Nel novembre 2014 ho ricevuto dalla Guardia di Finanza, che l'aveva inviato anche alla Agenzia delle Dogane e Monopoli di Stato e alla Questura, un verbale di contestazione e sequestro amministrativo effettuato in un bar dove era stata trovato un apparecchio da gioco non conforme. A seguito di ciò ho inviato una nota alla Agenzia delle Dogane e Monopoli di Stato chiedendo di farmi sapere se l'interessato avrebbe provveduto al pagamento in misura ridotta o se nei suoi confronti sarebbe stata emessa ordinanza ingiunzione, al fine di valutare l'applicabilità o meno della sanzione accessoria prevista dall'art. 110 TULPS, comma 10 in quanto l'art. 8 della L.R. 81/2000 prevede che il pagamento in misura ridotta determina l'estinzione delle eventuali sanzioni accessorie. Oggi mi risponde l'Agenzia delle Dogane e Monopoli di Stato comunicandomi che l'interessato ha effettuato il pagamento in misura ridotta oltre il termine dei 60 giorni e che quindi provvederà ad emettere ordinanza ingiunzione. A questo punto cosa devo fare? Devo farmi inviare copia dell'ordinanza ingiunzione e quindi emettere il provvedimento di sospensione dell'autorizzazione da uno a trenta giorni o devo aspettare i tempi dell'eventuale ricorso all'ordinanza-ingiunzione? Il provvedimento di sospensione è a firma del Sindaco o del Responsabile? Sulla base di quali criteri si può stabilire la durata della sospensione? Esiste un fac-simile del provvedimento? Grazie.
riferimento id:24661Quello che dici è tutto giusto. Si applica la sanzione accessoria a prescindere dall’oblazione solo quando è specificatamente indicato. Nel tuo caso si applica solo con l’ordinanza di ingiunzione.
E’ giusto che tu attenda copia dell’effettiva irrogazione della sanzione (ordinanza di ingiunzione) dopo di che, in un tempo ragionevole (non esiste un termine preciso, se non quello prescrittivo) devi ordinare la chiusura da 1 a 30 gg. Puoi aspettare i termini di impugnazione ma anche no.
Come dice il TAR Toscana: [i]posto che, secondo i principi generali, non vi è alcuna relazione fra l’esecutività del provvedimento amministrativo e il decorso del termine per impugnare[/i].
Anche se passasse molto tempo il privato non potrebbe ritenersi al riparo dalla sanzione accessoria. Leggiti il TAR Toscana n. 477/2011.
Nella determinazione dei giorni hai completa discrezionalità, unica regola è quella della congruità della pena accessoria con l’illecito commesso. Se non ci sono precedenti e l’infrazione è lieve puoi rimanere nell’ambito di 1/5 giorni.
Secondo il TAR Toscana (489/2009 e 471/2011) la competenza è del Sindaco:
[i]Osserva il collegio che il potere di sospensione dell'autorizzazione commerciale di cui all'art. 110, r.d. n. 773 del 1931 attenendo alla materia dell'ordine e della sicurezza pubblica spetta al Sindaco, nella sua qualità di ufficiale di governo, secondo la generale previsione dell'art. 54, d.lg. n. 267 del 2000 (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 16 febbraio 2006, n. 412; id., 23 gennaio 2008, n. 111
[/i]
Non mi trova molto d’accordo ma siamo in Toscana. Altri TAR ragionano in modo diverso.
Essendo un provvedimento vincolato puoi redigerlo in modo semplice indicando i presupposti giuridici. Nella determinazione dei giorni motiverai con ragionevolezza.
SANZIONE ACCESSORIA solo con quella principale - illegittima sospensione BAR
TAR PUGLIA – LECCE, SEZ. I – sentenza 23 ottobre 2015 n. 3038
L’art 14-ter della L.125/2001 prevede che:
1. Chiunque vende bevande alcoliche ha l’obbligo di chiedere all’acquirente, all’atto dell’acquisto, l’esibizione di un documento di identità, tranne che nei casi in cui la maggiore età dell’acquirente sia manifesta.
2. Salvo che il fatto non costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro a chiunque vende bevande alcoliche ai minori di anni diciotto. Se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro con la sospensione dell’attività per tre mesi.
In materia di sanzioni amministrative occorre fare riferimento alla L.689/1981, il cui art.18 stabilisce che:
“Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.
L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto.
Con l’ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l’ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca.
Il pagamento è effettuato all’ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall’art. 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell’ufficio che lo ha ricevuto, all’autorità che ha emesso l’ordinanza”.
Nella specie, il ricorrente ha presentato in data 11 aprile 2014 scritti difensivi ex art.18 L.689/1981, richiedendo l’archiviazione del procedimento inerente gli atti di accertamento nn 21701/2014 e 24188/2014 in ordine alla violazione di cui all’art.14 ter L.125/2001, posti a base dell’ordinanza impugnata.
Va da sé che ove dovessero essere accolte le osservazioni espresse dall’interessato, gli atti di accertamento citati verrebbero meno con conseguente caducazione dei presupposti sui quali si fonda l’ordinanza oggi impugnata.
Tale circostanza consente al Collegio di ritenere, condividendo sul punto le censure espresse dal ricorrente, che il Comune di Lecce del tutto illegittimamente abbia disposto la sospensione dell’attività gestita dal ricorrente prima ancora che gli atti di accertamento dell’infrazione rilevata acquisissero valore di definitività, non essendosi ancora esaurito l’iter procedimentale sotteso agli stessi.
Peraltro, come risulta dal tenore letterale dell’art.14 ter della L.125/2001, se la sospensione dell’attività si configura come sanzione accessoria e obbligatoria a quella principale in caso di più violazioni, purtuttavia la stessa non può essere irrogata in assenza di una sanzione principale disposta per violazioni definitivamente accertate, ipotesi nella fattispecie non verificatasi per le ragioni innanzi rilevate.
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