Data: 2015-02-12 06:47:05

DATI CATASTALI - non hanno immediata rilevanza edilizia

[b]I dati catastali non sono idonei ad evidenziare la reale consistenza degli immobili e la conformità urbanistico-edilizia[/b]

[color=red]L'accatastamento è un adempimento di tipo fiscale-tributario e non è fonte di prova certa sulla situazione di fatto esistente sul piano immobiliare.[/color]

I soliti conflitti tra condomini, in questo caso relativi a due canne fumarie, sono giunti fino al Consiglio di Stato.

In primo grado il Tribunale Amministrativo Regionale aveva accolto le argomentazioni del proprietario di un appartamento, situato al secondo piano di un palazzo sottoposto a vincolo storico-artistico circa l'erroneità dell’avvenuto rilascio del nulla-osta dalla Soprintendenza per la sostituzione di due canne fumarie al proprietario dei locali di una Pizzeria presente nello stesso condominio. Tali canne fumarie non sarebbero state mai assentite e precedenti sanatorie, infatti, avrebbero riguardato opere interne, con successive ripetute intimazioni a rimuovere condizionatori e scarico fumi, abusivamente installati.

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 9 febbraio 2015 ha accolto il ricorso proposto dal proprietario della Pizzeria evidenziando che deve ritenersi prioritaria ed assorbente la circostanza rappresentata a livello sia comunale che statale, circa la riferibilità della sanatoria anche alle canne fumarie in questione, poiché presenti negli elaborati grafici ed essenziali per l’attività di ristorazione, svolta nei locali oggetto dalla sanatoria stessa. Ad avviso del Collegio non è pertanto logico escludere che il timbro, attestante il “visto” della Soprintendenza, si riferisca all’intero intervento, funzionale all’esercizio dell’attività di ristorazione, tuttora svolta nei locali oggetto di sanatoria, mentre la successiva fase di regolarizzazione urbanistico-edilizia, considerata nella sentenza di primo grado, avrebbe riguardato interventi diversi, interni ai locali di cui trattasi, così come avrebbero riguardato interventi diversi le segnalate diffide della Soprintendenza.

Aggiunge il Consiglio di Stato che a norma dell’art. 31, comma 2, della legge 26 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), il condono poteva essere accordato solo per opere “ultimate” entro una certa data; il concetto di ultimazione, d’altra parte, per “opere interne agli edifici già esistenti e ….non destinate alla residenza”veniva dalla medesima norma espressamente riferito al completamento funzionale, per pacifica giurisprudenza ravvisabile in presenza di tutti gli elementi essenziali per la destinazione d’uso da assentire, così da consentire l’utilizzo dell’immobile per una destinazione d’uso, coerente con le opere realizzate.

Pertanto appare ragionevole che le canne fumarie in questione – per tipologia e dimensioni idonee a supportare l’attività di ristorazione – siano state considerate intrinseche al completamento funzionale delle opere, oggetto di condono edilizio.

In altri termini il condono edilizio – in nessun caso incidente sugli eventuali diritti soggettivi di terzi (da tutelare in sede civile) e comunque non contestato nei prescritti termini decadenziali, per quanto riservato alla cognizione del giudice amministrativo – non poteva non riferirsi ad un uso, compatibile con l’esercizio dell’attività commerciale di ristorazione, come comprovato proprio dall’installazione di canne fumarie, idonee a tale scopo.
A dette conclusioni, precisa il Consiglio di Stato, si oppone un solo condomino dello stabile interessato, che pone tuttavia a supporto delle proprie argomentazioni difensive circostanze non decisive, come quelle riferite ai dati catastali: questi ultimi, infatti, per consolidata giurisprudenza, non possono ritenersi fonte di prova certa sulla situazione di fatto esistente sul piano immobiliare, rappresentando l’accatastamento un adempimento di tipo fiscale-tributario, che fa stato ad altri fini, senza assurgere a strumento idoneo – al di là di un mero valore indiziario – per evidenziare la reale consistenza degli immobili interessati e la relativa conformità alla disciplina urbanistico-edilizia.

http://www.ilquotidianodellapa.it/_contents/news/2015/febbraio/1423561921069.html

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[b]Consiglio di Stato sent. 631/2015[/b]

N. 00631/2015REG.PROV.COLL.

N. 03089/2011 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3089 del 2011, proposto dal signor Carlo Muzi, Montecarlo Sas di C.Muzi & C., Piellemme Srl, rappresentati e difesi dall'avv. Cinzia Antonia Scalise, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, Via Galazia N.10;
contro
Vincenzo Roselli, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, Via Principessa Clotilde N.2;
nei confronti di
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per il Comune di Roma, Anna Volpetti; Comune di Roma, rappresentato e difeso dall'avv. Rodolfo Murra dell’Avvocatura comunale e presso il medesimo domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove, 21;
per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROM,: SEZIONE II quater, n. 09941/2010, resa tra le parti, concernente nulla osta per la sostituzione di due canne fumarie;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, del Comune di Roma e del signor Vincenzo Roselli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Scalise e Clarizia, nonché l’avvocato dello Stato Cristina Gerardis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sez. II quater, n. 994/10 del 6 maggio 2010 è stato accolto il ricorso presentato dal signor Vincenzo Roselli, avverso il nulla-osta rilasciato dalla Soprintendenza per la sostituzione di due canne fumarie, che non sarebbero mai state autorizzate. Nella citata sentenza – disattese eccezioni preliminari di tardività e inammissibilità del gravame – si accoglievano le argomentazioni del proprietario di un appartamento, situato al secondo piano di un palazzo sottoposto a vincolo storico-artistico, in vicolo dei Savelli n. 11, a Roma, circa l’avvenuto rilascio dell’autorizzazione sulla base di presupposti erronei, riguardanti la mera sostituzione con nuovi materiali di superfetazioni, mai assentite e da valutare in quanto tali, in rapporto al vincolo posto a tutela dell’immobile e non con riferimento a modifiche, relative all’aspetto esteriore degli impianti. Precedenti sanatorie, infatti, avrebbero riguardato opere interne, con successive ripetute intimazioni a rimuovere condizionatori e scarico fumi, abusivamente installati.
Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n.3089/11, notificato in data 22 marzo 2011), in cui il proprietario dei locali della Pizzeria “La Montecarlo” – la cui gestione non avrebbe potuto prescindere, fin dall’inizio dell’attività, dalla presenza dei manufatti di cui trattasi – eccepiva, in via preliminare, l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza di primo grado sulle tre questioni preliminari proposte (tardività del ricorso; inammissibilità per carenza di interesse del ricorrente e per censure indirizzate avverso il merito insindacabile delle scelte dell’Amministrazione procedente). Nel merito, venivano prospettate le seguenti argomentazioni difensive:
1) insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’eccesso di potere per falsità dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, falsa rappresentazione della realtà, tenuto conto del parere favorevole della Soprintendenza in data 1 dicembre 1986, in vista del condono edilizio richiesto ai sensi della legge n. 47 del 1985, con chiaro riferimento anche alle canne fumarie, presenti negli elaborati grafici, con successivo rilascio della sanatoria n. 9/S prot. 133282/86, in cui si richiamavano i rilievi fotografici e i predetti elaborati;
2) eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, in quanto le diffide – di cui si fa cenno nella sentenza appellata – avrebbero riguardato altre canne fumarie di proprietà condominiale.
Si sono costituiti in giudizio il dott. Vincenzo Roselli, il Comune di Roma ed il Ministero per i Beni e le attività Culturali, quest’ultimo anche con proposizione di appello incidentale.
Il dott. Roselli, in particolare, insisteva sul carattere abusivo dei manufatti in questione, che non sarebbero mai stati resi oggetto di sanatoria, mentre il Comune di Roma ribadiva la correttezza del proprio operato, in presenza di D.I.A. per opere di manutenzione straordinaria, implicante sostituzione delle precedenti canne fumarie, previo parere favorevole della Soprintendenza; il citato Ministero, a sua volta, sottolineava l’attenta valutazione dei progetti presentati, con riconoscimento di un pregresso parere favorevole (n. 19802 in data 1 dicembre 1986) al condono di locali, interessati da un esercizio di ristorazione, con specifica presenza negli elaborati grafici delle canne fumarie in questione, cui non poteva non riferirsi il timbro “Visto”, apposto dalla Soprintendenza. Le osservazioni, contenute nell’originario ricorso, sarebbero state dunque frutto di lettura parziale della cartografia e della legenda. Anche successive opere di straordinaria manutenzione, oggetto di autorizzazione n. 7128/1986, avrebbero avuto come supporto un progetto grafico, implicante la valutazione delle canne fumarie di cui trattasi. Veniva altresì confermato che alcune diffide – indirizzate a tutti i condomini di vicolo Savelli – riguardavano manufatti diversi da quelli in contestazione, con ulteriore precisazione, circa il rispetto delle distanze prescritte da parte delle opere in questione, che sarebbero risultate visibili solo “sporgendosi fuori dal prospetto di veduta”, senza alcuna occupazione di lastrico solare e senza che i prospetti di appoggio presentassero elementi architettonici di rilievo; la sostituzione dei manufatti in questione, peraltro, risultava approvata dai condomini dell’edificio con delibera assembleare. La sostituzione, in ogni caso, era stata ritenuta migliorativa dello stato dei luoghi, con valutazione discrezionale insindacabile nel merito.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che sia l’appello principale che quello incidentale siano meritevoli di accoglimento.
Non appaiono ravvisabili ragioni adeguate, infatti, per disattendere le argomentazioni delle Amministrazioni coinvolte, anche al di là delle pur consistenti eccezioni preliminari, che configurano sia tardività dell’impugnativa, proposta nel mese di dicembre 2007 (per un progetto già sottoposto ad approvazione condominiale, con successivi sopralluoghi del maggio 2007, ai quali aveva assistito il controinteressato signor Roselli e con avvenuta acquisizione, nell’ambito degli stessi, di “tutta la documentazione legittimante l’intervento”), sia carenza di interesse a ricorrere del medesimo soggetto controinteressato, per la scarsa incidenza dei manufatti di cui trattasi sulla proprietà del medesimo, oltre che per il carattere oggettivamente migliorativo dell’intervento (che comportava rimozione di materiali nocivi per la salute). Deve ritenersi prioritaria ed assorbente, in ogni caso, la circostanza rappresentata a livello sia comunale che statale, circa la riferibilità della sanatoria n. 9/S del 1987 anche alle canne fumarie in questione, poiché presenti negli elaborati grafici ed essenziali per l’attività di ristorazione, svolta nei locali oggetto dalla sanatoria stessa. Non è pertanto logico escludere che il timbro, attestante il “visto” della Soprintendenza, si riferisca all’intero intervento, funzionale all’esercizio dell’attività di ristorazione, tuttora svolta nei locali oggetto di sanatoria, mentre la successiva fase di regolarizzazione urbanistico-edilizia, considerata nella sentenza di primo grado, avrebbe riguardato interventi diversi, interni ai locali di cui trattasi, così come avrebbero riguardato interventi diversi le segnalate diffide della Soprintendenza.
E’ opportuno ricordare, in rapporto a quanto sopra, che a norma dell’art. 31, comma 2, della legge 26 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), il condono poteva essere accordato solo per opere “ultimate” entro una certa data; il concetto di ultimazione, d’altra parte, per “opere interne agli edifici già esistenti e ….non destinate alla residenza” veniva dalla medesima norma espressamente riferito al completamento funzionale, per pacifica giurisprudenza ravvisabile in presenza di tutti gli elementi essenziali per la destinazione d’uso da assentire, così da consentire l’utilizzo dell’immobile per una destinazione d’uso, coerente con le opere realizzate (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. IV, 9 maggio 2011, n. 2750; Cons. St., sez. V, 18 dicembre 2002, n. 7021, 8 maggio 2007, n. 2120 e 4 ottobre 2007, n. 5153). Appare ragionevole pertanto che le canne fumarie in questione – per tipologia e dimensioni idonee a supportare l’attività di ristorazione – siano state considerate intrinseche al completamento funzionale delle opere, oggetto di condono edilizio.
In altri termini il condono edilizio – in nessun caso incidente sugli eventuali diritti soggettivi di terzi (da tutelare in sede civile) e comunque non contestato nei prescritti termini decadenziali, per quanto riservato alla cognizione del giudice amministrativo – non poteva non riferirsi ad un uso, compatibile con l’esercizio dell’attività commerciale di ristorazione, come comprovato proprio dall’installazione di canne fumarie, idonee a tale scopo.
A dette conclusioni si oppone un solo condomino dello stabile interessato, che pone tuttavia a supporto delle proprie argomentazioni difensive circostanze non decisive, come quelle riferite ai [b]dati catastali[/b]: [color=red]questi ultimi, infatti, non possono ritenersi fonte di prova certa sulla situazione di fatto esistente sul piano immobiliare, rappresentando l’accatastamento un adempimento di tipo fiscale-tributario, che fa stato ad altri fini, senza assurgere a strumento idoneo – al di là di un mero valore indiziario – per evidenziare la reale consistenza degli immobili interessati e la relativa conformità alla disciplina urbanistico-edilizia[/color] (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. VI, 4 febbraio 2013, n. 666; Cons. St., sez. V, 29 marzo 2004, n. 1631; Cass. civ., sez. II, 2 novembre 2010, n. 22298 e 3 marzo 2009, n. 5131; Cass pen., sez. III, 6 ottobre 2008, n. 38044).
Altre argomentazioni attengono a diffide, che non appaiono riferibili ai manufatti di cui trattasi, mentre l’errore in cui sarebbe incorsa la Soprintendenza, nel rilasciare il nulla-osta impugnato – sul presupposto di pregressi titoli abilitativi, in realtà inesistenti – è smentito dalla Soprintendenza stessa, che attesta la riferibilità delle autorizzazioni, sottostanti al condono edilizio del 1987, alla situazione di fatto rappresentata non solo nella domanda, ma anche negli elaborati grafici allegati. Si può dunque ritenere che il nulla-osta n. prot. 19802 in data 1 dicembre 1986 abbia riguardato i lavori eseguiti nei locali commerciali di vicolo Savelli, nn.11 A, 12 e 13, comprensivi di opere funzionali all’esercizio dell’attività, che l’attuale appellante ha svolto dal 1987 (data di inizio dell’originario rapporto di locazione, sottoscritto dal medesimo): un’attività, che risulta maggiormente formalizzata nella successiva richiesta di autorizzazione per lavori di manutenzione straordinaria, comprensivi della costruzione di un forno a legna in muratura, la cui canna fumaria sarebbe stata allacciata a quella preesistente. Tali lavori erano resi oggetto di ulteriore nulla-osta della Soprintendenza (n. 7128 del 1986), in un contesto che sostanzialmente riconosceva l’ammissibilità – in rapporto ai valori tutelati – della peculiare attività commerciale di cui trattasi e delle opere necessarie per il relativo svolgimento.
Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che debbano essere accolti sia l’appello principale che quello incidentale, con le conseguenze precisate in dispositivo. Le spese giudiziali – da porre a carico del controinteressato signor Roselli, unica parte resistente in giudizio – vengono liquidate nella misura complessiva di €. 4.000,00 (euro quattromila/00), di cui 2.000,00 (duemila/00) a favore dell’appellante signor Carlo Muzi e 2000,00 (duemila/00) a favore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, appellante incidentale; spese compensate nei confronti del Comune di Roma, tenuto conto dell’attività processuale svolta dalle parti.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie sia il ricorso in appello indicato in epigrafe, sia l’appello incidentale proposto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado.
Condanna il dott. Vincenzo Roselli al pagamento delle spese giudiziali, nella misura complessiva di €. 4.000,00 (euro quattromila/00), di cui 2.000,00 (duemila/00) a favore del signor Carlo Muzi e 2000,00 (duemila/00) a favore del Ministero per iBeni e le Attività Culturali; compensa le spese nei confronti del Comune di Roma.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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