Buonasera. Il nostro problema è il seguente: un condomino é proprietario di numerosi appartamenti e uno di questi, ad uso ufficio ma che non riesce a locare, viene affittato due o tre volte a settimana per feste private, pubblicizzate sia all'esterno che all'interno del condominio.
Il nostro regolamento condominiale, alla voce DIVIETI SULLE PARTI COMUNI, sancisce che gli immobili del condominio non possono essere destinati dal proprietario ad usi diversi da quelli di abitazione o studio/ufficio e che il loro uso non può arrecare disturbo agli altri condomini. Ebbene, le feste organizzate nell'appartamento in oggetto, che si tengono soprattutto nei pomeriggi di sabato e domenica, disturbano i residenti negli appartamenti vicini e quelli del piano superiore e, spesso, si svolgono giochi nei corridoi e ne vano scale.
Il nostro amministratore, sollecitato ad intervenire, ha risposto che L'USO DELL'UFFICIO COME SALA FESTE E' LEGITTIMO PERCHE' IL PROPRIETARIO NON RIESCE AD AFFITTARLO E DEVE RIENTRARE IN QUALCHE MODO DALLA SPESE. TRA L'ALTRO, LUI STESSO UTILIZZA L'IMMOBILE PER SUE LE RIUNIONI CONDOMINIALI.
Premesso che il condomino in questione é proprietario di 541/1000, cosa posiamo fare per interrompere questa attività?
Grazie
Salve,
esistono due diverse strategie:
1) ESPOSTO AL COMUNE per lo svolgimento di attività di pubblico spettacolo senza licenza (un conto sono le feste private, altro quelle aperte al pubblico) + esposto per superamento dei limiti acustici
2) causa civile (provvedimento d'urgenza) per superamento della normale tollerabilità dei rumori + uso delle parti comuni in violazione.
La questione ha rilievo privato ma forse anche condominiale (per l'uso degli spazi a comune ed il cambio d'uso) e quindi può giustificare l'affidamento di un incarico ad un avvocato a spese del condominio a cura dell'amministratore. Se questi non provvede il singolo condomino potrà agire (suggerisco sempre assistito da un avvocato prima di prendere ogni decisione).
Cassazione: FESTE PRIVATE senza autorizzazione o comunicazione
Corte di Cassazione, I pen., sentenza n. 36228 del 21 luglio 2017
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