[b]FARMACIE - D.L. 1/2012 - inammissibilità della q.l.c. (C.Cost. 27/2/15)[/b]
CORTE COSTITUZIONALE – ordinanza 27 febbraio 2015 n. 24
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[b]DISEGNO DI LEGGE CONCORRENZA 2015[/b]
[b]Articolo 33. (Misure per incrementare la concorrenza nella distribuzione farmaceutica)[/b]
1. All’articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Sono titolari dell’esercizio della
farmacia privata le persone fisiche, in conformità alle disposizioni vigenti, le
società di persone, le società di capitali e le società cooperative a responsabilità
limitata.»;
b) al comma 2, il secondo periodo è soppresso;
c) al comma 3 le parole «ad uno dei soci» sono sostituite dalle seguenti «a un
farmacista in possesso del requisito dell'idoneità previsto dall'articolo 12 della
legge 2 aprile 1968, n. 475 e successive modificazioni»;
d) il comma 4-bis è abrogato
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[b]CORTE COSTITUZIONALE – ordinanza 27 febbraio 2015 n. 24[/b]
Nell’ambito di un ricorso promosso davanti al TAR dal titolare di una farmacia per ottenere l’annullamento della deliberazione della Giunta comunale di Treviso riguardante l’individuazione di nuove sedi farmaceutiche disponibili sul territorio comunale, lo stesso tribunale amministrativo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, secondo periodo, della legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico), nel testo introdotto dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 11 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività) e dell’art. 11, comma 2, del medesimo decreto-legge n. 1 del 2012, per violazione degli artt. 41, 97 e 118, primo comma, della Costituzione.
Le disposizione impugnate presso la Corte Costituzionale sono quelle introdotte dal governo Monti in ambito di sblocco (per quanto minimo) dei contingenti numerici afferenti alle sedi farmaceutiche.
In particolare, vengono vagliate le seguenti disposizioni:
[b]Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate.
Ciascun comune, sulla base dei dati ISTAT sulla popolazione residente al 31 dicembre 2010 e dei parametri di cui al comma 1, individua le nuove sedi farmaceutiche disponibili nel proprio territorio e invia i dati alla regione entro e non oltre trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.[/b]
Le disposizioni riportate sono censurate nella parte in cui (avendo abrogato le disposizioni che prevedevano la formazione e la revisione periodica delle piante organiche comunali delle farmacie ad opera di un’autorità sovracomunale), hanno attribuito ai Comuni la identificazione delle zone nelle quali collocare le nuove farmacie, con un potere regolatorio caratterizzato (nella tesi del remittente) da un ampio margine di discrezionalità, che non può ritenersi delimitato adeguatamente dai parametri numerici e dagli scopi di equa distribuzione sul territorio e di garanzia di accessibilità del servizio. In particolare viene evidenziato il contrasto con:
a) l’art. 97 della Costituzione, in quanto la titolarità delle farmacie può essere stata assunta dal Comune, la qual cosa può «indurre il comune stesso a disegnare la zonizzazione comunale delle farmacie in modo tale da favorire le farmacie comunali, assicurando alle stesse un bacino d’utenza maggiore rispetto alle farmacie non comunali», così determinandosi un vero e proprio conflitto d’interessi, là dove il minore o maggiore fatturato della farmacia determina un minore o maggiore beneficio economico a favore del Comune medesimo;
b) l’art. 118, primo comma, Cost., poiché la possibilità che il Comune gestisca farmacie all’atto dell’esercizio del potere regolatorio evidenzia che il livello comunale non è il livello di competenza adeguato all’esercizio del potere di zonizzazione delle farmacie, potendo il Comune stesso trovarsi in una situazione di possibile conflitto d’interessi, la cui presenza impone lo spostamento della competenza al livello superiore» in applicazione del principio di sussidiarietà;
c) l’art. 41 Cost., in quanto «l’attribuzione al comune del potere regolatorio in materia di farmacie lede la libertà d’iniziativa economica, perché il comune quale possibile soggetto che esercita l’attività economica farmaceutica non è posto sullo stesso piano della farmacia privata, ma gli viene attribuito il privilegio, attraverso l’esercizio del potere regolatorio, di assegnare a sé medesimo dei benefici a scapito della farmacia privata»;
La Corte Costituzionale, pur riconoscendo un improprio modo da parte del TAR Veneto di attivare il giudizio di costituzionalità in via incidentale, dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate.
In attesa del nuove decreto concorrenza del governo Renzi che forse potrebbe modificare alcune disposizioni della legge n. 475/1968, per adesso [b]la Corte Costituzionale non ha ritenuto ammissibile il giudizio di costituzionalità dei nuovi principi in materia di zonizzazione delle sedi farmaceutiche[/b].
[b]Zonizzazione comunale e pianta organica[/b]
Con il DL 1/2012, il governo Monti modifica e amplia la disciplina riguardante la pianta organica delle farmacie di cui alla legge n. 475/1968. La finalità è quella di potenziare il servizio farmaceutico sul territorio allargando le condizioni del criterio demografico fino a prevedere una farmacia ogni 3.300 abitanti, con possibilità di apertura di un’ulteriore farmacia nel caso di popolazione eccedente, superiore al 50 per cento del predetto parametro. A questo è stato aggiunto l’ulteriore criterio dell’art. 1-bis della stessa legge n. 475/68 per il quale ed entro il limite del 5 per cento delle sedi, comprese le nuove, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'azienda sanitaria locale competente per territorio, possono istituire una farmacia:
a) nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale, nelle stazioni marittime e nelle aree di servizio autostradali ad alta intensità di traffico, dotate di servizi alberghieri o di ristorazione, purché non sia già aperta una farmacia a una distanza inferiore a 400 metri;
b) nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superficie di vendita superiore a 10.000 metri quadrati, purché non sia già aperta una farmacia a una distanza inferiore a 1.500 metri.
Se nel vecchio assetto giuridico la funzione del comune nel prevedere al pianta organica era meramente consultiva, dato che il provvedimento di approvazione dell’organizzazione territoriale delle farmacie era di competenza delle Regioni, adesso l’Amministrazione comunale ha il potere esclusivo di individuare le ubicazioni delle sedi, spettando alla Regione la sola predisposizione del bando e la gestione della relativa procedura.
All’indomani della novella di cui la DL n. 1/2012 il Ministero della Salute, con parere del 21/03/2012 reso alla regione Toscana, ha chiarito che la modifica di cui all’art. 2 della legge n. 475/68 [i]è, inequivocabilmente, diretta ad eliminare la pianta organica delle farmacie e le procedure alla stessa correlate”, aggiungendo che la localizzazione è svincolata dalla necessità di definire esattamente un territorio di astratta pertinenza di ciascun nuovo esercizio e non incontra limiti nella perimetrazione delle sedi già aperte, dovendo soltanto assicurare un’equa distribuzione sul territorio degli esercizi e tener conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate. Conseguentemente viene affermato che l’individuazione delle “zone” può dunque avvenire anche in forma assai semplificata (ad esempio, indicando una determinata via e le strade adiacenti). E’, infine, da ritenere che l’apertura di una nuova farmacia ancora debba rispettare la distanza minima di 200 metri dalle farmacie aperte[/i].
Successivamente, il Consiglio di Stato (si veda sentenze n. 2019/2013, n. 4389/2014 e altre) ha esplicitato meglio il messaggio che il Ministro dell Salute volle rilasciare nel 2012 con il parere citato.
Testualmente:
[...]
[i]Ad avviso del Collegio, le nuove disposizioni non cambiano realmente il quadro, per quanto qui interessa.
E’ vero, infatti, che sono state soppresse le disposizioni che prevedevano la formazione e la revisione periodica delle piante organiche comunali, a cura di un’autorità sovracomunale (da ultimo, la Regione o la Provincia, a seconda delle norme regionali).
Tuttavia rimane invariato l’impianto generale della disciplina, a partire dal “numero chiuso” delle farmacie, pur se i criteri per la determinazione di tale numero sono alquanto modificati. Peraltro, il “numero chiuso” implica logicamente che la distribuzione degli esercizi sul territorio sia pianificata autoritativamente. E in effetti, il nuovo testo dell’art. 2 della legge n. 475/1968, come modificato dal d.l. n. 1/2012, dispone: «Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate».
Non si parla più di “sedi” ma di “zone”; ma questo mutamento non è rilevante, perché la giurisprudenza aveva già da tempo avvertito che quando la normativa previgente usava il termine “sede” si doveva intendere “zona”, perché questo era il significato che si desumeva dal contesto. Peraltro usa il termine “zona” anche l'art. 1, comma settimo (originariamente comma quarto) della legge n. 475/1968, del seguente tenore: «Ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato (...) in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona». A sua volta il regolamento approvato con d.P.R. n. 1275/1971, art. 13, secondo comma, dispone: «Il locale indicato per il trasferimento della farmacia deve essere situato (...) in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona».
E’ vero che la nuova formulazione dell’art. 2 sembra riferirsi esplicitamente solo all’assegnazione delle “zone” alle farmacie di nuova istituzione, tacendo delle altre; ma stanti il contesto e la finalità dichiarata dalla legge, è ovvio che anche le farmacie preesistenti conservano il rapporto con le “sedi”, ossia “zone”, originariamente loro assegnate; e questo appunto dispone esplicitamente l’art. 13 del regolamento, che del resto esprime una implicazione naturale del sistema.
Ed è nella logica delle cose che questo potere-dovere di pianificazione territoriale non si eserciti una tantum ma possa (e se del caso debba) essere nuovamente esercitato per apportare gli opportuni aggiornamenti, e che ciò venga fatto nel quadro di una visione complessiva del territorio comunale.
In conclusione, benché la legge non preveda più, espressamente, un atto tipico denominato “pianta organica”, resta affidata alla competenza del Comune la formazione di uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori, ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome.[/i]
Il TAR Calabria, Catanzaro con sentenza n. 726/2013 (confermata dal CdS con la n. 1363/2014) ha riassunto bene l’attuale assetto normativo in materia:
[...]
[i]Nell’ambito della legge n. 475 del 1968, come modificata dall’art. 11 del d.l. n. 1 del 2012, convertito in legge n. 27 del 2012, il sistema delle autorizzazioni è stabilito in modo che sia obbligatoria l’istituzione di una farmacia ogni 3.300 abitanti, mentre è consentito aprire un nuovo esercizio farmaceutico ove la popolazione sia eccedente rispetto al parametro predetto nella misura del 50% + 1 (TAR Puglia, Lecce, n. 675 del 2013). Al fine di stabilire le modalità e i limiti dell’esercizio del potere discrezionale di scelta rispetto all’istituzione della sede cosiddetta “facoltativa”, l’art. 11, comma 1, lett. a), del d.l. n. 1 del 2012, nella parte in cui stabilisce che la popolazione eccedente “consente” l’apertura di una ulteriore farmacia qualora sia superiore al 50 % del parametro fissato, va interpretato conformemente agli obiettivi che la norma persegue. L’art. 11 del d.l. n. 1 del 2012 è rubricato, infatti, “potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, accesso alla titolarità delle farmacie, modifica alla disciplina della somministrazione dei farmaci e altre disposizioni in materia sanitaria”. Il primo comma della suddetta disposizione normativa, poi, nell’indicare le finalità che il legislatore intende perseguire attraverso la novella normativa, fa riferimento all’esigenza di favorire l'accesso alla titolarità delle farmacie da parte di un più ampio numero di aspiranti e le procedure per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche, garantendo, al contempo, una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico. È evidente, pertanto, che il legislatore, nell’individuare il parametro numerico in presenza del quale è consentita l’apertura di un nuovo esercizio farmaceutico, ha effettuato “a monte” una valutazione di opportunità e di adeguatezza rispetto all’obiettivo di realizzare il potenziamento della rete farmaceutica e l’accesso alla titolarità delle farmacie, cosicché, in base al mero dato della popolazione residente, già si giustifica la scelta amministrativa di istituire un’ulteriore sede farmaceutica nell’ambito comunale considerato, senza che sia necessario motivare sulle ulteriori ragioni che hanno indotto in tal senso. Al contrario, qualora la decisione amministrativa fosse nel senso di non istituire l’ulteriore farmacia pur in presenza di una popolazione eccedente di oltre il 50% rispetto al parametro fissato – possibilità che il legislatore ha comunque previsto, rimettendo la relativa valutazione all’amministrazione comunale – è tale scelta che necessita di una più dettagliata motivazione sulle ragioni di pubblico interesse ritenute prevalenti rispetto all’interesse generale, perseguito a livello normativo, di realizzare il potenziamento del servizio farmaceutico (TAR Puglia, Lecce, n. 675 del 2013; TAR Lombardia, Brescia, n. 438 del 2013)[/i].
[...]
[i]Il legislatore ha rimesso alla valutazione discrezionale dell’amministrazione comunale l’individuazione della zona nella quale collocare l’istituenda farmacia. A tal fine, il nuovo art. 2 della legge n. 475 del 1968, come modificato dall’art. 11 del d.l. n. 1 del 2012, stabilisce che “al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l'Azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”. La disposizione normativa, insomma, non individua dei criteri tassativi di localizzazione, ma fornisce delle indicazioni che l’amministrazione deve tenere in considerazione nell’identificazione delle zone in cui ubicare la nuova farmacia (Tar Puglia, Lecce, n. 675 del 2013). L’attuale sistema normativo, in particolare, nel rispetto del nuovo parametro relativo alla popolazione, prevede che la scelta dell’ubicazione debba obbedire unicamente ai vincoli nelle distanze stabiliti dalla legge e trarre ispirazione dall’obiettivo primario della maggiore fruibilità del servizio farmaceutico e della sua capillare articolazione sul territorio, purché le scelte in concreto siano immuni da illogicità o da palese irragionevolezza (TAR Lombardia, Brescia, n. 438 del 2013; TAR Puglia, Bari, n. 626 del 2013). Una volta deciso di istituire una nuova farmacia, la scelta con cui l’amministrazione individua la zona del territorio comunale in cui ubicarla è, anch’essa, frutto di evidente discrezionalità. Si richiede, pertanto, da parte dell’amministrazione comunale, un’adeguata istruttoria accompagnata da un’esaustiva motivazione, con la quale venga chiaramente rappresentata, eventualmente mediante lo studio del territorio e della sua urbanizzazione, l’opportunità di istituire la farmacia nella zona prescelta. Tuttavia, deve ritenersi che, alle scelte amministrative, non sia possibile opporre differenti opzioni, giacché – eccetto la valutazione dei pareri richiesti dall’art. 2 della legge n. 475 del 1968 – le prescrizioni normative non obbligano i comuni a motivare in comparazione con differenti alternative le scelte operate per l’istituzione delle nuove sedi farmaceutiche (TAR Lazio, Roma, n. 3828 del 2013). Non è indispensabile, inoltre, allocare le nuove sedi unicamente in zone disabitate o del tutto sprovviste di farmacie. Né può ritenersi che debba essere assolutamente evitata la sovrapposizione geografica e demografica con le zone di pertinenza delle farmacie già esistenti, essendo invece fisiologica e del tutto rispondente alla ratio della riforma l’eventualità che le nuove zone istituite dai comuni o dalle regioni incidano sul bacino d’utenza di una o più sedi preesistenti (TAR Puglia, Lecce, n. 676 del 2013; TAR Puglia, Bari, n. 626 del 2013; TAR Veneto, n. 1020 del 2012). Peraltro, trattandosi di valutazioni discrezionali riservate all’autorità amministrativa, al giudice non è consentito sostituire una sua valutazione a quella dell’amministrazione comunale, sia pur valutando tra diverse ipotesi alternative e congrue, essendo limite naturale del sindacato giurisdizionale di legittimità la verifica della sola scelta compiuta dall’amministrazione alla stregua delle prescrizioni di legge e delle regole di logica e di buon andamento, che non risultano nel caso di specie violate[/i].