Intanto, complementi per il prodotto e per come è stato organizzato.
In merito, ho già letto qualcosa qui e su altri simili portali. ma, ad oggi, nessuno mi ha fornito un riferimento concreto a prassi/giurisprudenza cui possa fare riferimento. O meglio, nelle varie risposte fornite, si parla sempre di un esercizio di vicinato che, potendo usufruire di una superficie non diversamente utilizzata, la utilizza, impropriamente, come supeficie espositiva e non come ampliamento di superficie di vendita.
In questo caso, invece, si parla di un locale (destinazione urbanistica, espositivo) che è stato utilizzato fin dalla sua apertura, come locale espositivo. La merce ivi esposta è parzialmente prezzata e chiunque vi può accedere, senza alcuna limitazione. Al suo interno non vi sono registratori di cassa, ne è stato accertato alcun acquisto delle merci. Alcune merci sono prezzate, altre no. Nello stesso comune, ma a circa due chilometri dal suddetto locale espositivo (che è ubicato nel centro cittadino), è presente un'unità locale, adibita a negozio, dove le predette merci vengono regolarmente vendute.
E' stata sollevata la questione inerente il locale espositivo e cioè che lo stesso, possa essere considerato un negozio. Questo, sia in ragione del fatto che il potenziale cliente vi può accedere (in questo caso, si ritiene che il locale sarebbe espositivo, solo se le merci fossero esposte, esclusivamente, nelle vetrine esterne, non accessibili al pubblico), sia in ragione del fatto che alcune delle merci ivi esposte sono prezzate.
Io sono dell'avviso contrario, giacché, a mio modo di vedere, chi usa il locale lo fa in conformità della sua destinazione urbanistica e con l'evidente scopo di pubblicizzare l'attività commerciale che, però, è esercitata in ben altro locale, fisicamente separato dal primo; non da meno, perché non è stata accertata, in concreto, alcuna attività di vendita.
Utili sicuramente i pareri, ma, se fosse possibile, gradirei poter condividere prassi/giurisprudenza che tratta, in modo specifico, questo argomento e non dover giudicare per analogia.
Ringrazio e saluto cordialmente.
Il caso prospettato rappresenta sicuramente un qualcosa di difficile definizione. E’ impossibile tracciare dei confini certi fra un’attività meramente espositiva e un’attività espositiva con annessa vendita. Ogni situazione va vista nel concreto e molto spesso, casi analoghi potrebbero trovare esiti diversi a livello giudiziale.
Fatta questa precisazione puoi vedere la sentenza del TAR Toscana n. 635/2002 che ha ritenuto
superficie di vendita quella di un cortile accessibile e attiguo ad concessionario dove risultavano collocate le vetture e dove era stata riscontrata la presenza di un addetto. Addirittura il concessionario aveva avuto cura di non esporre i prezzi sulle auto ma tale circostanza è stata ritenuta ininfluente dal giudice dato che l’avventore e l’addetto potevano ben iniziare l’attività di compravendita alla presenza del prodotto (vedi anche TAR Venezia 3825/2004 e Abruzzo 387/2008)
Dello stesso tenore una vecchia cassazione penale n. 1253/1973 per la quale si intende mera superficie espositiva quella posta in lovali CHIUSI al pubblico, senza la presenza di personale.
Quindi, al di là di ulteriori approfondimenti, dato che si tratta di un locale aperto al pubblico e dato che sicuramente ci sarà del personale che può interloquire è molto probabile (diciamo molto più probabile del contrario) che effettivamente quella superficie espositiva abbia il carattere della superficie di vendita con tutto ciò che ne consegue.
Posso aggiungere che il Regolamento al TULPS, RD 635/1940 dispone all’art. 208 che [i]deve munirsi della licenza, di cui all'articolo 115 della Legge, chiunque, sia pure viaggiatore di commercio, faccia, in qualsiasi luogo, temporanea esposizione di merci anche a scopo di pubblicità o di commissioni, senza procedere a vendita delle cose esposte.[/i]
In sintesi, presentare una comunicazione per agenzia di affari potrebbe rappresentare una un punto a favore nel giudicare la superficie come mera esposizione. da notare, però, che questa disposizione si rifà ad un’attività temporanea.
Intanto, ringrazio per la celerità nella interessante risposta.
Peraltro, anche le due sentenze del giudice amministrativo, si riferiscono, come altre che ho già letto, a locali (originariamente) commerciali che ampliano la superficie di vendita, utilizzando fondi contigui definiti, elusivamente, locali espositivi.
Nel mio caso, come già detto, i locali sono nati come espositivi e come tali sono utilizzati... fino a prova contraria.
Peraltro, sono esposte, permanentemente, merci commercializzate dallo stesso soggetto che le espone, ancorché in altro locale: quindi, faccio fatica a pensare che possa trattarsi di un'agenzia di affari che, penso, presupponga, un'attività di procacciatore d'affari, di intermediazione di beni non appartenenti a chi li espone.
Dovendo decidere se applicare la sanzione prevista dal codice del commercio o considerare l'attività, sostanzialmente libera, beh, opterei per la seconda delle due, anche se i sospetti restano ma, per l'appunto, sono sospetti.
Come già detto, è difficile dare una risposta precisa.
Mettendomi nei panni di un giudice potrei osservare che esistono gli elementi tipici della vendita al dettaglio:
- esposizione della merce non limitata alla visione attraverso una vetrina;
- luogo appositamente dedicato all'esposizione in cui l'avventore è libero di entrare, muoversi e valutare con mano la merce;
- esposione dei prezzi ancorché parziale;
- finalità esplicita della vendita. Credo che sia presente personale che fornisce tutte le info sul prodotto e gli elementi utili al perfezionamento della vendita che, nel caso, sarebbe differita ma sempre di vendita si tratterebbe.
Dall'altra parte potrei osservare che mancano i registratori di cassa e che nel luogo in questione nessun cliente può asportare la merce e corrispondere un prezzo.
Certo è che la cosa è molto dubbia, io personalmente sono più propenso nel cosiderare quella superficie come superficie di vendita, resterebbe da valutare bene che cosa avviene concretamente nel locale espositivo e il ruolo del personale impiegato. Si pensi alla modalità di vendita del MercatoUno o Ikea: la superficie è, per la maggior parte, solo espositiva, una volta scelto il prodotto mi devo recare in altro reparto (a volte anche in altro fabbricato ben staccato dal primo) per il ritiro della merce. Non per questo la superficie di espositiva non è considerata di vendita, semmai è la superficie del deposito che è considerata superficie magazzino.
Allego il parere del Ministero dello Sviluppo Economico che mi pare il linea con quanto avevo già espresso.
Credo che la filosofia di fondo è che la pubblica amministrazione debba abdicare alla sua vecchia "vocazione" autoritativa e concretizzare una vera e propria funzione di controllo, a tutela del pubblico interesse.
bene!
Sono d'accordo sulla tua assorvazione, che poi è la filosofia che sottende il diffondersi della SCIA