazione e la verifica periodica dei prodotti ai fini del contenimento e dell'abbattimento del rumore; il ruolo e la qualificazione dei soggetti preposti a tale attività nonché, per gli aeromobili, per i natanti e per i veicoli circolanti su strada, le procedure di verifica periodica dei valori limite di emissione relativa ai prodotti medesimi. Tale verifica, per i veicoli circolanti su strada, avviene secondo le modalità di cui all' articolo 80 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 , e successive modificazioni;
c) la determinazione, ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 , con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e, secondo le rispettive competenze, con il Ministro dei lavori pubblici, con il Ministro dei trasporti e della navigazione e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle tecniche di rilevamento e di misurazione dell'inquinamento acustico, tenendo conto delle peculiari caratteristiche del rumore emesso dalle infrastrutture di trasporto;
d) il coordinamento dell'attività di ricerca, di sperimentazione tecnico-scientifica ai sensi della L. 8 luglio 1986, n. 349 , e successive modificazioni, e dell'attività di raccolta, di elaborazione e di diffusione dei dati. Al coordinamento provvede il Ministro dell'ambiente, avvalendosi a tal fine anche dell'Istituto superiore di sanità, del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), del Centro superiore ricerche e prove autoveicoli e dispositivi (CSRPAD) del Ministero dei trasporti e della navigazione, nonché degli istituti e dei dipartimenti universitari;
e) la determinazione, fermo restando il rispetto dei valori determinati ai sensi della lettera a), con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità e, secondo le rispettive competenze, con il Ministro dei lavori pubblici, con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei requisiti acustici delle sorgenti sonore e dei requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti, allo scopo di ridurre l'esposizione umana al rumore. Per quanto attiene ai rumori originati dai veicoli a motore definiti dal titolo III del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 , e successive modificazioni, restano salve la competenza e la procedura di cui agli articoli 71, 72, 75 e 80 dello stesso decreto legislativo (4);
f) l’indicazione, con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei criteri per la progettazione, l’esecuzione e la ristrutturazione delle costruzioni edilizie e delle infrastrutture dei trasporti, ai fini della tutela dall’inquinamento acustico (5);
g) la determinazione, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei requisiti acustici dei sistemi di allarme anche antifurto con segnale acustico e dei sistemi di refrigerazione, nonché la disciplina della installazione, della manutenzione e dell'uso dei sistemi di allarme anche antifurto e anti-intrusione con segnale acustico installato su sorgenti mobili e fisse, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 71, 72, 75, 79, 155 e 156 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 , e successive modificazioni;
h) la determinazione, con le procedure previste alla lettera e), dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante o di pubblico spettacolo (6);
i) l'adozione di piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore prodotte per lo svolgimento di servizi pubblici essenziali quali linee ferroviarie, metropolitane, autostrade e strade statali entro i limiti stabiliti per ogni specifico sistema di trasporto, ferme restando le competenze delle regioni, delle province e dei comuni, e tenendo comunque conto delle disposizioni di cui all' articolo 155 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 , e successive modificazioni;
l) la determinazione, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei criteri di misurazione del rumore emesso da imbarcazioni di qualsiasi natura e della relativa disciplina per il contenimento dell'inquinamento acustico;
m) la determinazione, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, dei criteri di misurazione del rumore emesso dagli aeromobili e della relativa disciplina per il contenimento dell'inquinamento acustico, con particolare riguardo:
1) ai criteri generali e specifici per la definizione di procedure di abbattimento del rumore valevoli per tutti gli aeroporti e all'adozione di misure di controllo e di riduzione dell'inquinamento acustico prodotto da aeromobili civili nella fase di decollo e di atterraggio;
2) ai criteri per la classificazione degli aeroporti in relazione al livello di inquinamento acustico;
3) alla individuazione delle zone di rispetto per le aree e le attività aeroportuali e ai criteri per regolare l'attività urbanistica nelle zone di rispetto. Ai fini della presente disposizione per attività aeroportuali si intendono sia le fasi di decollo o di atterraggio, sia quelle di manutenzione, revisione e prove motori degli aeromobili;
4) ai criteri per la progettazione e la gestione dei sistemi di monitoraggio per il controllo dei livelli di inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti;
n) la predisposizione, con decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell' articolo 13 della L. 8 luglio 1986, n. 349, nonché le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative, di campagne di informazione del consumatore di educazione scolastica.
2. I decreti di cui al comma 1, lettere a), c), e), h) e l), sono emanati entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. I decreti di cui al comma 1, lettere f), g) e m), sono emanati entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. I provvedimenti previsti dal comma 1, lettere a), c), d), e), f), g), h), i), l) e m), devono essere armonizzati con le direttive dell'Unione europea recepite dallo Stato italiano e sottoposti ad aggiornamento e verifica in funzione di nuovi elementi conoscitivi o di nuove situazioni.
4. I provvedimenti di competenza dello Stato devono essere coordinati con quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991.
[b]4. Competenze delle regioni.[/b]
1. Le regioni, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, definiscono con legge:
a) i criteri in base ai quali i comuni, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), tenendo conto delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio ed indicando altresì aree da destinarsi a spettacolo a carattere temporaneo, ovvero mobile, ovvero all'aperto procedono alla classificazione del proprio territorio nelle zone previste dalle vigenti disposizioni per l'applicazione dei valori di qualità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), stabilendo il divieto di contatto diretto di aree, anche appartenenti a comuni confinanti, quando tali valori si discostano in misura superiore a 5 dBA di livello sonoro equivalente misurato secondo i criteri generali stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991. Qualora nell'individuazione delle aree nelle zone già urbanizzate non sia possibile rispettare tale vincolo a causa di preesistenti destinazioni di uso, si prevede l'adozione dei piani di risanamento di cui all'articolo 7;
b) i poteri sostitutivi in caso di inerzia dei comuni o degli enti competenti ovvero di conflitto tra gli stessi;
c) modalità, scadenze e sanzioni per l'obbligo di classificazione delle zone ai sensi della lettera a) per i comuni che adottano nuovi strumenti urbanistici generali o particolareggiati;
d) fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 8, comma 4, le modalità di controllo del rispetto della normativa per la tutela dall'inquinamento acustico all'atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché dei provvedimenti di licenza o di autorizzazione all'esercizio di attività produttive;
e) le procedure e gli eventuali ulteriori criteri, oltre a quelli di cui all'articolo 7, per la predisposizione e l'adozione da parte dei comuni di piani di risanamento acustico;
f) i criteri e le condizioni per l'individuazione, da parte dei comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, di valori inferiori a quelli determinati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della presente legge; tali riduzioni non si applicano ai servizi pubblici essenziali di cui all' articolo 1 della L. 12 giugno 1990, n. 146 ;
g) le modalità di rilascio delle autorizzazioni comunali per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico qualora esso comporti l'impiego di macchinari o di impianti rumorosi;
h) le competenze delle province in materia di inquinamento acustico ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142 ;
i) l'organizzazione nell'ambito del territorio regionale dei servizi di controllo di cui all'articolo 14;
l) i criteri da seguire per la redazione della documentazione di cui all'articolo 8, commi 2, 3 e 4;
m) i criteri per la identificazione delle priorità temporali degli interventi di bonifica acustica del territorio.
2. Le regioni, in base alle proposte pervenute e alle disponibilità finanziarie assegnate dallo Stato, definiscono le priorità e predispongono un piano regionale triennale di intervento per la bonifica dall'inquinamento acustico, fatte salve le competenze statali relative ai piani di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i), per la redazione dei quali le regioni formulano proposte non vincolanti. I comuni adeguano i singoli piani di risanamento acustico di cui all'articolo 7 al piano regionale.
[b]5. Competenze delle province.[/b]
1. Sono di competenza delle province:
a) le funzioni amministrative in materia di inquinamento acustico previste dalla L. 8 giugno 1990, n. 142 ;
b) le funzioni ad esse assegnate dalle leggi regionali di cui all'articolo 4;
c) le funzioni di controllo e di vigilanza di cui all'articolo 14, comma 1.
[b]
6. Competenze dei comuni.[/b]
1. Sono di competenza dei comuni, secondo le leggi statali e regionali e i rispettivi statuti:
a) la classificazione del territorio comunale secondo i criteri previsti dall'articolo 4, comma 1, lettera a);
b) il coordinamento degli strumenti urbanistici già adottati con le determinazioni assunte ai sensi della lettera a);
c) l'adozione dei piani di risanamento di cui all'articolo 7;
d) il controllo, secondo le modalità di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del rispetto della normativa per la tutela dall'inquinamento acustico all'atto del rilascio delle concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché dei provvedimenti di licenza o di autorizzazione all'esercizio di attività produttive;
e) l'adozione di regolamenti per l'attuazione della disciplina statale e regionale per la tutela dall'inquinamento acustico;
f) la rilevazione e il controllo delle emissioni sonore prodotte dai veicoli, fatte salve le disposizioni contenute nel D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 , e successive modificazioni;
g) i controlli di cui all'articolo 14, comma 2;
h) l'autorizzazione, anche in deroga ai valori limite di cui all'articolo 2, comma 3, per lo svolgimento di attività temporanee e di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico e per spettacoli a carattere temporaneo ovvero mobile, nel rispetto delle prescrizioni indicate dal comune stesso.
2. Al fine di cui al comma 1, lettera e), i comuni, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguano i regolamenti locali di igiene e sanità o di polizia municipale, prevedendo apposite norme contro l'inquinamento acustico, con particolare riferimento al controllo, al contenimento e all'abbattimento delle emissioni sonore derivanti dalla circolazione degli autoveicoli e dall'esercizio di attività che impiegano sorgenti sonore.
3. I comuni il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, hanno la facoltà di individuare limiti di esposizione al rumore inferiori a quelli determinati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), secondo gli indirizzi determinati dalla regione di appartenenza, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera f). Tali riduzioni non si applicano ai servizi pubblici essenziali di cui all' articolo 1 della L. 12 giugno 1990, n. 146 .
4. Sono fatte salve le azioni espletate dai comuni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991, prima della data di entrata in vigore della presente legge. Sono fatti salvi altresì gli interventi di risanamento acustico già effettuati dalle imprese ai sensi dell' articolo 3 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991. Qualora detti interventi risultino inadeguati rispetto ai limiti previsti dalla classificazione del territorio comunale, ai fini del relativo adeguamento viene concesso alle imprese un periodo di tempo pari a quello necessario per completare il piano di ammortamento degli interventi di bonifica in atto, qualora risultino conformi ai princìpi di cui alla presente legge ed ai criteri dettati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera a).
[b]7. Piani di risanamento acustico.
[/b]
1. Nel caso di superamento dei valori di attenzione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), nonché nell'ipotesi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), ultimo periodo, i comuni provvedono all'adozione di piani di risanamento acustico, assicurando il coordinamento con il piano urbano del traffico di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 , e successive modificazioni, e con i piani previsti dalla vigente legislazione in materia ambientale. I piani di risanamento sono approvati dal consiglio comunale. I piani comunali di risanamento recepiscono il contenuto dei piani di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i), e all'articolo 10, comma 5.
2. I piani di risanamento acustico di cui al comma 1 devono contenere:
a) l'individuazione della tipologia ed entità dei rumori presenti, incluse le sorgenti mobili, nelle zone da risanare individuate ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a);
b) l'individuazione dei soggetti a cui compete l'intervento;
c) l'indicazione delle priorità, delle modalità e dei tempi per il risanamento;
d) la stima degli oneri finanziari e dei mezzi necessari;
e) le eventuali misure cautelari a carattere d'urgenza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
3. In caso di inerzia del comune ed in presenza di gravi e particolari problemi di inquinamento acustico, all'adozione del piano si provvede, in via sostitutiva, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera b).
4. Il piano di risanamento di cui al presente articolo può essere adottato da comuni diversi da quelli di cui al comma 1, anche al fine di perseguire i valori di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h).
5. Nei comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti la giunta comunale presenta al consiglio comunale una relazione biennale sullo stato acustico del comune. Il consiglio comunale approva la relazione e la trasmette alla regione ed alla provincia per le iniziative di competenza. Per i comuni che adottano il piano di risanamento di cui al comma 1, la prima relazione è allegata al piano stesso. Per gli altri comuni, la prima relazione è adottata entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
[b]8. Disposizioni in materia di impatto acustico.
[/b]
1. I progetti sottoposti a valutazione di impatto ambientale ai sensi dell' articolo 6 della L. 8 luglio 1986, n. 349 , ferme restando le prescrizioni di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377 , e successive modificazioni, e 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, devono essere redatti in conformità alle esigenze di tutela dall'inquinamento acustico delle popolazioni interessate.
2. Nell'ambito delle procedure di cui al comma 1, ovvero su richiesta dei comuni, i competenti soggetti titolari dei progetti o delle opere predispongono una documentazione di impatto acustico relativa alla realizzazione, alla modifica o al potenziamento delle seguenti opere:
a) aeroporti, aviosuperfici, eliporti;
b) strade di tipo A (autostrade), B (strade extraurbane principali), C (strade extraurbane secondarie), D (strade urbane di scorrimento), E (strade urbane di quartiere) e F (strade locali), secondo la classificazione di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 , e successive modificazioni;
c) discoteche;
d) circoli privati e pubblici esercizi ove sono installati macchinari o impianti rumorosi;
e) impianti sportivi e ricreativi;
f) ferrovie ed altri sistemi di trasporto collettivo su rotaia.
3. È fatto obbligo di produrre una valutazione previsionale del clima acustico delle aree interessate alla realizzazione delle seguenti tipologie di insediamenti:
a) scuole e asili nido;
b) ospedali;
c) case di cura e di riposo;
d) parchi pubblici urbani ed extraurbani;
e) nuovi insediamenti residenziali prossimi alle opere di cui al comma 2.
3- bis. Nei comuni che hanno proceduto al coordinamento degli strumenti urbanistici di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 6, per gli edifici adibiti a civile abitazione, ai fini dell’esercizio dell’attività edilizia ovvero del rilascio del permesso di costruire, la relazione acustica è sostituita da una autocertificazione del tecnico abilitato che attesti il rispetto dei requisiti di protezione acustica in relazione alla zonizzazione acustica di riferimento.
4. Le domande per il rilascio di concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché le domande di licenza o di autorizzazione all'esercizio di attività produttive devono contenere una documentazione di previsione di impatto acustico.
5. La documentazione di cui ai commi 2, 3 e 4 del presente articolo è resa, sulla base dei criteri stabiliti ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera l), della presente legge, con le modalità di cui all' articolo 4 della L. 4 gennaio 1968, n. 15 .
6. La domanda di licenza o di autorizzazione all'esercizio delle attività di cui al comma 4 del presente articolo, che si prevede possano produrre valori di emissione superiori a quelli determinati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), deve contenere l'indicazione delle misure previste per ridurre o eliminare le emissioni sonore causate dall'attività o dagli impianti. La relativa documentazione deve essere inviata all'ufficio competente per l'ambiente del comune ai fini del rilascio del relativo nulla-osta.
[b]9. Ordinanze contingibili ed urgenti.
[/b]
1. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della giunta regionale, il prefetto, il Ministro dell'ambiente, secondo quanto previsto dall' articolo 8 della L. 3 marzo 1987, n. 59 , e il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri.
2. Restano salvi i poteri degli organi dello Stato preposti, in base alle leggi vigenti, alla tutela della sicurezza pubblica.
[b]
10. Sanzioni amministrative.[/b]
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, chiunque non ottempera al provvedimento legittimamente adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 9, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2.000.000 a lire 20.000.000.
2. Chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione o di immissione di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e) e f), fissati in conformità al disposto dell'articolo 3, comma 1, lettera a), è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 10.000.000 (13).
3. La violazione dei regolamenti di esecuzione di cui all'articolo 11 e delle disposizioni dettate in applicazione della presente legge dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 500.000 a lire 20.000.000.
4. Il 70 per cento delle somme derivanti dall'applicazione delle sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, per essere devoluto ai comuni per il finanziamento dei piani di risanamento di cui all'articolo 7, con incentivi per il raggiungimento dei valori di cui all'articolo 2, comma 1, lettere f) e h).
5. In deroga a quanto previsto ai precedenti commi, le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, nel caso di superamento dei valori di cui al comma 2, hanno l'obbligo di predisporre e presentare al comune piani di contenimento ed abbattimento del rumore, secondo le direttive emanate dal Ministro dell'ambiente con proprio decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Essi devono indicare tempi di adeguamento, modalità e costi e sono obbligati ad impegnare, in via ordinaria, una quota fissa non inferiore al 7 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture stesse per l'adozione di interventi di contenimento ed abbattimento del rumore. Per quanto riguarda l'ANAS la suddetta quota è determinata nella misura dell'2,5 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione. Nel caso dei servizi pubblici essenziali, i suddetti piani coincidono con quelli di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i); il controllo del rispetto della loro attuazione è demandato al Ministero dell'ambiente.
[b]11. Regolamenti di esecuzione.[/b]
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto, secondo le materie di rispettiva competenza, con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione, dei lavori pubblici e della difesa, sono emanati regolamenti di esecuzione, distinti per sorgente sonora relativamente alla disciplina dell'inquinamento acustico avente origine dal traffico veicolare, ferroviario, marittimo ed aereo, avvalendosi anche del contributo tecnico-scientifico degli enti gestori dei suddetti servizi, dagli autodromi, dalle aviosuperfici, dai luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile, dalle piste motoristiche di prova e per attività sportive, da natanti, da imbarcazioni di qualsiasi natura, nonché dalle nuove localizzazioni aeroportuali.
2. I regolamenti di cui al comma 1 devono essere armonizzati con le direttive dell'Unione europea recepite dallo Stato italiano.
3. La prevenzione e il contenimento acustico nelle aree esclusivamente interessate da installazioni militari e nelle attività delle Forze armate sono definiti mediante specifici accordi dai comitati misti paritetici di cui all' articolo 3 della L. 24 dicembre 1976, n. 898, e successive modificazioni.
[b]12. Messaggi pubblicitari[/b]
1. (Aggiunge il comma 2- bis all' art. 8, L. 6 agosto 1990, n. 223).
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica dodici mesi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. La vigilanza e le sanzioni sono disposte ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 74 .
[b]13. Contributi agli enti locali[/b]
1. Le regioni nell'ambito dei propri bilanci possono concedere contributi in conto interessi ed in conto capitale per le spese da effettuarsi dai comuni e dalle province per l'organizzazione del sistema di monitoraggio e di controllo, nonché per le misure previste nei piani di risanamento.
2. Nella concessione dei contributi ai comuni, di cui al comma 1 del presente articolo, è data priorità ai comuni che abbiano adottato i piani di risanamento di cui all'articolo 7.
[b]
14. Controlli[/b]
1. Le amministrazioni provinciali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza per l'attuazione della presente legge in ambiti territoriali ricadenti nel territorio di più comuni ricompresi nella circoscrizione provinciale, utilizzano le strutture delle agenzie regionali dell'ambiente di cui al D.L. 4 dicembre 1993, n. 496 , convertito, con modificazioni, dalla L. 21 gennaio 1994, n. 61 .
2. Il comune esercita le funzioni amministrative relative al controllo sull'osservanza:
a) delle prescrizioni attinenti il contenimento dell'inquinamento acustico prodotto dal traffico veicolare e dalle sorgenti fisse;
b) della disciplina stabilita all'articolo 8, comma 6, relativamente al rumore prodotto dall'uso di macchine rumorose e da attività svolte all'aperto;
c) della disciplina e delle prescrizioni tecniche relative all'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 6;
d) della corrispondenza alla normativa vigente dei contenuti della documentazione fornita ai sensi dell'articolo 8, comma 5.
3. Il personale incaricato dei controlli di cui al presente articolo ed il personale delle agenzie regionali dell'ambiente, nell'esercizio delle medesime funzioni di controllo e di vigilanza, può accedere agli impianti ed alle sedi di attività che costituiscono fonte di rumore, e richiedere i dati, le informazioni e i documenti necessari per l'espletamento delle proprie funzioni. Tale personale è munito di documento di riconoscimento rilasciato dall'ente o dall'agenzia di appartenenza. Il segreto industriale non può essere opposto per evitare od ostacolare le attività di verifica o di controllo.
[b]15. Regime transitorio.[/b]
1. Nelle materie oggetto dei provvedimenti di competenza statale e dei regolamenti di esecuzione previsti dalla presente legge, fino all'adozione dei provvedimenti e dei regolamenti medesimi si applicano, per quanto non in contrasto con la presente legge, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991, fatta eccezione per le infrastrutture dei trasporti, limitatamente al disposto di cui agli articoli 2, comma 2, e 6, comma 2.
2. Ai fini del graduale raggiungimento degli obiettivi fissati dalla presente legge, le imprese interessate devono presentare il piano di risanamento acustico di cui all' articolo 3 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991, entro il termine di sei mesi dalla classificazione del territorio comunale secondo i criteri di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), della presente legge. Nel piano di risanamento dovrà essere indicato con adeguata relazione tecnica il termine entro il quale le imprese prevedono di adeguarsi ai limiti previsti dalle norme di cui alla presente legge.
3. Le imprese che non presentano il piano di risanamento devono adeguarsi ai limiti fissati dalla suddivisione in classi del territorio comunale entro il termine previsto per la presentazione del piano stesso.
4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri e le modalità per l'applicazione delle disposizioni di cui all' articolo 2, comma 3, del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991 (20).
[b]
16. Abrogazione di norme.[/b]
1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, è emanato, ai sensi dell' articolo 17, comma 2, della L. 23 agosto 1988, n. 400 , entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri competenti, un apposito regolamento con il quale sono individuati gli atti normativi incompatibili con la presente legge, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo.
[b]17. Entrata in vigore.[/b]
1. La presente legge entra in vigore sessanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
[b][size=14pt]Gli ulteriori approfondimenti:[/size][/b]
http://www.ambientediritto.it/Giurisprudenza/RUMORE.htm
http://www.altalex.com/index.php?tag=Y&qs=inquinamento+acustico
http://www.regione.toscana.it/-/inquinamento-acustico
http://www.studiocataldi.it/tag.asp?id=rumori
http://www.anit.it/leggi/acustica/nazionali
http://www.reteambiente.it/normativa/rumore/indici/giurisprudenza/?p=all
[b]Modulistica[/b]
http://centroservizi.lineacomune.it/ssproxy/comune_di_firenze/ambiente/inquinamento/inquinamento_acustico_/attivita_di_controllo.html
http://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/18020
[b]Piano di Classificazione acustica[/b]
http://ruonline.comune.prato.it/pratomapsbinj/jsp/servizi/strumentiUrb/classificazioneAcustica/home.jsp
http://maps.comune.fi.it/pcca/
http://www.comune.campi-bisenzio.fi.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4324
http://www.comune.spello.pg.it/pagine/classificazione-acustica
http://www.comune.sanfelicedelbenaco.bs.it/web/master_dettaglio.asp?id=87&cod=1115
[b]Schiamazzi di fronte al BAR: non imputabili al titolare se avvisa con cartelli[/b]
E' una sentenza in controtendenza rispetto agli ultimi orientamenti in materia.
In pratica la Corte "esonera" il titolare dell'esercizio da intervenire contro gli avventori rumorosi che si trovano fuori del locale se posiziona comunque cartelli di dissuasione nell'esercizio.
[color=red][b]Corte di cassazione - sentenza 9633/2015, deposita il 5 marzo 2015.[/b][/color]
Approfondimenti:
http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/casa-e-fisco/2015-03-05/gestore-risponde-schiamazzi-esterno-212149.php?uuid=AbgmhJNL
http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/penale/2015-03-05/il-bar-non-paga-gli-schiamazzi-esterni-212501_PRV.php?uuid=ABeqfw4C
[color=red][b]La questione dell’applicazione dell’art. 844 c.c.[/b][/color]
[i]844 cc
Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.[/i]
Lo scopo della disposizione del codice civile è quello di tutelare il godimento fondiario rispetto alle immissioni sonore e di altro tipo. L’accertamento deve essere effettuato dal giudice civile per mezzo di una valutazione che tenga conto della particolarità della situazione concreta ivi comprese le abitudini della popolazione. Può essere discriminante la rumorosità ambientale di fondo con riferimento alla normale tollerabilità del fenomeno e alle abitudini sociali.
La finalità ed il campo di applicazione dell’art. 844 sono completamente diversi da quelli propri dell’art. 10 della legge n. 447/1995.
L’art. 844 è posto a tutela del diritto di proprietà fondiaria (la giurisprudenza lo ha esteso ai rapporti condominiali) e si interseca nei rapporti ”orizzontali” fra privati. I poteri comunali derivanti dalla legge n. 447/95, invece, perseguono finalità di interesse pubblico ed operano sulle attività che hanno una rilevanza pubblica, se pur potenziale: tali sono le attività produttive in genere. Per questo l’amministrazione comunale, deputata all’esercizio del potere, eventualmente chiamata al controllo, non può che agire secondo i parametri certi e oggettivi fissati dalla legge.
L’art. 844 tutela il diritto del singolo cittadino allo sfruttamento del bene di sua proprietà senza limitare il proprio effetto ai soli casi di superamento dei livelli fissati dalla normativa, in questo, i limiti normativi di accettabilità potrebbero essere rispettati pur non potendolo affermare anche per quelli di tollerabilità.
Sul punto si veda la sentenza della Cassazione 17 gennaio 2011 n. 939: [i]nei rapporti di vicinato, le immissioni rumorose possono essere illecite anche quando non viene superato il limite di accettabilità stabilito dalla legge; e che, mentre è senz'altro illecito il superamento dei limiti stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può far considerare in ogni caso lecite le immissioni rumorose, dovendo il giudizio di tollerabilità formularsi alla stregua dei principi previsti dall'articolo 844 c.c., operando un bilanciamento tra gli interessi del proprietario, da un lato, e i principi della tutela della salute e dell’ambiente dall’altro.[/i]
In ambito di tutela civilistica, addirittura, potrebbe trovare luogo una disciplina eventualmente più rigorosa, che i privati interessati potrebbero pattiziamente stabilire agendo nell'ambito della loro libera autonomia contrattuale (Corte di Cassazione 4963/2001).
Passando alla giurisprudenza amministrativa, la sentenza del [b]Consiglio di Stato n. 1372 del 06/03/2013[/b] rappresenta un chiaro e autorevole precedente, fra tanti altri, in favore della legittimità di un’ordinanza sindacale al fine di limitare emissioni acustiche causate da un’attività commerciale in relazione alla alternativa tutela di cui all’art. 844 del codice civile. La sentenza è utile anche per definire il carattere dell’ordinanza che per quanto formalmente d’urgenza è atta a dettare prescrizioni ad efficacia differita.
Riporto un passo della sentenza:
[i]2.1 Osserva la Sezione che il T.A.R., richiamati al riguardo l’art. 15, comma 1, della l.r. n. 13/2001 e l'art. 9, comma 1, della L. n. 447/1995, ha ritenuto che questa norma non può essere riduttivamente intesa come una mera riproduzione, nell'ambito della normativa di settore in tema di tutela dall'inquinamento acustico, del generale potere di ordinanza contingibile ed urgente tradizionalmente riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico al Sindaco in materia di sanità ed igiene pubblica, ma che invece la stessa deve essere logicamente e sistematicamente interpretata nel particolare significato che assume all'interno di una normativa dettata allo scopo primario di realizzare un efficace contrasto al fenomeno dell'inquinamento acustico, che è stato ritenuto sufficiente a concretare l'eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con l'efficace strumento previsto (soltanto) dall'art. 9, comma 1, della citata l. n. 447/1995.
[u]Ha quindi affermato che la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l'intera collettività, ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche ove sia in discussione la salute di una singola famiglia (o anche di una sola persona)[/u] e che non può essere certamente reputato ordinario strumento di intervento (sul piano amministrativo) la facoltà riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità.
La Sezione condivide la tesi fatta propria dal primo Giudice, che il potere di cui al richiamato art. 9 della l. n. 4471995 non va riduttivamente ricondotto al generale potere di ordinanza contingibile ed urgente in materia di sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere qualificato quale ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico; ciò perché, [u]in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali, la presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico rappresenta di per sé una minaccia per la salute pubblica, anche se in concreto è offeso un solo soggetto.[/u]
Aggiungasi che mentre quella riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di adire l'Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità è una mera facoltà, [u]il potere del Sindaco di emanare la ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995 è un dovere connesso all’esercizio delle sue pubbliche funzioni, al quale non può sottrarsi, anche se è leso un solo soggetto, spogliandosi del potere, di valore pubblicistico, di reprimere l’inquinamento acustico e attribuendolo al privato, cui il codice civile riconosce la facoltà di esercitare il diritto a non subire le emissioni dannose e non il dovere, se eccedenti i valori massimi consentiti.[/u]
[u]Deve quindi ritenersi che le facoltà concesse al privato dall’art. 844 del c.c. e i doveri della P.A. previsti dalla normativa in materia di attività produttive, laddove fissa le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità, hanno finalità e campi di applicazione distinti, [/u]atteso che la norma civilistica tutela il diritto di proprietà ed è finalizzato a disciplinare i rapporti di natura patrimoniale tra i privati proprietari di fondi vicini, mentre l’altra normativa ha carattere pubblicistico, dal momento che persegue finalità di interesse pubblico ed è volta a regolare i rapporti tra i privati e la P.A..
Deve quindi ritenersi che condivisibilmente il Giudice di primo grado ha ritenuto competente il Sindaco del Comune di cui trattasi ad esercitare i poteri di cui all’art. 9 della l. n. 4471995 ordinando l’abbattimento delle emissioni dannose in questione.
3.- Con il motivo in esame è stato anche dedotto che contraddittoriamente il T.A.R. ha da un lato riconosciuto la sussistenza del potere sindacale di emettere una ordinanza contingibile ed urgente allo scopo di realizzare un immediato ed efficace contrasto all’inquinamento acustico e dall’altro ha affermato la legittimità della impugnata ordinanza che ha invitato il trasgressore solo ad individuare generiche misure da adottarsi per il futuro, senza neppure indicare un termine a pena di decadenza entro il quale le stesse dovessero essere adottate.
3.1.- Osserva in proposito la Sezione che con l’ordinanza n. 20 del 2009 impugnata è stato intimato la legale rappresentante della attuale appellante di provvedere entro 30 giorni dal ricevimento della stessa, e comunque compatibilmente con i tempi necessari all’ottenimento di tutti gli eventuali nulla osta od autorizzazioni previste dalla vigente normativa, a realizzare gli interventi opportuni per garantire che le emissioni acustiche fossero conformi ai valori limite previsti dal d.P.C.M. 14 novembre 1997.
Detto provvedimento non conteneva quindi solo un generico invito ad adottare misure di contenimento dell’inquinamento acustico per il futuro senza indicazione di un termine di decadenza, atteso che non contraddittoriamente, ma in logica contemperazione dell’interesse pubblico alla eliminazione dell'inquinamento acustico con i vincoli di legge imposti al privato per poter effettuare interventi edilizi sulla proprietà, ha concesso che il termine, perentorio e non decadenziale, assegnato per l’incombente fosse dilatabile sino al conseguimento degli indispensabili titoli edilizi.
Aggiungasi che se è vero è che l'istituto dell'ordinanza contingibile e urgente, con la quale è consentito fronteggiare le situazioni di emergenza anche al prezzo del sacrificio temporaneo di posizioni individuali costituzionalmente tutelate, non può essere impiegato per conferire un assetto stabile e definitivo agli interessi coinvolti, questo non significa che i provvedimenti contingibili debbano considerarsi automaticamente illegittimi solo perché sprovvisti di un termine finale di durata o di efficacia (Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2011, n. 3922 e 13 agosto 2007, n. 4448). Sicché anche misure non definite nel loro limite temporale possono essere reputate legittime, quando, come nel caso che occupa, siano razionalmente collegate alla concreta situazione di pericolo accertata rapportata alla situazione di fatto.
[/i]
Approfondimenti
[b]Isolamento acustico: pubblicata la UNI 11572 e UNI/TR 11571[/b]
http://www.insic.it/Edilizia/Notizie/Isolamento-acustico-pubblicata-la-UNI-11572-e-UNITR-11571/ccc37fee-f76e-4a6b-bdc1-444976768317/?utm_source=MailUp&utm_medium=email&utm_campaign=NewsInSic_10_3_2015
[b]Rumore: stima della popolazione esposta al rumore da traffico veicolare lungo le strade regionali con traffico sopra i 6 milioni di veicoli/anno - anno 2013
[/b]http://www.arpat.toscana.it/datiemappe/dati/rumore-stima-della-popolazione-esposta-al-rumore-da-traffico-veicolare-lungo-le-strade-regionali-con-piu-6-milioni-veicoli-all-anno-anno-2013
[b]Le linee guida dell'EEA per individuazione di zone tranquille in base alla Direttiva sul rumore ambientale
[/b] Lo studio dell’Agenzia europea per l'ambiente (EEA) “Good practice guide on quiet areas", fornisce indicazioni e raccomandazioni per identificare e proteggere le zone tranquille individuate per tutelare i cittadini dagli effetti nocivi dell'esposizione al rumore ambientale e ha visto la luce in concomitanza con la “Giornata di sensibilizzazione sul rumore”, promossa dallo statunitense Centre for Hearing and Communication.
http://www.arpat.toscana.it/notizie/arpatnews/2015/047-15/047-15-le-linee-guida-dell2019eea-per-individuazione-di-zone-tranquille-in-base-alla-direttiva-sul-rumore-ambientale
[b]L’Agenzia Europea dell’Ambiente ha presentato una panoramica sul rumore ambientale in Europa
[/b]Il Rapporto “Noise in Europe 2014” dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), uscito a dicembre 2014, presenta una panoramica e un'analisi sul rumore ambientale basata sulle informazioni fornite dai Paesi membri, secondo quanto stabilito dalla Direttiva UE 2002/49/CE relativa alla determinazione e gestione del rumore ambientale.
http://www.arpat.toscana.it/notizie/arpatnews/2015/049-15/049-15-lagenzia-europea-dellambiente-ha-presentato-una-panoramica-sul-rumore-ambientale-in-europa
[b]Inquinamento acustico - Emilia Romagna[/b]
http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/aria-rumore-elettrosmog/temi/inquinamento-acustico
[b]Informazione on-line dal 2004 sull'inquinamento acustico[/b]
http://www.inquinamentoacustico.it/
[b]Norme UNI in materia di acustica e vibrazioni pubblicate a Febbraio 2015[/b]
http://www.acustica-aia.it/norme-uni-in-materia-di-acustica-e-vibrazioni-pubblicate-a-febbraio-2015/
Superamento limiti acustici - competenza DIRIGENTI previo avvio (sent. 3/3/2015)
[b]Superamento limiti acustici - competenza DIRIGENTI previo avvio (sent. 3/3/2015)[/b]
[color=red][b]Tar Lazio, Latina, sez. I, 03/03/2015, n. 208[/b][/color]
N. 00208/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00880/2006 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 880 del 2006, proposto dalla
Meccanica Mazzocchia S.r.l., in persona del coamministratore e legale rappresentante pro tempore, sig. Mario Mazzocchia, rappresentata e difesa dall’avv. Italico Perlini e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Pierluigi Angeloni, in Latina, via Vico, n. 45
contro
Comune di Alatri, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alfonso Musa e con domicilio stabilito ex lege presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria, n. 4
nei confronti di
GEDOM S.a.s. di Orazi Mario & C., non costituita in giudizio
Hotel Ristorante “Saturno”, non costituito in giudizio
per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- dell’ordinanza del Comune di Alatri n. 120 del 4 agosto 2006, notificata il 7 agosto 2006, recante l’ingiunzione al legale rappresentante della Meccanica Mazzocchia S.r.l. di realizzare e presentare un piano di risanamento acustico a firma di un tecnico competente, finalizzato al rientro nei valori previsti dal Piano di zonizzazione acustica del Comune di Alatri;
- di ogni altro atto annesso, connesso, presupposto e conseguente.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla società ricorrente;
Viste la memoria di costituzione e difensiva e la documentazione del Comune di Alatri;
Vista l’ordinanza n. 882/2006 del 2 dicembre 2006, con cui è stata accolta l’istanza cautelare;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 18 dicembre 2014 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
La società ricorrente, Meccanica Mazzocchia S.r.l., espone di svolgere l’attività di produzione di cassonetti in metallo per rifiuti solidi urbani, nell’impianto sito nel territorio del Comune di Alatri, in loc. Chiappitto.
Il terreno dove si trova il suindicato impianto produttivo ricade, secondo il P.R.G. vigente, in zona industriale e, più precisamente, nella “Sottozona I/1 – attività industriali”. Il piano di zonizzazione acustica approvato dal Comune di Alatri nel marzo del 2005 ricomprende, invece, il terreno de quo nella classe V, ossia quella delle “aree prevalentemente industriali”.
L’esponente precisa che, peraltro, il Comune di Alatri non ha ancora adeguato il P.R.G. alla citata zonizzazione acustica, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b), della l. n. 447/1995, né ha emanato un regolamento per l’attuazione della disciplina statale e regionale in tema di tutela dall’inquinamento acustico, ai sensi della lett. e) del citato art. 6, comma 1.
In data 15 aprile 2006 l’A.R.P.A. Lazio notificava alla società verbale di accertamento di violazione amministrativa per violazione dell’art. 10, comma 2, della l. n. 447/1995, a seguito del superamento dei “valori limite differenziali di immissione” ex art. 4 del d.P.C.M. 14 novembre 1997 ed art. 6 del d.P.C.M. 1° marzo 1991 e cioè per effetto del superamento del valore che indica la differenza tra il “livello equivalente di rumore ambientale” (rumore rilevabile in presenza della sorgente disturbante, qui l’attività dell’azienda) ed il “rumore residuo” (rilevabile in assenza di tale sorgente).
Per detto motivo, l’A.R.P.A. Lazio elevava nei confronti del legale rappresentante della società una sanzione amministrativa pecuniaria, inviando copia del verbale al Sindaco del Comune di Alatri per i provvedimenti di competenza.
La società esponente faceva pervenire al Comune di Alatri ed all’A.R.P.A. scritti difensivi, con cui contestava il superamento dei valori limite differenziali, richiamando anche gli esiti a sé favorevoli dei precedenti contenziosi intercorsi con la P.A.; nonostante ciò, con ordinanza n. 120 del 4 agosto 2006 il Comune di Alatri ingiungeva alla società di realizzare e presentare un piano di risanamento acustico, finalizzato al rientro nei valori previsti dal Piano di zonizzazione acustica.
La Meccanica Mazzocchia S.r.l. lamenta di aver effettuato negli ultimi anni molti interventi presso lo stabilimento in esame, al fine di limitare le immissioni rumorose, nonché di svolgere un’attività produttiva nel solo periodo diurno (6.00 – 22.00), con intensità lavorativa ridotta nelle fasce orarie 6.00 – 8.00 e 17.00 – 22.00. Aggiunge, inoltre, di operare nello stabilimento di Alatri fin dagli anni ’60 del secolo scorso e di avere alle proprie dipendenze circa novanta lavoratori.
Tanto premesso, con il ricorso indicato in epigrafe l’esponente ha impugnato la succitata ordinanza del Comune di Alatri n. 120 del 4 agosto 2006, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, e deducendo a supporto del gravame le seguenti censure:
- violazione e/o falsa applicazione dell’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000, incompetenza ed eccesso di potere per sviamento, in quanto l’ordinanza impugnata sarebbe stata adottata dal Responsabile del Servizio (Impianti Tecnologici ed Ambiente) del Comune pur non rientrando tra i casi disciplinati dall’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000, in assenza di un atto di indirizzo del Comune, a cui il dirigente potesse dare attuazione. Inoltre, avendo il provvedimento in esame natura di ordinanza contingibile ed urgente, lo stesso avrebbe dovuto essere emanato dal Sindaco (a cui, non casualmente, si sarebbe rivolta l’A.R.P.A.);
- violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 ed eccesso di potere per mancanza, carenza, insufficienza, perplessità e contraddittorietà della motivazione, poiché il Comune avrebbe pedissequamente richiamato gli esiti dell’indagine dell’A.R.P.A. Lazio a giustificazione dell’ordine di realizzazione di un piano di risanamento acustico, senza dare conto delle motivazioni per le quali ha adottato una simile decisione. Inoltre, il Comune non avrebbe esposto i motivi per i quali non ha tenuto conto degli scritti difensivi trasmessigli dalla ricorrente. In ogni caso, la motivazione sarebbe insufficiente, perché ignorerebbe gli interventi effettuati dalla società, ed incongrua, perché darebbe per scontata una situazione di pericolo di fatto inesistente;
- violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990 ed eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento, per essere stati i rilievi fonometrici effettuati dalla P.A. in modo unilaterale e senza consentire alla società di parteciparvi in contraddittorio;
- violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della l. n. 241/1990, giacché l’ordinanza gravata non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento;
- violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4 e 6 della l. n. 447/1995, dell’art. 6 del d.P.C.M. 1° marzo 1991, dell’art. 8 del d.P.C.M. 14 novembre 1997, degli artt. 5, 6 e 27 della l.r. n. 18/2001, eccesso di potere per sviamento e violazione dell’art. 97 Cost., atteso che il cd. limite differenziale disciplinato dalle norme ora richiamate non sarebbe applicabile alla fattispecie in esame, essendo lo stabilimento della società ricorrente ubicato in un’area classificata dal P.R.G. di Alatri come “zona industriale”;
- eccesso di potere sotto i profili della violazione del principio di logicità e di congruità dell’azione amministrativa, dell’omessa motivazione e dell’assenza dei presupposti, violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 e dell’art. 3 del d.P.C.M. 1° marzo 1991, in quanto sarebbe abnorme la pretesa della P.A. che la società ricorrente presenti e realizzi, entro trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza, un piano di risanamento acustico. Ciò, visto che: a) il provvedimento non preciserebbe i limiti di legge violati, sicché la ricorrente non sarebbe a conoscenza dei dati cui dovrebbe adeguarsi; b) il termine di realizzazione del piano di risanamento acustico sarebbe troppo breve (30 volte inferiore a quello previsto dalla normativa di settore); c) il Comune avrebbe trascurato che il piano di risanamento va trasmesso alla Regione, che deve approvarlo;
- eccesso di potere per travisamento dei fatti ed omessa od insufficiente istruttoria, poiché sarebbero erronei ed inesistenti i presupposti di fatto posti a base dell’ordinanza impugnata. In particolare: a) quest’ultima farebbe erroneamente riferimento al “valore di emissione” (che, invece, non verrebbe in rilievo, non essendo state le rilevazioni dell’A.R.P.A. eseguite presso lo stabilimento); b) i rilievi fonometrici sarebbero stati effettuati per una durata troppo breve ed in un orario penalizzante per la ricorrente; c) le risultanze di tali rilievi sarebbero totalmente confutate dalla perizia di parte riportata sub all. n. 11 al ricorso.
Si è costituito in giudizio il Comune di Alatri, depositando memoria difensiva con documentazione allegata e concludendo per il rigetto del ricorso, previo rigetto dell’istanza cautelare.
Nella Camera di consiglio del 1° dicembre 2006 il Collegio, considerato, ad un sommario esame, il ricorso assistito da fumus boni juris, alla luce sia delle condizioni di tempo e di traffico acustico in cui l’A.R.P.A. Lazio ha effettuato l’accertamento fonometrico, sia delle controdeduzioni contenute nella perizia di parte, nonché assistito da periculum in mora, con ordinanza n. 882/2006 ha accolto l’istanza cautelare.
All’udienza pubblica del 18 dicembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Forma oggetto di impugnazione l’ordinanza del Comune di Alatri contenente ingiunzione al legale rappresentante della ricorrente di realizzare e presentare un piano di risanamento acustico, volto al rientro nei valori previsti dal Piano di zonizzazione acustica del predetto Comune.
Il ricorso è fondato, nei limiti che di seguito si espongono.
Va esaminato, anzitutto, il primo motivo di ricorso, avente carattere prioritario rispetto agli altri, in quanto incentrato sul presunto vizio di incompetenza da cui sarebbe affetta l’ordinanza impugnata. Questa, infatti, non rientrerebbe nell’ambito applicativo dell’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000, poiché non vi sarebbe alcun atto di indirizzo dell’Ente locale, la cui attuazione è demandata al dirigente del servizio/ufficio competente (o, in mancanza di questo, al responsabile del servizio). Essa, piuttosto, avrebbe natura di ordinanza contingibile ed urgente e, come tale, rientrerebbe nella competenza del Sindaco.
La priorità giuridica della censura incentrata sul dedotto vizio di incompetenza dipende dal fatto che il suo accoglimento comporterebbe l’annullamento dell’ordinanza impugnata e la rimessione della questione al Comune di Alatri, con assorbimento degli altri motivi di impugnazione, come previsto dall’art. 26, secondo comma, della l. T.A.R. ed ora dall’art. 34, comma 2, primo periodo, c.p.a., da cui discende l’impossibilità, per il G.A., di pronunciarsi in ordine a poteri amministrativi non ancora esercitati (v. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 13 aprile 2013, n. 941).
Peraltro, la censura è priva di fondamento.
L’art. 9, comma 1, della l. n. 447/1995 (“legge quadro sull’inquinamento acustico”) ha previsto che, ove sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente, il Sindaco (ovvero, nell’ambito delle rispettive competenze, il Presidente della Provincia, il Presidente della Regione, il Prefetto, il Ministro dell’Ambiente ed il Presidente del Consiglio dei ministri), con provvedimento motivato, può ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività; nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri.
[b]Questa Sezione (T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 17 marzo 2014, n. 210) ha già avuto modo di rilevare che, ai sensi dell’art. 9, comma 1, della l. n. 447/1995, è riservata in via esclusiva al Sindaco, e non spetta ai dirigenti comunali, la competenza ad adottare ordinanze contingibili ed urgenti finalizzate al contenimento o all’abbattimento delle emissioni sonore, compresa l’inibitoria totale o parziale di certe attività, trattandosi di potere sostanzialmente analogo a quello attribuito al Sindaco dagli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000 (cfr., altresì, T.A.R. Piemonte, Sez. I, 12 giugno 2013, n. 708; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 23 gennaio 2012, n. 256; id., 1° luglio 2009, n. 4225).[/b]
Peraltro, si è rilevato che la qualificazione di un provvedimento in chiave di ordinanza contingibile ed urgente discende dall’esplicito richiamo, all’interno del provvedimento, alla norma che fonda il suddetto potere ordinatorio (T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 16 maggio 2014, n. 365). La pronuncia in discorso ha svolto tale argomentazione con riferimento all’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, ma trattasi, con ogni evidenza, di argomentazione di carattere generale, quindi applicabile anche alle ordinanze ex art. 9 della l. n. 447/1995.
[b]Orbene, nel caso di specie il provvedimento impugnato non richiama in alcun modo l’art. 9, comma 1, della l. n. 447 cit., richiamando invece l’art. 107 del d.lgs. n. 267/2000. Inoltre, esso non contiene alcun riferimento ad una situazione di emergenza o di particolare gravità per la salute e per l’igiene pubblica e cioè a quelle circostanze che, sole, possono legittimare l’uso del potere di cui si discute. Se ne evince che l’ordinanza impugnata non costituisce espressione del potere sindacale disciplinato dall’art. 9, comma 1, cit., ma del ben diverso potere di cui all’art. 107 del d.lgs. n. 267 cit., ossia del potere gestionale attribuito dalla legge ai dirigenti dell’Ente locale.[/b]
In contrario, non potrebbe invocarsi l’assenza dei presupposti del potere ex art. 107 cit. per assenza di un atto di indirizzo del Comune, cui il dirigente dell’Ente venga chiamato a dare attuazione. Vero è che una copiosa giurisprudenza sostiene che[color=red][b] il potere ex art. 9 della l. n. 447/1995 va configurato quale rimedio ordinario in tema di inquinamento acustico, in mancanza di altri poteri a disposizione delle Amministrazioni comunali, piuttosto che come rimedio riconducibile al genus del potere extra ordinem in tema di sanità ed igiene pubblica: ciò, dal momento che la l. n. 447/1995 (“legge quadro sull’inquinamento acustico”) non configura alcun potere di intervento amministrativo ordinario, che consenta di ottenere il risultato dell’immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti (cfr., ex plurimis, T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 6 marzo 2014, n. 368; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 11 aprile 2013, n. 837; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 5 aprile 2013, n. 422; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 15 novembre 2012, n. 1794).[/b][/color]
Tuttavia, ai sensi dell’art. 107, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.), spettano ai dirigenti del Comune tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dagli organi di governo dell’Ente locale: e nella fattispecie all’esame, l’atto di indirizzo può verosimilmente esser rinvenuto nel Piano di zonizzazione acustica del Comune di Alatri. Da questo punto di vista, anzi, la difesa comunale ha sottolineato come il superamento dei limiti di rumorosità previsti dal Piano di zonizzazione – evidenziato nel corpo del provvedimento gravato – costituisca il presupposto tipico e necessario per l’esercizio dei poteri ex art. 107 cit..
Ne discende, in ultima analisi, l’infondatezza del motivo di ricorso ora esaminato.
[b]Sono, invece, fondati e da accogliere il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, per avere il Comune di Alatri completamente omesso la fase della partecipazione procedimentale prevista dalla l. n. 241/1990 e, conseguentemente, per avere esso del tutto ignorato le memorie partecipative che gli erano state trasmesse dalla ricorrente (a cui l’A.R.P.A. Lazio aveva contestato gli esiti dei rilievi effettuati).[/b]
[color=red][b]Invero, la giurisprudenza (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, n. 368/2014, cit.) ha specificato che l’omissione dell’instaurazione di un contraddittorio procedimentale, a seguito dell’acquisizione dei rilievi fonometrici, può giustificarsi qualora ci si trovi dinanzi all’esercizio del potere di adottare l’ordinanza contingibile ed urgente ex art. 9 della l. n. 447 cit., costituendo l’inquinamento acustico una minaccia per la salute pubblica (art. 32 Cost.). Peraltro, in via generale, l’esercizio del potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti può comportare l’omissione della fase di partecipazione procedimentale, poiché l’urgenza di intervenire risulta preminente rispetto all’esigenza di tutelare le garanzie partecipative (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 15 dicembre 2014, n. 3036).[/b][/color]
Nondimeno, la fattispecie in esame – per quanto detto in relazione al primo motivo di ricorso – non costituisce espressione del potere del Sindaco di emanare ordinanze contingibili ed urgenti (e più in specie, quelle ex art. 9 della l. n. 447/1995), né l’ordinanza impugnata contiene alcun riferimento ad una situazione di emergenza o di particolare gravità per la salute e l’igiene pubblica: dunque, non vi è alcuna giustificazione per l’omissione della fase di partecipazione procedimentale e ciò tanto più, in quanto al caso di specie non può applicarsi l’art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990, poiché le allegazioni peritali della ricorrente impediscono di concludere che il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello che in concreto ha avuto.
Va da sé che, ove si opinasse diversamente, ritenendo la sussistenza nel caso de quo dell’urgenza di provvedere, sarebbe fondato il primo motivo di ricorso, perché si ricadrebbe nell’ambito applicativo dell’art. 9, comma 1, della l. n. 447/1995 e, pertanto, l’ordinanza gravata sarebbe affetta dal vizio di incompetenza, per non essere stata adottata dal Sindaco di Alatri.
Alle argomentazioni ora esposte non può ribattersi che la ricorrente è stata, comunque, avvisata del procedimento ed ha partecipato ad esso, inviando scritti difensivi con cui ha contestato le risultanze degli accertamenti eseguiti dall’A.R.P.A. Lazio.
Infatti, da un lato il contraddittorio procedimentale è stato omesso per quanto riguarda l’esecuzione dei rilievi fonometrici: dalla documentazione in atti (doc. 4 del Comune di Alatri), infatti, si evince che solo uno degli accertamenti fonometrici (quello svolto il 6 febbraio 2006, alle ore 12,15) è stato effettuato alla presenza di un dipendente della Meccanica Mazzocchia S.r.l.. A quest’ultima, in ogni caso, non è stato previamente comunicato lo svolgimento delle operazioni, per metterla in grado di parteciparvi con un proprio perito, e tale omissione non pare giustificabile, poiché l’esecuzione dei rilievi alla presenza di un rappresentante della ricorrente, assistito da un tecnico di fiducia, avrebbe consentito un esame più approfondito, tenendo anche conto delle contestazioni in ordine al metodo seguito dall’A.R.P.A., poi esplicitate nel ricorso (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 17 ottobre 2011, n. 7991).
Dall’altro lato, anche ove si volesse ricondurre la fattispecie de qua ai cd. accertamenti a sorpresa, i quali consentono di omettere la previa comunicazione di avvio del procedimento, per non rischiare di comprometterne la genuinità (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, 18 maggio 2004, n. 3190; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 22 ottobre 2014, n. 2743), l’omissione della fase partecipativa da parte del Comune di Alatri resterebbe comunque illegittima: infatti, in tanto è legittimo non far precedere gli accertamenti “a sorpresa” dal previo avviso di avvio del procedimento, in quanto agli stessi segua – con il vero e proprio avvio del procedimento – la comunicazione ex art. 7 della l. n. 241/1990 (cfr. C.d.S., n. 3190/2004 cit.; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 10 giugno 2008, n. 1961; id., Sez. II, 1° febbraio 2007, n. 173).
Orbene, nel caso in esame, il Comune di Alatri non ha inviato alla ricorrente alcuna comunicazione dell’avvio del procedimento. Comunque, pur ove si ritenga tale profilo formale superato dall’avviso inviato alla società dall’A.R.P.A. (che, peraltro, concerneva il distinto procedimento di irrogazione della sanzione amministrativa per il superamento dei limiti di inquinamento acustico), il fatto che la società sia stata messa in grado di fornire al Comune le sue osservazioni si è rivelato del tutto vano, non avendo il Comune tenuto minimamente conto delle osservazioni stesse: il che è dimostrato, per tabulas, dalla circostanza che nel provvedimento impugnato non si fa alcuna menzione di esse, né si illustrano le ragioni per le quali non se ne è tenuto conto.
[b]A nulla vale, quindi, obiettare (come fa la difesa comunale) che il provvedimento impugnato risulta congruamente motivato – anche in relazione ai principi in tema di motivazione per relationem – dal richiamo alle risultanze degli accertamenti fonometrici effettuati dall’A.R.P.A., e che la Meccanica Mazzocchia S.r.l. è stata posta nella condizione di partecipare al procedimento dalla comunicazione inviatale dall’Agenzia Regionale. La mancata considerazione degli scritti difensivi della ricorrente da parte del Comune di Alatri dimostra che, nella fattispecie all’esame, la fase partecipativa è stata sostanzialmente omessa, nonostante la necessità di un contraddittorio procedimentale, quantomeno sugli accertamenti fonometrici, perché eseguiti senza la presenza di rappresentanti della società. Se ne ricava la violazione delle regole partecipative di cui agli artt. 7, 8 e 10 della l. n. 241/1990, con il corollario della fondatezza dei motivi di ricorso ora analizzati.[/b]
È, invece, infondato ed inammissibile il quinto motivo di gravame, atteso che – come eccepito dalla difesa comunale – la collocazione dell’area in cui si trova lo stabilimento della ricorrente in classe V (“aree prevalentemente industriali”) si desume dal Piano di zonizzazione acustica, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di Alatri n. 5 del 16 marzo 2005: tale Piano, però, non risulta impugnato dalla ricorrente, a ciò non bastando, per giurisprudenza costante, la mera clausola di stile dell’impugnazione di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 29 luglio 2014, n. 672).
Pertanto, il riferimento, da parte dell’ordinanza gravata, all’ubicazione dello stabilimento de quo in zona collocata nella classe V appare incensurabile, in difetto di impugnazione dell’atto presupposto (il Piano di zonizzazione acustica) a cui la classificazione stessa va ascritta (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6012).
Ancora, è fondato e da accogliere il sesto motivo di ricorso, nella parte in cui si deducono con esso l’illegittimità, illogicità ed incongruità dell’assegnazione di un termine di trenta giorni alla società ricorrente, ad opera del provvedimento impugnato, non soltanto per la presentazione, ma altresì per la realizzazione di un piano di risanamento acustico, finalizzato al rientro nei valori limite ammessi dal Piano di zonizzazione acustica.
Appare, infatti, illogico ed incongruo che un identico termine (trenta giorni) venga ritenuto idoneo sia per la presentazione, sia nel contempo per la realizzazione del piano di risanamento acustico. La dedotta illogicità risulta tanto più grave, in quanto è chiaro che detto piano di risanamento, prima di essere realizzato, dovrà essere esaminato dagli Uffici comunali, ai quali va presentato e che devono, per conseguenza, verificarne la rispondenza o meno ai parametri del Piano di zonizzazione acustica ed approvarlo (o imporne correttivi, ovvero respingerlo). Anche se il richiamo da parte della società ricorrente al regime transitorio di cui all’art. 15 della l. n. 447/1995 non pare corretto, ad avviso del Collegio il Comune di Alatri avrebbe dovuto comunque assegnare un termine alla società per la sola presentazione del piano di risanamento e poi, una volta conclusa la disamina di questo, un ulteriore termine per la sua attuazione concreta. Se ne ricava la fondatezza anche della censura ora analizzata e, perciò, del motivo di ricorso (il sesto) con cui la stessa è stata veicolata.
Da ultimo, risulta fondato e da accogliere il settimo ed ultimo motivo di ricorso, relativamente alle doglianze mosse dalla ricorrente in riferimento alle modalità di tempo e di luogo con cui sono stati effettuati gli accertamenti fonometrici da parte dell’A.R.P.A. Lazio. Ciò, per quanto riguarda sia la durata delle singole misurazioni, sia l’orario prescelto, che si rivelano eccessivamente penalizzanti per la società ricorrente e tali da viziare l’ordinanza impugnata, che ne ha pedissequamente recepito i valori, senza tenere in alcun conto le controdeduzioni e le misurazioni del perito di parte, sebbene trasmesse al Comune.
[b]Né in contrario potrebbe obiettarsi che i verbali degli accertamenti fonometrici non formano oggetto di impugnazione, giacché la relativa cognizione è attribuita al giudice competente a conoscere della sanzione amministrativa pecuniaria in cui sono sfociati. In questa sede, invece, rileva che il Comune di Alatri, avendone recepito le risultanze, senza tener conto delle controdeduzioni e misurazioni del perito di parte, sia incorso nei vizi di difetto di istruttoria e di motivazione, nonché di violazione del contraddittorio procedimentale (come si era già sottolineato in sede di disamina del secondo, terzo e quarto motivo di gravame).[/b]
In definitiva, pertanto, il ricorso è fondato e da accogliere, attesa la fondatezza dei motivi più sopra riportati. Per l’effetto, il provvedimento con esso impugnato è illegittimo e va annullato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata nel dispositivo nei confronti del Comune di Alatri, mentre sono dichiarate irripetibili nei confronti della GEDOM S.a.s. di Orazi Mario & C. e dell’Hotel Ristorante “Saturno”, non costituitisi in giudizio e sostanzialmente estranei al contenzioso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina (Sezione I^), così definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei termini di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il provvedimento con esso impugnato.
Condanna il Comune di Alatri al pagamento in favore della ricorrente di spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.
Dichiara irripetibili le spese nei confronti della GEDOM S.a.s. e dell’Hotel Ristorante “Saturno”.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014, con l’intervento dei magistrati:
Santino Scudeller, Presidente FF
Roberto Maria Bucchi, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
[img width=300 height=207]http://cdn.medicinalive.com/wp-content/uploads/2010/10/troppo-rumore.jpg[/img]
RUMORE: accertamento emissioni sonore al disturbo della pubblica quiete
[b]Cass. Sez. III n. 11031 del 16 marzo 2015 (Ud 5 feb 2015)[/b]
Pres. Squassoni Est. Ramacci Ric. Montoli ed altra
Rumore. Modalità di accertamento della effettiva idoneità delle emissioni sonore al disturbo della pubblica quiete
[i]La effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio alla quiete al riposo ed alle occupazioni di un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento in fatto rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifici accertamenti di natura tecnica, ben potendo fondare il proprio convincimento sulla base di altri dati fattuali suscettibili di valutazione ed oggettivamente sintomatici della sussistenza di un fenomeno oggettivamente disturbante.[/i]
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/156-cassazione-penale156/11388-rumore-modalit%C3%A0-di-accertamento-della-effettiva-idoneit%C3%A0-delle-emissioni-sonore-al-disturbo-della-pubblica-quiete.html
[img width=300 height=225]http://www.spinea.gov.it/.imaging/stk/spinea/zoom/dms/Amministrazione-Trasparente/Informazioni-ambientali/Ambiente/Rumore/Rumore-sampling-1kHZ/document/Rumore%20sampling%201kHZ.gif[/img]
Titolare di PUB: deve cacciare i clienti rumorosi (Cassazione 12967/2015)
[b]Cassazione penale Sentenza, Sez. III, 26/03/2015, n. 12967[/b]
I tema sarà trattato durante l'incontro:
[color=red][b]21 maggio ore 9,45 – 13,30[/b][/color]
Normativa statale e regionale sull'inquinamento acustico. Autorizzazioni in deroga e regime sanzionatorio. Giurisprudenza e prassi
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=25404.0
Approfondimenti:
http://www.quotidianogiuridico.it/Penale/disturbo_delle_persone_all_esterno_di_un_locale_pubblico_e_responsabile_il_gestore_id1167857_art.aspx
http://newsgo.it/2015/04/la-corte-di-cassazione-ha-stabilito-che-i-gestori-dei-pub-hanno-il-dovere-di-cacciare-i-clienti-piu-chiassosi/
http://torino.repubblica.it/cronaca/2015/04/06/news/movida_il_gestore_di_un_pub_deve_cacciare_i_clienti_rumorosi-111296901/?ref=fbpr
http://www.ilgiornalelocale.it/archives/43062
http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_18044.asp
[img width=300 height=168]http://iltirreno.gelocal.it/polopoly_fs/1.11177041.1428147969!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/detail_558/image.jpg[/img]
RUMORE: illecito amministrativo/penale - Cassazione 23/2/2015 n. 7912
[color=red][b]CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE III, SENTENZA 23 FEBBRAIO 2015, N. 7912[/b][/color]
Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 23 febbraio 2015, n. 7912
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo – Presidente
Dott. FRANCO Amedeo – rel. Consigliere
Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata ad (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa il 21 novembre 2013 dal giudice del tribunale di Avellino;
udita nella pubblica udienza del 27 gennaio 2015 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. POLICASTRO Aldo, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio perche’ il fatto non e’ previsto come reato con trasmissione atti alla ASL di Avellino.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza in epigrafe, il giudice del tribunale di Avellino dichiaro’ (OMISSIS) colpevole del reato di cui all’articolo 659 cod. pen. perche’, quale titolare dell’esercizio commerciale ” (OMISSIS) S.r.l.” con sede in (OMISSIS), mediante emissioni sonore, provenienti dai gruppi di raffreddamento asserviti alla predetta attivita’ (bar, sala giochi), disturbava le occupazioni ed il riposo delle persone, e la condanno’ alla pena di euro 200,00 di ammenda.
[b]Osservo’ il giudice che il tecnico dell’Arpac aveva accertato che in orario notturno il rumore misurato nell’abitazione del denunciante a finestre aperte si innalzava da 37 dB a 43 dB per effetto dell’immissione sonora provocata dai motori dei condizionatori.[/b] Tale incremento si poneva in contrasto con i dettati del D.P.C.M. 14 novembre 2007, articolo 4, il quale fissa i valori limiti differenziali di immissione di 5 dB in orario diurno e di 3 dB in orario notturno. Inoltre, le rilevazioni fonometriche non soltanto evidenziavano un differenziale superiore a quello normativamente previsto fra rumore ambientale e rumore residuo (pari a 6 dB), ma anche livelli significativi di rumorosita’ prossimi al limite assoluto. Il valore di 43 dB calcolato dai tecnici dell’Arpac non era molto lontano dal limite notturno di 45 dB previsto per le zone residenziali (2 ), di 50 dB previsto per le aree di tipo misto (3 ) e di 55 dB per quelle ad intensa attivita’ umana (4 ). Nella specie l’immobile in questione era inquadrabile nell’area 3 , o al piu’ nell’area 4 .
L’imputata, a mezzo dell’avv. (OMISSIS), propone ricorso per cassazione deducendo:
1) erronea applicazione del d.p.c.m. 14.11.1997 in relazione all’articolo 659 c.p.. Lamenta che il giudice ha ritenuto sussistente il reato di cui all’articolo 659 c.p., solo perche’ era stato superato il limite differenziale mentre i valori di immissione erano inferiori, e non di poco, ai limiti massimi. Ora, se il valore di immissione non supera il limite massimo fissato dal D.P.C.M. 14 novembre 1997, non vi e’ violazione della norma. Ricorda inoltre che secondo la giurisprudenza il solo superamento dei limiti massimi o differenziali nell’esercizio di mestieri rumorosi integra l’illecito amministrativo di cui alla Legge n. 447 del 1995, articolo 10, comma 2.
2) mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione. Lamenta che il giudice si e’ basato solo sulla consulenza tecnica, senza valutare le numerose doglianze difensive circa la corretta applicazione della normativa sull’inquinamento acustico. Il giudice poi da atto che i valori fonometrici riscontrati sono ben al di sotto dei limiti massimi, ma definisce comunque i macchinari come “idonei a recare potenzialmente disturbo”, anzi afferma con assoluta certezza che “non possono nutrirsi dubbi” circa la loro, capacita’ di molestia della quiete e riposo, senza pero’ spiegare come condizionatori d’aria, che producono una “quantita’ di rumore” al di sotto del massimo consentito possano disturbare la quiete e il riposo altrui. La motivazione e’ manifestamente illogica anche nella parte in cui ritiene che il valore numerico (43) misurato a seguito dei rilievi fonometrici, essendo “prossimo” a quelli massimi stabiliti per le classi abitative di fascia inferiore rispetto a quelle ove si trovava l’esercizio commerciale scenario degli eventi (45), possa essere elemento a supporto del giudizio di colpevolezza. E’ invero manifestamente illogico affermare che il valore rilevato benche’ solo prossimo a quello massimo consentito in una classe abitativa diversa da quella ove si trova l’esercizio commerciale dell’imputata, possa essere posto a supporto di un giudizio di colpevolezza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
[color=red][b]Il ricorso e’ fondato per le ragioni che seguono.[/b][/color]
[b]Non e’ chiaro quale reato sia stato contestato all’imputata: se quello di cui all’articolo 659 c.p., comma 1, o quello di cui al comma 2[/b]. E nemmeno e’ chiaro per quale reato la stessa sia stata condannata. Se si tiene conto del capo di imputazione (dove si contesta di avere disturbato le occupazioni e il riposo delle persone) dovrebbe ritenersi che sia stato contestato il reato di cui al primo comma dell’articolo 659. Se invece si tiene conto della motivazione della sentenza impugnata (fondata esclusivamente sul superamento o meno dei limiti di emissione nell’esercizio della sala giochi) potrebbe ritenersi che il giudice abbia ritenuto integrato il reato di cui all’articolo 659, comma 2, se non invece l’illecito amministrativo di cui alla Legge 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 10, comma 2.
Va quindi ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “[color=red][b]L’elemento che differenzia le due autonome fattispecie configurate rispettivamente dall’articolo 659 c.p., comma 1 e 2, e’ rappresentato dalla fonte del rumore prodotto, giacche’ ove esso provenga dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi la condotta rientra nella previsione del secondo comma del citato articolo per il semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell’autorita’, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillita’. Qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall’esercizio della attivita’ lavorativa, ricorre l’ipotesi di cui all’articolo 659 c.p., comma 1, per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilita’ ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo (Fattispecie nella quale la S. C. ha ritenuto applicabile l’articolo 659 c.p., comma 1, in quanto le emissioni rumorose non erano state provocate dalla attivita’ di una discoteca, bensi’ dal relativo impianto di condizionamento)[/b][/color]” (Sez. 1 , 17.12.1998, n. 4820 del 1999, Mannelli, Rv. 213395).
La giurisprudenza piu’ recente ha peraltro precisato che “[b]L’inquinamento acustico conseguente all’esercizio di mestieri rumorosi, che si concretizza nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, integra l’illecito amministrativo di cui alla Legge 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 10, comma 2, (legge quadro sull’inquinamento acustico) e non la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (articolo 659 c.p., comma 2)[/b]” (Sez. 1 , 13.11.2012, n. 48309, Carrozzo, Rv. 254088); e che “[b]In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilita’ di emissioni sonore derivanti dall’esercizio di professioni o mestieri rumorosi non configura l’ipotesi di reato di cui all’articolo 659 c.p., comma 2, ma l’illecito amministrativo di cui alla Legge 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 10, comma 2, (legge quadro sull’inquinamento acustico), in applicazione del principio di specialita’ contenuto nella Legge 24 novembre 1981, n. 689, articolo 9″ (Sez. 3 , 31.1.2014, n. 13015, Vazzana. Rv. 258702). Ancor piu’ recentemente si e’ precisato che “In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone nell’ambito di una attivita’ legittimamente autorizzata, e’ configurabile: A) l’illecito amministrativo di cui alla Legge 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 10, comma 2, ove si verifichi solo il mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia; B) il reato di cui all’articolo 659 c.p., comma 1, ove il fatto costituivo dell’illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso dal mero superamento dei limiti di rumore, per effetto di un esercizio del mestiere che ecceda le sue normali modalita’ o ne costituisca un uso smodato; C) il reato di cui all’articolo 659 c.p., comma 2, qualora la violazione riguardi altre prescrizioni legali o della Autorita’, attinenti all’esercizio del mestiere rumoroso, diverse da quelle impositive di limiti di immissioni acustica[/b]” (Sez. 3 , 18.9.2014, n. 42026, Claudino, Rv. 260658).
Nel caso in esame, pertanto, il giudice avrebbe innanzitutto dovuto accertare se il denunciato inquinamento acustico proveniva o meno dell’esercizio di un mestiere rumoroso. [b]Dalla sentenza impugnata risulta che si trattava di una sala giochi amministrata dall’imputata e che i rumori provenivano dai condizionatori d’aria che servivano il locale e che erano stati installati all’esterno, al di sotto del balcone dell’abitazione, posta al secondo piano del palazzo, di un condomino che se ne era lamentato ed aveva fatto la denuncia[/b]. [color=red][b]Doveva percio’ accertarsi se i condizionatori erano uno strumento indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ autorizzata, o se erano indipendenti da tale esercizio. Si tratta di un accertamento di fatto che spetta al giudice del merito e che non puo’ essere compiuto in questa sede di legittimita’, anche per la mancanza di qualsiasi elemento di valutazione[/b][/color]. Qui puo’ solo ricordarsi che, sia pure nella giurisprudenza non proprio recente, sono rinvenibili alcune massime riferite a casi in cui i rumori provenienti dall’impianto di condizionamento sono stati ritenuti, in quelle specifiche situazioni concrete, estranei all’esercizio dell’attivita’ autorizzata (cfr. Sez. 1 , 21.12.2006, n. 7962 del 2007, Valentini, Rv. 236356, in relazione ad un laboratorio di sartoria; Sez. 1 , 17.12.1998, n. 4820 del 1999, Mannelli, Rv. 213395, in relazione ad una discoteca). Si tratta comunque di una valutazione di merito che va compiuta in riferimento al singolo caso concreto.
[b]Se dovesse essere accertato che nella specie l’impianto di condizionamento era strumentalmente necessario per l’esercizio dell’attivita’ autorizzata (sicche’ tale attivita’ era da qualificarsi come rumorosa) e che erano stati superati i limiti assoluti o differenziali fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, allora sara’ configurabile l’illecito amministrativo di cui alla Legge 26 ottobre 1995, n. 447, articolo 10, comma 2, (cosi’ come ritenuto dal Procuratore generale nella sua requisitoria).[/b]
[color=red]Se invece dovesse essere accertato che nella specie si trattava di rumori non emessi nell’ambito dell’esercizio di una attivita’ autorizzata rumorosa, allora potrebbe essere configurabile il reato di cui all’articolo 659 c.p., comma 1, sempre che ne sussistano gli elementi costitutivi e che di cio’ sia data congrua ed adeguata motivazione. La sentenza impugnata e’ invece totalmente priva di qualsiasi motivazione sulla sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato.[/color]
Secondo la giurisprudenza, invero, per integrare il reato di cui all’articolo 659, comma 1, e’ necessario che il fastidio non sia limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa (Sez. 3 , 13.5.2014, n. 23529, Ioniez, Rv. 259194), o agli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante alla fonte di propagazione (Sez. I, 14.10.2013, n. 45616, Rv. 257345), occorrendo invece che la propagazione delle onde sonore sia estesa quanto meno ad una consistente parte degli occupanti l’edificio, in modo da avere una diffusa attitudine offensiva ed una idoneita’ a turbare la pubblica quiete. Difatti, “La rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l’incidenza sulla tranquillita’ pubblica, in quanto l’interesse tutelato dal legislatore e’ la pubblica quiete, sicche’ i rumori devono avere una tale diffusivita’ che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare” (ex plurimis, Sez. 1 , 29.11.2011, n. 47298, lori, Rv. 251406).
La sentenza impugnata si e’ invece limitata ad accertare il superamento dei valori differenziali di immissione, peraltro in modo incongruo perche’ parla di valori “non molto lontani” dal limite notturno riferito, a quanto sembra, a zone residenziali diverse da quella in esame. La sentenza impugnata, poi, si limita esclusivamente a dire che “in merito all’idoneita’ di quei macchinari a recare potenzialmente disturbo a una pluralita’ di persone non possono nutrirsi dubbi”. Si tratta di affermazione apodittica e congetturale, non essendo spiegato sulla base di quali concreti elementi sia possibile ritenere che il rumore aveva una tale diffusivita’ che l’evento di disturbo fosse potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone. Del resto, dalla sentenza impugnata risulta che si sia lamentato solo un tale sig. (OMISSIS), abitante nell’appartamento sovrastante, mentre non risulta che i rumori fossero stati percepiti anche da altri abitanti nel palazzo o che costoro fossero stati sentiti.
La sentenza impugnata deve dunque essere annullata per mancanza di motivazione, con rinvio al tribunale di Avellino.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Avellino
[img width=199 height=300]http://www.amnesy.it/images/Pagine%20Membri/Manager%20Web/Disegni/Munch-Il-Grido-Homer.jpg[/img]
X Rapporto ISPRA: esposizione all'inquinamento elettromagnetico e acustico
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=26366.0
[b]TOSCANA[/b]
In allegato un sunto sulle autorizzazioni in deroga
[color=red][b]INQUINAMENTO ACUSTICO E DISTURBO DELLA QUIETE PUBBLICA. VIOLAZIONI AMMINISTRATIVE E PENALI PER EMISSIONI DISTURBANTI – SPECIALITÀ DI APPLICAZIONE – ANALISI GIURISPRUDENZIALE.
- Art. 10, legge n. 447/95
- Art. 659 CP
- Art. 650 CP
- Art. 9, legge n. 689/1981[/b]
[/color]
[b]Legge n. 447/1995 – Art. 10 Sanzioni amministrative[/b]
[i]1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, chiunque non ottempera al provvedimento legittimamente adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 9, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2.000.000 a lire 20.000.000.
2. Chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione o di immissione di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e) e f), fissati in conformità al disposto dell'articolo 3, comma 1, lettera a), è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 10.000.000.
3. La violazione dei regolamenti di esecuzione di cui all'articolo 11 e delle disposizioni dettate in applicazione della presente legge dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 500.000 a lire 20.000.000.[/i]
(omissis)
[b]C.P. - Art. 659 Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone[/b]
[i]Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309
Si applica l'ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità.[/i]
[b]
C.P. – Art. 650 Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità[/b]
[i]Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato [c.p. 336, 337, 338], con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 206[/i]
[b]Legge n. 689/1981 - Art. 9 Principio di specialità[/b]
[i]Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.
Tuttavia quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano che preveda una sanzione amministrativa, si applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali.[/i]
(omissis)
[color=red][b]Rapporto fra l'art. 659 cp e l'art. 10 della legge n. 447/95[/b][/color]
Per analizzare il complicato rapporto fra le sanzioni penali e amministrative riconducibili alla normativa acustica, in funzione del principio della specialità delle sanzioni previsto dall’art. 9 della legge n. 689/1981, prima di tutto è utile chiarire la differenza che intercorre fra il reato riconducibile al primo e al secondo comma dell’art. 659 cp.
Sul punto ci viene in soccorso (fra tante) la sentenza della Cassazione penale n. 13008/2015:
[i][...] Devono essere preliminarmente richiamati i principi già affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione alla configurabilità di una responsabilità del gestore del locale ex articolo 659 C.p., comma 1, per gli schiamazzi posti in essere dagli avventori del locale stesso, con disturbo delle persone.
Va premesso che l'elemento che differenzia tra loro le due autonome fattispecie configurate dall'articolo 659 C.p., è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto: ove esso provenga dall'esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi, la condotta rientra nella previsione del secondo comma, del citato articolo per il semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell'autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità; qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall'esercizio dell'attività lavorativa, ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 659 C.p., comma 1, per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità e investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il loro riposo (ex plurimis, Cass. pen. Sez. III, 3 luglio 2014, n. 37196).
Perché sussista la rilevanza penale ex articolo 659 C.p., della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, è richiesta l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal Legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori debbono avere una tale diffusività che l'evento disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare (ex plurimis, Sez. I, 29 novembre 2011, n. 47298) [...].[/i]
Sempre in merito alla questione specifica su che cosa si intenda per mestiere rumoroso, la sentenza della Cassazione penale n. 7912/2015 aggiunge che ai fini della configurabilità o meno del reato di cui all'art. 659, comma 1, cp, è necessario che il giudice accerti se il disturbo sonoro provenga o non provenga da uno strumento necessario (in via diretta) per l'esercizio di un'attività autorizzata. Si veda, ad esempio, il caso della discoteca, attività sicuramente rumorosa, tuttavia sanzionata penalmente ai sensi del comma 1 citato per rumori provenienti non dagli elementi di diffusione della musica ma dall’impianto di condizionamento (Sez. I, 17.12.1998, n. 4820 del 1999,Marinelli, Rv. 213395). Lo stesso dicasi, per i più frequenti casi di inquinamento acustico prevenienti da fonti sonore eventuali e complementari a quella principale come gli schiamazzi degli avventori connessi all’attività del pubblico esercizio autorizzato agli eventi musicali.
Quindi, in entrambi i casi, per la sussistenza del reato, non è sufficiente la mera produzione di un rumore, ma occorre che questo rechi disturbo, anche in via potenziale, alla quiete pubblica. La differenza tra le due ipotesi va ricercata non solo nella diversa natura della fonte del rumore ma pure nella considerazione del nesso causa – effetto. Il legislatore, contemperando le esigenze connesse al diritto sotteso all’esercizio un’attività d’impresa, ha ritenuto che alcune professioni, benché passibili di produrre rumore debbano godere di un regime sanzionatorio diverso e meno gravoso rispetto a chi, genericamente, disturba la quiete pubblica per motivi non connessi con l’esercizio di un mestiere. Da altro punto di vista: chi esercita le attività rumorose non commette reato se queste sono svolte nei limiti riconducibili alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell'autorità amministrativa; commette un reato punito con la sola ammenda se non vengono rispettate le prescrizioni e, comunque, non venga rilevato un uso talmente improprio delle attrezzature tale da configurare l’ipotesi del comma 1 dell’art. 659 cp. Il reato ex comma 2 è presunto ogni volta che l’esercizio dell’attività rumorosa sia svolta al di fuori dei limiti di modo, di spazio o di tempo imposti dalla normativa o dalle prescrizioni dell’autorità.
Fissata la differenza fra le due fattispecie riconducibili ai due comma dell’art. 659 cp, tramite le sentenze della [b]Cassazione penale n. 5735/2015 e n. 11031/2015[/b] è possibile scendere ancora più nel dettaglio e analizzare approfonditamente il rapporto fra lo stesso art. 659 cp e la sanzione amministrativa introdotta dall’art. 10 della legge n. 447/95. Le sentenze citate danno conto, facendo pure un’efficacie sintesi, dell’estrema eterogeneità che ha caratterizzato negli anni i giudizi in materia. Proprio perché queste pronunce ne contemplano e ne sintetizzano molte altre, rappresentano sicuramente una base autorevole per la futura giurisprudenza. Il caso è rappresentato dal disturbo arrecato da un pubblico esercizio autorizzato all’esercizio di eventi musicali di trattenimento:
[i][...] La questione prospettata riguarda la individuazione dell'ambito di applicazione del primo e del secondo comma dell'art. 659 cod. pen. anche alla luce della legge-quadro 447/95 ed è stata recentemente affrontata in una precedente decisione di questa Corte (Sez. 3, n. 5735 del 23/1/2015) i cui contenuti è opportuno riproporre testualmente anche in questa occasione.
5. L'articolo 659 cod. pen., inserito nel codice penale tra le contravvenzioni concernenti l'ordine pubblico e la tranquillità pubblica, prevede due distinte ipotesi di reato: una, contemplata dal primo comma, che punisce il disturbo della pubblica quiete da chiunque determinato e cagionato con modalità espressamente e tassativamente determinate; l'altra, disciplinata dal secondo comma, che punisce le attività rumorose, industriali o professionali, esercitate in difformità dalle prescrizioni di legge o dalle disposizioni dell'autorità.
La giurisprudenza di questa Corte non è unanime nell'individuare l'ambito di operatività della ipotesi contravvenzionale sanzionata dall'art. 659, comma 2 cod. pen., riscontrandosi tre diversi orientamenti:
- il primo che riconosce all'art. 10 della legge quadro un effetto abrogativo integrale del secondo comma della disposizione codicistica;
- il secondo, che limita, invece, tale effetto abrogativo ai soli casi di superamento dei limiti fissato dalla legge-quadro verificatosi nell'ambito di esercizio di mestieri rumorosi, che resterebbero soggetti alla sola sanzione amministrativa prevista dalla legge-quadro, mentre la disposizione penale resta applicabile in caso di esercizio di attività rumorose in spregio a disposizioni impartite dall'autorità con modalità o per ragioni diverse da quelle prese in considerazione dalla legge quadro;
- il terzo, che, in considerazione della diversità dei beni giuridici tutelati dall'art. 659 cod pen. e dalla legge 447/1995, nega qualsiasi effetto abrogativo al menzionato art. 10 della legge-quadro (si rinvia, per i riferimenti specifici, alla relazione n. 33 del 15 maggio 2009 del Massimario che segue ed integra la precedente segnalazione di contrasto n. 48 del 22 maggio 2007).
Nelle successive pronunce la situazione di contrasto non è mutata, riscontrandosi adesioni al secondo (Sez. 1, n. 23866 del 9/6/2009, Valvassore, Rv. 243807; Sez. 1, n. 44167 del 27/10/2009, Fiumara, Rv. 245563; Sez. 1, n. 39852 del 12/6/2012, Minettí, Rv. 253475; Sez. 1, n. 48309 del 13/11/2012, Carrozzo, Rv. 254088; Sez. 1 n. 25601 del 19/4/2013, Casella, non massimata; Sez. 3, n. 13015 del 31/1/2014, Vazzana, Rv. 258702; Sez. 3, n. 42026 del 18/9/2014, Claudino, non massimata) ed al terzo (Sez. 1, n. 33413 del 7/6/2012, Girolimetti, Rv. 253483; Sez. 1, n. 4466 del 5/12/2013 (dep. 2014), Giovannelli, Rv. 259156; Sez.3 n.37184 del 3/7/2014, Torricella, non massimata) degli indirizzi interpretativi richiamati, mentre il primo risulta, almeno al momento, del tutto abbandonato.
Va però osservato, con riferimento all'orientamento fondato sulla diversità del bene giuridico tutelato dalla norma codicistica e dalla legge quadro sull'inquinamento acustico, che una simile soluzione sembra essere ostacolata proprio dal tenore letterale delle disposizioni contenute nella legge 447/95.
Si è infatti sostenuto (cfr., da ultimo Sez. 1, n. 4466 del 5/12/2013 (dep. 2014), Giovannelli, Rv. 259156, cit.) che la fattispecie penale di cui all'art. 659, comma 2 cod. pen. «...contiene un elemento, mutuato da quella prevista nel comma 1, estraneo all'illecito amministrativo previsto dalla L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2, che tutela genericamente la salubrità ambientale: tale elemento è rappresentato proprio da quella concreta idoneità della condotta rumorosa, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi dell'art. 659 cod. pen., a recare disturbo ad una pluralità indeterminata di persone».
In effetti, l'art. 1 della legge 447/95, nell'individuare le finalità perseguite, specifica che «la presente legge stabilisce i principi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 117 della Costituzione».
Nel successivo art. 2, ove vengono fornite le definizioni, si chiarisce, al comma 1, lett. a), che per inquinamento acustico si intende «l'introduzione di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi».
La lettera b) del medesimo comma fornisce, invece, la seguente descrizione di ambiente abitativo: «ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o di comunità ed utilizzato per le diverse attività umane, fatta eccezione per gli ambienti destinati ad attività produttive per i quali resta ferma la disciplina di cui al decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, salvo per quanto concerne l'immissione di rumore da sorgenti sonore esterne ai locali in cui si svolgono le attività produttive».
Alla luce di tali specificazioni, la evidenziata differenza del bene giuridico tutelato non sembra sostenibile, risultando, anzi, quello considerato dalla legge quadro ben più ampio, in quanto il legislatore non si è limitato a prendere in esame esclusivamente la tutela dei singoli individui, perché la sua attenzione risulta focalizzata verso un ben più ampio contesto, valutando ogni possibile effetto negativo del rumore, inteso, appunto, come fenomeno «inquinante», tale cioè, da avere effetti negativi sull'ambiente, alterandone l'equilibrio ed incidendo non soltanto sulle persone, sulla loro salute e sulle loro condizioni di vita, facendo la norma riferimento, come si è detto, anche agli ecosistemi, ai beni materiali ed ai monumenti.
Riguardo, invece, al diverso indirizzo che riconosce un rapporto di specialità tra l'art. 659, comma 2 cod. pen. e l'art. 10 della legge 447/95, merita attenzione il contenuto di quest'ultima disposizione, la quale punisce, con sanzione amministrativa pecuniaria, «chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione o di immissione di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e) e f), fissati in conformità al disposto dell'articolo 3, comma 1, lettera a)».
Per sorgenti sonore fisse si intendono, secondo la definizione fornita dall'art. 2, comma 1, lett. c), «gli impianti tecnici degli edifici e le altre installazioni unite agli immobili anche in via transitoria il cui uso produca emissioni sonore; le infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali, marittime, industriali, artigianali, commerciali ed agricole; i parcheggi; le aree adibite a stabilimenti di movimentazione merci; i depositi dei mezzi di trasporto di persone e merci; le aree adibite ad attività sportive e ricreative». Sono invece sorgenti sonore mobili «tutte le sorgenti sonore non comprese nella lettera c)» (art. 2, comma 1, lett. d).
Sempre lo stesso art. 2 definisce, alla lett. e), i valori limite di emissione come «il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa» e, alla lettera f), i valori limite di immissione come «il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori».
Detti limiti, ai fini dell'applicabilità della sanzione amministrativa, devono essere infine fissati secondo quanto stabilito dall'articolo 3, comma 1, lettera a) e, cioè, «ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della Sanità e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».
Va a questo punto ricordato l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 1963 del 28/10/2010 (dep. 2011), Di Lorenzo, Rv. 248722), secondo le quali, in caso di concorso tra disposizione penale incriminatrice e disposizione amministrativa sanzionatoria in riferimento allo stesso fatto, deve trovare applicazione esclusivamente la disposizione che risulti speciale rispetto all'altra all'esito del confronto tra le rispettive fattispecie astratte.
Deve così ritenersi, avuto riguardo anche al contenuto dell'art. 659, comma 2, cod. pen., il quale, come è noto, sanziona «chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità», che una piena sovrapponibilità tra le due fattispecie si avrà
soltanto nel caso in cui l'attività rumorosa si sia concretata nel mero superamento dei valori limite di emissione specificamente stabiliti in base ai criteri delineati dalla legge quadro, causato mediante l'esercizio o l'impiego delle sorgenti individuate dalla legge medesima, restando conseguentemente escluso il superamento di soglie di rumore diversamente individuate o generate da altre fonti, oltre, ovviamente, tutte quelle condotte che si estrinsecano nell'esercizio di attività rumorose svolte in violazione di altre disposizioni di legge o delle prescrizioni dell'autorità.
Restano da considerare i rapporti intercorrenti tra il primo ed il secondo comma dell'art. 659 cod. pen., oggetto di plurime valutazioni da parte della giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato che il reato di cui all'art. 659, comma 1, cod. pen. resta assorbito in quello previsto dal secondo comma, avente medesima obiettività giuridica, se il disturbo sia arrecato nel normale esercizio di un mestiere rumoroso, mentre risulta integrato in via autonoma se l'esercizio del predetto mestiere eccede le sue normali modalità o ne costituisce uso smodato (cfr. Sez. 3, n. 42026 del 18/9/2014, Claudino, non massimata, cit.; Sez.3, n. 37313 del 3/7/2014, Scibelli, non massimata; Sez. 1, n. 46083 del 6/11/2007, Cerrito, Rv. 238168; Sez.1, n. 30773 del 25/5/2006, Galli, Rv. 234881).
In altre occasioni, più esplicitamente, si è operata una distinzione tra le due ipotesi contemplate dall'art.659 cod. pen., rilevando che la condotta sanzionata dal secondo comma è soltanto quella costituita dalla violazione delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell'autorità che disciplinano l'esercizio della professione o del mestiere, mentre l'emissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone rientra nella previsione del primo comma, indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l'abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso (v. Sez. 1, n. 1075 del 6/12/2006 (dep. 2007), Raggio, Rv. 235791; Sez. 1, n. 382 del 19/11/1999 (dep. 2000), Piccioni, Rv. 215139; Sez. 1, n. 3908 del 26/3/1997, Cavallini, Rv. 207381; Sez. 1, n. 7188 del 2/5/1994, Sereni, Rv. 199730 ed altre prec. conf.).
Tali osservazioni sono pienamente condivisibili, atteso che il secondo comma dell'art. 659 cod. pen. tiene conto della intrinseca rumorosità di determinate attività che il legislatore preventivamente disciplina attraverso disposizioni specifiche o apposite prescrizioni, la mera violazione delle quali viene
penalmente sanzionata (qualora non si risolva nel solo superamento dei limiti fissati secondo le disposizioni della legge quadro), mentre il primo comma sanziona il disturbo della pubblica quiete, che ben può essere causato esorbitando dal normale esercizio di una determinata attività con condotte concretamente idonee a disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone.
6. All'esito di tali considerazioni, nella richiamata sentenza 5735/2015 veniva affermato il principio secondo il quale l'ambito di operatività dell'art. 659 cod. pen., con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che:
- qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447/95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2 della legge quadro;
- quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità che regolano l'esercizio del mestiere o dell'attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall'art. 659 comma 2 cod. pen.;
- mentre, nel caso in cui l'attività ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall'art. 659, comma 1 cod. pen.
Tale principio deve pertanto essere ribadito.
7. Alla luce di quanto in precedenza richiamato, deve rilevarsi che, anche con riferimento al caso qui preso in esame, la ricostruzione della vicenda effettuata dai giudici del merito porta ad escludere che la condotta addebitata alle imputate si sia risolta nel mero superamento dei limiti di legge fissati per le emissioni sonore, cosicché non può applicarsi l'art. 10, I. 447/1995. Inoltre, il disturbo da rumore non risulta trarre esclusiva origine dall'utilizzazione di impianti specificamente utilizzati dalle ricorrenti nell'esercizio della loro attività.
Una prima, rilevante, indicazione si ricava dalla formulazione dell'imputazione, nella quale non viene fatto riferimento soltanto al superamento dei limiti di legge ed alle misurazioni effettuate dall'ARPA in più occasioni, evidenziandosi anche il disturbo della quiete pubblica, del sonno e del riposo delle persone causato dalle emissioni sonore.
Significativi appaiono, inoltre, i riferimenti contenuti nella sentenza impugnata a rumori provocati non soltanto dagli impianti di diffusione della musica utilizzati nel locale delle imputate, ma anche agli schiamazzi e le urla degli avventori, i quali si attardavano nella consumazione di bevande anche all'esterno del locale, seduti sui gradini dei negozi ubicati nei pressi e nello svuotamento dei bidoni contenenti vetro (cfr. le dichiarazioni testimoniali sintetizzate nella sentenza impugnata).
Anche l'intensità del fenomeno disturbante risulta accertata in fatto, dai giudici del merito, laddove, nella sentenza di appello, si ricorda come alcuni tra i testimoni escussi avessero precisato di non riuscire a seguire i programmi televisivi, essendo impossibile ascoltare l'audio delle trasmissioni, perché coperto dal volume della musica proveniente dal locale o di aver dovuto cambiare stanza da letto per riuscire a dormire. Nondimeno, si tratta di una situazione che trova pieno riscontro negli esiti dei rilievi fonometrici dei quali i giudici del merito danno pure atto.
Si tratta, dunque, di una situazione che è stata correttamente valutata come obiettivamente incidente in modo decisamente negativo sulla pubblica quiete e, in quanto tale, perfettamente idonea a configurare la violazione sanzionata dal primo comma dell'art. 659 cod. pen.
8. Va poi aggiunto che risulta infondata anche l'ulteriore deduzione formulata in ricorso circa il fatto che il fenomeno disturbante avrebbe interessato esclusivamente gli abitanti di un condominio adiacente al locale.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è pacifica la natura di reato di pericolo della contravvenzione prevista dall'articolo 659 cod. pen., tanto che la violazione può configurarsi anche in assenza di offesa a soggetti determinati, quando venga posta in essere una condotta idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone (cfr. Sez. I n. 7748, 28 febbraio 2012; Sez. I
n. 44905, 2 dicembre 2011, Sez. I n. 246, 7 gennaio 2008; Sez. I n. 40393, 14 ottobre 2004; Sez. III n. 27366, 6 luglio 2001; Sez. I n.1284, 13 febbraio 1997; Sez. I n.12418, 17 dicembre 1994).
Con specifico riferimento al rumore provocato da una discoteca si è altresì affermato che lo stesso deve ritenersi potenzialmente idoneo a turbare la pubblica quiete anche quando il disturbo venga arrecato ai soli abitanti dell'edificio ove è ubicato il locale, poiché una propagazione di emissioni sonore estesa ad un intero edificio e non limitata ai soli locali attigui alla fonte da cui dette emissioni provengono è certamente indicativa di una diffusa capacità offensiva (Sez. 3, n. 23529 del 13/5/2014, Ioniez, Rv. 259194).
In tale ultima pronuncia è stata valorizzata, quale dato fattuale rappresentativo della idoneità offensiva della condotta, la capacità del fenomeno disturbante di propagarsi nell'ambito di un intero edificio, ma anche altri elementi possono consentire al giudice del merito di apprezzare la sussistenza o meno di tale necessario requisito come, ad esempio, la oggettiva intensità del fenomeno, le sue conseguenze, la durata nel tempo delle emissioni, le modalità di diffusione del rumore, il contesto spazio temporale nel quale il fenomeno si manifesta.
9. Va conseguentemente affermato il principio secondo il quale la effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio alla quiete al riposo ed alle occupazioni di un numero indeterminato di
persone costituisce un accertamento in fatto rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifici accertamenti di natura tecnica, ben potendo fondare il proprio convincimento sulla base di altri dati fattuali suscettibili di valutazione ed oggettivamente sintomatici della sussistenza di un fenomeno oggettivamente disturbante.
10. Data tale premessa, deve rilevarsi che, nella fattispecie, i giudici del merito hanno adeguatamente motivato in ordine a tale decisivo aspetto, dando risalto al numero delle persone effettivamente, disturbate, alla circostanza che i rumori, di diversa origine, erano provocati anche in tarda notte, alla persistenza del disturbo (riscontrato anche dopo un anno e mezzo dai primi accertamenti), alla intensità del fenomeno (le emissioni sonore arrecavano disturbo nonostante negli appartamenti vicini le finestre venissero tenute chiuse e raggiungevano anche le stanze poste sul retro dell'edificio), all'adozione di provvedimenti amministrativi inibitori conseguente alla «insostenibilità della situazione».
Si tratta di argomentazioni che la Corte territoriale ha sviluppato secondo criteri di coerenza e logica e, come tali, non suscettibili di censura in questa sede di legittimità.
[/i]
[color=red][b]Rapporto fra l’art. 650 c.p. e l’art. 10 della legge 447/95[/b][/color]
Benché si possa notare subito come la disposizione della legge quadro faccia esplicitamente salva l’ipotesi penale di cui all’art. 650 c.p., anche in questo caso la giurisprudenza ha delineato con precisione le ipotesi concrete di applicabilità della sanzione penale.
[b]Cassazione penale, n. 18402/2013:[/b]
[i][...] Osserva questa Corte che effettivamente, come già rilevato dalla propria giurisprudenza, la disposizione di cui all'art. 650 cod. pen. è strutturata quale norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da altra specifica disposizione, ovvero allorché il provvedimento dell'autorità rimasto inosservato non sia munito di un proprio, specifico meccanismo di tutela degli interessi coinvolti (Sez. 1, n. 1711 del 14/2/2000, Di Maggio, rv. 215341; sez. I, n. 2653 del 3/3/2000, Parla, rv. 215373). Per poter configurare la fattispecie da essa incriminata è dunque necessario ricorrano più condizioni, costituite da:
- inosservanza di un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta per finalità di sicurezza o di ordine pubblico, oppure di igiene o di giustizia;
- inosservanza di ordine impartito con provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcun testo di legge introduttivo di specifica ed autonoma sanzione, applicabile in caso di violazione del suo contenuto obbligatorio;
- emissione del provvedimento, motivato da ragioni di giustizia, di sicurezza, di ordine pubblico, di igiene, a tutela dell'interesse pubblico collettivo e non di soggetti privati.
[...]
In tema di violazione dei precetti contenuti in un'ordinanza sindacale, l'ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 650 c.p. è configurabile soltanto quando si tratti di provvedimenti contingibili ed urgenti, adottati in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica ipotesi normativa, mentre restano estranee alla sfera di applicazione di tale norma incriminatrice le inosservanze di provvedimenti del sindaco diretti a dare esecuzione a leggi e regolamenti, posto che, in tale caso, la condotta è direttamente repressa con sanzione amministrativa dall'art. 106 r.d. 3 marzo 1934 n. 383 e, attualmente, dall'art. 7 bis t.u. sull'ordinamento degli enti locali, come modificato dalla l. 16 gennaio 2003 n. 3, che puniscono la violazione dei precetti contenuti nei provvedimenti predetti' (Cass. sez. 1, n. 11367 del 4/2/2004, PM in proc. Gusmeroli, rv. 227742; sez. 1, n. 8040 del 13/2/2004, non massimata; sez. 1, n. 39830 del 20/10/2010, P.M. in proc. Domeniconi, rv. 249016).
[/i]
[b]Cassazione penale, n. 28821/2014:[/b]
[i]L'inosservanza di ordinanze integra la contravvenzione di cui all'art. 650 cod. pen. solo ove si tratti di provvedimenti contingibili ed urgenti, adottati in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica ipotesi normativa, mentre resta estranea alla sfera di applicazione di tale norma incriminatrice l'inottemperanza a ordinanze sindacali, ancorché concernenti la materia dell'igiene pubblica, volte a dare applicazione a leggi o regolamenti autonomamente punite (Sez. 1, n. 1200 del 15/11/2012 - dep. 10/01/2013, Napoli, Rv. 254247; Sez. 1, n. 7893 del 08/02/2007 - dep. 24/02/2007, Nigro, Rv. 236244).
Di conseguenza, come più volte affermato da questa Corte, l'inquinamento acustico conseguente all'esercizio di mestieri rumorosi, che si concretizza nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, integra l'illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull'inquinamento acustico) e non la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659, comma secondo, cod. pen.) (Sez. 1, n. 48309 del 13/11/2012 - dep. 13/12/2012, Carrozzo e altro, Rv. 254088); né la contravvenzione prevista dall'art. 650 cod. pen. (inosservanza dei provvedimenti dell'autorità) è configurabile quando la violazione dell'obbligo o del divieto imposto dal provvedimento amministrativo sia già prevista da una fonte normativa generale e trovi autonoma e specifica sanzione da parte dell'ordinamento: come avveniva nel caso di specie, nel quale l'ordinanza dirigenziale era meramente ripetitiva del divieto di superare i valori-limite di emissione e di immissione sonora previsti dal d.p.c.m. 14 novembre 1997, attuativo del precetto posto e sanzionato dall'art. 10, comma 2, della legge n. 447 del 1995 (Sez. 1, n. 43202 del 08/11/2002 - dep. 19/12/2002, Romanisio, Rv. 222945).
[/i]
DIFFERENZIALE DI RUMORE - legittima contingibile ed urgente
T.A.R. Umbria, Sezione I, 15 maggio 2015 n. 215
http://buff.ly/1KskYAg
T.A.R. Toscana, Sezione II, 15 maggio 2015 n. 780
FATTO e DIRITTO
1. Per una migliore comprensione della fattispecie dedotta, occorre ripercorrere lo sviluppo dei fatti di causa, quali risultano dalla documentazione versata in atti.
In data 26/05/2011 (prot. 9827) i sigg.ri Scarlatti Marco e Chiarugi Daniela, residenti in Bassa di Cerreto Guidi, Via 26 Giugno, 124, denunciavano al Comune di Cerreto Guidi "una situazione di DISTURBO INTOLLERABILE causato dall'eccessivo rumore derivante dall'attività svolta dal circolo ricreativo Alfio Bartolommei e dall'attuale locatario di alcuni suoi locali, il ristorante I Gatti Matti, situato in Via 26 Giugno 122". Nell'esposto si richiamavano due provvedimenti già al riguardo adottati dal Comune di Cerreto Guidi nell'anno 2009 (ordinanze nn. 16 e 121). In particolare, gli esponenti ribadivano che “tale rumore persiste nonostante le vs. ben 2 (due) ordinanza n. 16 del 5/02/2009 e n. 121 del 22/09/2009, seguite alle relazioni A.R.P.A.T. del 22/12/2008 e del 25/08/2009”.
[b]La richiamata ordinanza n. 16 del 05/02/2009, rivolta al precedente gestore dell’esercizio pubblico di cui si discute, nonché al “Circolo Alfio Bartolomei soc. coop.” proprietario dei locali, era riferita all’attività interna dei locali, ed era conseguente all’esposto dei sigg.ri Scarlatti e Chiarugi del 16.7.2008, nonché alla nota Arpat 2008/106067 del 22/12/2008; con la stessa si ordinava di provvedere, entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento: [/b]
1. ad adottare sistemi o a realizzare opere finalizzate al conseguimento del rispetto dei limiti di tumore fissati dalla normativa nel periodo notturno;
2. a dimostrare l'efficacia degli interventi effettuati mediante relazione tecnica con misurazioni strumentali firmata da un tecnico competente in acustica ambientale abilitato ai sensi della l. 447/95, attestante il rispetto dei limiti di legge;
3. ad effettuare le misurazioni di cui al punto 2 presso il ricettore o in modo tale da permettere comunque una stima dei livelli presso il ricettore;
4. a presentare la documentazione tecnica relativa ai procedimenti di cui ai punti 1) e 2) allo S.U.A.P. del Comune di Cerreto Guidi, nel rispetto delle vigenti normative e procedure in materia di edilizia e attività produttive.
[b]La successiva ordinanza n. 121 del 22/09/2009, rivolta al gestore dell’esercizio pubblico, era, invece, riferita all’attività all’aperto, e conseguiva alla nota Arpat prot. n. 2009/66225 del 25/08/2009; con la stessa si ordinava di: [/b]
a) sospendere l’attività di somministrazione all’aperto fino all’ottenimento di quanto richiesto dall’Arpat, Servizio Sub Provinciale di Empoli Valdelsa, con nota prot. n. 2009/66225 del 25/08/2009, ed in particolare fin quando la società:
1) non avesse adottato sistemi o realizzato opere finalizzate al conseguimento del rispetto dei limiti di rumore fissati dalla normativa nel periodo notturno presentando preventiva e adeguata documentazione tecnica, a firma di tecnico abilitato, nel rispetto delle leggi, norme e regolamenti vigenti;
2) non avesse dimostrato l’efficacia dei sistemi e/o degli interventi effettuati, mediante relazione tecnica con misurazioni strumentali, firmata da tecnico competente in acustica ambientale abilitato ai sensi della legge 447/95, che attestasse il rispetto dei limiti di legge, con misurazioni eseguite, possibilmente, nel punto ricettore, ovvero tali da permettere una stima di livelli al ricettore;
3) non avesse fornito, allo S.U.A.P. del Comune di Cerreto Guidi, copia dell’attestazione di versamento della sanzione amministrativa, di cui all’art. 10 della legge 447/95, in ottemperanza a quanto stabilito dal verbale di accertamento e contestazione n. 32 E/2009, del 20 agosto 2009, prot. n. 2009/66229 del 25/08/2009 emesso da Arpat, Servizio Sub Provinciale di Empoli Valdelsa;
si diffidava, inoltre, il gestore dell’esercizio pubblico per cui è causa, “dall’esercitare l’attività di somministrazione all’aperto nei locali posti nel Comune di Cerreto Guidi, via XXVI giugno, 122, Frazione BASSA, in assenza di un adeguato abbattimento e contenimento della rumorosità prodotta, in attesa dell’adozione di specifici sistemi e/o della realizzazione di idonee opere di abbattimento della stessa;
e si assegnava il termine di 30 giorni, dalla notifica del provvedimento, per ottemperare alle suindicate prescrizioni qualora il gestore avesse voluto riprendere lo svolgimento dell’attività di somministrazione all’aperto.
Il procedimento di cui all’ordinanza n. 121/2009 si concludeva con la comunicazione da parte del gestore della sospensione dell’attività di ristorazione e musicale all’aperto, attività di ristorazione di cui veniva comunicata la ripresa con nota del 27.05.2011.
Sulla scorta, quindi, dell'esposto 26/05/2011 presentato dai sigg.ri Scarlatti e Chiarugi, dei pregressi provvedimenti adottati nell'anno 2009 e dell'invito ricevuto da Arpat in data 17.6.2011 ad avviare il procedimento teso ad imporre la presentazione, secondo le disposizioni normative vigenti, di una valutazione d'impatto acustico (VIAc), invito con il quale Arpat, tra l’altro, segnalava al Comune e alla Asl che i sigg.ri Chiarugi e Scarlatti, in relazione al rumore emesso dal pubblico esercizio, avevano lamentato danni alla salute, il Comune di Cerreto Guidi comunicava al “Circolo Ricreativo Alfio Bartolomei Soc. Coop.” e alla società “I Gatti Matti s.r.l.”, odierni ricorrenti, l'avvio del procedimento "teso all'emissione di un'ordinanza affinchè ven[isse] redatta e presentata adeguata Valutazione d'Impatto Acustico (VIA.c) per le attività che vengono svolte presso l’immobile di Via XXVI Giugno, 122, frazione di Bassa e sul resede di pertinenza”; contestualmente diffidava la società “I Gatti Matti s.r.l.” “dall’effettuare o fare effettuare qualsiasi attività che possa comportare il superamento dei limiti di emissione ed immissione acustica (D.P.C.M. 14.11.1997, Legge n. 447/2005, L.R.T. 01 dicembre 1998 n. 89) ovvero che possa arrecare disturbo ai punti ricettori sensibili” (prot. 11498 del 24.6.2011).
Successivamente Arpat comunicava al Comune di Cerreto Guidi e alla Azienda Asl 11 di Empoli (prot. 50426 del 25.7.2011) di avere effettuato medio tempore, in data 6.7.2011, accertamenti in ordine alla rumorosità dell'attività svolta dalla società "I Gatti Matti S.r.l." e di avere effettivamente riscontrato che “la situazione acustica del locale continua a permanere in una situazione di irregolarità. L’ultimo accertamento svolto da questo Servizio il 7 agosto 2009 aveva già evidenziato che l’utilizzo dell’area esterna del Ristorante, determinava all’interno dell’abitazione del ricettore, il superamento del limite differenziale di immissione anche con pochi avventori, che in occasione dell’accertamento del 2009 era pari a 12 persone […] Si ritiene pertanto che attualmente l’utilizzo dell’area esterna del Ristorante non ha le caratteristiche strutturali per accogliere la clientela con cene, feste e/o ricorrenze varie”, e concludeva affermando “che il rumore provocato dall’attività svolta in esterno dal Ristorante “I Gatti Matti S.r.l.” supera i seguenti limiti di legge: valore limite differenziale di immissione di 15,2 Db (A), valore di emissione di 5 Db (A), di cui al D.P.C.M. 14/11/1997 in orario notturno”. Il tutto tenuto, ovviamente, conto anche di quanto stabilito dal piano di zonizzazione acustica del territorio del Comune di Cerreto Guidi che vede collocati sia l'abitazione del recettore che l'esercizio di ristorazione in classe III. Si dimostrava, inoltre, allegando apposita certificazione medica, che la situazione aveva già prodotto conseguenze patologiche in danno della signora Chiarugi: persistente stress psicofisico collegato alla impossibilità di riposare.
Conseguentemente Arpat, sempre in data 25.7.2011:
- emetteva a carico della società “I Gatti Matti s.r.l.” e della società “Circolo ricreativo Alfio Bartolomei soc. coop.”, odierni ricorrenti, verbale di accertamento e contestazione n. 18/2011, relativo alla violazione accertata (art. 4 del D.P.C.M. 14/11/97), sanzionata dall’art. 10, 2° comma, della legge 447/1995, specificando che tale atto dava inizio alle procedure sanzionatorie che si sarebbero concluse nei tempi e nei modi indicati dalla legge 689/1981, ed avvertendo che il trasgressore avrebbe potuto, ai sensi dell’art. 16 della legge 689/1981, liberarsi della propria obbligazione pagando, entro 60 giorni dalla notifica del verbale in questione, la sanzione pecuniaria, contestualmente quantificata, prevista per la violazione commessa, con facoltà per il soggetto inciso di presentare scritti e memorie difensive entro 30 giorni dalla notifica dell’indicato verbale; in caso di mancato pagamento entro i termini suddetti l’Autorità Comunale avrebbe provveduto all’emissione dell’ordinanza-ingiunzione di cui all’art. 18 della legge 689/1981;
- invitava il Comune di Cerreto Guidi ad adottare i provvedimenti di competenza affinché il gestore e il proprietario dei locali
1. adottassero sistemi o realizzassero opere finalizzate al conseguimento del rispetto dei limiti di tumore fissati dalla normativa nel periodo notturno;
2. dimostrassero l'efficacia degli interventi effettuati mediante relazione tecnica con misurazioni strumentali firmata da un tecnico competente in acustica ambientale abilitato ai sensi della l. 447/95, attestante il rispetto dei limiti di legge;
3. effettuassero le misurazioni di cui al punto 2 presso il ricettore o in modo tale da permettere comunque una stima dei livelli presso il ricettore.
In data 5.8.2011 (prot. 32141), l'Azienda ASL 11 di Empoli, visto il rapporto Arpat del 25.7.2011, visti l'esposto e le certificazioni mediche dei sigg.ri Scarlatti e Chiarugi, proponeva al Comune di Cerreto Guidi l'adozione di un’ordinanza contingibile ed urgente nei confronti del titolare dell'attività di ristorazione e della proprietà "tesa ad ottenere la sospensione dell’attività di ristorazione fino all'ottenimento di quanto proposto da ARPAT con la nota succitata”. Considerato peraltro che i procedimenti promossi nell'anno 2009 per le medesime problematiche si erano conclusi con la comunicazione da parte del gestore della sospensione dell'attività di ristorazione e musicale all'aperto, l'Azienda Asl, per l'ipotesi in cui la gestione avesse ritenuto di operare in modo analogo e quindi di sospendere di nuovo l'attività all'aperto, riteneva che l'adozione degli accorgimenti dettati da Arpat avrebbero dovuto comunque "essere condizione per l'affidamento dell'attività nel futuro", proponendo altresì "di rivalutare l'utilizzo dell'area a fini ricreativi” poiché le caratteristiche della medesima risultavano - ad avviso dell'Azienda Sanitaria - "incompatibili con una attività intrinsecamente rumorosa".
[color=red][b]Il Comune di Cerreto Guidi, con ordinanza contingibile ed urgente n. 86 del 5.8.2011, sulla scorta delle note rimesse da Arpat (prot. 50426 del 25/07/2011) e da Asl (prot. 32141 del 05/08/2011); dopo aver considerato “che la situazione riscontrata da ARPAT in occasione dell’ultimo accertamento è la stessa che si era evidenziata nel corso dell’accertamento 2009 quando il livello di rumore residuo superava il livello consentito per le voci di poche persone intrattenutesi all’esterno del ristorante”, ed aver ricordato “che i procedimenti amministrativi avviati nel 2009 (Ordinanza n. 16 del 05/02/2009 e Ordinanza n. 121 del 22/09/2009) si concludevano con la comunicazione da parte del precedente gestore della sospensione dell’attività di ristorazione e musicale all’aperto”; richiamata “la comunicazione di avvio del procedimento … prot. 11498 del 24/06/2011, tesa all’emissione di un’ordinanza affinchè venisse redatta e presentata adeguata Valutazione di Impatto Acustico (VIAc) per le attività che vengono svolte presso l’immobile di via XXVI Giugno n. 1122, frazione di Bassa e sul resede di pertinenza, diffidando, inoltre, la ditta I Gatti Matti s.r.l. dall’effettuare qualsiasi attività che potesse comportare il superamento dei limiti di emissione ed immissione acustica ovvero che potesse arrecare disturbo ai punti ricettori sensibili”; preso atto degli scritti, memorie e documenti trasmessi il 14/07/2011 dal “Circolo ricreativo Alfio Bartolomei soc. coop.”, ordinava agli odierni ricorrenti di: [/b][/color]
a) sospendere l’attività di somministrazione all’aperto fino all’ottenimento di quanto richiesto dall’Arpat, Servizio Sub Provinciale di Empoli Valdelsa, con nota prot. n. 11/50426 del 25/07/2011, ed in particolare fin quando la società:
1) non avesse adottato sistemi o realizzato opere finalizzate al conseguimento del rispetto dei limiti di rumore fissati dalla normativa nel periodo notturno;
2) non avesse dimostrato l’efficacia degli interventi effettuati, mediante relazione tecnica con misurazioni strumentali, firmata da tecnico competente in acustica ambientale abilitato ai sensi della legge 447/95, che attesti il rispetto dei limiti di legge, con misurazioni eseguite, possibilmente, nel punto ricettore, ovvero tali da permettere una stima di livelli al ricettore;
b) fornire, allo S.U.A.P. del Comune di Cerreto Guidi, copia dell’attestazione di versamento della sanzione amministrativa, di cui all’art. 10 della legge 447/95, in ottemperanza a quanto stabilito dal verbale di accertamento e contestazione n. 18/2011, del 25/07/2011, prot. n. 2011/50621 del 25/07/2011 emesso da Arpat, Servizio Sub Provinciale di Empoli Valdelsa;
diffidava, inoltre, gli odierni ricorrenti “dall’esercitare l’attività di somministrazione all’aperto nei locali posti nel Comune di Cerreto Guidi, via XXVI giugno, 122, Frazione BASSA, in assenza di un adeguato abbattimento e contenimento della rumorosità prodotta, in attesa dell’adozione di specifici sistemi e/o della realizzazione di idonee opere di abbattimento della stessa”.
Con ordinanza n. 92 del 30.8.2011, il Comune di Cerreto Guidi, richiamata la comunicazione di avvio del procedimento prot. 11498 del 4.6.2011; preso atto degli scritti, memorie e documenti trasmessi il 14/07/2011 dal “Circolo ricreativo Alfio Bartolomei soc. coop.”; vista la nota Arpat, Servizio Sub Provinciale di Empoli Valdelsa, prot. n. 11/50426 del 25/07/2011; fatto espressamente salvo quanto disposto nell'ordinanza contingibile ed urgente n. 86 del 5.8.2011; richiamate le ordinanze n. 16 del 05/02/2009 e n. 121 del 22/09/2009; vista la nota Arpat prot. 11/41391 del 16/06/2011, con la quale si invitava l’amministrazione comunale ad attivare “il percorso previsto per gli esposti relativi al rumore” e ad imporre “alla ditta la presentazione, secondo le disposizioni normative vigenti, della valutazione d’impatto acustico (VIAc)”; ritenuto necessario che la società “I Gatti Matti s.r.l.” redigesse adeguata Valutazione di Impatto Acustico (VIAc) per le attività (interne ed esterne) che vengono svolte presso l’immobile di via XXVI Giugno n. 1122, frazione di Bassa” conformemente a quanto disposto da leggi, norme e regolamenti vigenti; ordinava agli odierni ricorrenti di predisporre e trasmettere entro trenta giorni VIAc in relazione a tutte le attività svolte presso i locali in questione; diffidava i medesimi dall’esercitare “attività, all’interno e all’esterno dei locali …. che generano rumori superiori ai limiti normativi e di conseguenza recano disturbo ai punti ricettori sensibili”.
Con il ricorso in esame, il “Circolo Ricreativo Alfio Bartolomei Soc. Coop” e la società “I Gatti Matti s.r.l.”, hanno, quindi, chiesto l'annullamento sia dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Cerreto Guidi n. 86 del 5.8.2011, che dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Cerreto Guidi n. 92 del 30.8.2011, nonché di ogni altro atto ad esse preliminare, presupposto, connesso e/o conseguente, e hanno chiesto altresì la condanna "al risarcimento dei danni patrimoniali causati ai ricorrenti dalla condotta illegittima dei Comune di Cerreto Guidi”.
Questi i motivi di doglianza dedotti a sostegno del gravame:
1) eccesso di potere per contraddittorietà tra gli atti e violazione delle norme sul giusto procedimento, in quanto l’ordinanza contingibile ed urgente n. 86/2011 sarebbe illegittima a livello procedimentale, essendo stata emessa mentre era in atto un procedimento volto alla valutazione delle criticità dal punto di vista dell’impatto acustico e delle possibili misure di mitigazione avviato con la comunicazione di avvio del procedimento prot. 11498 del 24.6.2011; e sarebbe, altresì, illegittima dal punto di vista sostanziale, in quanto con la stessa si ordina di fornire “copia fotostatica dell’attestazione di versamento” relativa alla sanzione pecuniaria di cui al verbale di accertamento e contestazione dell’Arpat n. 18/2011 del 25.7.2011, il cui omesso pagamento è penalmente sanzionato, sanzione che, peraltro, al momento dell’omissione dell’ordinanza era ancora in fase di contestazione e suscettibile di impugnazione; tale ordinanza sarebbe stata, inoltre, adottata assumendo a presupposto situazioni risalenti a due - tre anni prima; l’illegittimità dell’iter procedimentale adottato dal Comune per risolvere la questione emergerebbe, altresì, dall’emissione della successiva ordinanza n. 92 del 30.8.2011, con la quale contraddittoriamente, da un lato, si ordina la predisposizione di una VIAc in relazione a tutte le attività svolte presso l’esercizio pubblico in questione, e, dall’altro, non si tiene conto che l’ordinanza sarebbe stata di difficile applicazione, sia perché è stata emessa quando la stagione estiva era ormai terminata, sia perchè l’attività di ristorazione all’aperto era stata, comunque, sospesa con l’ordinanza n. 86 del 5.8.2011, e sia perché si diffidavano al contempo i ricorrenti dall’esercitare, sia all’esterno che all’interno dei locali, qualsiasi attività che generasse rumori superiori rispetto a quelli previsti dalla legge; la richiesta di predisporre e trasmettere la VIAc sarebbe, altresì, illegittima per non esservi stata alcuna modifica o potenziamento dell’attività di ristorazione esercitata dai ricorrenti all’interno dei locali;
2) violazione dell’art. 9 della legge n. 447 del 1995, eccesso di potere per travisamento dei presupposti ed imparzialità della pubblica amministrazione, carenza di motivazione, comunque illogica e contraddittoria, in quanto nell’ordinanza contingibile ed urgente n. 86 del 5.8.2011 non sarebbero state espresse le ragioni per cui, durante lo svolgimento di un procedimento rivolto, per mezzo di una VIAc, alla valutazione delle criticità dal punto di vista dell’impatto acustico e delle possibili misure di mitigazione, si sia deciso di adottare un provvedimento contingibile ed urgente senza specificare quale sia il grave pericolo per la salute pubblica che ne ha portato all’adozione; lo stesso Comune, d’altra parte, non ravvisando evidentemente motivi di urgenza e di pericolo, ha comunicato l’avvio del procedimento, ancorchè nel caso di specie tale comunicazione non fosse necessaria; inoltre, in un’unica occasione, e precisamente il 6.7.2011, su preciso invito dei sigg.ri Scarlatti, sarebbe stato rilevato il superamento dei limiti di emissione sonora previsti per il periodo notturno, superamento che ha dato corso al relativo verbale di contestazione, durante i festeggiamenti per la premiazione di una squadra sportiva, programmata ormai da tempo e di cui tutto il paese aveva conoscenza, e non già durante lo svolgimento normale dell’attività di ristorazione effettuata dai ricorrenti; l’ordinanza contingibile ed urgente n. 86 del 5.8.2011, oltre ad essere carente di motivazione, sarebbe palesemente contraddittoria, in quanto, da un lato, dispone l’adozione di misure limitative di immissioni di rumori solo per il periodo notturno, mentre, poi, sospende l’attività di ristorazione all’esterno anche durante il periodo diurno, diffidando al contempo i ricorrenti dallo svolgimento totale della ristorazione; ancorchè i coniugi Scarlatti avessero, già quasi un mese prima che venisse iniziata l’attività all’esterno dei locali, lamentato la sussistenza di rumori intollerabili che ne minacciavano in qualche modo la salute, non sarebbe stato effettuato alcun monitoraggio per verificare se, in realtà, il problema per la salute dei cittadini residenti nella zona, non derivasse dalla presenza di un importante tratto stradale molto trafficato e rumoroso.
Si sono costituiti il Comune di Cerreto Guidi e l’Arpa – Toscana Servizio Sub Provinciale Empoli che hanno controdedotto.
L’Arpat ha, altresì, eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione del verbale di accertamento e contestazione dell’Arpat n. 18 del 25.7.2011, nonché, nella denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere che tale verbale sia stato impugnato, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
2. Va, innanzitutto, respinta l’eccezione in rito sollevata dall’Arpat, fondantesi sull’omessa impugnazione del verbale di contestazione-accertamento dell’Arpat n. 18 del 25.7.2011, relativo alla violazione dell’art. 4 del D.P.C.M. 14/11/1997, punita, ai sensi dell’art. 10, comma 2, della legge n. 447 del 26/10/1995, con una sanzione amministrativa pecuniaria.
Infatti, “secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza soltanto nel regime speciale previsto dal codice della strada il processo verbale di accertamento dell’infrazione possiede potenziale attitudine a divenire titolo esecutivo, ponendosi, per l’effetto, come atto terminale del procedimento sanzionatorio in luogo dell’ordinanza-ingiunzione (così giustificando l’immediata opposizione in sede giurisdizionale), mentre, per altre e diverse violazioni (depenalizzate) soggette alla disciplina generale della l. 689/1981, il medesimo verbale di accertamento dell’infrazione (ancorché contenga l’invito ad effettuare il pagamento in misura ridotta ai sensi dell’art. 16 della citata legge) è privo di tale, potenziale efficacia, e non è, pertanto, direttamente impugnabile in sede giurisdizionale (Cass. civ., Sez. III, 5 aprile 2000, n. 4145; Cass. civ., Sez. III, 19 maggio 2000, n. 6485; Cass. civ., Sez. un., 27 maggio 1999, n. 314)” (TAR Puglia, Sez. I, 26 settembre 2003, n. 3591).
Inoltre, “la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 16, 18 e 22 l. n. 689/1981, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 113 Cost. affermando che essa poggia su un presupposto erroneo in quanto il verbale di contestazione-accertamento per violazioni per le quali sia prevista solo una sanzione amministrativa pecuniaria è solo il primo atto di un procedimento amministrativo e non è, di per sé, immediatamente lesivo di posizioni del soggetto cui viene attribuita la violazione, e dal momento che non costituisce in alcun modo titolo esecutivo per il pagamento dovendo sempre e in ogni caso intervenire a tal fine una ordinanza-ingiunzione o, diversamente, una ordinanza di archiviazione, esso non arreca alcuna compressione del diritto alla tutela giurisdizionale o lesione del principio di eguaglianza, essendo diversi i procedimenti e gli effetti dei verbali di accertamento per violazioni del codice della strada; sostiene altresì la Consulta che neppure la mancata presentazione di osservazioni, scritti difensivi e documenti nel procedimento amministrativo può comportare sottrazione al giudice naturale precostituito, che può essere liberamente adito, una volta intervenuto l’atto lesivo (Corte Cost. 7 maggio 2002, ord., n. 160)” (TAR Puglia, Sez. I, 26 settembre 2003, n. 3591).
Ne consegue l’improponibilità dell’impugnativa del verbale di contestazione-accertamento dell’Arpat n. 18 del 25.7.2011, in relazione al quale sussiste il difetto assoluto di giurisdizione dell’autorità giurisdizionale (ordinaria e amministrativa).
[b]3. Nel merito, il ricorso è infondato, per la parte impugnatoria. [/b]
Dall’esposizione in fatto emerge che[color=red][b] l’operato dell’amministrazione comunale va esente dalle censure avverso lo stesso formulate. [/b][/color]
Nella vicenda de qua – contrariamente a quanto rappresentato dai ricorrenti – sono individuabili due procedimenti, il primo avviato con avviso prot. n. 11498 del 24.6.2011, cui è seguita l'ordinanza n. 92 del 30.8.2011; il secondo, da cui è scaturita l'adozione, ex art. 9 della legge n. 447/1995, dell'ordinanza contingibile ed urgente n. 86 del 5.8.2011, la quale, per sua natura, può prescindere – e su questo concorda anche la parte ricorrente - dalla previa comunicazione di avvio del procedimento.
Tale modus procedendi risulta tutt’altro che contraddittorio già solo ove si consideri che tra la comunicazione di avvio del procedimento del 24.6.2011 e l’ordinanza contingibile ed urgente sono intervenute le valutazioni dell’Arpat, della Asl e le certificazioni mediche della signora Chiarugi, i cui esiti imponevano l'adozione di tale ultimo provvedimento – non casualmente adottato in pari data rispetto alla nota dell’Asl prot. 32141 - sospendendo temporaneamente la sola attività esterna, sino all'adempimento, da parte dei ricorrenti, delle prescrizioni dettate dall’Arpat, con contemporanea prosecuzione della procedura finalizzata alla presentazione di una VIAc in relazione anche alle restanti attività, esse pure messe in discussione in specie con la nota 5.8.2001 dell’Asl, circostanza, quest’ultima, che ben giustifica la presentazione dell’esposto da parte dei coniugi Scarlatti prima della ripresa dell’esercizio dell’attività all’aperto.
Comunque, per cogliere appieno i presupposti su cui si fonda l’ordinanza contingibile ed urgente n. 86/2011, che è ampiamente motivata e il cui tenore in buona parte riproduce quello dell’ordinanza n. 121/2009, occorre in particolare considerare:
- che l’amministrazione comunale già con la comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 11498 del 24.6.2011, espressamente richiamata nel corpo motivazionale dell’ordinanza (ancorchè, come si è detto, si riferisca al procedimento culminato con l’ordinanza n. 92/2011), aveva diffidato la società “I Gatti Matti s.r.l.” “dall’effettuare o fare effettuare qualsiasi attività che po[tesse] comportare il superamento dei limiti di emissione ed immissione acustica (D.P.C.M. 14.11.1997, Legge n. 447/2005, L.R.T. 01 dicembre 1998 n. 89) ovvero che po[tesse] arrecare disturbo ai punti ricettori sensibili”;
- che la Arpat, con il rapporto del 25.7.2011 (prot. 50426), aveva evidenziato, allegando apposita certificazione medica, che situazione di rumorosità in questione, oltre i limiti di legge, aveva già prodotto conseguenze patologiche in danno della sig.ra Chiarugi;
- che la Asl, con la nota 5.8.2011 (prot. 32141) – nella quale si fa espresso riferimento all’esposto dei coniugi Scarlatti e alle certificazioni mediche della sig.ra Chiarugi - non ritenendo sufficiente la mera sospensione dell'attività esterna così come era avvenuto nell'anno 2009, aveva proposto:
- di adottare ordinanza contingibile e urgente "tesa ad ottenere la sospensione dell'attività di ristorazione fino all'ottenimento di quanto proposto da ARPAT”;
- "di rivalutare l'utilizzo dell'area a fini ricreativi poiché le caratteristiche della medesima area risultavano "incompatibili con una attività intrinsecamente rumorosa";
- che nella medesima ordinanza si dà risalto alla duplice circostanza “che la situazione riscontrata da ARPAT in occasione dell’ultimo accertamento è la stessa che si era evidenziata nel corso dell’accertamento 2009 quando il livello di rumore residuo superava il livello consentito per le voci di poche persone intrattenutesi all’esterno del ristorante”, e “che i procedimenti amministrativi avviati nel 2009 (Ordinanza n. 16 del 05/02/2009 e Ordinanza n. 121 del 22/09/2009) si [erano conclusi] con la comunicazione da parte del precedente gestore della sospensione dell’attività di ristorazione e musicale all’aperto”.
Tali presupposti, che vengono espressamente citati nel corpo motivazionale dell’ordinanza in questione risultano di per sé idonei a dare fondamento giustificativo al provvedimento.
Si tratta, infatti, di un provvedimento emesso dal Sindaco del Comune di Cerreto Guidi nell’esercizio del potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti attribuitogli dall’art. 9 della l. n. 447/1995: disposizione, la quale attribuisce a taluni organi – tra cui il Sindaco – qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente, il potere di ordinare, con provvedimento motivato, il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento od abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di certe attività.
E, secondo la giurisprudenza, anche di questo Tribunale, condivisa dal Collegio, l’esercizio di un simile potere è legittimo anche allorché l’ordinanza sia adottata a seguito delle segnalazioni e degli esposti di una sola famiglia (T.A.R. Toscana, Sez. II, 27 luglio 2009, n. 1307; T.A.R. Milano, Sez. IV, 27 dicembre 2007, n. 6819; T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 668; id., 17 aprile 2009, n. 670). Infatti, da un lato, la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l’intera collettività, ben potendo chiedersi tutela alla P.A. anche laddove sia in discussione la salute di una singola famiglia, o anche di una sola persona (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 8 giugno 2006, n. 3340); dall’altro lato, non può essere certamente reputato ordinario strumento di intervento – sul piano amministrativo – la facoltà che l’art. 844 c.c. attribuisce al privato di adire il G.O. per far cessare le immissioni dannose eccedenti la normale tollerabilità (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 24 gennaio 2006, n. 488; id., n. 3340/2006, cit.).
In altri termini, lo strumento che la legislazione di settore mette a disposizione per reprimere le violazioni della disciplina sull’inquinamento acustico è specificamente – nonché unicamente – il potere di ordinanza ex art. 9 della l. n. 447/1995: rimedio ordinario in materia di inquinamento acustico, non attribuendo la citata legge speciale altri strumenti alle Amministrazioni comunali. Per conseguenza, è sufficiente, per l’esercizio del suddetto potere, anche la segnalazione di un solo cittadino (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 2 aprile 2008, n. 715). Come visto, infatti, l’accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, anche se non coinvolgente l’intera collettività, basta a concretare l’eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con lo strumento previsto dall’art. 9 cit. (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 3340/2006, cit.): strumento costituente l’espressione della potestà regolatoria, spettante ai Comuni, di conformare l’attività privata al rispetto dei limiti di emissione acustica nell’ambito del territorio comunale (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, n. 715/2008, cit.; T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 1307/2009, cit.; n. 668/2009, cit.; id., n. 670/2009, cit.).
E, nel caso di specie, ancorchè gli atti istruttori nella disponibilità dell’amministrazione comunale fossero tali da mettere in discussione l'intera attività svolta dai ricorrenti e non solo quella esterna, la stessa amministrazione, all’evidente fine di contemperare gli interessi in gioco (da un lato la salute pubblica, dall'altro l'esercizio dell'attività privata), ha sospeso temporaneamente la sola attività esterna sino all'adempimento, da parte dei ricorrenti, delle prescrizioni dettate dall’Arpat.
[b]Né è rilevabile alcuna contraddizione, proprio tenuto conto di quanto proposto dalla Asl nella richiamata nota del 5.8.2011, nel fatto che sia stata disposta, da un lato, l’adozione di misure limitative di immissione di rumori solo per il periodo notturno, e, dall’altro, la sospensione dell’attività di ristorazione all’esterno anche durante il periodo diurno, e che al contempo i ricorrenti siano stati diffidati dall’esercitare “l’attività di ristorazione all’aperto” – e non già dall’esercitare in toto l’attività di ristorazione, come erroneamente riportato dai ricorrenti – “in assenza di un adeguato abbattimento e contenimento della rumorosità prodotta, in attesa dell’adozione di specifici sistemi e/o della realizzazione di idonee opere di abbattimento della stessa”. [/b]
Così come non è rilevabile alcuna illegittimità nell’aver imposto con l’ordinanza in questione di esibire “copia dell’attestazione di versamento della sanzione amministrativa, di cui all’art. 10 della legge 447/95, in ottemperanza a quanto stabilito dal verbale di accertamento e contestazione n. 18/2011, del 25/07/2011, prot. n. 2011/50621 del 25/07/2011 emesso da Arpat, Servizio Sub Provinciale di Empoli Valdelsa”.
Infatti, tale prescrizione non può che essere letta come mero richiamo a quanto previsto nel suindicato verbale, la cui portata resta immutata; resta fermo, cioè, che il trasgressore avrebbe potuto, ai sensi dell’art. 16 della legge 689/1981, liberarsi della propria obbligazione pagando, entro 60 giorni dalla notifica del verbale in questione, la sanzione pecuniaria, contestualmente quantificata, prevista per la violazione commessa, con facoltà di presentare scritti e memorie difensive entro 30 giorni dalla notifica dell’indicato verbale, e che, in caso di mancato pagamento entro i termini suddetti, l’Autorità Comunale avrebbe provveduto all’emissione dell’ordinanza-ingiunzione di cui all’art. 18 della legge 689/1981.
Quanto, poi, alle censure mosse dai ricorrenti all’operato dell’Arpat, di cui al suindicato verbale di accertamento e contestazione, le stesse non colgono nel segno.
Non può, infatti, fondatamente censurarsi l’operato dell’Arpat per aver quest’ultima proceduto alle misurazioni fonometriche su richiesta dei sigg.ri Scarlatti, in occasione dei festeggiamenti di una squadra sportiva e, quindi, in un momento di rumorosità maggiore rispetto alle altre, tenuto conto che la normativa e in particolare la fattispecie tipizzata di cui all’art. 10 della legge 447/1995 non richiedono affatto che la trasgressione sia reiterata nel tempo, essendo sufficiente un unico episodio di superamento dei limiti di immissione differenziale.
Né sono stati offerti elementi sufficienti, che vorrebbero far leva sulla rumorosità del traffico veicolare, per revocare in dubbio sia l’attendibilità dei dati riscontrati dall’Arpat, che la riconducibilità delle patologie della controinteressata Chiarugi (anche) alla rumorosità originata dallo svolgimento dell’attività dei ricorrenti.
Quanto, poi, all’ordinanza n. 92/2011, la circostanza che con l’ordinanza contingibile ed urgente n. 86/2011 sia stata temporaneamente sospesa la sola attività esterna, che avrebbe dovuto svolgersi, come dedotto in ricorso, nel periodo estivo (dal 22 giugno al 15 settembre 2011), non precludeva, comunque, in alcun modo di presentare una VIAc in relazione alle residue attività, e di ottemperare, quindi, con tali modalità all’ordinanza n. 92/2011.
Né i ricorrenti possono dolersi del fatto di essere stati diffidati, con la medesima ordinanza, dall’esercitare “attività, all’interno e all’esterno dei locali” che generino “rumori superiori ai limiti normativi e di conseguenza rec[hino] disturbo ai punti ricettori sensibili”, ancorchè le problematiche relative alla rumorosità dell’attività di ristorazione all’interno dei locali, sorte con i rilievi fonometrici dell’Arpat nell’anno 2008, fossero state già risolte a suo tempo, cosa di cui il Comune era pienamente a conoscenza.
E’ evidente, infatti, che ove ciò rispondesse a verità, e cioè ove la rumorosità dell’attività di ristorazione all’interno dei locali fosse effettivamente rientrata nei limiti della tollerabilità, la diffida emessa dal Comune sarebbe del tutto ininfluente ai fini della prosecuzione dell’attività.
4. Il ricorso va, pertanto, respinto sia per la parte impugnatoria, che per quella concernente la domanda di risarcimento del danno, stante l’accessorietà della domanda risarcitoria rispetto alla domanda principale.
5. Quanto alle spese di giudizio, le stesse, tenuto conto della vicenda contenziosa nel suo complesso, possono essere compensate tra le parti costituite; nulla spese nei confronti delle parti non costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate tra le parti costituite; nulla spese nei confronti delle parti non costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore
Carlo Testori, Consigliere
100 TULPS - potere discrezionale di chiusura per frequenti schiamazzi - 1/6/15
[color=red][b]TAR TOSCANA, SEZ. II – sentenza 1° giugno 2015 n. 843[/b][/color]
N. 00843/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01644/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1644 del 2014, proposto da:
"Tandem" di Valentini Leonardo e Nencini Alessando S.n.c., rappresentata e difesa dagli avv. Franco Nencini e Maria Beatrice Pieraccini, con domicilio eletto presso – Segreteria T.A.R. in Firenze, Via Ricasoli 40;
contro
Questura di Lucca, in persona del Questore p.t., Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Firenze, presso i cui Uffici, in Firenze, Via degli Arazzieri 4, sono legalmente domiciliati;
per l'annullamento
- del decreto prot. n. 1907 cat. 23/PAS/2014 in data 13 ottobre 2014, notificato il successivo 14 ottobre 2014, emesso dal Questore di Lucca, con il quale è stata disposta la sospensione per 10 giorni ai sensi dell'art. 100 del T.U.L.P.S. delle autorizzazioni già rilasciate al ricorrente per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, svolta all' interno del pubblico esercizio denominato "TANDEM BAR";
- di ogni altro atto presupposto - tra cui, per quanto occorrer possa, il verbale relativo agli accertamenti effettuati dal personale della Stazione dei Carabinieri di Lido di Camaiore in data 4.10.2014, a oggi non conosciuto -, connesso e consequenziale;
nonché per l'annullamento , previa sospensione,
- del decreto prot. n. 1578 cat. 23/PAS/2014 in data 18 agosto 2014, notificato il successivo 21 agosto, con cui il Questore di Lucca ha disposto la sospensione per 7 giorni, ai sensi dell'art. 100 del T.U.L.P.S., delle autorizzazioni già rilasciate al ricorrente per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, svolta all'interno del pubblico esercizio – denominato "TANDEM BAR";
- di ogni altro atto presupposto - tra cui, per quanto occorrer possa, il verbale del sopralluogo della Polizia Municipale del Comune di Camaiore in data 19 luglio 2014, i verbali relativi agli accertamenti effettuati da personale della Stazione Carabinieri di Lido di Camaiore in data 20, 26 e
30 luglio 2014, e la nota del Commissariato di P.S. di Viareggio del 14.08.2014, atti ad oggi incogniti-, connesso e consequenziale;
e per la condanna
al risarcimento di tutti i danni subìti e subendi, che saranno provati in corso di causa, consistenti nei mancati incassi, negli investimenti effettuati e in ogni altro nocumento ricevuto con riferimento ai giorni in cui il pubblico esercizio è stato forzosamente chiuso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Lucca e del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2015 la dott.ssa Eleonora Di Santo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 21 agosto 2014 veniva notificato al sig. Nencini Alessandro, in qualità di legale rappresentante della “TANDEM di Valentini Leonardo e Nencini Alessandro s.n.c.”, il provvedimento, datato 18 agosto 2014, di sospensione - per giorni 7 a decorrere dalla notifica del medesimo provvedimento - ex art. 100 T.U.L.P.S. della validità della autorizzazioni amministrative per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande da esercitarsi all’interno del pubblico esercizio sito in Lido di Camaiore (LU) V.le Colombo n. 17 denominato “TANDEM BAR”.
Il provvedimento traeva origine, tra l’altro, dalla nota datata 2 agosto 2014 con la quale il Comando della Polizia Municipale di Camaiore aveva rappresentato varie problematiche di ordine e sicurezza pubblica inerenti l’attività del predetto esercizio pubblico. In particolare, aveva segnalato che l’utenza del predetto locale, giovani tra i 14 e i 20 anni, per la ridotta capienza dello stesso, come si evince dalla documentazione fotografica a tale nota allegata, stazionava nell’area esterna, occupando la sede stradale e limitando l’accesso alla pubblica via, aperta peraltro al transito veicolare con la conseguenza di ostacolare il regolare flusso automobilistico. Come confermato dalle dichiarazioni rese alla Polizia Municipale di Camaiore da alcuni cittadini, coloro i quali tentavano di transitare o di raggiungere la propria abitazione ubicata sulla via interessata, erano oggetto di insulti e minacce da parte degli avventori che addirittura colpivano le auto, rendendo così difficoltoso il passaggio. Inoltre, l’assembramento che si creava, specie nelle sere del mercoledì e venerdì dalle ore 23,00 alle ore 01,00 circa, all’esterno del locale in parola, provocava un continuo chiacchiericcio, urla e schiamazzi che recavano disturbo ai residenti della zona, che avevano inoltrato numerosi esposti e richiesto l’intervento delle Forze dell’Ordine che nel corso di ripetuti controlli effettuati il 19, 20, 26 e 30 luglio 2014 avevano accertato che la via Catalani ed i marciapiedi di v.le Colombo diventavano di fatto intransitabili, tanto da far supporre che anche l’eventuale passaggio di mezzi di soccorso potesse essere intralciato.
Rilevato, pertanto, che l’incontrollato assembramento di persone all’esterno del locale in questione provocava non solo disturbo alla quiete pubblica, ma anche pericolo alla circolazione stradale e all’incolumità personale, poiché l’occupazione del manto stradale da parte degli avventori del locale oltre a limitare la libera circolazione e generare problemi tra questi ultimi ed i conducenti dei veicoli interessati al transito, costituiva pericolo per l’incolumità degli avventori stessi che, noncuranti del traffico che scorre lungo viale Colombo, sarebbero potuti rimanere coinvolti in sinistri stradali, il Questore di Lucca emetteva in data 18 agosto 2014 – a tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini - il suindicato provvedimento con il quale disponeva la sospensione per 7 giorni ai sensi dell'art. 100 del T.U.L.P.S. delle autorizzazioni già rilasciate al sig. Nencini per l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, svolta all' interno del pubblico esercizio denominato "TANDEM BAR". Nel provvedimento si sottolineava, altresì, come “la sospensione della licenza [fosse] l’unica misura potenzialmente in grado di far decantare la situazione e di interrompere la spirale degli avvenimenti, dando un preciso segnale che la situazione venutasi a creare non è ulteriormente tollerabile, considerato che anche i ripetuti interventi delle forze di polizia non si sono rivelati sufficienti a normalizzare la situazione”.
In data 14 ottobre 2014, preso atto del perdurare delle problematiche che avevano determinato l’emissione del suindicato provvedimento attesi i continui esposti dei residenti, confermati nel contenuto dalla Stazione Carabinieri di Lido di Camaiore che aveva constatato l’attualità delle criticità segnalate, veniva notificato al sig. Nencini un altro provvedimento – datato 13 ottobre 2013 - ex art. 100 T.U.L.P.S. con il quale le autorizzazioni sopra specificate venivano sospese per giorni 10.
Con il ricorso in esame, il sig. Nencini, in qualità di legale rappresentante della società “TANDEM di Valentini Leonardo e Nencini Alessandro s.n.c.” ha, quindi, impugnato entrambi i suindicati provvedimenti, e ha chiesto, altresì, il risarcimento di tutti i danni subìti e subendi, da provare in corso di causa, consistenti nei mancati incassi, negli investimenti effettuati e in ogni altro nocumento ricevuto con riferimento ai giorni in cui il pubblico esercizio è stato forzosamente chiuso.
Con un unico motivo di ricorso, si deduce “Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 100 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - Violazione dell'art. 97 Cost. e del principio di imparzialità dell'azione amministrativa in esso sancito- Violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e ss. mm. e ii. - Eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto - Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza - Eccesso di potere per ingiustizia manifesta- Straripamento e sviamento di potere”, in quanto il Questore, con i decreti impugnati, avrebbe inteso tutelare l’incolumità personale, la quiete pubblica, la sicurezza stradale e il transito veicolare facendo un’applicazione distorta dell’ipotesi residuale contemplata dall’[b][color=red]art. 100 T.U.L.P.S.[/color][/b] (“o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico … o per la sicurezza dei cittadini”), preordinata, invece, alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini; i beni evocati dal Questore e asseritamente oggetto di tutela sarebbero, invece, contemplati da norme specifiche e sarebbero devoluti alla competenza di altri Organi ed Enti; non sarebbe dato comprendere quali siano, nel caso del Tandem Bar, i fatti gravi, univoci e concordanti idonei a mettere in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica e come possa la chiusura del bar arginare i fenomeni di assembramento quando altri quattro esercizi nella zona restano regolarmente aperti; la valutazione effettuata dalla P.A. apparirebbe tanto più sperequata e ingiusta se si esaminassero i casi concreti, portati all'attenzione della giurisprudenza, in cui viene applicato l'art. 100 T.U.L.P.S.: in genere si tratterebbe di locali ove si sono verificate gravi risse, coinvolgenti molte persone, accoltellamenti, fatti criminosi, o che costituiscano ritrovo di persone pericolose o pregiudicate, identificate e note alle Forze dell’Ordine; la P.A. avrebbe del tutto trascurato di valutare le condotte fattive poste in essere dal ricorrente per tentare di arginare il fenomeno dell’assembramento della clientela nella strada, né sarebbe stato compiuto un equo contemperamento tra gli interessi, pubblici e privati, in gioco.
2. Il ricorso è infondato.
[b]Nel caso di specie, l’amministrazione ha esercitato il potere previsto dall’art. 100 del R.D. 1931 n. 773, il cui primo comma prevede che “oltre i casi indicati dalla legge, il questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini”.[/b]
La norma richiede, quindi, con clausola di chiusura, per l’adozione della misura preventiva, che l’esercizio costituisca “un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini”, a prescindere, cioè, dai tumulti o gravi disordini che ivi siano avvenuti, o dal fatto che il locale sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose.
[color=red][b]In generale, va osservato che il potere in questione, ampiamente discrezionale, ha natura tipicamente preventiva e cautelare, a garanzia di interessi pubblici primari quali la sicurezza e l'ordine pubblico; ne discende che la sospensione della licenza deve ritenersi legittimamente adottata in tutti i casi in cui, a prescindere dalla colpa del titolare dell'esercizio, ricorra una situazione tale da configurare una fonte di pericolo concreto ed attuale per la collettività (cfr. C.d.S, sez. VI, 06 aprile 2007, n. 1563; C.d.S., sez. VI, 21 maggio 2007, n. 2534; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 04 aprile 2007, n. 1387).[/b][/color]
Nondimeno, l’amministrazione è tenuta supportare l’ordine di chiusura temporanea con una adeguata motivazione, che in base alle risultanze dell’istruttoria dia conto dell’effettiva sussistenza di una situazione oggettiva idonea a configurare un concreto ed attuale pericolo per la collettività, in relazione ai presupposti individuati dall’art. 100 del T.U.L.P.S..
Ciò premesso, si ritiene che non sia illogica e insufficiente la motivazione dei provvedimenti impugnati; né difettino i presupposti di fatto per l’adozione degli stessi, come emerge dalla esposizione in fatto.
[b]Infatti, le valutazioni dell’amministrazione sono state puntualmente motivate con particolare riferimento alla tutela e salvaguardia dell’ordine e della sicurezza dei cittadini, messi in pericolo dalla presenza degli avventori del locale nella strada, così creando situazioni di disagio e pericolo per l’ordine pubblico e il rischio di incidenti stradali.[/b]
Il fatto, poi, che gli impugnati provvedimenti siano stati resi anche contro la turbativa alla quiete pubblica derivante dai rumori e dai frequenti schiamazzi, non incide sull’interesse primario tutelato dagli stessi che concerne la salvaguardia dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, con conseguente legittima adozione dello strumento previsto dall’art. 100 T.U.L.P.S..
3. Il ricorso va, pertanto, respinto sia per la parte impugnatoria, sia per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno, stante l’accessorietà della domanda risarcitoria rispetto alla domanda principale.
4. Quanto alle spese di giudizio, le stesse seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente a rifondere alle amministrazioni resistenti le spese di lite, che liquida nella complessiva somma di euro 3.000,00 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore
Carlo Testori, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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[size=18pt][color=red][b]APPROFONDIMENTI[/b][/color][/size]
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Orari e rumori notturni: i poteri dei comuni
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Rumore. Inquinamento acustico e ordinanza contingibile ed urgente ex art. 9
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Rumori del BAR: si possono contestare solo tramite rilevazioni specifiche
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Rumore. Attività di fornaio - Cass. Sez. I n. 33072 del 5 settembre 2011
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Rumore. Adozione di ordinanza contingibile e urgente
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Rumore.Misura del livello di rumorosità e atti istruttori
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Una applicazione per misurare il rumore
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Rumore. Inquinamento acustico e ordinanza contingibile ed urgente ex art. 9
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Rumore.Illegittimità Ordinanza determinazione orario massimo di apertura del bar
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TOSCANA - nuova disciplina sul RUMORE - approfondimenti
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=18118.msg34030#msg34030
Rumore.Legittimità ordinanza per risanamento acustico
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=18156.msg34068#msg34068
VIAC in Toscana - nuove norme sul rumore nelle DDGGRR 856-857 2013
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=16213.msg30331#msg30331
Can che abbaia ... fa rumore (Cassazione 4/6/2015 n. 23944)
... i rumori erano continui nell’arco di tutta la giornata e non erano limitati alla sola mattinata e che gli stessi disturbavano l’occupazione, lo studio, la vita quotidiana dei vicini, senza che i proprietari del cane provvedessero in alcun modo, pur essendo stati più volte e da più parti sollecitati.
http://buff.ly/1FDY1ng
Rilascio per PERMESSO DI COSTRUIRE subordinato a VERIFICA ACUSTICA
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 5 giugno 2015 n. 2784
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=27247.0
[color=red][b]IL RUMORE SVALUTA LA CASA DEL 20%[/b][/color]
http://rassegnastampa.gabetti.it/rassegna/ocrrs_db.asp?tipo=ocr&typedb=4&namedb=Ecostampa&numart=3TPF86&tipcod=0&titolo=IL%2520%2522FATTORE%2520RUMORE%2522%2520ABBASSA%2520DEL%252020%2525%2520IL%2520PREZZO%2520DELLE%2520CASE%2520%2528D.Autieri%2529&enaabs=True&rictxt=&dtart=05/05/2015
http://www.carolavalenza.it/2015/04/17/il-rumore-svaluta-la-casa-del-20/?utm_content=bufferbe30b&utm_medium=social&utm_source=linkedin.com&utm_campaign=buffer
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/05/05/il-fattore-rumore-abbassa-del-20-il-prezzo-delle-caseRoma10.html
http://www.acustica.it/documenti/rumore%20e%20valore%20degli%20immobili_2007.pdf
http://www.rumoreincasa.it/Documenti/ATTI%20CONVEGNO%2030-11%20e%201-12/CAMPOLONGO_la_svalutazione_dell_immobile_per_difetti_d_Isolamento_acustico_non_reparabili_1-12-2011.pdf
https://books.google.it/books?id=H9BRJIoXBFQC&pg=PA117&lpg=PA117&dq=rumore+svalutazione&source=bl&ots=EfYl5BT9mn&sig=G96rf56ZiBTm7uGyZipmgjS3lKU&hl=it&sa=X&ved=0CEEQ6AEwBWoVChMIxZv42sKFxgIVqZ1yCh3-9QAg#v=onepage&q=rumore%20svalutazione&f=false
[img width=300 height=238]http://www.bolognaragionevole.org/wp-content/uploads/2013/06/rumore.jpg[/img]
[color=red][b]Cass. Sez. III n. 23235 del 29 maggio 2015 (Ud 28 gen 2015)[/b][/color]
Pres. Teresi Est. Di Nicola Ric. Capriglia
[b]Rumore.Modalità di accertamento del disturbo[/b]
Il disturbo previsto dall'art. 659 cod. pen. si identifica con una sensibile alterazione delle normali condizioni in cui si svolgono il riposo, le occupazioni o le altre attività previste dalla norma, con la conseguenza che il fatto di reato è integrato ogni qualvolta si verifichi un concreto pericolo di disturbo che superi i limiti di normale tollerabilità, a prescindere dal mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia per i mestieri rumorosi, la cui valutazione deve essere effettuata con criteri oggettivi riferibili alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente dove i suoni o i rumori vengono percepiti. Ne consegue che, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen., l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone non va necessariamente accertata mediante perizia o consulenza tecnica, ma ben può il giudice fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/156-cassazione-penale156/11554-rumore-modalit%C3%A0-di-accertamento-del-disturbo.html
RUMORE: illegittima ordinanza di limitazione per STAZIONE FERROVIARIA
[color=red][b]TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. III – sentenza 2 settembre 2015 n. 1920[/b][/color]
[img width=300 height=105]http://diblas-udine.blogautore.repubblica.it/files/2009/12/Vienna-suedbahnhof_from_arsenal_tower_vienna.jpg[/img]
N. 01920/2015 REG.PROV.COLL.
N. 02839/2014 REG.RIC.
N. 02840/2014 REG.RIC.
N. 02949/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2839 del 2014, proposto da:
Trenord S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Enzo Barilà e Riccardo Artaria, con domicilio eletto presso lo Studio del primo in Milano, piazza Cinque Giornate, n. 5;
contro
Comune di Como, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Chiara Piatti e Maria Antonietta Marciano, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R., in Milano Via Corridoni, n. 39;
nei confronti di
Giuseppe Manellini, Riccardo Lucchese, non costituiti;
sul ricorso numero di registro generale 2840 del 2014, proposto da:
Ferrovienord S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Enzo Barilà e Riccardo Artaria, con domicilio eletto presso lo Studio del primo in Milano, piazza Cinque Giornate, n. 5;
contro
Comune di Como, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Chiara Piatti e Maria Antonietta Marciano, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R., in Milano Via Corridoni, n. 39;
nei confronti di
Giuseppe Manellini, Riccardo Lucchese, non costituiti;
sul ricorso numero di registro generale 2949 del 2014, proposto da:
Nord_Ing Srl, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Enzo Barilà, con domicilio eletto presso lo Studio dello stesso in Milano, piazza Cinque Giornate, n.5;
contro
Comune di Como, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Chiara Piatti e Maria Antonietta Marciano, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R., in Milano Via Corridoni, n. 39;
nei confronti di
Giuseppe Manellini, Riccardo Lucchese, non costituiti;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 2839 del 2014:
- dell'ordinanza del Sindaco di Como n. 40 del 10 ottobre 2014, pubblicata sull'albo pretorio on line in pari data, con la quale si ordina a Trenord s.r.l. con riferimento alla Stazione Ferrovienord di Como - Lago “il divieto assoluto di svolgere le attività di preparazione di attivazione dei treni e di annuncio con l'ausilio di altoparlanti nella fascia oraria notturna dalle ore 22.00 alle ore 06.00 a decorrere dal giorno della notifica della presente ordinanza e fino alla predisposizione di un piano di contenimento e abbattimento del rumore ai sensi del disposto dell'art. 10 comma 5 della legge 447/1995 per la risoluzione delle emissioni oltre i limiti, e di mantenere in termini ristrettissimi i tempi di preaccensione delle motrici al fine di ridurre al minimo l'impatto esistente delle sorgenti sonore nelle more dei provvedimenti definitivi, da depositare presso codesta Amministrazione comunale, settore Ambiente entro 30 giorni dalla notifica della presente ordinanza”;
- nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso..
quanto al ricorso n. 2840 del 2014:
- dell'ordinanza del Sindaco di Como n. 40 del 10 ottobre 2014 pubblicata sull'Albo pretorio on line dello stesso comune in data 14 ottobre 2014 con la quale si ordina a Ferrovienord s.p.a. con riferimento alla stazione Ferrovienord di Como-Lago “il divieto assoluto di svolgere le attività di preparazione di attivazione dei treni e di annuncio con l'ausilio di altoparlanti nella fascia oraria notturna dalle ore 22.00 alle ore 06.00 a decorrere dal giorno della notifica della presente ordinanza e fino alla predisposizione di un piano di contenimento e abbattimento del rumore ai sensi del disposto dell'art. 10 comma 5 della legge 447/1995 per la risoluzione delle emissioni oltre i limiti, e di mantenere in termini ristrettissimi i tempi di preaccensione delle motrici al fine di ridurre al minimo l'impatto esistente delle sorgenti sonore nelle more dei provvedimenti definitivi, da depositare presso codesta Amministrazione comunale Settore Ambiente entro 30 giorni dalla notifica della presente ordinanza”;
- nonchè di tutti gli atti connessi.
quanto al ricorso n. 2949 del 2014:
dell'ordinanza del Sindaco di Como n. 40 del 10 ottobre 2014 pubblicata sull'Albo pretorio on line dello stesso comune in data 14 ottobre 2014 con la quale si ordina a Ferrovienord s.p.a. con riferimento alla stazione Ferrovienord di Como-Lago “il divieto assoluto di svolgere le attività di preparazione di attivazione dei treni e di annuncio con l'ausilio di altoparlanti nella fascia oraria notturna dalle ore 22.00 alle ore 06.00 a decorrere dal giorno della notifica della presente ordinanza e fino alla predisposizione di un piano di contenimento e abbattimento del rumore ai sensi del disposto dell'art. 10 comma 5 della legge 447/1995 per la risoluzione delle emissioni oltre i limiti, e di mantenere in termini ristrettissimi i tempi di preaccensione delle motrici al fine di ridurre al minimo l'impatto esistente delle sorgenti sonore nelle more dei provvedimenti definitivi, da depositare presso codesta Amministrazione comunale Settore Ambiente entro 30 giorni dalla notifica della presente ordinanza”;
- nonchè di tutti gli atti connessi.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Como;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ordinanza sindacale contingibile e urgente n. 40 del 10 ottobre 2014 il Comune di Como ha ordinato alle società Ferrovienord s.p.a, Trenord s.r.l. e Nord_Ing s.r.l. il divieto assoluto di svolgere le attività di preparazione di attivazione dei treni e di annuncio con l'ausilio di altoparlanti nella fascia oraria notturna dalle ore 22.00 alle ore 06.00 a decorrere dal giorno della notifica della ordinanza e fino alla predisposizione di un piano di contenimento e abbattimento del rumore ai sensi del disposto dell'art. 10 comma 5 della legge 447/1995 per la risoluzione delle emissioni oltre i limiti, e di mantenere in termini ristrettissimi i tempi di preaccensione delle motrici, al fine di ridurre al minimo l'impatto esistente delle sorgenti sonore, nelle more dei provvedimenti definitivi, da depositare presso l’Amministrazione comunale entro 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza stessa.
Ferrovienord s.p.a., in forza di concessioni risalenti, gestisce le linee ferroviarie che giungono alla stazione di Como Lago e la relativa infrastruttura. Trenord s.r.l. è il soggetto gestore del servizio pubblico di trasporto ferroviario regionale, in forza di contratto di servizio con la Regione Lombardia, mentre Nord_Ing s.r.l. è una società del gruppo che fa capo a FNM s.p.a. ( la quale controlla anche il 50% di Trenord s.r.l.) che svolge attività di progettazione e supporto-tecnico in particolare a favore di Ferrovienord s.p.a.
Avverso la predetta ordinanza sindacale le tre società – tutte destinatarie del provvedimento - hanno proposto i distinti ricorsi indicati in epigrafe, chiedendo tutte l’annullamento dell’ordinanza e invocando Trenord e Ferrovienord anche la tutela cautelare.
Si è costituito in giudizio il Comune di Como, resistendo ai ricorsi e chiedendone il rigetto.
Con decreto n. 1419 del 24 ottobre 2014 il Presidente della Sezione ha accolto la domanda cautelare d’urgenza presentata da Trenord in relazione al ricorso RG 2839/2014.
Con ordinanza n. 1557 del 19 novembre 2014 e con ordinanza n. 1554 del 19 novembre 2014, assunte rispettivamente in relazione ai ricorsi RG 2839/2014 e 2840/2014, questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare.
In vista della trattazione nel merito dei ricorsi – tutti fissati all’udienza pubblica del 9 luglio 2015 – le parti hanno scambiato memorie e repliche insistendo nelle proprie conclusioni.
Indi i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione.
DIRITTO
I) In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe, sussistendo le condizioni di cui all’art. 70 c.p.a.
Invero con i rispettivi atti introduttivi dei giudizi le società Ferrovienord s.p.a, Trenord s.r.l. e Nord_Ing s.r.l. hanno impugnato la medesima ordinanza sindacale, di cui sono diretti destinatari, deducendo gli stessi motivi di gravame e formulando le medesime domande.
II) I ricorsi proposti sono affidati a due mezzi di gravame di seguito sintetizzati:
1) incompetenza del Sindaco e violazione degli artt. 3 e 9 della L. 447/1995: ai sensi dell’art. 9 L. 447/1995 il provvedimento di inibizione delle emissioni sonore che incide sui servizi pubblici essenziali è adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri; nei servizi pubblici essenziali, ai sensi dell’art. 3 della stessa legge, sono ricomprese anche le linee ferroviarie. Pertanto il Sindaco non avrebbe alcuna competenza nell’adozione del provvedimento impugnato, tenuto conto del contenuto dispositivo dello stesso. Né potrebbe essere invocata la competenza del Sindaco ex art. 54 TUEELL, in quanto la L. 447/1995 recherebbe una disciplina speciale in materia di servizi pubblici essenziali.
2) violazione dell’art. 3 della L. n. 447/1995, del DPR n. 459/1998, dell’art. 15 della l.r. n. 13/2001 e del DPCM 14 novembre 1997; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; falsa applicazione dell’art. 54 comma 6 del D.lgs. 267/2000 e incompetenza sotto altro profilo: il provvedimento impugnato sarebbe generico nell’indicare indistintamente tre soggetti (FerrovieNord, TreNord e Nord_Ing) destinatari delle prescrizioni, senza individuare in concreto chi dovrebbe attenersi al contenuto dell’ordinanza, in relazione al ruolo e alle competenze di ciascuna società sulla gestione del servizio ferroviario della stazione Como Lago. Sotto altro profilo i limiti delle emissioni sarebbero rispettati, come riconosciuto dallo stesso Comune in una nota del 8 agosto 2013. In ogni caso, avuto riguardo ai valori di emissione delle infrastrutture dei trasporti indicati dal DPR 18 novembre 1998 n. 459, le emissioni nella Stazione Como Lago sarebbero rispettate. Tali circostanze di fatto farebbero emergere un difetto di istruttoria del provvedimento impugnato.
III) Va esaminato, in via prioritaria, il primo motivo di gravame - avente natura assorbente di ogni altra questione (cfr. Ad. Plen. n. 5/2015) – con cui le ricorrenti hanno dedotto l’incompetenza del Sindaco nell’adozione dell’ordinanza impugnata.
Il motivo è fondato, come già anticipato in sede cautelare.
La materia delle emissioni acustiche prodotte nello svolgimento di servizi pubblici essenziali, ed in particolare di quello ferroviario, è disciplinata da una legislazione speciale che la sottrae dal regime ordinario, concernendo particolari interessi di rilievo nazionale che necessitano di una disciplina settoriale ed unitaria.
In virtù di tale particolare rilevanza della materia, spetta allo Stato e non agli enti locali sia la competenza in ordine all’emanazione delle direttive (piani pluriennali di abbattimento delle emissioni sonore prodotte dalle infrastrutture dei servizi pubblici essenziali, quindi anche quelle ferroviarie) sia il controllo sul rispetto dell’attuazione delle stesse, per tutelare la continuità e l’efficienza delle infrastrutture dei servizi pubblici essenziali.
La legge quadro in materia di inquinamento acustico (L. 26 ottobre 1995, n. 447), all’art. 3, comma 1, lett. i) stabilisce la competenza dello Stato all'adozione di piani pluriennali per il contenimento delle emissioni sonore prodotte per lo svolgimento di servizi pubblici essenziali quali linee ferroviarie, metropolitane, autostrade e strade statali entro i limiti stabiliti per ogni specifico sistema di trasporto, ferme restando le competenze delle regioni, delle province e dei comuni, e tenendo comunque conto delle disposizioni di cui all'articolo 155 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. L’art. 9, comma 1, prevede, inoltre, che: “Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della giunta regionale, il prefetto, il Ministro dell'ambiente, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della L. 3 marzo 1987, n. 59, e il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri”, mentre l’art. 10 della stessa norma, al comma 5, così dispone: “In deroga a quanto previsto ai precedenti commi, le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, nel caso di superamento dei valori di cui al comma 2, hanno l'obbligo di predisporre e presentare al comune piani di contenimento ed abbattimento del rumore, secondo le direttive emanate dal Ministro dell'ambiente con proprio decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Essi devono indicare tempi di adeguamento, modalità e costi e sono obbligati ad impegnare, in via ordinaria, una quota fissa non inferiore al 7 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione e di potenziamento delle infrastrutture stesse per l'adozione di interventi di contenimento ed abbattimento del rumore. Per quanto riguarda l'ANAS la suddetta quota è determinata nella misura del 2,5 per cento dei fondi di bilancio previsti per le attività di manutenzione. Nel caso dei servizi pubblici essenziali, i suddetti piani coincidono con quelli di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i); il controllo del rispetto della loro attuazione è demandato al Ministero dell'ambiente”.
L’art. 11, infine, prevede che: “Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente di concerto, secondo le materie di rispettiva competenza, con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione, dei lavori pubblici e della difesa, sono emanati regolamenti di esecuzione, distinti per sorgente sonora relativamente alla disciplina dell'inquinamento acustico avente origine dal traffico veicolare, ferroviario, marittimo ed aereo, avvalendosi anche del contributo tecnico-scientifico degli enti gestori dei suddetti servizi, dagli autodromi, dalle aviosuperfici, dai luoghi in cui si svolgono attività sportive di discipline olimpiche in forma stabile, dalle piste motoristiche di prova e per attività sportive, da natanti, da imbarcazioni di qualsiasi natura, nonché dalle nuove localizzazioni aeroportuali”, mentre, ai sensi dell’art. 15, comma 1, della norma: “Nelle materie oggetto dei provvedimenti di competenza statale e dei regolamenti di esecuzione previsti dalla presente legge, fino all'adozione dei provvedimenti e dei regolamenti medesimi si applicano, per quanto non in contrasto con la presente legge, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 dell'8 marzo 1991, fatta eccezione per le infrastrutture dei trasporti, limitatamente al disposto di cui agli articoli 2, comma 2, e 6, comma 2”.
In attuazione di tali principi è stato adottato il D.P.R. n. 459/1998, specificamente dedicato alla materia dell’inquinamento acustico derivante dal traffico ferroviario, che nelle premesse mette in evidenza “la necessità di armonizzare la legislazione nazionale con quella di altre nazioni europee” nonché “il ruolo essenziale di infrastruttura strategica per lo sviluppo di modalità alternative di trasporto di persone e merci svolto dalle ferrovie”.
[color=red][b]Posta la normativa sopra ricordata, la giurisprudenza che si è occupata della questione ha affermato che, in tema di inquinamento acustico, l’art. 9 della legge 26 ottobre 1995 n. 447 prevede espressamente la possibilità di emanare ordinanze contingibili ed urgenti in caso ricorrano "eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente", ma riserva il potere di ordinanza alle Autorità rispettivamente indicate, secondo le competenze di ciascuno, individuando, tuttavia, il Presidente del Consiglio dei ministri "nel caso di servizi pubblici essenziali", all’evidente scopo di uniformare l’azione amministrativa applicata alle enucleate peculiari fattispecie ove incidenti su servizi pubblici essenziali (cfr. in tal senso Tar Torino I 10 gennaio 2014 n. 50; Tar Milano III 27 marzo 2014 n. 818; Tar L’Aquila I 10 gennaio 2013 n.8; Tar Perugia 22 dicembre 2011, n.411 e 11 novembre 2008 n. 722; Tar Firenze, II, 15 marzo 2002 n. 494; Cons. Stato V 9 febbraio 2001 n. 508; Tar Trieste 25 agosto 1998 n. 1008).[/b][/color]
E’ stato evidenziato che in base alla normativa sopra ricordata il legislatore ha voluto devolvere allo Stato la disciplina delle emissioni ed immissioni sonore prodotte nello svolgimento di servizi pubblici essenziali e in particolare quello ferroviario, nel quale rientra l'attività di uno scalo ferroviario, con la conseguenza che le emissioni ed immissioni sonore prodotte da quest'ultima attività non possono essere disciplinate dagli enti locali.
Non paiono persuasive a riguardo le argomentazioni difensive del Comune resistente, secondo il quale l’ordinanza impugnata non avrebbe ad oggetto l’inibitoria del servizio pubblico ferroviario, avendo invece disposto l’adozione di misure idonee a ridurre le emissioni sonore.
[b]Innanzi tutto una parte del contenuto dispositivo dell’ordinanza impone il divieto assoluto di svolgere le attività di preparazione di attivazione dei treni dalle ore 22.00 alle ore 06.00. E’ evidente che tale inibitoria ha un’influenza diretta sull’esercizio del servizio ferroviario, trattandosi di attività essenziali per l’avvio dei primi convogli.[/b]
[b]Quanto alle attività di annuncio con l'ausilio di altoparlanti, ad avviso del Collegio, non pare convincente sostenere che tale profilo non sia parte essenziale del servizio pubblico di trasporto ferroviario. Tale modalità di comunicazione è infatti necessaria per gli utenti del servizio, sia sotto un profilo informativo – strettamente inerente al servizio stesso – sia sotto un profilo di sicurezza all’interno della stazione ferroviaria. Né può ritenersi che tale mezzo di comunicazione possa essere sostituito con strumenti alternativi, quali i monitor o i display: gli annunci tramite altoparlanti infatti garantiscono l’immediatezza della comunicazione, effetto questo che non può ottenersi con “sistemi visivi”, con la medesima efficacia ai fini di cui sopra.[/b]
In conclusione il primo motivo di ricorso è fondato e merita accoglimento.
IV) L’accoglimento del primo mezzo di gravame, avente, come rilevato, carattere assorbente, esime il Collegio dallo scrutinio del secondo motivo (cfr. Ad. Plen. n. 5/2015).
V) Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa loro riunione li accoglie e per l’effetto annulla l’ordinanza sindacale impugnata.
Condanna il Comune di Como al pagamento delle spese dei presenti giudizi che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento) a favore di Trenord s.r.l., € 1.500,00 (millecinquecento) a favore di Ferrovienord s.p.a. e € 1.500,00 (millecinquecento) a favore di Nord_Ing s.r.l., oltre oneri fiscali, previdenziali e spese generali come per legge, nonché al rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Alberto Di Mario, Primo Referendario
Valentina Santina Mameli, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Reiterata inerzia dell'Amministrazione locale - Intervento sostitutivo
Costa caro al sindaco non prendere posizione a fronte della richiesta di chiarimenti da parte di un cittadino disturbato dalla conduzione di un campo da motocross inaugurato da una associazione sportiva dietro casa. A maggior ragione dopo la condanna del tribunale amministrativo per l'inerzia conclamata dell'amministrazione comunale ai sensi degli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo. Con possibilità di nominare un commissario ad hoc a spese dell'ente locale.
T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, Sent., 21 luglio 2015, n. 1798
http://quotidianopa.leggiditalia.it/quotidiano_home.html#news=PKQT0000141879
Legittima ORDINANZA ANTI-RUMORE - Tar Toscana 1093/2015
TAR Toscana, Sez. II, n. 1093, del 13 luglio 2015
Rumore.Legittimità ordinanza sospensione immediata di ogni attività di intrattenimento musicale presso il pubblico esercizio (bar)
Il frequente superamento dei limiti di rumore da parte della ricorrente è testimoniato dalle autorizzazioni in deroga richieste dalla stessa, quindi, risulta obiettivamente dimostrato il superamento dei limiti di immissioni sonore fissati dalla normativa ed il potenziale pregiudizio per la salute dei controinteressati, elementi che giustificano ampiamente l’emanazione dell’ordinanza impugnata; a questo proposito, appare quasi superfluo rilevare come la legge non preveda, alcun bilanciamento di interessi tra diritto alla salute e libertà di impresa (apparendo sufficiente il superamento dei valori limite normativamente fissati) o l’obbligo dei controinteressati di addivenire a “patti di civile convivenza” in ordine alla gestione delle immissioni sonore e come appaia del tutto sufficiente il superamento del limite di immissioni con riferimento ad una singola abitazione o ad un singolo soggetto. La liberalizzazione delle attività in discorso e la regolamentazione posta in essere dall’Amministrazione comunale di Viareggio, con il regolamento per gli intrattenimenti musicali nei pubblici esercizi, non possono legittimare il superamento dei limiti di immissioni acustiche fissati dalla normativa.
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/84-giurisprudenza-amministrativa-tar84/11661-rumore-legittimit%C3%A0-ordinanza-sospensione-immediata-di-ogni-attivit%C3%A0-di-intrattenimento-musicale-presso-il-pubblico-esercizio.html
Il rumore nelle scuole
Un articolo presentato al 22° International Congress on Sound and Vibration svoltosi a Firenze lo scorso mese di luglio
http://www.arpat.toscana.it/notizie/arpatnews/2015/195-15/195-15-il-rumore-nelle-scuole
[img]http://www.arpat.toscana.it/notizie/arpatnews/2015/195-15/195-15-il-rumore-nelle-scuole/image_mini[/img]
Cass. Sez. III n. 37097 del 15 settembre 2015 (Cc 5 giu 2015)
Pres. Squassoni Est. Aceto Ric. PG in proc. Czenke
Rumore. Inquinamento acustico e modalità di accertamento
Le sole dichiarazioni rese dai denuncianti sono sufficienti a sostenere l'accusa in assenza di ulteriori indagini di riscontro, anche di natura fonometrica in ordine al reato di cui all'art. 659 cod. pen. perché la sussistenza del reato in questione può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova, anche di fonte dichiarativa, non essendo coerente con il principio di atipicità della prova e del libero convincimento del Giudice penale il ricorso esclusivo ad accertamenti di natura tecnica
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/156-cassazione-penale156/11759-rumore-inquinamento-acustico-e-modalit%C3%A0-di-accertamento.html
TAR Piemonte, Sez. II, n. 1191, del 10 luglio 2015
Rumore.Legittimità prescrizione amministrativa di cessare le immissioni sonore anche se non relative a trattenimenti danzanti e musicali fra le ore 22,01 e le ore 7,59
Si evince dagli atti che la problematica era risalente nel tempo e che a carico dei gestori del locale vi erano state altre segnalazioni ed accertamenti di inquinamento acustico; né vale sostenere che la zona è di per sé zona “votata alla movida”, considerato che le segnalazioni e gli accertamenti documentati hanno comunque avuto come destinataria l’attività della ricorrente. L’art. 44 del Regolamento di polizia urbana prevede che i locali di pubblico intrattenimento siano strutturati in modo tale da non consentire a suoni e rumori di essere uditi all’esterno tra le 22:00 e le 8:00, siffatta disposizione, pacificamente intesa come volta alla tutela della tranquillità pubblica, anche a prescindere da specifiche violazioni della disciplina acustica, tanto più giustifica l’intervento dell’amministrazione.
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/84-giurisprudenza-amministrativa-tar84/11657-rumore-legittimit%C3%A0-prescrizione-amministrativa-di-cessare-le-immissioni-sonore-anche-se-non-relative-a-trattenimenti-danzanti-e-musicali-fra-le-ore-22,01-e-le-ore-7,59.html
Intrattenimento musicale - rumori eccessivi - Cassazione: risarcimento del danno
[img width=300 height=159]https://encrypted-tbn3.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQdfdr-KvTYjbJw6e-HgWme0RC7n0-5IOuA79eEx4lBrC9kFFl_[/img]
[b]CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE – sentenza 16 ottobre 2015 n. 20927[/b]
FATTO
[color=red][b]Nel 2001 Regazzi Daniela, Olivato Pietro, Roberto, Barbara, Dino, Marco e Chiergato Odila convenivano in giudizio la Flex s.r.l., nonché il Comune di Pessano con Bomago e il Consorzio Intercomunale Sviluppo Industriale di Gorgonzola e Pessano con Bomago assumendo che dalle aree gestite dalla Flex all’interno di immobili di proprietà del Consorzio ed adibite ad intrattenimento musicale e danzante provenissero nelle ore notturne immissioni intollerabili di rumore a carico delle loro abitazioni, situate a breve distanza. Chiedevano che alla Flex fosse inibito di continuare a svolgere l’attività di intrattenimento musicale, ovvero che la stessa fosse condannata a modificare i suoi impianti per ricondurre le immissioni di rumori nei limiti della tollerabilità; chiedevano inoltre che il Consorzio, proprietario degli immobili in questione, fosse condannato ad | eseguire gli interventi necessari a ridurre nell’ambito della tollerabilità le immissioni acustiche, e chiedevano la condanna in solido della Flex e del Comune a risarcire il danno biologico e esistenziale da loro subito. La Flex si costituiva asserendo che:[/b][/color]
– la zona ove si svolgeva l’attività ed era sita l’abitazione degli attori, adiacente al loro stabilimento per la conservazione di alimenti surgelati, era sempre stata a vocazione esclusivamente industriale;
– la sua attività di intrattenimento musicale e danzante , da svolgersi all’aperto e solo nei mesi estivi, fosse in regola sotto il profilo amministrativo, essendosi la società convenuta regolarmente aggiudicata il bando comunale per poter esercitare quella particolare attività in quella zona;
– l’attività di intrattenimento era programmata per la sola stagione estiva, da giugno a settembre;
– solo nel 2003 il Comune approvava un piano di classificazione acustica del territorio comunale, inserendo la zona dove si trovava il locale in zona V a vocazione prevalentemente industriale anziché in zona VI (zona esclusivamente industriale) come avrebbe dovuto essere (la delibera comunale veniva impugnata dalla Flex dinanzi al Tar che la annullava nel 2008).
Nel 2008 il Tribunale di Milano accoglieva la domanda degli attori e condannava la Flex s.r.l. a corrispondere a ciascuno di essi un contenuto importo a titolo di danno esistenziale (condanna in parte estesa anche al Comune) e alla sola Regazzi anche un piccolo importo per danno biologico; il tribunale impartiva altresì alla società e al Consorzio proprietario il divieto di tenere trattenimenti musicali danzanti fuori dall’immobile di via Primo Maggio locato alla Flex s.r.l..
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, rigettava integralmente l’appello della Flex s.r.l..
Flex s.r.l. propone ricorso per cassazione articolato in cinque motivi contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 2958 del 28.10.2011, notificata l’H.7.2012.
Resistono con controricorso Olivato Pietro, Regazzi Daniela, Olivato Roberto, Barbara, Dino, Marco e Chiergato Odila.
Il Comune di Pessano con Bornago e il Consorzio Intercomunale Sviluppo Industriale di Gorgonzola e Pessano con Bornago, regolarmente intimati, non hanno svolto attività difensiva.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente ritiene di aver subito una ingiustificata condanna, che l’ha condotta alla cessazione di una attività regolarmente autorizzata dalle autorità amministrative comportandole un cospicuo danno, a seguito della errata interpretazione ed applicazione, da parte del giudice di merito, della normativa sull’inquinamento acustico e pur avendo mantenuto le immissioni di rumore che provenivano dagli impianti di amplificazione della società ( che somministrava intrattenimento notturno in luoghi aperti) all’interno della soglia dei 40 decibel, e comunque ad un livello inidoneo a ledere la salute di alcuno.
Sviluppa le sue lagnanze in cinque motivi, che appaiono complessivamente inidonei ad indurre ad una cassazione della sentenza impugnata.
[b]Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ovvero sull’appartenenza alla classe VI di zonizzazione acustica del terreno su cui sorge l’immobile in cui la Flex era stata autorizzata a svolgere la propria attività; denuncia anche la violazione di legge in riferimento alla legge n. 447 del 1995, al D.P.C.M. 14.11.1997, nonché all’art. 844 commi 1 e 2 c.c.[/b]
Quanto al denunciato vizio di motivazione, la ricorrente lamenta che la corte d’appello non abbia tenuto in alcun conto il fatto che, con una sentenza del T.A.R. del 2008 provocata da un ricorso della stessa Flex, l’area dove esiste la struttura gestita dalla ricorrente sia stata considerata come “facente parte dell’area industriale ed inseribile pertanto in classe VI ovvero nella zona a vocazione esclusivamente industriale, anziché area prevalentemente industriale (classe V), come era stata classificata erroneamente in precedenza dal Comune con provvedimento annullato dal tribunale amministrativo.
I controricorrenti sul punto precisano che effettivamente la delibera comunale che adottava il piano di zonizzazione acustica è stata annullata, con la sentenza del T.A.R. Lombardia n. 5234 del 2008 citata dalla ricorrente. Pertanto, evidenziano che allo stato non esiste più alcun piano di zonizzazione e si applicano le norme ordinarie per individuare se sia avvenuto o meno il superamento della tollerabilità delle immissioni.
Il motivo è infondato.
La censura non è mossa adeguatamente, senza riportare né indicare i passi della sentenza in cui la motivazione sia inficiata dalla omessa considerazione della pronuncia del T.A.R. A ciò si aggiunga che, in base a quanto riportato dalla stessa ricorrente, la pronuncia del giudice amministrativo ha annullato in quanto illegittimo il piano di classificazione acustica adottato nel 2003 dal Comune intimato, laddove qualificava il territorio ove veniva svolta l’attività di intrattenimento musicale della ricorrente come riconducibile alla zona n. V, a prevalente ( e non esclusiva ) vocazione industriale, ma non ha provveduto neppure nominando a ciò un commissario ad acta, ad un diverso classamento che abbia effettivamente attribuito all’area vocazione esclusivamente industriale. Il fatto decisivo, consistente nella riconducibilità del luogo ove sorge l’attività ad una diversa zona, non è neppure provato quindi nella sua esistenza storica. Quanto alla denunciata violazione di legge, essa non sussiste.
La sentenza impugnata appare aver fatto corretta applicazione della normativa vigente in materia di immissioni acustiche, laddove ha ricordato che sussistono due livelli di tutela di fronte all’immissione rumorosa, da una parte il regime amministrativo deputato alla P.A. (disciplinato dalla legge n. 447 del 1995 e dal D.P.C.M. del 1997) e dall’altro vigono i principi civilistici che regolano i rapporti tra privati riconducibili nell’ambito del codice agli artt. 844 e 2043 c.c., dotati di fondamento costituzionale e comunitario. Correttamente la corte d’appello. ha ritenuto che l’eventuale rispetto da parte della ricorrente della normativa pubblicistica contenuta nel DPCM 14.11.1997 non faccia venir meno la possibilità che essa possa esser ritenuta responsabile sotto il profilo civilistico, in caso di violazione dei sopra ricordati artt. 844 e 2043 c.c. laddove sia riscontrato, come accertato dal consulente tecnico, che vi siano state ripetute immissioni sonore in orario dedicato al riposo notturno che superavano i tre dB(A) Leq di rumore di fondo, soglia fissata da un consolidato orientamento giurisprudenziale come tetto massimo di tollerabilità in orario notturno.
Questa Corte ha avuto infatti più volte modo di affermare, con affermazioni rispetto alle quali non vi è ragione di discostarsi, che [b]nell’ambito, non già della tutela della quiete pubblica ovvero del rapporto tra privati e PA, bensì dei rapporti tra privati, l’osservanza delle normative tecniche speciali, quali quelle qui invocate, non è dirimente nell’escludere l’intollerabilità delle immissioni (v. da ultimo Cass. n. 8474 del 2015); che la fattispecie deve essere vagliata secondo l’ordinario criterio di cui alla disposizione generale dell’art. 844 cit, nel senso che il superamento della soglia codicistica di tollerabilità delle immissioni ben può essere riscontrata pur nell’accertato rispetto dei limiti di cui alla normativa tecnica.[/b]
[color=red][b]Si è in proposito affermato (Cass. n. 1151del 2003; Cass. n. 1418 del 2006; Cass. n. 939 del2011; Cass. n. 17051 del 2011 e, più recentemente, in materia di rumorosità da sorvolo aereo: Cass. n. 15233 del 2014) che : in materia di immissioni, mentre è illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell’interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità, l’eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi in concreto alla stregua dei principi di cui all’art. 844 c.c.; che alla materia delle immissioni sonore o da vibrazioni o scuotimenti a.tte a turbare il bene della tranquillità nel godimento degli immobili adibiti ad abitazione non è applicabile la L. 26 ottobre 1995, n. 447, sull’inquinamento acustico, poiché tale normativa, come quella contenuta nei regolamenti locali, persegue interessi pubblicistici disciplinando, in via generale ed assoluta, e nei rapporti c.d. verticali fra privati e la p.a., i livelli di accettabilità delle immissioni sonore al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete; che la disciplina delle immissioni moleste in alieno nei rapporti fra privati va sempre rinvenuta nell’art. 844 c.c., sulla cui base, quand’anche dette immissioni non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale, il giudizio in ordine alla loro tollerabilità va compiuto secondo il prudente apprezzamento del giudice, che tenga conto di tutte le peculiarità della situazione concreta: Analogamente è a dire per la normativa secondaria e regolamentare di attuazione la quale, nel determinare le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti di tollerabilità in materia di immissioni rumorose, non può per sua natura che perseguire finalità meramente esecutive di carattere pubblicistico, così incidendo sui soli rapporti fra i privati e la p.a.; sicché i limiti tecnici in essa contenuti non escludono l’applicabilità dell’art. 844 c.c., nei rapporti tra i proprietari di fondi vicini.[/b][/color]
Va inoltre ribadito che la valutazione imposta al giudice ex art. 844 c.c., risponde – nel contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà – alla tutela di preminenti diritti di rilievo costituzionale, come quello alla salute ed alla qualità della vita.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 ter inserito dalla legge di conversione 27.2.2009, n. 13 nel testo del d.l. 30.12.2008 n. 208, che così recita :
Art. 6-ter. – (Nomale tollerabilità delle immissioni acustiche) Nell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell’articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso.
La ricorrente sostiene che con questo articolo, in materia di immissioni ed emissioni acustiche, il legislatore ha superato tutto il dibattito dottrinario e giurisprudenziale e i criteri elaborati dalla giurisprudenza a tutela del privato a fronte delle immissioni, chiarendo definitivamente che i valori limite da rispettare sono semplicemente ed unicamente, senza alcuna differenziazione tra tutela privatistica ed amministrativa, quelli indicati dal D.P.C.M. 19.11.1997. Ritiene che, trattandosi di norma di interpretazione autentica, essa sia immediatamente applicabile al caso di specie. Il motivo è infondato.
[b]La normativa in questione, diversamente da quanto opinato dalla Corte d’appello ( e quindi intervenendo a correggere sul punto la motivazione ) potrebbe anche essere ritenuta immediatamente applicabile in quanto, benché costituisca ius superveniens, sembra esprimere un portato di interpretazione autentica, argomentabile dal riferimento alle disposizioni di legge e ai regolamenti vigenti.[/b]
[b]Tuttavia, come già osservato da Cass. n. 8474 del 2015, valorizzando anche le affermazioni della Corte costituzionale che si è già espressa sulla conformità della disciplina stessa ai principi costituzionali, alla norma deve necessariamente data una interpretazione costituzionalmente orientata, e non necessariamente derogatoria del principio di accertamento in concreto della normale tollerabilità da parte del giudice, tenuto anche conto del principio generale per cui “il limite della tutela della salute è da ritenersi ormai intrinseco nell’attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, dovendo considerarsi prevalente, rispetto alle esigenze della produzione, il soddisfacimento ad una normale qualità della vita” (Cass. n. 5564 dell’8 marzo 2010). La Corte costituzionale, con ordinanza n. 103 del 2011 con la quale ha ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale su di essa dedotta, ha affermato proprio che dal solo dettato dell’art. 6 ter cit. non può aprioristicamente evincersi una portata derogatoria e limitativa dell’art. 844 c.c., senza prima tentare di sperimentare diverse interpretazioni idonee a preservare la norma stessa dai sollevati profili di denunciata incostituzionalità. Aggiunge che alla assai generica locuzione “sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso”, contenuta nella norma in esame, non debba necessariamente riconoscersi una portata derogatoria rispetto alla disciplina codicistica in tema di immissioni. Nell’identificare il significato della norma e nel vagliare l’eventuale influenza di tale clausola di salvezza rispetto ai criteri civilistici di accertamento del limite della normale tollerabilità delle immissioni acustiche il giudice delle leggi segnala che non si possa prescindere dal criterio guida della protezione del diritto alla salute ( al quale si aggiunge, come meglio si vedrà in riferimento al motivo n. 5 del presente ricorso, la necessità di tutelare il diritto al rispetto della vita privata e familiare, imposto dall’art. 8 Cedu) ; sulla base, però, non già del mero rispetto di un limite tabellare assoluto, bensì della concreta incidenza (id est: tollerabilità) delle immissioni nello specifico e mutevole contesto della loro manifestazione, così come imposto dall’ormai consolidata interpretazione, giurisprudenziale dell’art. 844 c.c., disposizione che lo stesso art. 6 ter prevede che continui ad essere applicata.[/b]
[color=red][b]
Pertanto, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6 ter, mantiene la sua attualità l’ormai pacifico orientamento di legittimità che differenzia – quanto ad oggetto, finalità e sfera di applicazione – la disciplina contenuta nel codice civile dalla normativa di diritto pubblico.[/b][/color]
Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché l’esistenza del vizio di motivazione apparente.
Il motivo è inammissibile, in quanto non contiene una critica puntuale alla motivazione della sentenza, che fa proprie motivatamente le conclusioni del c.t.u., ma la critica è rivolta direttamente ai criteri di calcolo adottati dallo stesso consulente; in questi termini si traduce nel tentativo di indurre la corte ad un nuovo giudizio di fatto, inammissibile in questa sede.
Con il quarto motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 844 secondo comma c.c. in relazione al mancato contemperamento delle ragioni della produzione con quelle della proprietà, nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulle misure di mitigazione del suono adottate dalla Flex nel corso del 2009 ( e quindi nel corso del giudizio di appello) e non adeguatamente considerate dalla corte ai fini quanto meno della cessazione della inibitoria.
La ricorrente afferma che la corte territoriale non ha tenuto in alcun conto le necessità di contemperamento delle esigenze dell’attività produttiva di reddito da essa svolta (equiparabile alle esigenze di un’attività industriale ) con quelle dei privati al riposo e alla quiete, e non ha tenuto in conto neppure che il locale da ballo sorgeva in zona VI (ovvero esclusivamente industriale) ed era una attività produttiva di reddito degna di rispetto come una produzione industriale, mentre gli attori avevano scelto di abitare in zona V (ovvero prevalentemente industriale) con abitazione adiacente alla fabbrica di surgelati da loro gestita, i cui motori normalmente producevano un elevato rumore di fondo.
Il motivo è infondato.
Il giudizio di contemperamento degli interessi è tipica valutazione in fatto, non censurabile se non sotto il profilo dpi vizio di motivazione, e la motivazione, benché non condivisa naturalmente dalla ricorrente, è sviluppata e coerente. Anche su questo punto, l’intento della ricorrente appare volto ad un riesame in fatto della vicenda, muovendo peraltro da presupposti fattuali meramente allegati , come si è detto in riferimento ai motivi precedenti (inserimento delle abitazioni in zona V e della struttura di intrattenimento in zona VI, a fronte dell’annullamento del piano di zonizzazione acustica e del solo possibile inserimento in zona VI della struttura).
Rientra poi legittimamente nella libera formazione del convincimento del giudice la scelta, tra varie risultanze di accertamenti peritali, alcune favorevoli ad una parte ed altre alla controparte, di quella che per motivi che è tenuto ad esporre ritiene più convincente. I motivi della scelta sono peraltro puntualmente enunciati a pag. 25 della sentenza (concordanza tra le risultanze della ctu e la deposizioni dei testi, preferenza per le consulenze espletate nel contraddittorio tra le parti rispetto all’altro elaborato peritale depositato dalla Flex).
All’interno del quarto motivo, la ricorrente lamenta anche che la corte territoriale non abbia tenuto affatto in conto, quanto meno per eliminare il divieto a svolgere Fattività per il futuro, che nel 2009, quindi nel corso del giudizio di appello, la ricorrente abbia messo in opera un costoso sistema di insonorizzazione, che ha modificato in maniera consistente la rumorosità prodotta dal locale. La doglianza non può essere presa in considerazione in mancanza di una adeguata censura, riconducibile non alla violazione dell’art. 844 c.c. e quindi ad un neppure ben esplicitato vizio di violazione di legge, ma al vizio processuale di omessa pronuncia, riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360, primo comma n. 4 c.p.c.
Infine, con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2056, 2059, 1223 e 1226 c.c. in punto di mancanza di nesso causale tra le immissioni ed il danno lamentato dagli attori e ad essi liquidato, nonché la presenza del vizio motivazionale sotto ogni sua possibile prospettazione in ordine alla risarcibilità del danno esistenziale ( domanda formulata in via subordinata rispetto alla domanda principale di risarcimento del danno biologico). Sostiene che, avendo la corte d’appello escluso in concreto un danno alla salute a carico di tutti gli attori (tranne che nei confronti di Daniela Regazzi, nei riguardi della quale ha confermato il riconoscimento di un modesto danno biologico, quantificato in 1500 euro per l’accertamento dell’esistenza di emicranie ricorrenti), non avrebbe dovuto essere liquidato il danno esistenziale. La sentenza impugnata, laddove ha liquidato una modesta cifra in favore di ciascun attore per un preteso danno esistenziale pur avendo escluso la configurabilità di un pregiudizio alla salute di essi, si porrebbe in contrasto con il recente quanto consolidato orientamento giurisprudenziale, che ha trovato la sua prima ed incisiva espressione nella sentenza delle Sezioni Unite n.21972 del 2008, che ha posto un limite alla duplicazione delle voci di danno risarcibile ed alla risarcibilità dei danni bagatellari.
Il motivo è infondato.
E’ ben vero che la Corte ha inteso in questi ultimi anni ridisegnare l’area del danno non patrimoniale risarcibile espungendone i pregiudizi inconsistenti che avevano trovato occasionalmente tutela nei giudizi di merito pur non potendo assurgere a lesioni meritevoli di tutela e le duplicazioni ingiustificate delle voci di danno. Da ciò non si può far discendere però, quale automatica conseguenza, la conclusione per cui il danno non patrimoniale sarebbe risarcibile soltanto qualora ad esso si associ una lesione del diritto alla salute ovvero un vero e proprio danno biologico. La stessa sentenza n. 26972 del 2008 ha chiarito che il danno alla qualità dell’esistenza trova tutela soltanto quando esso si verifichi in conseguenza della lesione di un diritto costituzionalmente garantito (escludendo in tal modo i danni bagatellari) con ciò non precludendo però la strada alla possibilità di porre a fondamento della risarcibilità del danno non patrimoniale un diritto fondamentale diverso rispetto al diritto alla salute (e alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, quali l’inviolabilità del domicilio e la tutela della famiglia fa riferimento la sentenza impugnata).
[b]Proprio in tema di risarcibilità del pregiudizio per immissioni che superino la soglia di tollerabilità, questa Corte ha più volte” affermato già in passato che pur quando non risulti integrato un danno biologico, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria casa di abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane sono pregiudizi apprezzabili in termini di danno non patrimoniale (v. Cass. n.7875 del 2009).[/b]
Cass. n. 26899 del 2014 ha affermato che l’accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza. (Nella specie, le immissioni sonore – costituite da musica ad alto volume e altri schiamazzi “clamorosamente eccedenti la normale tollerabilità” in orario serale e notturno – avevano determinato una lesione, non futile, al diritto al riposo notturno per un periodo di almeno tre anni). A ciò deve aggiungersi che il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare è uno dei diritti protetti dalla Convenzione europea dei diritti umani (art. 8) . La Corte di Strasburgo ha fatto più volte applicazione di tale principio anche a fondamento della tutela alla vivibilità dell’abitazione e alla qualità della vita all’interno di essa, riconoscendo alle parti assoggettate ad immissioni intollerabili un consistente risarcimento del danno morale, e tanto pur non sussistendo alcuno stato di malattia. La Corte ha più volte condannato, per violazione dell’art. 8, gli Stati che, in presenza di livelli di rumore significantemente superiori al livello massimo consentito dalla legge, non avessero adottato misure idonee a garantire una tutela effettiva del diritto al rispetto della vita privata e familiare ( sentenza Deés v. Ungheria del 9.11.2010;sentenze Oluic v. Croata, n. 61260 del 2008, (§§ da 48 a 66 ) e Moreno Góm% v. Spagna, n. 4143/02.).
A seguito della c.d. “comunitarizzazione” della Cedu, conseguente all’approvazione del trattato di Lisbona, il giudice interno che abbia a trattare casi di immissioni non può non conformarsi anche ai criteri elaborati in seno al sistema giuridico della Convenzione. In ragione di tale nuova prospettiva giuridica di riferimento esce rafforzata dal fondamento normativo costituito dall’art. 8 Cedu la risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite anche a prescindere dalla sussistenza di un danno biologico documentato. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese del presente giudizio sostenute dai controricorrenti e le liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui 200,00 per spese, oltre contributo spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 23 luglio 2015
Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2015.
INAIL - La valutazione del rischio rumore
[img]http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/internet/documents/digitalmedia/ucm_199618.jpg[/img]
Fine della pubblicazione è raccogliere elementi essenziali inerenti la valutazione e la gestione dei rischi dovuti all’esposizione all’agente fisico rumore, con l’obiettivo di aggregare, in un contesto operativo, una serie di informazioni utili agli attori del sistema di sicurezza aziendale: Datori di lavoro e RSPP (Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione) in primis.
Nel manuale sono affrontate problematiche che vanno dall’esame delle strategie di misura del rumore, al calcolo delle incertezze di misura, alla verifica dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) uditivi, proponendo un taglio operativo mediante il corrente riferimento a casi-studio.
Prodotto: Volume
Edizioni Inail - 2015
Disponibilità: Sì, consultabile anche in rete (.pdf - 8 mb)
http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/intranet/documents/document/ucm_199620.pdf
Inquinamento acustico: per legge gli edifici devono essere protetti
http://www.tuttogreen.it/inquinamento-acustico-per-legge-gli-edifici-devono-essere-protetti/
Una infografica sulla scala del rumore
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http://www.arpat.toscana.it/notizie/notizie-brevi/2015/una-infografica-sulla-scala-del-rumore
Metodi comuni per la determinazione del rumore: la Direttiva UE 2015/96
La Direttiva UE 2015/96, che definisce la messa a punto di metodi comuni per la valutazione dell'esposizione al rumore in Europa, è di fondamentale importanza per la realizzazione di politiche efficaci contro l'inquinamento acustico
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RUMORE: legittimo regolamento e ordinanza del Comune - SENTENZA
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[color=red][b]TAR LOMBARDIA – BRESCIA, SEZ. II – sentenza 3 novembre 2015 n. 1425[/b][/color]
N. 01425/2015 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1514 del 2015, proposto da:
Marika Wine Bar di Mileo Maria, Shake Bar Raz Snc, Bar Reef Cafè, Doma Concept Srl, Bar Crocevia, La Chupiteria, The Vintage, rappresentati e difesi dall’avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso Domenico Bezzi in Brescia, Via Diaz, 13/C;
contro
Comune di Bergamo, rappresentato e difeso dagli avv. Vito Gritti, Silvia Mangili, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, Via Carlo Zima, 3;
per l’annullamento, previa sospensione,
della deliberazione 15 giugno 2015 n°79, pubblicata all’Albo pretorio dal 17 giugno 2015, con la quale il consiglio comunale di Bergamo ha approvato il “Regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività degli esercizi commerciali e artigianali alimentari, dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e di svago nel territorio cittadino”;
dell’ordinanza 1 luglio 2015 n°4, conosciuta in data imprecisata, con la quale il Sindaco del Comune di Bergamo ha disposto, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento predetto e con decorrenza dal 13 luglio 2015, la limitazione dell’orario di apertura di alcune attività commerciali, e in particolare: a) l’apertura non prima delle 6 del mattino e la chiusura non dopo le 0,30 del mattino successivo per i pubblici esercizi, i circoli privati abilitati alla somministrazione e gli esercizi artigianali e commerciali di vendita di beni alimentari che consentono il consumo sul posto indicati nell’elenco allegato all’ordinanza; b) il divieto di vendita per asporto di bevande in contenitori di vetro o di latta anche attraverso distributori automatici dalle ore 23 sino alle ore 7 per i titolari di attività commerciali in sede fissa o su aree pubbliche, di attività artigianali con vendita di beni alimentari di produzione propria e di pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande; c) l’imposizione di una cauzione ai clienti per l’uso dei bicchieri di vetro o l’utilizzo di bicchieri di plastica usa e getta previo impegno a garantire la pulizia della strada per i titolari di pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, ove i clienti consumino al banco ovvero possano uscire dal locale;
di ogni atto presupposto, conseguente, ovvero collegato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Bergamo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2015 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
[b]I ricorrenti sono tutti gestori di bar, caffè e pub siti in Bergamo, nella via Borgo Santa Caterina e dintorni, teatro del fenomeno sociale conosciuto comunemente come “movida”: giovani, e meno giovani, i quali nelle ore serali, e spesso sino a tarda notte, affollano i vari locali e sostano sulla pubblica strada all’esterno di essi per conversare, mangiare e bere, spesso alcolici. Sollecitato a intervenire dalle rimostranze dei residenti – i quali lamentano l’asserita invivibilità della zona a motivo del rumore prodotto, dei rifiuti che vengono abbandonati per le vie, costituiti spesso da bottiglie e bicchieri infranti, di intuibile pericolosità, e in alcuni casi dalle intemperanze degli ubriachi- il Comune da lungo tempo è intervenuto per disciplinare il fenomeno, adottando soprattutto provvedimenti di limitazione dell’orario di apertura dei pubblici esercizi e della possibilità, pur entro l’orario di apertura, di vendere bevande alcoliche, specie se confezionate in vetro (fatti da ritenere localmente notori, e comunque non contestati in causa).[/b]
In particolare, subito prima dei provvedimenti per i quali ora è causa, il Comune ha adottato l’ordinanza di necessità del Sindaco 25 novembre 2014 n°159, la quale appunto, in sintesi estrema, ha vietato indistintamente nella zona in questione la vendita per asporto di bevande analcoliche ed alcoliche di qualsiasi gradazione in bottiglie di vetro o lattine dalle ore 20 alle ore 6 del giorno seguente, ha vietato l’abbandono in luogo pubblico di qualunque contenitore di alimenti ovvero bevande e imposto l’orario di chiusura per tutti i giorni dalla 1.30 alle 6 di tutti i relativi esercizi di vendita (doc. 3 ricorrenti, copia ordinanza citata).
L’ordinanza in questione è stata impugnata avanti questo Tribunale da alcuni esercenti, che in parte coincidono con gli odierni ricorrenti, e nel relativo giudizio, iscritto al n°1645/2014 R.G. e chiamato a sua volta all’odierna udienza pubblica, è stata in parte sospesa con l’ordinanza cautelare 15 gennaio 2015 n°72 (doc. 5 ricorrenti, copia di essa)
Il provvedimento cautelare in questione ha infatti disposto la decorrenza dalle 22.30 e non dalle 20 del divieto di vendita degli alcolici, nonché un orario differenziato di chiusura dalle 2.30 alle 6 per i giorni prefestivi e festivi, fermo il resto; a sostegno, per quanto interessa nel presente giudizio, ha poi osservato in motivazione che il Comune avrebbe meglio potuto disciplinare il fenomeno non con provvedimenti di necessità e urgenza, ma in via ordinaria, con un regolamento adottato dal Consiglio comunale previi gli opportuni approfondimenti istruttori ed il confronto con i residenti, gli esercenti e le relative associazioni (doc. 5 ricorrenti, cit.).
Intendendo rispondere a questo invito, il Comune ha allora adottato i provvedimenti di cui meglio in epigrafe, ovvero il “Regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività degli esercizi commerciali e artigianali alimentari, dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e di svago nel territorio cittadino” approvato con la delibera consiliare n°79/2015 (doc. 1 ricorrente, copia di essa) ed l’ordinanza n°4/2015, che lo applica ad alcuni locali, specificamente indicati, aperti nella zona che interessa (doc. 2 ricorrenti, copia di essa).
I ricorrenti, titolari appunto di alcuni dei locali interessati da tale ultima ordinanza (doc. 2 ricorrenti, cit.), impugnano quindi i provvedimenti suddetti, sulla base di quattro censure, riconducibili secondo logica ai seguenti sette motivi:
– con il primo di essi, corrispondente ai contenuti della prima censura da p. 6 undecimo rigo a p. 7 sesto rigo dal basso dell’atto, deducono violazione dell’ordinanza cautelare 72/2015, ma più propriamente eccesso di potere per illogicità, quanto all’art. 6 del regolamento. Tale articolo dispone in merito agli orari delle attività commerciali e artigianali alimentari e di somministrazione e in linea di principio (comma 1) li rimette “alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto della normativa vigente”; prevede però al comma 2 un “potere del Sindaco” di “coordinare e riorganizzare” gli orari stessi “sulla base degli indirizzi espressi dal Consiglio comunale”; al comma 3 poi prevede una “deroga ai principi generali”, nel senso che il Sindaco possa imporre comunque la “apertura dalle ore 6.00 del mattino” e la “chiusura alle ore 00.30 del giorno dopo” per “singoli esercizi, intere vie, zone o quartieri” in base a ragioni urbanistiche, di ordine pubblico e sicurezza urbana” (doc. 1 ricorrenti, cit.). Di tale previsione, i ricorrenti censurano, in sintesi estrema, il carattere illogico sia perché il potere di riorganizzazione degli orari spettante al Sindaco sarebbe eccessivamente discrezionale, sia perché la facoltà di deroga ai principi generali di cui si è detto non prevede alcun orario differenziato per i giorni festivi e prefestivi. Fanno notare che tale tipo di orario era stato previsto dall’ordinanza di questo TAR citata e ritenuto necessario alla concorrenzialità delle imprese dalle osservazioni dell’ASCOM (doc. 7 ricorrenti, copia di esse);
– con il secondo motivo, corrispondente ai contenuti dell’atto alla prima censura da p. 7 dal quinto rigo dal basso a p. 8 prime nove righe, e alla terza censura alle pp. 12 e 13 fino alle ultime tre righe di essa, deducono ancora violazione dell’ordinanza cautelare 72/2015, ma più propriamente eccesso di potere per illogicità, quanto all’art. 3 del regolamento. Tale articolo prevede le “indicazioni operative agli esercenti a tutela della salute, dell’ambiente e dei beni culturali” e impone agli stessi (comma 2) di adottare “misure idonee a contenere eventuali fenomeni di degrado e di disturbo alla quiete pubblica”, ovvero di assicurare la pulizia dei rifiuti derivanti “da eventuali comportamenti generanti degrado ambientale posti in essere dagli avventori o frequentatori dei locali” quanto a “tutti gli spazi ed i luoghi contigui o vicini agli esercizi e alle eventuali aree in concessione”; impone poi agli stessi esercenti (commi 2 e 3) di adottare “ogni utile accorgimento” per mitigare il rumore ed il disturbo e di esporre “idonea cartellonistica” sulle norme di convivenza civile (doc. 1 ricorrenti, cit.). I ricorrenti affermano che tale previsione attribuirebbe, in modo non consentito, a loro stessi, soggetti privati, compiti che sarebbero propri dell’autorità di pubblica vigilanza;
– con il terzo motivo, corrispondente ai contenuti dell’atto alla terza censura, da p. 14 alla fine di p. 15 alla fine, deducono ancora eccesso di potere per illogicità quanto al “meccanismo premiale” di cui agli artt. 9 e 10 del regolamento. Gli articoli citati prevedono che singoli esercenti possano concludere con il Comune accordi di cui all’art. 11 della l. 7 agosto 1990 n°241 volti a “minimizzare gli impatti” delle loro attività: in sintesi, in tale tipo di accordo, l’esercente si impegna ad adottare accorgimenti volti a limitare il potenziale disturbo sia all’interno del locale, sia all’esterno di esso, sia nelle “immediate adiacenze degli ingressi” e si impegna ad altre prestazioni di valenza in senso ampio sociale, come organizzare eventi rivolti al “bere responsabile” ovvero non installare macchinette per il gioco d’azzardo; l’amministrazione, in contraccambio, consente in primo luogo una proroga di un’ora per la chiusura. Di tale previsione, i ricorrenti contestano il presunto carattere illogico;
– con il quarto motivo, corrispondente ai contenuti dell’atto alla prima censura, parte prima da p. 5 nono rigo a p. 6 decimo rigo e parte finale da p. 8 nono rigo, nonché alla seconda censura, da p. 10 settimo rigo dal basso a p. 11 escluse le ultime tre righe, deducono violazione degli artt. 3, 7 e 10 l. 241/1990, e comunque eccesso di potere per mancanza di idonea istruttoria nella formazione del regolamento. Lamentano in particolare che non ci sarebbe stato il confronto, pur ritenuto necessario anche dall’ordinanza cautelare, con le categorie interessate. In particolare, le osservazioni dell’ASCOM si riferirebbero (doc. 7 ricorrenti, cit.) ad una bozza di regolamento diversa da quella poi votata, né sarebbero chiare le ragioni alla base delle scelte dell’amministrazione;
– con il quinto motivo, corrispondente ai contenuti dell’atto alla seconda censura da p. 9 quinto rigo a p. 10 diciottesimo rigo, deducono ancora violazione, propriamente della D.G.R. Lombardia 23 gennaio 2008 n°VIII/6495, perché il regolamento è stato adottato senza il necessario parere della Commissione comunale competente in materia di orari delle attività;
– con il sesto motivo, di contenuti analoghi al quarto e illustrato negli stessi passaggi dell’atto, deducono ancora violazione degli artt. 3, 7 e 10 l. 241/1990, e comunque eccesso di potere per mancanza di idonea istruttoria quanto all’ordinanza applicativa del regolamento, la quale sarebbe stata emanata in sintesi senza riferimento alcuno alle precise circostanze per cui le restrizioni sono state imposte ai ricorrenti e non ad altri;
– con il settimo ed ultimo motivo, deducono infine eccesso di potere per sviamento, in quanto a loro dire l’ordinanza impugnata perseguirebbe il reale obiettivo di espellere dalla zona le loro attività. Premettono che la libertà di iniziativa economica è garantita nel nostro ordinamento da norme di livello costituzionale, gli articoli 119 TFUE e 41 Cost., nonché di legge, il recente d.l. 6 dicembre 2011 n°201 convertito nella l. 22 dicembre 2011 n°214, e in base a dette norme può essere limitata solo in base a ragioni accertate di utilità sociale; ciò posto affermano che nella specie le ragioni in questione non sarebbero individuate.
Con decreto 14 luglio 2015 n°1339, il presidente della Sezione staccata ha respinto l’istanza di misure cautelari monocratiche; al contempo, ha disposto istruttoria per valutare il pericolo nel ritardo ai fini della decisione collegiale, ed ha prescritto al Comune di produrre in giudizio chiarimenti sui pareri acquisiti, sull’istruttoria svolta e sull’esatto numero di locali coinvolti; ai ricorrenti invece di documentare gli incassi conseguiti prima o dopo l’entrata in vigore dell’ordinanza. Di conseguenza, il Comune ha depositato in data 20 agosto 2015 l’elenco degli esercizi interessati, in totale ventiquattro, compresi i sette ricorrenti; questi ultimi in data 26 e 27 agosto 2015 hanno depositato documentazione contabile sui corrispettivi, illustrando meglio le loro asserite ragioni con memoria 28 agosto 2015.
Parallelamente, il Comune ha resistito, e chiesto che il ricorso sia respinto, con memoria pure del 28 agosto 2015, in cui:
– preliminarmente, contesta che l’ordinanza abbia prodotto un calo di incassi in qualche modo sensibile, ed evidenzia che i ricorrenti sono una minoranza fra gli esercizi interessati (memoria, pp. 7-8);
– quanto all’istruttoria svolta, deduce di avere adottato il regolamento in base a relazioni degli uffici urbanistici (doc. 3 Comune, copia di essa) e della Polizia locale (doc. 4 Comune, copia di essa) e dopo aver acquisito osservazioni sia dell’ASCOM sia del Comitato dei residenti, e di avere scelto consapevolmente di non accogliere talune di esse, in particolare le osservazioni dei commercianti che chiedevano un orario differenziato nel fine settimana (doc. ti da 5 a 10 comune, copia di esse; memoria, pp. 10-20). Deduce ancora ad ogni buon conto (memoria, pp. 28-29) che né il regolamento, atto normativo, né l’ordinanza applicativa, a suo dire necessitata, sono soggetti alle norme sulla partecipazione della l. 241/1990;
– quanto ai poteri conferiti al Sindaco, ha precisato come, secondo logica, il Sindaco possa esercitarli solo sulla base di una “accurata e documentata indagine istruttoria” (memoria, pp. 21 e 22, ove la citazione al sedicesimo rigo);
– ha poi dedotto come la Commissione di cui alla D.G.R. Lombardia 23 gennaio 2008 n°VIII/6495 più non esista, per implicita abrogazione delle norme che la prevedevano da parte delle norme statali sulla liberalizzazione dei pubblici esercizi (memoria, pp. 26-29);
– quanto ai contenuto del regolamento, ha dedotto di aver sempre cercato la collaborazione dei gestori, per fronteggiare una situazione grave soprattutto per il rumore prodotto dai clienti che stazionano in strada (doc. ti 24 e 25 Comune, copie rilevazione ARPAV e articolo di stampa in merito); a riprova, produce le copie (doc. ti Comune da 11 a 22) di dodici accordi già stipulati ai sensi del Regolamento impugnato; di conseguenza, difende i contenuti dell’ordinanza applicativa (memoria, pp. 29-36).
Alla camera di consiglio del 1 settembre 2015, le parti hanno concordato di riunire la domanda cautelare al merito e di rinviare la causa per la relativa trattazione alla udienza del giorno 21 ottobre 2015, già fissata per decidere il parallelo ricorso 1645/2014 di cui s’è detto; con memorie 15 settembre 2015 per il Comune e 30 settembre 2015 per i ricorrenti, hanno illustrato poi le rispettive asserite ragioni
Alla predetta udienza, da ultimo, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
DIRITTO
[b]1. Il ricorso è solo in parte fondato, nei termini ora illustrati.[/b]
2. In via preliminare, va chiarito che l’istruttoria svolta per verificare se, per effetto dell’ordinanza impugnata, il giro d’affari dei ricorrenti sia diminuito era volta in primo luogo a verificare l’esistenza del pericolo cautelare, ma riveste ora rilevanza limitata ai fini della decisione di merito.
3. Infatti, in termini generali e per costante insegnamento del Consiglio di Stato, espresso per tutte dalla decisione sez. VI 16 febbraio 2002 n°961, e, nella giurisprudenza della Sezione, dalla sentenza sez. II 4 ottobre 2010 n°730, “il soggetto autorizzato a svolgere una certa attività, in concreto avente alcune caratteristiche”, nella specie un bar, “ben può impugnare l’atto amministrativo generale che regoli, senza necessità di un atto applicativo, la medesima attività sotto qualsiasi suo profilo di svolgimento… anche se al momento della proposizione del ricorso non sussiste una immediata incidenza nella sua sfera patrimoniale”. L’impugnazione del regolamento è quindi ammissibile anche quanto alle disposizioni applicabili in via generale e non riprese dall’ordinanza applicativa.
4. Ciò chiarito, è infondato il primo motivo di ricorso, imperniato da un lato sulla presunta eccessiva discrezionalità conferita al Sindaco e dall’altro sull’altrettanto presunta eccessiva rigidità degli interventi limitativi, che non prevedono orari differenziati nel fine settimana.
5. Sul primo punto, come correttamente osserva la difesa del Comune (memoria 28 agosto 2015 p. 21 nono rigo dal basso), la disposizione impugnata dell’art. 6 comma 2 del Regolamento riproduce il disposto dell’art. 50 comma 7 prima parte TUEL 18 agosto 2000 n°267, per cui “Il Sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’àmbito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici…”.
6. Tanto premesso, si può interpretare la norma in questione alla luce degli orientamenti della giurisprudenza, a cominciare da quella costituzionale ed europea, su fattispecie analoghe. In primo luogo, non si può dubitare che la norma sia conforme alla Costituzione nazionale, la quale, con norma che vale principio fondamentale, afferma all’art. 41 che l’iniziativa economica privata, pur libera, “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. In tal senso, da ultimo C. cost. 22 luglio 2010 n°270, citata anche dai ricorrenti (ricorso, p. 16 quarto rigo), considera lecite le limitazioni alla concorrenza dettate da fini sociali, ai quali ovviamente deve ispirarsi l’azione del Comune di cui si tratta.
7. D’altro canto, è vero che il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea- TFUE, come risulta ad esempio dall’art. 119 invocato anche dai ricorrenti (ricorso, p. 16 nono rigo dal basso), eleva a principio dell’ordinamento europeo la concorrenza di mercato; ciò però non senza limiti, a cominciare da quelli di cui all’art. 9, per cui “Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione tiene conto” fra l’altro, “delle esigenze connesse con … la garanzia di un’adeguata protezione sociale… e tutela della salute umana”. In tal senso, quindi, anche la giurisprudenza europea, per tutte la nota C. giustizia UE sez. I 14 ottobre 2004 in C – 36/02 Omega, considera in linea di principio lecite le limitazioni alle attività economiche, nella specie si trattava di una sala giochi, ispirate a tali esigenze.
8. Tali argomenti, secondo logica, mantengono intatto il loro valore anche dopo la liberalizzazione degli orari di cui al già citato d.l. 241/2011, che da un lato ha inteso adeguarsi proprio a norme europee, dall’altro però, essendo disposta con fonte di rango legislativo ordinario, va interpretata in conformità ai principi suddetti.
9. Quanto sopra va poi coordinato con le regole generali, sempre individuate dalla giurisprudenza, per l’esercizio di ogni potere amministrativo ampiamente discrezionale, che nell’imporre limiti all’attività privata deve sempre obbedire ai principi di proporzionalità e adeguatezza. In tal senso, anzitutto, esso deve essere in grado di assicurare il raggiungimento del risultato avuto di mira e non andar oltre quanto necessario a raggiungerlo, come affermato in termini generali per tutte dalla fondamentale Corte Giustizia 22 febbraio 2002 C 390/99 Canal Satelite.
10. Più in concreto, come ritenuto a partire da C.d.S. sez. VI 17 aprile 2007 n°1736, da cui le citazioni, e dalle conformi TAR Lazio Roma 6 dicembre 2006 (ud.) n°563 e n°777, applicare il principio comporta un’indagine “trifasica”. In primo luogo, si deve verificare la “idoneità” del provvedimento, ovvero il “ rapporto tra il mezzo adoperato e l’obiettivo perseguito. In virtù di tale parametro l’esercizio del potere è legittimo solo se la soluzione adottata consenta di raggiungere l’obiettivo”.
11. In secondo luogo, si deve verificare la sua “necessarietà”, ovvero la “assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo ma tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo. In virtù di tale parametro la scelta tra tutti i mezzi astrattamente idonei deve cadere su quella che comporti il minor sacrificio”.
12. Infine, si deve verificare la “adeguatezza”, cioè la “tollerabilità della restrizione che comporta per il privato. In virtù di tale parametro l’esercizio del potere, pur idoneo e necessario, è legittimo solo se rispecchia una ponderazione armonizzata e bilanciata degli interessi, in caso contrario la scelta va rimessa in discussione”.
13. Applicando i principi appena delineati al caso di specie, è evidente che il potere conferito al Sindaco dal regolamento in questione è tutt’altro che indeterminato. Si comprende infatti che gli indirizzi consiliari dovranno in primo luogo essere centrati sulla necessità di garantire la sicurezza, la libertà e la dignità, e in secondo luogo proporzionati ed adeguati secondo le modalità esaminate, e che il Sindaco a ciò dovrà conformarsi.
14. I principi delineati offrono altresì il criterio per valutare l’ulteriore disposizione censurata dell’art. 6 comma 3, la quale come si è detto conferisce al Sindaco il potere di imporre l’orario di apertura dalle 6 del mattino alla mezzanotte e mezzo senza differenziare fra i giorni della settimana, là dove, per esercizi come quelli dei ricorrenti, sarebbe maggiormente gradita la possibilità di un orario protratto nei giorni festivi e prefestivi, su modello di quanto previsto dall’ordinanza cautelare 72/2015.
[b]15. Ad avviso del Collegio, siffatta previsione non è di per sé illegittima. La stessa può essere applicata, in base al regolamento stesso, per ragioni di “sicurezza urbana”, fra le quali, anche secondo il senso comune, c’è sicuramente l’esigenza di garantire il riposo delle persone, e quindi, in ultima analisi, la loro salute fisica e psichica. In tali casi, come affermato ad esempio da TAR Veneto sez. III 2 aprile 2009 n°1071, da cui si cita, e 30 novembre 2007 n°3807, “il sacrificio imposto ai gestori” appare in linea di principio “adeguato e proporzionato agli interessi generali che si vogliono tutelare.. comunque prevalenti su quelli d’impresa o su quelli degli avventori..”.[/b]
[b]16. Depone poi nel senso della proporzionalità e adeguatezza di siffatta misura una lettura del regolamento nel suo complesso. Infatti, il meccanismo premiale, su cui più oltre, previsto dagli artt. 9 e 10 consente di prorogare, in base ad accordi di buona prassi, di un’ora l’orario di chiusura, e quindi offre a temperamento una flessibilità utilizzabile non solo nel fine settimana.[/b]
17. Il secondo motivo di ricorso è invece fondato. E’ principio generale del nostro ordinamento, previsto dall’art. 23 Cost., che nessuna prestazione personale possa essere imposta, se non per legge, e alla luce di tale principio vanno esaminate le prestazioni, appunto di carattere personale, previste dall’art. 3 del regolamento, che si censura. In tal senso, quindi, si deve distinguere.
[color=red][b]18. Da una parte, sono illegittime le previsioni generali dell’articolo in esame, per cui i gestori dovrebbero adottare “misure idonee a contenere eventuali fenomeni di degrado e di disturbo alla quiete pubblica”, di contenuto indeterminato, assicurare la pulizia dei rifiuti derivanti “da eventuali comportamenti generanti degrado ambientale posti in essere dagli avventori o frequentatori dei locali” quanto a “tutti gli spazi ed i luoghi contigui o vicini agli esercizi e alle eventuali aree in concessione”, spazi di cui oltretutto nemmeno si specifica la dimensione, e adottare “ogni utile accorgimento”, quindi ampiamente inteso, per mitigare il rumore ed il disturbo.[/b][/color]
19. In tal modo, si viene a creare un vero e proprio trasferimento, per le aree considerate, delle funzioni di polizia locale e di igiene urbana a soggetti privati, e ciò è senz’altro illegittimo, in sintesi perché nessuna norma lo prevede, come affermato anche da TAR Emilia Romagna Parma 10 febbraio 2015 n°37, citata dai ricorrenti (ricorso, p. 13 quattordicesimo rigo), per cui “la pubblica sicurezza, la viabilità, la salute, l’ambiente e i beni culturali sono beni che l’ordinamento affida alla cura della pubblica Autorità”, dotata a tal fine dei pertinenti poteri autoritativi.
20. Fa però parte dell’ordinamento anche la norma generale dell’art. 1173 c.c., per cui le parti di un rapporto obbligatorio, al quale senz’altro è assimilabile quello fra il Comune che conferisce l’autorizzazione e l’esercizio pubblico autorizzato, sono tenute a comportarsi secondo buona fede, nel che si comprende, come ritenuto dalla miglior dottrina in merito, un obbligo positivo di attivarsi a tutela della posizione altrui, quando ciò si possa fare senza apprezzabile sacrificio.
[b]21. In tal senso, alcune limitate e specifiche prescrizioni, che si desumono sempre dall’art. 3, sono sicuramente legittime. In primo luogo, se è illegittimo pretendere dal gestore di un locale indeterminate misure di contrasto al “degrado”, è invece legittimo imporgli come doverosa la condotta di ogni gestore prudente, il quale in presenza di clienti molesti li richiama civilmente al rispetto e, se le molestie persistono, rifiuta di servirli e li allontana dal locale, richiedendo se necessario l’intervento delle forze di polizia.[/b]
22. Inoltre, rientrano certamente nel concetto dell’attivarsi che non richiede apprezzabile sacrificio la predisposizione di cestini e posacenere fuori dalla porta del proprio locale, come pure l’affissione di uno o più cartelli che invitino a non disturbare. E’ poi appena il caso di ricordare che l’obbligo, previsto sempre dall’art. 3, di mantenere i servizi igienici puliti e funzionanti a disposizione dei propri clienti sfugge ad ogni censura, perché riguarda la gestione interna del locale, responsabilità del solo gestore. Parimenti, rimangono immuni da censura il divieto, sancito sempre dall’art. 3 comma 1, di installare all’esterno mensole porta bicchieri – che a ben vedere realizzano un’occupazione di suolo pubblico, per quanto limitata- e l’obbligo di tenere in ordine gli spazi pubblici oggetto di concessione come “dehors”, previsto dal comma 4 e per vero non contestato in alcun modo.
23. Infondato è invece il terzo motivo di ricorso, che censura nel suo complesso il più volte ricordato “meccanismo premiale” tramite il quale i locali – e risulta che i ricorrenti, se pure con riserva dell’esito di questo ricorso, se ne siano già avvalsi (doc. ti Comune da 11 a 22, copie accordi)- possono estendere l’orario di chiusura. Si può solo osservare che gli accordi stessi non operano alcun trasferimento indeterminato di funzioni dall’ente pubblico alla controparte privata, ma si limitano a concedere una deroga a fronte di prestazioni ben precise, che fanno presumere, secondo ragione, che il locale non sarà fonte di disturbo, e secondo quanto è localmente notorio recepiscono una prassi già esistente, per cui i gestori, onde non esasperare la situazione e i rapporti con i residenti, avevano già ingaggiato personale di vigilanza esterno per sorvegliare il comportamento degli avventori che stazionano all’esterno.
24. Infondato è anche il quarto motivo, che fa centro sulla lamentata carenza di istruttoria. Premesso che, come correttamente osservato dalla difesa del Comune, agli atti regolamentari come quello impugnato non si applicano né le norme sulla partecipazione di cui all’art. 7 né quelle sulla motivazione di cui all’art. 3 della l. 241/1990, l’istruttoria di un atto regolamentare potrà cagionarne, secondo logica, la legittimità solo se riveli un esercizio del relativo potere discrezionale illogico, abnorme o fondato su un errato apprezzamento della realtà, tutte fattispecie nel caso non ravvisabili.
25. Infatti, come non è contestato, prima di provvedere il Comune ha consultato i soggetti interessati, in particolare l’associazione di categoria ASCOM, la quale (doc. ti da 5 a 10 Comune, cit.), ha potuto esaminare una bozza di regolamento che già conteneva le disposizioni oggi censurate, ed esprimere il proprio parere in merito. Ciò posto, il regolamento non diviene illegittimo sol perché il Comune, nell’esercizio del proprio potere di indirizzo amministrativo, ha ritenuto di disattendere le indicazioni dell’associazione stessa. In altri termini, un regolamento adottato dal Comune non è illegittimo sol perché non recepisce determinati contenuti segnalati come graditi da questo o quel soggetto interessato.
26. Il quinto motivo, incentrato sulla mancata audizione della Commissione comunale orari, è parimenti infondato, dovendosi condividere l’ordine di idee della difesa del Comune. La Commissione in questione era prevista da ultimo dall’art. 78 della l.r. Lombardia 2 febbraio 2010 n°6, con funzione di rendere parere obbligatorio, in sintesi, sulla “programmazione dell’attività dei pubblici esercizi” Lo stesso concetto di programmazione in materia è però venuto meno in forza delle sopravvenute norme di legge statale, da ultimo con il d.l. 6 dicembre 2012 n°201, e si è realizzato un caso di abrogazione per incompatibilità ai sensi dell’art. 11 delle preleggi.
27. Il sesto e settimo motivo, specificamente rivolti contro l’ordinanza applicativa, vanno infine esaminati congiuntamente, poiché connessi, e sono all’evidenza infondati. L’istruttoria svolta ha appurato, come in premesse, che l’ordinanza limitativa, atto di esercizio di un potere in sé legittimo, nei termini sopra dimostrati, è stata adottata per ventisei esercizi della zona considerata, a fronte di una situazione di disagio per le persone del tutto notoria, e ciò basta a ritenere che non si sia affatto agito in base a scelte casuali o arbitrarie
28. La parziale soccombenza e l’assenza di indirizzi giurisprudenziali consolidati sulla specifica questione dei limiti che è possibile imporre all’attività dei locali pubblici in casi come il presente, dopo la relativa liberalizzazione degli orari nel 2011 conducono a compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
[b]a) accoglie in parte il ricorso e per l’effetto annulla la deliberazione 15 giugno 2015 n°79 del Consiglio comunale di Bergamo, di approvazione del “Regolamento per la convivenza tra le funzioni residenziali e le attività degli esercizi commerciali e artigianali alimentari, dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e di svago nel territorio cittadino”, limitatamente alla parte dell’art. 3 di detto regolamento che impone agli esercenti indicazioni operative a tutela della salute, dell’ambiente e dei beni culturali diverse da quelle indicate in motivazione;[/b]
[color=red][b]b) respinge nel resto;[/b][/color]
c) compensa per intero fra le parti le spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Alessandra Farina, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 03/11/2015.
Ordinanze ANTI-RUMORE: illegittime se reiterate (sentenza 16/11/2015)
TAR SICILIA – PALERMO, SEZ. III – sentenza 16 novembre 2015 n. 2923
Proprio in tema di inquinamento acustico, il T.A.R. Liguria (cfr. sez. II, 5 novembre 2002, n. 107) ha – condivisibilmente – ritenuto illegittima un’ordinanza contingibile ed urgente emessa ex art. 38, l. n. 142 del 1990 in relazione al disturbo alla quiete pubblica provocato da emissioni sonore provenienti da un pubblico esercizio superiori ai limiti consentiti in ore notturne, nella considerazione che, in materia di inquinamento acustico, esiste un’apposita disciplina volta a reprimere il disturbo al riposo delle persone mediante schiamazzi o abuso di strumenti sonori (L. n. 447 del 1995, D.P.C.M. 14 novembre 1997, art. 659 c.p.); cosicché l’amministrazione ben può, in tali ipotesi, avvalersi dei normali meccanismi operativi predisposti dall’ordinamento, ai fini dell’accertamento e della repressione del fenomeno.
Ne discende, al di là delle apprezzabili ragioni che sorreggono l’azione del Sindaco, che tale sequela di ordinanze (ed è notizia degli organi di stampa che il Sindaco di Palermo avrebbe frattanto adottato una ulteriore ordinanza con scadenza 30.11.2015) finisce per conclamare un uso improprio del potere extra ordinem che la legge, viceversa, impone debba essere collegato a possibili eventi del tutto imprevedibili (contingibilità) ed avere anche natura temporanea ed intrinseca urgenza; tanto più che agli addotti “abusi nelle aree esterne di pertinenza dei singoli esercizi di intrattenimento musicale e di vendita di bevande” (v. ord.za sindacale 27.9.2015 n. 278) l’Amministrazione dovrebbe, di regola, reagire con la massima fermezza mediante gli ordinari strumenti giuridici, preventivi e repressivi, previsti dall’ordinamento; ad. es., e solo per ciò che riguarda la quiete pubblica, l’art. art. 659, cod. pen. concernente il “Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” o il potere del Sindaco di far cessare le immissioni dannose ex art. 9 L. n. 447/1995; o anche lo stesso art. 844 cod. civ. avente ad oggetto le “Immissioni” moleste, ecc.).
http://buff.ly/1PxkVGe
Nei rapporti tra privati in tema di immissioni non valgono le regole pubblicistiche
Con riferimento al limite delle immissioni acustiche vigono due paradigmi di tutela. Il primo, affidato alla Pubblica Amministrazione a presidio della salute collettiva e concretizzatasi nell'adozione della L. 26 ottobre 1995, n. 447 e dal relativo regolamento di cui al D.P.C.M. 19 novembre 1997; il secondo, disciplinato dal codice civile con gli artt. 844 e 2043 a garanzia dei diritti soggettivi individuali. Sicché, nel mentre la prima fonte normativa regolamenta i rapporti verticali tra consociati ed Amministrazione, la seconda regola quelli orizzontali tra privati ai quali deve riconoscersi il diritto alla cessazione delle immissioni lesive, anche qualora esse risultino rispettose dei più elevati livelli applicabili nella zona interessata alla stregua delle regole pubblicistiche. Sul punto si è pronunciata la Suprema Corte con la recente Sent. 16 ottobre 2015, n. 20927.
[color=red][b]Cass. Civ., Sez. III, 16 ottobre 2015, n. 20927[/b][/color]
http://quotidianopa.leggiditalia.it/quotidiano_home.html#news=PKQT0000145962
REGIONE TOSCANA
Delibera n.490 del 16-06-2014
Comitato regionale di coordinamento ex art. 15 bis, L.R. 89/98: linee guida regionali in materia di gestione degli esposti, di verifica di efficacia delle pavimentazioni stradali fonoassorbenti e/o a bassa emissività negli interventi di risanamento acustico e di gestione dei procedimenti di Valutazione di Impatto Acustico.
http://www301.regione.toscana.it/bancadati/atti/DettaglioAttiG.xml?codprat=2014DG00000000617
MULTA ad ASSOCIAZIONE per la notte bianca (RUMORE)
[b]L’Agenzia ha rilevato il superamento del limite di emissione stabilito dal Comune nell’atto autorizzativo
[/b]
http://www.arpat.toscana.it/notizie/comunicati-stampa/2015/multa-per-la-notte-bianca-a-lucca
Inquinamento acustico
ARPAT
La scheda informativa, pubblicata da ARPAT, fornisce un inquadramento del fenomeno rumore illustrando...
https://issuu.com/arpatoscana/docs/scheda-informativa-inquinamento-acustico
Rumore.Integrazione e modifica del piano di classificazione acustica
TAR Piemonte, Sez. I, n. 1440, del 16 ottobre 2015
Rumore.Integrazione e modifica del piano di classificazione acustica.
Ciò che qualifica la classe acustica è l’entità dell’apporto sonoro attribuibile alle attività insediate nell’area: la destinazione residenziale, nella tabella riportata in allegato al DPCM, è uno degli usi contemplati in alcune delle classi acustiche (ed esso tendenzialmente viene associato a classificazioni di minore impatto sonoro). Non per questo, tuttavia, l’assenza dell’uso residenziale giustifica in quanto tale l’inserimento del sito in classi acustiche più elevate, non proporzionate alla natura dell’area e alla destinazione d’uso oggetto di ricognizione. La natura artigianale o piccolo industriale dell’attività svolta dalla ricorrente, pure in assenza di un contestuale uso residenziale dell’area, non pare incompatibile con l’inquadramento acustico in classe IV, né questo risulta a sua volta in conflitto con la destinazione urbanistica dell’area. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01440/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00914/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 914 del 2009, proposto da:
Garelli Recuperi Ambientali di Delfino Sergio & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Riccardo Montanaro ed Emanuela Ecca, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via del Carmine, 2;
contro
Comune di Margarita, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Sciolla e Sergio Viale, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, corso Montevecchio, 68;
Regione Piemonte, Provincia di Cuneo;
nei confronti di
Pietro Ghione;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale di Margarita n. 7 del 17.4.2009, della cui approvazione è stato dato avviso sul B.U.R. della Regione Piemonte n. 20 del 21.5.2009, avente ad oggetto "provvedimento definitivo di adozione dell'integrazione e modifica del piano di classificazione acustica";
della Classificazione acustica del territorio del Comune di Margarita, così come risultante dalla integrazione e modifica del Piano di classificazione acustica, approvata definitivamente con la deliberazione di cui sopra, e dei relativi elaborati;
della delibera di adozione della proposta di integrazione e modifica del Piano di zonizzazione acustica, di cui alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 27 del 25.11.2008 e relativi elaborati;
nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Margarita;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 settembre 2015 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La Garelli svolge nel Comune di Margarita l'attività di autodemolizione e recupero dei relativi materiali, servendosi di uno stabilimento sito sui terreni distinti al C.T. al foglio 7 mapp. 275 e 278, aventi una superficie di circa 3.800 mq. e inseriti in P.R.G. con destinazione PE.2 cioè "area produttiva esistente".
I suddetti terreni sono contornati da una infrastruttura viaria sul lato sud da cui si esercita l'accesso, e sul lato est da una strada che li separa da un'altra area di proprietà della stessa ricorrente, individuata a catasto al foglio 7 map. 151.
2. A seguito di un lungo contenzioso che ha riguardato tale seconda area, sulla stessa è stato totalmente inibito non solo l'esercizio dell'autodemolizione e del recupero, ma anche il mero deposito complementare all'esercizio dell’attività principale: è dunque cessato il regime c.d. transitorio delle attività improprie tollerate (art. 16 N.D.A. del P.R.G.), ed è ormai operante il regime urbanistico della zona R.C.4 cioè "residenziale compromessa e di completamento", nella quale non sono ammessi usi in contrasto con la destinazione prevalentemente residenziale (cfr. sentenze del T.A.R. Piemonte, sez. II, 22 ottobre 2005, n. 3265 - passata in giudicato - e sez. I, 25 luglio 2013, n. 938, con appello pendente).
3. La destinazione d'uso da P.R.G. delle aree confinanti ai suddetti terreni è, sul lato nord e ovest, aree agricole, e, sul lato sud ed est, aree R.C.4 (aree residenziali esistenti).
4. Già nel 2004, il Comune di Margarita effettuò la classificazione acustica del territorio comunale ai sensi dell'art. 6 della L. 447/1995 e della L.R. Piemonte n. 52/2000 e l'area occupata dallo stabilimento della società Garelli, dopo un primo inserimento in classe V adottato in sede di proposta di classificazione, venne acclusa (con deliberazione del Consiglio Comunale n. 30 del 29 settembre 2004) alla classe acustica IV, corrispondente alle "aree di intensa attività umana" di cui alla Tabella A del D.P.C.M. 14 novembre 1997.
La scelta incontrò l’opposizione della Garelli, esplicata attraverso un’impugnativa innanzi a questo Tribunale, risoltasi con pronuncia di annullamento degli atti gravati (T.A.R. Piemonte, sez. II, 13 dicembre 2005, n. 3971 - passata in giudicato).
La soluzione in allora perorata dalla ricorrente prevedeva l’inserimento dell’area non già in classe IV (come disposto dall’amministrazione comunale) bensì in classe V, corrispondente alle "aree prevalentemente industriali", cioè a quelle "interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni" (ai sensi della Tabella A del D.P.C.M. 14 novembre 1997).
5. La presente vertenza riguarda le scelte di classificazione acustica inerenti le aree di proprietà della società, nuovamente adottate dal Comune di Margarita a seguito del precedente pronunciamento giurisdizionale: con la qui impugnata deliberazione del Consiglio Comunale n. 7 del 17 aprile 2009, respinte le osservazioni presentate dalla società Garelli, è stata confermata la classificazione dei mappali 275 e 278 in classe IV. Al contempo, al fine di eliminare gli accostamenti critici tra aree appartenenti a classi aventi differenza maggiore di 5 decibel (presenti nella precedente classificazione del 2004 e censurati nella sentenza n. 3971/2005), sono state inserite delle fasce cuscinetto di classe III, che comprendono parte del mappale 151. Detto mappale è stato quindi collocato in parte in classe III (“aree di tipo misto”) e in parte in classe II (“aree destinate ad uso prevalentemente residenziale”).
6. Il ricorso è articolato su due motivi di censura.
I) Violazione di legge: art. 4 L. 44 7/1995; art. 6 L. R. Piemonte n. 52/2000. Violazione del D.P.C.M. 14 novembre 1997. Eccesso di potere per vizio del procedimento, errore e difetto dei presupposti e della motivazione. Ingiustizia manifesta. Violazione del giudicato;
II) Violazione di legge: art. 4 L. 447/1995; artt. 2 e 6 L. R. 52/2000. Violazione del D.P.C.M. 14 novembre 1997. Eccesso di potere per errore e difetto dei presupposti, dell'istruttoria, della motivazione; travisamento. Illogicità e ingiustizia manifesta. Sviamento.
6.1 Col primo motivo si censurano le deliberazioni impugnate con riferimento alla riconfermata attribuzione della classe IV di classificazione acustica al sito produttivo ove la ricorrente svolge l'attività di autodemolizione e recupero, opzione questa giustificata sulla base del fatto che l'area è indicata nel Piano urbanistico come "area di insediamenti produttivi esistenti che si confermano" (area P.E. 2 del P.R.G.C.).
a) Dopo aver richiamato le definizioni delle classi acustiche contenute nel D.P.C.M. 14/11/1997, la ricorrente deduce che la classificazione corretta dell'area ove ricade il suo sito produttivo sarebbe la classe V, tenuto conto della destinazione industriale in essere, dell'attuale assetto urbanistico e delle previsioni di P.R.G. che attribuiscono all’area medesima la destinazione PE.2 "insediamenti produttivi esistenti". In coerenza con la vocazione industriale dell’area, le stesse N.T.A. del P.R.G.C. non vi ammettono “costruzioni adibite a residenza” (artt. 18 e 19).
b) Oltre a ciò, la scelta della classe IV risulterebbe in contrasto con il criterio ex art. 4 L. 447/1995 delle preesistenti destinazioni d'uso nonché col criterio ex art. 6 L.R. 52/2000 della vocazione intrinseca e della evoluzione storica dello sviluppo del territorio, poiché la ricorrente ha iniziato l'uso dell'area alcuni decenni fa quando non esistevano insediamenti nelle aree circostanti, circostanza questa che sarebbe stata immotivatamente trascurata dall’amministrazione comunale.
6.2 Il secondo motivo è incentrato sull'area contigua al sito produttivo, acquistata dalla ricorrente nel 2001 e costituente in precedenza la sede del consorzio agrario provinciale (mappale 151).
Nel piano di zonizzazione acustica qui impugnato, tale area è stata collocata in parte in classe III e in parte in classe II, in esecuzione della sentenza del T.A.R. Piemonte n. 3971/2005 che aveva annullato la precedente classificazione acustica stigmatizzando il mancato inserimento di fasce cuscinetto.
Detta previsione viene qui impugnata sotto diversi profili.
a) Si sostiene anzitutto che la scelta classificatoria sarebbe incoerente ed illogica in rapporto alla destinazione d'uso (non dell'area ma) dei fabbricati ivi presenti, tenuto conto del fatto che gli stessi hanno destinazione artigianale/commerciale, come risultante dai titoli edilizi, e che detta destinazione dovrebbe essere considerata prevalente, ai sensi L.R. 19/999, rispetto al P.R.G. che assegna alla zona la destinazione R.C.4 "residenziale compromessa e di completamento".
b) Si soggiunge che la destinazione R.C. 4 non è rispondente all’utilizzo attuale ma solo "potenziale e futuro" dell’area, e, pertanto, non può costituire criterio di classificazione acustica dovendo questa tener conto della "situazione di fatto" e delle attuali modalità di fruizione del territorio.
c) Si conclude che la classificazione acustica deve evitare effetti di parcellizzazione e frammentazione del territorio che la renderebbero inattuabile, dovendo tendere, al contrario, alla omogeneizzazione delle aree contigue: da qui l’esigenza di omogeneizzare il mappale 151 al sito produttivo contiguo assegnato alla classe IV.
7. L’amministrazione comunale intimata si è ritualmente costituita in giudizio, controdeducendo ai rilievi avversari e chiedendone l’integrale reiezione.
8. A seguito del deposito di memorie e repliche ex art. 73 c.p.a., il ricorso è stato discusso e introitato a decisione all’udienza pubblica del 30 settembre 2015.
DIRITTO
1. Al fine di chiarire i rapporti del presente giudizio con il precedente contenzioso conclusosi nel 2005 (con declaratoria coperta da giudicato), va precisato che la pronuncia n. 3971/2005: a) non ha ravvisato profili di palese irrazionalità nella scelta di inserire in classe IV l’area occupata dal sito produttivo identificato al C.T. al foglio 7 mapp. 275 e 278, in quanto detta classificazione è stata ritenuta non incompatibile tout court con l’attività in essere della ricorrente. In più, nulla è stato statuito in ordine alle caratteristiche intrinseche del sito, né sono state fornite indicazioni vincolanti in merito all'attribuzione di una determinata classe acustica; b) la sentenza ha invece ritenuto che la motivazione addotta dal Comune ai fini dell'attribuzione della classe IV fosse insufficiente e incoerente con le osservazioni formulate dalla Provincia di Cuneo; c) ha inoltre ritenuto l’illegittimità dell'accostamento del sito produttivo della ricorrente (classe IV) con le aree circostanti (classe II), stante il mancato inserimento di fasce-cuscinetto volte ad evitare scostamenti acustici superiori ai 5 decibel.
Con gli atti qui impugnati l’amministrazione comunale da un lato ha nuovamente attribuito la classe acustica IV al sito produttivo della ricorrente e, dall’altro, ha inserito delle fasce cuscinetto di classe III, includendo nelle stesse parte dell’area individuata al mappale 151.
Le determinazioni del Comune, per quanto esposto, hanno rappresentato l’esercizio di un potere di classificazione non vincolato dal precedente giudicato, se non sotto il profilo degli obblighi conformativi riferiti alla congruità della motivazione e al divieto degli accostamenti critici.
Dunque, alcun profilo di contrasto può ravvisarsi tra l’attività amministrativa oggetto del presente giudizio e il giudicato formatosi sul precedente contenzioso conclusosi nel 2005.
2. Nel merito occorre osservare, con specifico riferimento al primo motivo di ricorso, che le due classi acustiche che vengono qui in evidenza sono la IV (attribuita dal Comune) la V (alla quale la ricorrente ritiene di avere diritto).
Ai sensi della tabella A allegata al D.P.C.M. 14/11/1997:
- la classe V di classificazione acustica comprende le "aree prevalentemente industriali: rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni";
- la classe IV comprende le "aree di intensa attività umana: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali .... le aree con limitata presenza di piccole industrie".
3. A detta della ricorrente sussiste una chiara convergenza di dati fattuali e di previsioni urbanistiche favorevoli all’inserimento in classe V dei mappali 275 e 278, in quanto attestanti la natura esclusivamente produttiva e niente affatto residenziale dell’area.
Quanto alla vocazione produttiva, essa emergerebbe dal tipo di attività svolta sul sito produttivo della società Garelli.
La preclusione alla destinazione residenziale, invece, troverebbe conferma, oltre che nell’assenza di costruzioni ad uso abitativo, nelle N.T.A. del P.R.G.C. che, per le aree PE2, non ammettono “costruzioni adibite a residenza” (artt. 18 e 19).
Lo stato urbanistico e fattuale dell’area risulterebbe, quindi, del tutto rispondente a quello riportato nella classe V della tabella A allegata al D.P.C.M. 14/11/1997, descrittiva di aree “interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni”.
4. L’impostazione in esame evidenzia una prima essenziale incongruenza.
4.1 Come puntualmente eccepito dalla difesa di parte resistente, la destinazione d'uso PE.2 individuata nel P.R.G., pur essendo genericamente denominata come “produttiva”, non è riservata in via esclusiva alle aree industriali ma è coerente anche con le attività artigianali (oltre che commerciali), come si desume dagli artt. 18 e 19 delle N.D.A..
In particolare, l'art. 18 N.D.A. stabilisce che "le aree per insediamenti produttivi sono riservate ad edifici ed attrezzature per l'attività industriale manifatturiera, edilizia, impiantistica, ecc.; nonché per attività artigianali e commerciali".
Dunque, la destinazione urbanistica in PE.2, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, può accordarsi in astratto con classificazioni acustiche estese alla classe IV, oltre che alla classe V, non correlandosi necessariamente ad una connotazione prettamente “industriale” dell’area.
4.2 Altro e consequenziale punto di rilievo è costituito dal fatto che la tabella A allegata al D.P.C.M. 14/11/1997, nel descrivere il contenuto della classe V, fa esclusivo riferimento alle attività industriali (e non a quelle artigianali), mentre la presenza di attività artigianali o di piccole industrie viene presa in considerazione nell’illustrazione della classe IV.
Diventa quindi rilevante stabilire se l’attività produttiva svolta dalla ricorrente sia qualificabile come industriale o artigianale, trattandosi di un dato in grado di orientare la scelta di zonizzazione acustica più appropriata.
4.3 Sul punto, la parte resistente ha allegato una nutrita serie di dati - non altrimenti confutati - che depongono nel senso del carattere artigianale dell’attività svolta dalla Garelli. Tra questi: l'iscrizione alla sezione speciale delle Imprese Artigiane della Camera di Commercio di Cuneo; il limitato numero di addetti (7), compatibile con le dimensioni tipiche delle imprese artigiane medio-piccole; i codici di classificazione delle attività svolte dalla ricorrente.
Nessun dato dimensionale o descrittivo dell’attività produttiva è stato allegato dalla parte ricorrente al fine di avvalorarne la pretesa connotazione “industriale”. Cade, dunque, un primo essenziale argomento a sostegno dell’invocato inquadramento in classe V.
4.4 Resta da aggiungere che la natura “industriale” dell’attività in essere non costituirebbe comunque indicazione dotata di valenza risolutiva, in quanto la presenza industriale è contemplata tanto nella classe V quanto nella classe IV (sia pure nei limiti della piccola industria): ciò che scrimina le due ipotesi classificatorie è la consistenza effettiva del sito produttivo, poiché la “piccola industria” è compatibile unicamente con la classe IV, mentre l’industria “non piccola” è da intendersi rientrante, in via residuale, nella classe V.
4.5 La relazione illustrativa allegata alla deliberazione di classificazione ha motivato l'attribuzione della classe IV proprio sulla base della constatazione di caratteristiche “artigianali” o di “piccola industria” attribuibili all’attività della ricorrente – valutate in ragione della tipologia di attività svolta, della consistenza degli impianti presenti e della estensione superficiale del sito, nei seguenti termini: ".. l'ambito, di modesta estensione superficiale (circa 3800 m2), è di tipo produttivo, caratterizzato dalla presenza di impianti per la lavorazione dei rottami metallici ... Data la tipologia di attività e la consistenza degli impianti presenti, l'ambito si configura come area con limitata presenza di piccole industrie e classificata in classe IV".
4.6 Pertanto, sotto il profilo della natura dell’attività volta da Garelli, tanto l’attività istruttoria condotta in seno al procedimento di classificazione, quanto le produzioni documentali fornite in questa sede dalla parte resistente, non fanno emergere elementi di incongruenza nelle valutazioni espresse dall’amministrazione.
Sin qui, dunque, le deduzioni veicolate con il ricorso si rivelano infondate.
5. Al fine di corroborare le proprie conclusioni, la ricorrente ha ulteriormente evidenziato che mentre la classe V presuppone l’assenza di edificazioni abitative o residenziali, viceversa la classe IV si addice alle “aree ad intensa attività umana”, quindi con alta densità di popolazione: sicché, essendo l’area in questione priva di destinazioni residenziali (in linea con quanto previsto dagli artt. 18 e 19 delle N.T.A.), non potrebbe che predicarsene l’inserimento in classe V.
5.1 Anche quest’ultima argomentazione pare affetta da una premessa controvertibile, attraverso la quale si assume che nelle aree ricadenti in classe IV debbano necessariamente coesistere tutte o almeno una pluralità delle caratteristiche enunciate nella classificazione tabellare. Secondo tale impostazione, dunque, per rientrare in detta classe IV alla presenza di attività piccolo-industriali o artigianali dovrebbe necessariamente associarsi una presenza di destinazioni residenziali; e, viceversa, l’assenza di un contestuale uso residenziale, renderebbe vincolato l’inquadramento dell’area in classe V.
5.2 La tesi, come detto, si espone a rilievi.
Innanzitutto, la piana lettura delle varianti riportate nella classe IV (di cui alla tabella A del D.P.C.M. 14/11/1997) lascia intendere che le stesse rimandano ad un’ampia e variegata congerie di parametri e di caratteristiche tipologiche, difficilmente configurabili contestualmente in un unico prospetto ambientale. Da un lato, infatti, il D.P.C.M. non contiene elementi testuali indicativi della necessaria coesistenza di tutte o di alcune di tali caratteristiche. Dall’altro, è poco plausibile anche sul piano logico che il legislatore abbia voluto condizionare la zonizzazione in classe IV alla sussistenza cumulativa di tutte le note descrittive riportate nella voce della tabella A qui in esame.
5.3 Che la norma non ne richieda l’indispensabile compresenza è circostanza che trova conferma nella stessa formulazione delle linee-guida regionali, secondo le quali nella Classe IV (Aree di intensa attività umana) "rientrano le aree urbane caratterizzate da alta densità di popolazione e da elevata presenza di attività commerciali e uffici, o da presenza di attività artigianali, o piccole industrie”.
5.4 E’ ragionevole ritenere, pertanto, che i parametri riportati nella definizione della classe IV sono suscettibili di combinazioni di diverso tipo e che dette variabili aggregazioni, per rientrare nella comune classe acustica, devono essere stimate sul piano quantitativo come dotate di un impatto tendenzialmente equivalente, proporzionato alla comune definizione di "aree ad intensa attività umana".
Ciò che determina l’inserimento in classe IV è quindi la ponderata valutazione quantitativa dei diversi parametri descrittivi considerati come particolarmente significativi a fini classificatori.
5.5 Dunque ciò che qualifica la classe acustica è l’entità dell’apporto sonoro attribuibile alle attività insediate nell’area: la destinazione residenziale, nella tabella riportata in allegato al DPCM, è uno degli usi contemplati in alcune delle classi acustiche (ed esso tendenzialmente viene associato a classificazioni di minore impatto sonoro). Non per questo, tuttavia, l’assenza dell’uso residenziale giustifica in quanto tale l’inserimento del sito in classi acustiche più elevate, non proporzionate alla natura dell’area e alla destinazione d’uso oggetto di ricognizione.
5.6 Per quanto esposto, la natura artigianale o piccolo industriale dell’attività svolta dalla ricorrente, pure in assenza di un contestuale uso residenziale dell’area, non pare incompatibile con l’inquadramento acustico in classe IV, né questo risulta a sua volta in conflitto con la destinazione urbanistica dell’area (PE2).
5.7 Tanto basta a ritenere infondato il primo motivo di ricorso.
6. Anche il secondo motivo di ricorso –riferito al mappale 151, contiguo al sito produttivo – non può trovare accoglimento.
Per contrastare la scelta adottata dall’amministrazione di inserire detta area in parte in classe II e in parte in classe III, in modo da creare una fascia cuscinetto rispetto ai fondi contigui, la ricorrente pone in evidenza la destinazione d'uso artigianale/commerciale dei fabbricati ivi presenti, come desumibile dagli originari titoli edilizi (ai sensi della L.R. 19/999); aggiunge che tale destinazione è prevalente rispetto a quella prevista nel P.R.G. (R.C.4 "residenziale compromessa e di completamento"), in quanto quest’ultima non è rispondente all’utilizzo attuale ma solo "potenziale e futuro" dell’area. La parcellizzazione e frammentazione del mappale 151 risulterebbe dunque illogica, in quanto contraddetta da un’opposta e motivata esigenza di omogeneizzazione del mappale 151 con il sito produttivo contiguo assegnato alla classe IV.
6.1 Le deduzioni in esame non paiono condivisibili, per le seguenti ragioni.
- Innanzitutto, la destinazione d’uso artigianale-commerciale rivendicata dalla ricorrente come propria dei capannoni presenti sul mappale 151 (cfr. pag. 11 ricorso introduttivo), non contrasta in quanto tale con la destinazione d’uso urbanistica ad oggi vigente sull’area (R.C. 4), atteso che quest’ultima consente, sia pure entro certi limiti, anche l'insediamento di attività commerciali e artigianali. Ed infatti, ai sensi dell'art. 11 N.D.A. nelle aree residenziali compromesse e di completamento "sono ammessi usi sussidiari ed attività compatibili con la destinazione abitativa di cui al precedente Art. 9". Ai sensi dell'art. 9 N.D.A. "sono ammessi usi sussidiari ed attività compatibili con la destinazione abitativa quali: uffici, negozi, bar, ristoranti, alberghi, magazzini, depositi a servizio di attività commerciali o artigianali esistenti, attività professionali ed artigianali di servizio (non nocive e non moleste)”.
- Resta fermo, peraltro, che le invocate disposizioni di cui alla legge regionale 19/1999 riguardano la destinazione d’uso dei fabbricati, e quindi non possono influire sulla destinazione d’uso fondiaria.
- Questa è rimessa alla pianificazione urbanistica, e sul punto è di rilievo quanto statuito da questo Tribunale, con la pronuncia 3265/2005, passata in giudicato, ove si legge, con specifico riferimento al mappale 151, che “essendo venuto meno già da tempo l'utilizzo industriale e commerciale dell'area (non artigianale) nel momento in cui questa è stata acquistata dalla ricorrente, essa non avrebbe potuto essere utilizzata per altri scopi al di fuori di quelli indicati dagli articoli 9 e 11 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale Comunale".
- In sostanza, con pronuncia vincolante si è accertato che la società Garelli non può vantare quella continuità temporale nell’utilizzo a fini industriali del mappale 151 che, sola, avrebbe consentito la conservazione degli usi preesistenti, nel frattempo divenuti incompatibili con la destinazione impressa all’area dal nuovo piano urbanistico.
- Per quanto esposto, la destinazione d’uso evincibile dalle vecchie licenze edilizie deve soggiacere alle prescrizioni vincolanti del PRG e, indirettamente, perde rilevanza ai fini della classificazione acustica.
- Non sussistendo la possibilità di un utilizzo del fondo 151 a servizio dei fondi contigui 275 e 278 (e dell’attività produttiva ivi condotta), viene meno anche l’asserita omogeneità d’uso che, a detta della ricorrente, suggerirebbe un’unica classificazione acustica dell’intero compendio fondiario.
- Per le ragioni esposte, vanno respinti tutti i profili di doglianza articolati nel secondo motivo di censura.
7. Il ricorso nella sua integralità non può quindi trovare accoglimento.
8. La peculiarità e complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Silvana Bini, Presidente FF
Ofelia Fratamico, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/84-giurisprudenza-amministrativa-tar84/11835-rumore-integrazione-e-modifica-del-piano-di-classificazione-acustica.html
[b]Cass. Sez. III n. 48460 del 9 dicembre 2015 (Ud 27 ott 2015)[/b]
Pres. Franco Est. Mengoni Ric. Ecca
Rumore.Accertamento della idoneità delle emissioni sonore ad arrecare disturbo
In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all'apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull'espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/156-cassazione-penale156/11903-rumore-accertamento-della-idoneit%C3%A0-delle-emissioni-sonore-ad-arrecare-disturbo.html
TAR Piemonte Sez. I n. 1440 del 16 ottobre 2015
[color=red][b]Rumore.Classificazione acustica[/b][/color]
I parametri riportati nella definizione della classe IV (Tabella A del D.P.C.M. 14/11/1997) sono suscettibili di combinazioni di diverso tipo e dette variabili aggregazioni, per rientrare nella comune classe acustica, devono essere stimate sul piano quantitativo come dotate di un impatto tendenzialmente equivalente, proporzionato alla comune definizione di "aree ad intensa attività umana". Ciò che determina l’inserimento in classe IV è quindi la ponderata valutazione quantitativa dei diversi parametri descrittivi considerati come particolarmente significativi a fini classificatori. Dunque ciò che qualifica la classe acustica è l’entità dell’apporto sonoro attribuibile alle attività insediate nell’area: la destinazione residenziale, nella tabella riportata in allegato al DPCM, è uno degli usi contemplati in alcune delle classi acustiche (ed esso tendenzialmente viene associato a classificazioni di minore impatto sonoro). Non per questo, tuttavia, l’assenza dell’uso residenziale giustifica in quanto tale l’inserimento del sito in classi acustiche più elevate, non proporzionate alla natura dell’area e alla destinazione d’uso oggetto di ricognizione.
N. 01440/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00914/2009 REG.RIC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 914 del 2009, proposto da:
Garelli Recuperi Ambientali di Delfino Sergio & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Riccardo Montanaro ed Emanuela Ecca, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, via del Carmine, 2;
contro
Comune di Margarita, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Sciolla e Sergio Viale, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, corso Montevecchio, 68;
Regione Piemonte, Provincia di Cuneo;
nei confronti di
Pietro Ghione;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale di Margarita n. 7 del 17.4.2009, della cui approvazione è stato dato avviso sul B.U.R. della Regione Piemonte n. 20 del 21.5.2009, avente ad oggetto "provvedimento definitivo di adozione dell'integrazione e modifica del piano di classificazione acustica";
della Classificazione acustica del territorio del Comune di Margarita, così come risultante dalla integrazione e modifica del Piano di classificazione acustica, approvata definitivamente con la deliberazione di cui sopra, e dei relativi elaborati;
della delibera di adozione della proposta di integrazione e modifica del Piano di zonizzazione acustica, di cui alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 27 del 25.11.2008 e relativi elaborati;
nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Margarita;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 settembre 2015 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La Garelli svolge nel Comune di Margarita l'attività di autodemolizione e recupero dei relativi materiali, servendosi di uno stabilimento sito sui terreni distinti al C.T. al foglio 7 mapp. 275 e 278, aventi una superficie di circa 3.800 mq. e inseriti in P.R.G. con destinazione PE.2 cioè "area produttiva esistente".
I suddetti terreni sono contornati da una infrastruttura viaria sul lato sud da cui si esercita l'accesso, e sul lato est da una strada che li separa da un'altra area di proprietà della stessa ricorrente, individuata a catasto al foglio 7 map. 151.
2. A seguito di un lungo contenzioso che ha riguardato tale seconda area, sulla stessa è stato totalmente inibito non solo l'esercizio dell'autodemolizione e del recupero, ma anche il mero deposito complementare all'esercizio dell’attività principale: è dunque cessato il regime c.d. transitorio delle attività improprie tollerate (art. 16 N.D.A. del P.R.G.), ed è ormai operante il regime urbanistico della zona R.C.4 cioè "residenziale compromessa e di completamento", nella quale non sono ammessi usi in contrasto con la destinazione prevalentemente residenziale (cfr. sentenze del T.A.R. Piemonte, sez. II, 22 ottobre 2005, n. 3265 - passata in giudicato - e sez. I, 25 luglio 2013, n. 938, con appello pendente).
3. La destinazione d'uso da P.R.G. delle aree confinanti ai suddetti terreni è, sul lato nord e ovest, aree agricole, e, sul lato sud ed est, aree R.C.4 (aree residenziali esistenti).
4. Già nel 2004, il Comune di Margarita effettuò la classificazione acustica del territorio comunale ai sensi dell'art. 6 della L. 447/1995 e della L.R. Piemonte n. 52/2000 e l'area occupata dallo stabilimento della società Garelli, dopo un primo inserimento in classe V adottato in sede di proposta di classificazione, venne acclusa (con deliberazione del Consiglio Comunale n. 30 del 29 settembre 2004) alla classe acustica IV, corrispondente alle "aree di intensa attività umana" di cui alla Tabella A del D.P.C.M. 14 novembre 1997.
La scelta incontrò l’opposizione della Garelli, esplicata attraverso un’impugnativa innanzi a questo Tribunale, risoltasi con pronuncia di annullamento degli atti gravati (T.A.R. Piemonte, sez. II, 13 dicembre 2005, n. 3971 - passata in giudicato).
La soluzione in allora perorata dalla ricorrente prevedeva l’inserimento dell’area non già in classe IV (come disposto dall’amministrazione comunale) bensì in classe V, corrispondente alle "aree prevalentemente industriali", cioè a quelle "interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni" (ai sensi della Tabella A del D.P.C.M. 14 novembre 1997).
5. La presente vertenza riguarda le scelte di classificazione acustica inerenti le aree di proprietà della società, nuovamente adottate dal Comune di Margarita a seguito del precedente pronunciamento giurisdizionale: con la qui impugnata deliberazione del Consiglio Comunale n. 7 del 17 aprile 2009, respinte le osservazioni presentate dalla società Garelli, è stata confermata la classificazione dei mappali 275 e 278 in classe IV. Al contempo, al fine di eliminare gli accostamenti critici tra aree appartenenti a classi aventi differenza maggiore di 5 decibel (presenti nella precedente classificazione del 2004 e censurati nella sentenza n. 3971/2005), sono state inserite delle fasce cuscinetto di classe III, che comprendono parte del mappale 151. Detto mappale è stato quindi collocato in parte in classe III (“aree di tipo misto”) e in parte in classe II (“aree destinate ad uso prevalentemente residenziale”).
6. Il ricorso è articolato su due motivi di censura.
I) Violazione di legge: art. 4 L. 44 7/1995; art. 6 L. R. Piemonte n. 52/2000. Violazione del D.P.C.M. 14 novembre 1997. Eccesso di potere per vizio del procedimento, errore e difetto dei presupposti e della motivazione. Ingiustizia manifesta. Violazione del giudicato;
II) Violazione di legge: art. 4 L. 447/1995; artt. 2 e 6 L. R. 52/2000. Violazione del D.P.C.M. 14 novembre 1997. Eccesso di potere per errore e difetto dei presupposti, dell'istruttoria, della motivazione; travisamento. Illogicità e ingiustizia manifesta. Sviamento.
6.1 Col primo motivo si censurano le deliberazioni impugnate con riferimento alla riconfermata attribuzione della classe IV di classificazione acustica al sito produttivo ove la ricorrente svolge l'attività di autodemolizione e recupero, opzione questa giustificata sulla base del fatto che l'area è indicata nel Piano urbanistico come "area di insediamenti produttivi esistenti che si confermano" (area P.E. 2 del P.R.G.C.).
a) Dopo aver richiamato le definizioni delle classi acustiche contenute nel D.P.C.M. 14/11/1997, la ricorrente deduce che la classificazione corretta dell'area ove ricade il suo sito produttivo sarebbe la classe V, tenuto conto della destinazione industriale in essere, dell'attuale assetto urbanistico e delle previsioni di P.R.G. che attribuiscono all’area medesima la destinazione PE.2 "insediamenti produttivi esistenti". In coerenza con la vocazione industriale dell’area, le stesse N.T.A. del P.R.G.C. non vi ammettono “costruzioni adibite a residenza” (artt. 18 e 19).
b) Oltre a ciò, la scelta della classe IV risulterebbe in contrasto con il criterio ex art. 4 L. 447/1995 delle preesistenti destinazioni d'uso nonché col criterio ex art. 6 L.R. 52/2000 della vocazione intrinseca e della evoluzione storica dello sviluppo del territorio, poiché la ricorrente ha iniziato l'uso dell'area alcuni decenni fa quando non esistevano insediamenti nelle aree circostanti, circostanza questa che sarebbe stata immotivatamente trascurata dall’amministrazione comunale.
6.2 Il secondo motivo è incentrato sull'area contigua al sito produttivo, acquistata dalla ricorrente nel 2001 e costituente in precedenza la sede del consorzio agrario provinciale (mappale 151).
Nel piano di zonizzazione acustica qui impugnato, tale area è stata collocata in parte in classe III e in parte in classe II, in esecuzione della sentenza del T.A.R. Piemonte n. 3971/2005 che aveva annullato la precedente classificazione acustica stigmatizzando il mancato inserimento di fasce cuscinetto.
Detta previsione viene qui impugnata sotto diversi profili.
a) Si sostiene anzitutto che la scelta classificatoria sarebbe incoerente ed illogica in rapporto alla destinazione d'uso (non dell'area ma) dei fabbricati ivi presenti, tenuto conto del fatto che gli stessi hanno destinazione artigianale/commerciale, come risultante dai titoli edilizi, e che detta destinazione dovrebbe essere considerata prevalente, ai sensi L.R. 19/999, rispetto al P.R.G. che assegna alla zona la destinazione R.C.4 "residenziale compromessa e di completamento".
b) Si soggiunge che la destinazione R.C. 4 non è rispondente all’utilizzo attuale ma solo "potenziale e futuro" dell’area, e, pertanto, non può costituire criterio di classificazione acustica dovendo questa tener conto della "situazione di fatto" e delle attuali modalità di fruizione del territorio.
c) Si conclude che la classificazione acustica deve evitare effetti di parcellizzazione e frammentazione del territorio che la renderebbero inattuabile, dovendo tendere, al contrario, alla omogeneizzazione delle aree contigue: da qui l’esigenza di omogeneizzare il mappale 151 al sito produttivo contiguo assegnato alla classe IV.
7. L’amministrazione comunale intimata si è ritualmente costituita in giudizio, controdeducendo ai rilievi avversari e chiedendone l’integrale reiezione.
8. A seguito del deposito di memorie e repliche ex art. 73 c.p.a., il ricorso è stato discusso e introitato a decisione all’udienza pubblica del 30 settembre 2015.
DIRITTO
1. Al fine di chiarire i rapporti del presente giudizio con il precedente contenzioso conclusosi nel 2005 (con declaratoria coperta da giudicato), va precisato che la pronuncia n. 3971/2005: a) non ha ravvisato profili di palese irrazionalità nella scelta di inserire in classe IV l’area occupata dal sito produttivo identificato al C.T. al foglio 7 mapp. 275 e 278, in quanto detta classificazione è stata ritenuta non incompatibile tout court con l’attività in essere della ricorrente. In più, nulla è stato statuito in ordine alle caratteristiche intrinseche del sito, né sono state fornite indicazioni vincolanti in merito all'attribuzione di una determinata classe acustica; b) la sentenza ha invece ritenuto che la motivazione addotta dal Comune ai fini dell'attribuzione della classe IV fosse insufficiente e incoerente con le osservazioni formulate dalla Provincia di Cuneo; c) ha inoltre ritenuto l’illegittimità dell'accostamento del sito produttivo della ricorrente (classe IV) con le aree circostanti (classe II), stante il mancato inserimento di fasce-cuscinetto volte ad evitare scostamenti acustici superiori ai 5 decibel.
Con gli atti qui impugnati l’amministrazione comunale da un lato ha nuovamente attribuito la classe acustica IV al sito produttivo della ricorrente e, dall’altro, ha inserito delle fasce cuscinetto di classe III, includendo nelle stesse parte dell’area individuata al mappale 151.
Le determinazioni del Comune, per quanto esposto, hanno rappresentato l’esercizio di un potere di classificazione non vincolato dal precedente giudicato, se non sotto il profilo degli obblighi conformativi riferiti alla congruità della motivazione e al divieto degli accostamenti critici.
Dunque, alcun profilo di contrasto può ravvisarsi tra l’attività amministrativa oggetto del presente giudizio e il giudicato formatosi sul precedente contenzioso conclusosi nel 2005.
2. Nel merito occorre osservare, con specifico riferimento al primo motivo di ricorso, che le due classi acustiche che vengono qui in evidenza sono la IV (attribuita dal Comune) la V (alla quale la ricorrente ritiene di avere diritto).
Ai sensi della tabella A allegata al D.P.C.M. 14/11/1997:
- la classe V di classificazione acustica comprende le "aree prevalentemente industriali: rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni";
- la classe IV comprende le "aree di intensa attività umana: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali .... le aree con limitata presenza di piccole industrie".
3. A detta della ricorrente sussiste una chiara convergenza di dati fattuali e di previsioni urbanistiche favorevoli all’inserimento in classe V dei mappali 275 e 278, in quanto attestanti la natura esclusivamente produttiva e niente affatto residenziale dell’area.
Quanto alla vocazione produttiva, essa emergerebbe dal tipo di attività svolta sul sito produttivo della società Garelli.
La preclusione alla destinazione residenziale, invece, troverebbe conferma, oltre che nell’assenza di costruzioni ad uso abitativo, nelle N.T.A. del P.R.G.C. che, per le aree PE2, non ammettono “costruzioni adibite a residenza” (artt. 18 e 19).
Lo stato urbanistico e fattuale dell’area risulterebbe, quindi, del tutto rispondente a quello riportato nella classe V della tabella A allegata al D.P.C.M. 14/11/1997, descrittiva di aree “interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni”.
4. L’impostazione in esame evidenzia una prima essenziale incongruenza.
4.1 Come puntualmente eccepito dalla difesa di parte resistente, la destinazione d'uso PE.2 individuata nel P.R.G., pur essendo genericamente denominata come “produttiva”, non è riservata in via esclusiva alle aree industriali ma è coerente anche con le attività artigianali (oltre che commerciali), come si desume dagli artt. 18 e 19 delle N.D.A..
In particolare, l'art. 18 N.D.A. stabilisce che "le aree per insediamenti produttivi sono riservate ad edifici ed attrezzature per l'attività industriale manifatturiera, edilizia, impiantistica, ecc.; nonché per attività artigianali e commerciali".
Dunque, la destinazione urbanistica in PE.2, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, può accordarsi in astratto con classificazioni acustiche estese alla classe IV, oltre che alla classe V, non correlandosi necessariamente ad una connotazione prettamente “industriale” dell’area.
4.2 Altro e consequenziale punto di rilievo è costituito dal fatto che la tabella A allegata al D.P.C.M. 14/11/1997, nel descrivere il contenuto della classe V, fa esclusivo riferimento alle attività industriali (e non a quelle artigianali), mentre la presenza di attività artigianali o di piccole industrie viene presa in considerazione nell’illustrazione della classe IV.
Diventa quindi rilevante stabilire se l’attività produttiva svolta dalla ricorrente sia qualificabile come industriale o artigianale, trattandosi di un dato in grado di orientare la scelta di zonizzazione acustica più appropriata.
4.3 Sul punto, la parte resistente ha allegato una nutrita serie di dati - non altrimenti confutati - che depongono nel senso del carattere artigianale dell’attività svolta dalla Garelli. Tra questi: l'iscrizione alla sezione speciale delle Imprese Artigiane della Camera di Commercio di Cuneo; il limitato numero di addetti (7), compatibile con le dimensioni tipiche delle imprese artigiane medio-piccole; i codici di classificazione delle attività svolte dalla ricorrente.
Nessun dato dimensionale o descrittivo dell’attività produttiva è stato allegato dalla parte ricorrente al fine di avvalorarne la pretesa connotazione “industriale”. Cade, dunque, un primo essenziale argomento a sostegno dell’invocato inquadramento in classe V.
4.4 Resta da aggiungere che la natura “industriale” dell’attività in essere non costituirebbe comunque indicazione dotata di valenza risolutiva, in quanto la presenza industriale è contemplata tanto nella classe V quanto nella classe IV (sia pure nei limiti della piccola industria): ciò che scrimina le due ipotesi classificatorie è la consistenza effettiva del sito produttivo, poiché la “piccola industria” è compatibile unicamente con la classe IV, mentre l’industria “non piccola” è da intendersi rientrante, in via residuale, nella classe V.
4.5 La relazione illustrativa allegata alla deliberazione di classificazione ha motivato l'attribuzione della classe IV proprio sulla base della constatazione di caratteristiche “artigianali” o di “piccola industria” attribuibili all’attività della ricorrente – valutate in ragione della tipologia di attività svolta, della consistenza degli impianti presenti e della estensione superficiale del sito, nei seguenti termini: ".. l'ambito, di modesta estensione superficiale (circa 3800 m2), è di tipo produttivo, caratterizzato dalla presenza di impianti per la lavorazione dei rottami metallici ... Data la tipologia di attività e la consistenza degli impianti presenti, l'ambito si configura come area con limitata presenza di piccole industrie e classificata in classe IV".
4.6 Pertanto, sotto il profilo della natura dell’attività volta da Garelli, tanto l’attività istruttoria condotta in seno al procedimento di classificazione, quanto le produzioni documentali fornite in questa sede dalla parte resistente, non fanno emergere elementi di incongruenza nelle valutazioni espresse dall’amministrazione.
Sin qui, dunque, le deduzioni veicolate con il ricorso si rivelano infondate.
5. Al fine di corroborare le proprie conclusioni, la ricorrente ha ulteriormente evidenziato che mentre la classe V presuppone l’assenza di edificazioni abitative o residenziali, viceversa la classe IV si addice alle “aree ad intensa attività umana”, quindi con alta densità di popolazione: sicché, essendo l’area in questione priva di destinazioni residenziali (in linea con quanto previsto dagli artt. 18 e 19 delle N.T.A.), non potrebbe che predicarsene l’inserimento in classe V.
5.1 Anche quest’ultima argomentazione pare affetta da una premessa controvertibile, attraverso la quale si assume che nelle aree ricadenti in classe IV debbano necessariamente coesistere tutte o almeno una pluralità delle caratteristiche enunciate nella classificazione tabellare. Secondo tale impostazione, dunque, per rientrare in detta classe IV alla presenza di attività piccolo-industriali o artigianali dovrebbe necessariamente associarsi una presenza di destinazioni residenziali; e, viceversa, l’assenza di un contestuale uso residenziale, renderebbe vincolato l’inquadramento dell’area in classe V.
5.2 La tesi, come detto, si espone a rilievi.
Innanzitutto, la piana lettura delle varianti riportate nella classe IV (di cui alla tabella A del D.P.C.M. 14/11/1997) lascia intendere che le stesse rimandano ad un’ampia e variegata congerie di parametri e di caratteristiche tipologiche, difficilmente configurabili contestualmente in un unico prospetto ambientale. Da un lato, infatti, il D.P.C.M. non contiene elementi testuali indicativi della necessaria coesistenza di tutte o di alcune di tali caratteristiche. Dall’altro, è poco plausibile anche sul piano logico che il legislatore abbia voluto condizionare la zonizzazione in classe IV alla sussistenza cumulativa di tutte le note descrittive riportate nella voce della tabella A qui in esame.
5.3 Che la norma non ne richieda l’indispensabile compresenza è circostanza che trova conferma nella stessa formulazione delle linee-guida regionali, secondo le quali nella Classe IV (Aree di intensa attività umana) "rientrano le aree urbane caratterizzate da alta densità di popolazione e da elevata presenza di attività commerciali e uffici, o da presenza di attività artigianali, o piccole industrie”.
5.4 E’ ragionevole ritenere, pertanto, che i parametri riportati nella definizione della classe IV sono suscettibili di combinazioni di diverso tipo e che dette variabili aggregazioni, per rientrare nella comune classe acustica, devono essere stimate sul piano quantitativo come dotate di un impatto tendenzialmente equivalente, proporzionato alla comune definizione di "aree ad intensa attività umana".
Ciò che determina l’inserimento in classe IV è quindi la ponderata valutazione quantitativa dei diversi parametri descrittivi considerati come particolarmente significativi a fini classificatori.
5.5 Dunque ciò che qualifica la classe acustica è l’entità dell’apporto sonoro attribuibile alle attività insediate nell’area: la destinazione residenziale, nella tabella riportata in allegato al DPCM, è uno degli usi contemplati in alcune delle classi acustiche (ed esso tendenzialmente viene associato a classificazioni di minore impatto sonoro). Non per questo, tuttavia, l’assenza dell’uso residenziale giustifica in quanto tale l’inserimento del sito in classi acustiche più elevate, non proporzionate alla natura dell’area e alla destinazione d’uso oggetto di ricognizione.
5.6 Per quanto esposto, la natura artigianale o piccolo industriale dell’attività svolta dalla ricorrente, pure in assenza di un contestuale uso residenziale dell’area, non pare incompatibile con l’inquadramento acustico in classe IV, né questo risulta a sua volta in conflitto con la destinazione urbanistica dell’area (PE2).
5.7 Tanto basta a ritenere infondato il primo motivo di ricorso.
6. Anche il secondo motivo di ricorso –riferito al mappale 151, contiguo al sito produttivo – non può trovare accoglimento.
Per contrastare la scelta adottata dall’amministrazione di inserire detta area in parte in classe II e in parte in classe III, in modo da creare una fascia cuscinetto rispetto ai fondi contigui, la ricorrente pone in evidenza la destinazione d'uso artigianale/commerciale dei fabbricati ivi presenti, come desumibile dagli originari titoli edilizi (ai sensi della L.R. 19/999); aggiunge che tale destinazione è prevalente rispetto a quella prevista nel P.R.G. (R.C.4 "residenziale compromessa e di completamento"), in quanto quest’ultima non è rispondente all’utilizzo attuale ma solo "potenziale e futuro" dell’area. La parcellizzazione e frammentazione del mappale 151 risulterebbe dunque illogica, in quanto contraddetta da un’opposta e motivata esigenza di omogeneizzazione del mappale 151 con il sito produttivo contiguo assegnato alla classe IV.
6.1 Le deduzioni in esame non paiono condivisibili, per le seguenti ragioni.
- Innanzitutto, la destinazione d’uso artigianale-commerciale rivendicata dalla ricorrente come propria dei capannoni presenti sul mappale 151 (cfr. pag. 11 ricorso introduttivo), non contrasta in quanto tale con la destinazione d’uso urbanistica ad oggi vigente sull’area (R.C. 4), atteso che quest’ultima consente, sia pure entro certi limiti, anche l'insediamento di attività commerciali e artigianali. Ed infatti, ai sensi dell'art. 11 N.D.A. nelle aree residenziali compromesse e di completamento "sono ammessi usi sussidiari ed attività compatibili con la destinazione abitativa di cui al precedente Art. 9". Ai sensi dell'art. 9 N.D.A. "sono ammessi usi sussidiari ed attività compatibili con la destinazione abitativa quali: uffici, negozi, bar, ristoranti, alberghi, magazzini, depositi a servizio di attività commerciali o artigianali esistenti, attività professionali ed artigianali di servizio (non nocive e non moleste)”.
- Resta fermo, peraltro, che le invocate disposizioni di cui alla legge regionale 19/1999 riguardano la destinazione d’uso dei fabbricati, e quindi non possono influire sulla destinazione d’uso fondiaria.
- Questa è rimessa alla pianificazione urbanistica, e sul punto è di rilievo quanto statuito da questo Tribunale, con la pronuncia 3265/2005, passata in giudicato, ove si legge, con specifico riferimento al mappale 151, che “essendo venuto meno già da tempo l'utilizzo industriale e commerciale dell'area (non artigianale) nel momento in cui questa è stata acquistata dalla ricorrente, essa non avrebbe potuto essere utilizzata per altri scopi al di fuori di quelli indicati dagli articoli 9 e 11 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale Comunale".
- In sostanza, con pronuncia vincolante si è accertato che la società Garelli non può vantare quella continuità temporale nell’utilizzo a fini industriali del mappale 151 che, sola, avrebbe consentito la conservazione degli usi preesistenti, nel frattempo divenuti incompatibili con la destinazione impressa all’area dal nuovo piano urbanistico.
- Per quanto esposto, la destinazione d’uso evincibile dalle vecchie licenze edilizie deve soggiacere alle prescrizioni vincolanti del PRG e, indirettamente, perde rilevanza ai fini della classificazione acustica.
- Non sussistendo la possibilità di un utilizzo del fondo 151 a servizio dei fondi contigui 275 e 278 (e dell’attività produttiva ivi condotta), viene meno anche l’asserita omogeneità d’uso che, a detta della ricorrente, suggerirebbe un’unica classificazione acustica dell’intero compendio fondiario.
- Per le ragioni esposte, vanno respinti tutti i profili di doglianza articolati nel secondo motivo di censura.
7. Il ricorso nella sua integralità non può quindi trovare accoglimento.
8. La peculiarità e complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Silvana Bini, Presidente FF
Ofelia Fratamico, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/84-giurisprudenza-amministrativa-tar84/11882-rumore-classificazione-acustica.html
Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-10-2016, n. 20198
La Cassazione ha precisato ancora una volta la differenza tra reato ed illecito amministrativo in materia di inquinamento acustico.
Il superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall'esercizio di professioni o mestieri rumorosi andrebbe ricondotto, in virtù del principio di specialità di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 9, all'illecito amministrativo di cui alla L. 26 ottobre 1995, n. 447, art. 10, comma 2, qualora - come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità - l'inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle norme vigenti in materia, là dove la rilevanza penale della condotta di cui al citato art. 659 c.p., comma 2, sarebbe circoscritta ad altre cause di inquinamento prodotte dall'esercente attività rumorosa.
Rumore.Rilevanza penale della condotta produttiva dì rumori
Cass. Sez. III n. 40689 del 29 settembre 2016 (Cc 1 lug. 2016)
La rilevanza penale della condotta produttiva dì rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare; sicché, proprio per tale ragione, non possono assumere rilievo le lamentele di una o più persone definite in particolare non potendo ravvisarsi il reato laddove il disturbo sia limitato ad appartamento sovrastante in ambito condominiale
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/156-cassazione-penale156/12452-rumore-rilevanza-penale-della-condotta-produttiva-d%C3%AC-rumori.html
DISTURBO QUIETE PUBBLICA - non applicabile "particolare tenuità del fatto"
Cassazione Sez. TERZA PENALE, Sentenza n.42063 del 06/10/2016, udienza del 30/06/2016, Presidente RAMACCI LUCA Relatore RENOLDI CARLO
Le considerazioni che precedono impongono, altresì, di rigettare la
richiesta di riconoscimento della speciale causa di non punibilità prevista dall'art.
131-bis del codice penale.
Se per un verso, infatti, deve ribadirsi l'orientamento di questa Corte,
richiamato dallo stesso ricorrente nella memoria del 10/06/2016, secondo cui la
causa di non punibilità in questione può essere riconosciuta anche dal giudice di
legittimità (v., ex plurimis, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv.
266593, secondo cui la natura sostanziale dell'istituto lo rende applicabile, per i
fatti commessi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28,
anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione), per altro verso
è pacifico che tale apprezzamento possa essere legittimamente realizzato
soltanto quando esso non si ponga in radicale ed invincibile contrasto con il
complesso delle valutazioni compiute da parte del giudice di merito (così Sez. 6,
n. 44683 del 15/09/2015, T., Rv. 265114; Sez. 5, n. 48020 del 7/10/2015, V.,
Rv. 265467), il quale abbia ritenuto di attribuire ai fatti in contestazione la
valenza di una significativa gravità sotto il profilo della intensità del dolo e della
gravità dell'offesa (cfr. Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266593,
secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessiva e
congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai
sensi dell'art. 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado
di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo).
SENTENZA INTEGRALE: http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20161007/snpen@s30@a2016@n42063@tS.clean.pdf
E' un esame preliminare, potrebbero passare delle settimane prima del testo definitivo
[b]Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 141 - 24 Novembre 2016[/b]
Il Consiglio dei ministri si è riunito oggi, giovedì 24 novembre 2016, alle ore 15.25 a Palazzo Chigi
[color=red][b]INQUINAMENTO ACUSTICO[/b][/color]
Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti, ha approvato, in esame preliminare, due decreti legislativi in materia di inquinamento acustico. In attuazione della delega di cui all’articolo 19 della legge 30 ottobre 2014, n. 161 (legge europea 2013-bis) viene armonizzata la normativa nazionale e sono riordinati i provvedimenti vigenti in materia di tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo, verso la semplificazione delle procedure e una maggiore aderenza al dettato europeo.
Il primo decreto legislativo armonizza la normativa nazionale in materia di inquinamento acustico, ai sensi dell'articolo 19 comma 2, lettere a), b), c), d), e), f) e h) della legge 30 ottobre 2014, n. 161 e si pone in particolare l’obiettivo di ridurre le procedure di infrazione comunitaria aperte nei confronti dell’Italia in materia di rumore ambientale, nonché quello di risolvere in modo definitivo alcune criticità normative, soprattutto in materia di applicazione dei valori limite e di azioni mirate alle autorizzazioni all’esercizio di sorgenti sonore, quali le infrastrutture dei trasporti e le attività produttive, oltre che la mitigazione dell’inquinamento acustico e la salvaguardia delle popolazioni e degli ecosistemi. Si intende inoltre regolamentare attività particolarmente sensibili al rumore ambientale e fino ad oggi escluse dalle normative quali gli impianti eolici, le aviosuperfici, le elisuperfici, le idrosuperfici, le attività e discipline sportive e le attività di autodromi e piste motoristiche.
Il secondo decreto reca disposizioni per far aderire la normativa italiana con la direttiva 2000/14/CE e con il regolamento (CE) n.756/2008, a norma dell'articolo 19, comma 2, lettere I), L) e M) della legge 30 ottobre 2014, n.161. Nello specifico ha l’obiettivo di ricondurre a norma l’insieme delle macchine rumorose operanti all’aperto, importate da Paesi extracomunitari e poste in commercio nella distribuzione di dettaglio per le quali mancava la certificazione e la marcatura CE. Si affida la responsabilità in materia agli importatori presenti sul territorio comunitario, colmando così un vuoto normativo e garantendo maggiore sicurezza all’utenza. Il provvedimento mira anche a raggiungere obiettivi di semplificazione sia nei procedimenti di autorizzazione degli Organismi di certificazione, sia per i rinnovi in concomitanza con gli accreditamenti o il loro rinnovo da parte di ACCREDIA. Viene inoltre rafforzata la disciplina sanzionatoria prevista, conferendo ad ISPRA maggiori poteri di accertamento e verifica.
Rumore.Vigenza dei valori limite differenziali anche in assenza di zonizzazione http://buff.ly/2mLJbJr
riferimento id:25106INQUINAMENTO ACUSTICO - nuove norme in vigore dal 19 aprile 2017
DECRETO LEGISLATIVO 17 febbraio 2017, n. 41
Disposizioni per l'armonizzazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico con la direttiva 2000/14/CE e con il regolamento (CE) n. 765/2008, a norma dell'articolo 19, comma 2, lettere i), l) e m) della legge 30 ottobre 2014, n. 161.
(GU n.79 del 4-4-2017)
Vigente al: 19-4-2017
DECRETO LEGISLATIVO 17 febbraio 2017, n. 42
Disposizioni in materia di armonizzazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico, a norma dell'articolo 19, comma 2, lettere a), b), c), d), e), f) e h) della legge 30 ottobre 2014, n. 161.
(GU n.79 del 4-4-2017)
Vigente al: 19-4-2017
http://buff.ly/2o1AUnM
[color=red]TAR Calabria (CZ) Sez. I n. 382 del 7 marzo 2017[/color]
Rumore.Ordinanza comunale di cessazione delle emissioni sonore e competenza
Spetta al sindaco e non ai dirigenti comunali, la competenza ad adottare ordinanze per il contenimento o l’abbattimento delle emissioni sonore, compresa l’inibotoria totale o parziale di determinate attività trattandosi di potere analogo a quello attribuito allo stesso sindaco dagli artt. 50 e 54 Tuel
http://www.lexambiente.com/materie/rumore/84-giurisprudenza-amministrativa-tar84/12880-rumore-ordinanza-comunale-di-cessazione-delle-emissioni-sonore-e-competenza.html
Cass. Sez. III n. 28670 del 9 giugno 2017 (Ud 18 gen 2017)
Rumore.Schiamazzi
Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. può essere sufficiente anche un'unica condotta rumorosa o di schiamazzo recante, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, trattandosi di reato solo eventualmente permanente
http://buff.ly/2tgqgwi
Rumore e disturbo dal bar - CASSAZIONE 18 luglio 2017, n. 35175
https://buff.ly/2goP4u3
Ristorante rumoroso: OK a riduzione orario ma con contraddittorio
TAR LOMBARDIA – BRESCIA, SEZ. II – sentenza 9 aprile 2018 n. 407
https://buff.ly/2HBhxtE
Il codice penale tutela il riposo delle persone dalle emissioni musicali moleste
Cass. Pen., Sez. III, 2 maggio 2018, n. 18522
https://buff.ly/2sssuaN