DIRIGENTI non hanno diritto all'ndennità di risultato se manca la procedura
[color=red][b]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III – sentenza 3 febbraio 2015 n. 472[/b][/color]
FATTO
1.- Con ricorso al TAR Lazio notificato il 10 novembre 1999 i dottori Bruno di Vico e gli altri in epigrafe, dirigenti medici dipendenti giuridicamente dall’ASL RM A e funzionalmente dall’Azienda Policlinico Umberto I presso il quale prestano servizio, insieme ad altri sanitari impugnavano la nota 12 ottobre 1999 n. 178 dell’Amministratore straordinario dell’Azienda Policlinico Umberto I, di rinvio sine die della corresponsione ai ricorrenti del “salario accessorio”, la nota 22 settembre 1999 n. 9954 del Commissario straordinario dell’ASL RM A, dichiarativa dell’incompetenza della stessa ASL in riferimento alle domande svolte, e gli atti connessi, nonché chiedevano il riconoscimento del diritto a percepire il predetto “salario accessorio”.
Con sentenza 3 maggio 2011 n. 3780 il ricorso era accolto, nel senso della sussistenza dello “obbligo del Policlinico Umberto I di trasmettere all’Azienda RM A, entro sessanta giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, i prospetti dai quali risulti l’ammontare esatto del dovuto ad ogni sanitario, maggiorato degli interessi legali e della rivalutazione monetaria secondo i criteri dettati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 15 giugno 1998 n. 3”.
L’Azienda Policlinico Umberto I chiedeva la correzione di errore materiale della pronuncia nella parte in cui le spese del giudizio erano state poste a suo carico anziché dell’ASL quale soggetto effettivamente debitore; la domanda era dichiarata inammissibile.
2.- Formatosi il giudicato gli interessati, deducendo che l’Azienda Policlinico Umberto I non aveva fornito i predetti prospetti, adivano per l’ottemperanza il TAR Lazio, che con sentenza 5 dicembre 2012 n. 10156 della sezione III quater accoglieva il ricorso solo con riguardo alla retribuzione di posizione, peraltro da calcolarsi tenendo conto del ridimensionamento dei fondi aziendali operato dal 1° febbraio 2001 ove i ricorrenti fossero stati inquadrati nel periodo di riferimento come dirigenti medici ex IX livello, reiterando la declaratoria dell’obbligo del Policlinico di rimettere all’ASL gli stessi prospetti entro 30 giorni, ed affermando invece che non era possibile l’erogazione ai ricorrenti della retribuzione di risultato in quanto, a parte la mancanza del fondo, non sarebbe possibile valutare l’effettivo raggiungimento dell’obiettivo costituente condizione imprescindibile dell’emolumento.
3.- Con atto segnato in registro al n. 1392/2013, notificato il 19 ed il 21 febbraio 2013 e depositato il 26 seguente, gli interessati hanno appellato la sentenza n. 10156/12, non risultante notificata, lamentando come non sia stata assicurata piena e concreta esecuzione del giudicato, bensì sia stato modificato l’esito del giudizio di merito. Hanno perciò dedotto:
a.-Violazione da parte del TAR Lazio dei principi che regolano i poteri del Giudice dell’ottemperanza, in ordine sia al capo con cui è stata negata la dovutezza della retribuzione di risultato, sia a quello riguardante il calcolo della retribuzione di posizione tenuto conto del ridimensionamento dal 1° febbraio 2001 in relazione alla disponibilità dei fondi aziendali.
b.- Erronea decisione da parte del TAR in ordine alla richiesta di applicazione dell’astreinte e di conseguente condanna dell’Amministrazione resistente ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.
4.- Con atto notificato il 5 marzo 2013 e depositato il 15 seguente (erroneamente rubricato in via autonoma al n. 1906/13) l’ASL RM A ha proposto ricorso incidentale d’appello, col quale ha dedotto:
a.- Incongruità e/o illogicità e/o ingiustizia manifesta della sentenza del TAR Lazio Sez. III quater n. 10156/2012. Violazione art. 112 c.p.c.. Violazione artt. 112 e segg. c.p.a.. Violazione e falsa applicazione artt. 19 e 24 d.l.vo n. 165/2001 e artt. 51 e segg. c.c.n.l. dirigenza medica 1996.
b.- Violazione e falsa applicazione artt. 19 e 24 d.l.vo n. 165/2001 e artt. 51 segg. c.c.n.l. dirigenza medica 1996. Carenza assoluta di motivazione. Contraddittorietà ed ingiustizia manifesta. Illegittimità dei successivi atti posti in essere dall’Azienda Policlinico Umberto I.
Ha concluso chiedendo che siano dichiarati inesistenti/inefficaci/illegittimi gli atti dell’Azienda Policlinico e dichiarata non dovuta agli istanti la voce “retribuzione di posizione”, o in subordine sia ordinato alla stessa Azienda di stabilire l’an ed il quantum del dovuto a titolo di retribuzione di posizione, parte variabile aziendale, in applicazione delle norme di legge e contrattuali in materia, nonché in base alla domanda contenuta nel ricorso notificato il 10 novembre 1999.
5.- In data 15 marzo 2013 l’Azienda Policlinico si è costituita nel giudizio n. 1392/13 ed ha svolto controdeduzioni esponendo, tra l’altro, di aver inviato i prospetti, comprensivi di interessi e rivalutazione, all’ASL RM A già in data 21 dicembre 2012, quindi dopo soli 15 giorni dal deposito della sentenza.
I dottori Bruno di Vico e consorti hanno replicato con memoria del 17 aprile 2013.
6.- Il 18 aprile 2013 anche l’ASL RM A si è costituita nel giudizio n. 1392/13 ed ha svolto anch’essa controdeduzioni con memoria del 23 seguente, in cui ha pure rappresentato di aver – come si è visto – a sua volta appellato la stessa sentenza.
7.- Nel giudizio incidentale n. 1906/13 si sono costituiti in data 28 marzo 2013 l’Azienda Policlinico ed in data 21 aprile seguente parte appellante principale, la quale ha svolto ampie controdeduzione a cui l’ASL ha replicato con memoria del successivo giorno 23, anche illustrando ulteriormente le proprie tesi e richieste.
8.- Nel giudizio n. 1392/13 le Aziende hanno depositato documenti e con memorie prodotte il 9 luglio 2013 hanno, in sintesi, esposto che da verifiche aggiuntive, eseguite a seguito dell’insediamento del commissario ad acta, è emerso che la retribuzione di posizione variabile relativa al periodo dal 1° dicembre 1995 è stata corrisposta ai ricorrenti sin dal 2003 sui fondi parte della gestione liquidatoria e parte dell’Azienda stessa, sicché sul punto per l’ASL RM A deve ritenersi cessata la materia del contendere; per il resto, entrambe hanno insistito per la reiezione dell’appello.
Con memoria in pari data gli appellanti principali, ribadita la spettanza in base al giudicato della retribuzione di risultato, hanno contestato che la documentazione prodotta era già stata sottoposta inutilmente al vaglio del TAR, che quanto asseritamente pagato non corrisponde a quanto loro dovuto in forza dei conteggi prodotti dal Policlinico nel presente giudizio, comunque anche in ragione del comportamento processuale delle controparti non v’è certezza dell’avvenuto pagamento, e che – risolutivamente – la spettanza di indennità accessorie è stata dichiarata con sentenza passata in giudicato e l’aver prestato ad essa acquiescenza comporta che si debba discutere solo della quantificazione e non della sussistenza del diritto.
Con memoria del 12 seguente l’Azienda Policlinico ha replicato.
9.- Anche nel giudizio n. 1906/13 l’ASL RM A ha depositato documenti ed ha prodotto la memoria sopra accennata.
10.- Con ordinanza 30 settembre 2013 n. 4831, riuniti gli appelli, è stata disposta a carico dell’Azienda Policlinico Umberto I e dell’ASL Roma A l’acquisizione di documentata relazione, a firma congiunta dei dirigenti dei rispettivi uffici competenti, in ordine all’effettivo pagamento in favore dei dottori Bruno di Vico e degli altri attuali appellanti dell’indennità di posizione nel periodo per cui è causa, sia per quota fissa che per quota variabile, nonché sull’eventuale pagamento di interessi e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione dei singoli crediti al soddisfo.
In data 31 ottobre 2013 l’Azienda Policlinico ha depositato la relazione datata il giorno precedente a firma del Dirigente dell’UOC trattamento economico e quiescenza con la quale, illustrate le verifiche effettuate, si afferma che la Gestione liquidatoria della cessata Azienda universitaria ha già corrisposto nei mesi di maggio e giugno 2003 la retribuzione di posizione variabile aziendale per il periodo dal 1° dicembre 1995 al 31 ottobre 1999, di cui alla pretesa dei ricorrenti, sulla base degli importi definiti con la deliberazione 24 novembre 2000 n. 979, mentre per l’anno 1994 “il fondo di posizione non è stato e non poteva essere costituito, né tanto meno distribuito …”.
All’udienza camerale del 16 gennaio 2014 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1.- Con ricorso al TAR Lazio datato 22 ottobre 1999 gli attuali appellanti principali lamentavano che, nonostante l’avvenuta quantificazione dei fondi occorrenti con deliberazione 22 luglio 1998 n. 521 del Direttore generale del Policlinico universitario (concernente anche la richiesta dell’assegnazione delle relative somme all’ASL RM A), per il palleggiamento delle competenze tra le due Aziende, essi non percepivano nella misura dovuta il “salario accessorio”, anzi ad una loro diffida il detto Direttore generale, nel comunicare di aver convocato le OO.SS. ed affermare che si sarebbe provveduto all’erogazione solo dopo la chiusura della contrattazione decentrata da cui sarebbero scaturite le modalità di pagamento, aveva in realtà rinviato ad un evento futuro ed incerto la corresponsione del dovuto, da quantificarsi, nelle more della contrattazione decentrata, ai sensi dell’art. 55, co. 7, del contratto collettivo nazionale (comparto sanità, area della dirigenza medica e veterinaria, del 5 dicembre 1996) secondo l’ivi richiamata tabella n. 3.
Con la sentenza n. 3780 del 2011 il TAR Lazio ha accolto il ricorso, affermando che, nel modo di cui innanzi, la stessa Azienda Policlinico aveva riconosciuto fin dal 1999 il diritto dei ricorrenti alla corresponsione della retribuzione accessoria, ma da allora nulla era stato fatto, sicché ha ordinato alla stessa Azienda di trasmettere all’ASL Roma A (competente alla materiale elargizione secondo l’ancora vigente convenzione del 27 luglio 1986 tra l’Università di Roma La Sapienza e la Regione Lazio) i “prospetti da cui risulti l’ammontare esatto del dovuto ad ogni sanitario, maggiorato di interessi legali e della rivalutazione monetaria secondo i criteri dettati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 15 giugno 1998 n. 3”.
Con la sentenza n. 10156 del 2012, appellata in questa sede, dato atto che il giudicato riguardava la retribuzione accessoria (di cui, in linea di principio, fanno parte la retribuzione di posizione e quella di risultato), ma non aveva chiarito il quantum spettante a ciascun ricorrente, la cui determinazione era affidata al Policlinico in relazione alle voci che compongono detta retribuzione, ha ritenuto non spettante quella di risultato sia perché non erano mai stati istituiti l’apposito fondo né l’organismo di valutazione degli obiettivi dati e del loro effettivo raggiungimento, sia soprattutto, ed a parte la mancanza del fondo, perché per i ricorrenti “non sarebbe possibile valutare l’effettivo raggiungimento del risultato, condizione questa imprescindibile per elargire l’emolumento”.
2.- Contrariamente a quanto dedotto nell’ambito del primo motivo dagli appellanti principali, i quali – tra l’altro – rimproverano all’Amministrazione l’inadempienza nella costituzione del fondo nonostante i loro solleciti fin dal 1999, tali argomentazioni e conclusioni vanno condivise.
La domanda accolta con la sentenza 3780/11, come descritta nella medesima sentenza, era genericamente diretta ad ottenere il “salario accessorio” ed altrettanto genericamente è stato riconosciuto il diritto degli istanti al “salario accessorio”, senza precisare l’an ed il quantum sia della retribuzione di posizione che di quella di risultato. In altri termini, sta di fatto che il giudicato si limita all’affermazione astratta del diritto al “salario accessorio” insorto in capo ai ricorrenti e nulla dispone in concreto se non l’obbligo del Policlinico di rimettere all’ASL i “prospetti” predetti. Pertanto, correttamente il primo giudice ha ritenuto che il giudicato non ricomprendesse specificamente il diritto alla retribuzione di risultato e, perciò, a tale specificazione ha provveduto esso stesso, pervenendo ad esito negativo.
Sulle puntuali ragioni di fatto di tale esito in realtà non v’è censura.
Gli originari ricorrenti, infatti, non contestano l’impossibilità di erogare l’emolumento per le cause indicate dal TAR, ossia non sostengono che sia possibile prescindere dalla valutazione degli obiettivi e del loro raggiungimento; peraltro nel 1999 essi lamentavano che non si fosse proceduto al pagamento con i fondi già quantificati con la deliberazione n. 521 del 1998, ossia dei fondi richiesti all’ASL Roma A di cui – per la dirigenza medica – agli artt. 60 e 62 del C.C.N.L. 1994/97, come l’invocato art. 55 espressamente riguardanti la retribuzione di posizione (nonché quella di specificità medica di cui qui non si discute) e gli emolumenti connessi a determinati posizioni lavorative (di cui pure qui non si discute), non già la retribuzione di risultato.
[color=red]Comunque, va ricordato che, secondo la disciplina contrattuale dell’emolumento in parola (nella specie, art. 65 del cit. C.C.N.L.), la retribuzione di risultato “è strettamente correlata alla realizzazione dei programmi e progetti aventi come obiettivo il raggiungimento dei risultati prestazionali prefissati e il rispetto della disponibilità complessiva di spesa assegnata alle singole strutture …”, la sua “erogazione è strettamente connessa ai risultati conseguiti” rispetto agli obiettivi assegnati e tali risultati sono “oggetto di valutazione da parte del competente servizio per il controllo interno o del nucleo di valutazione …”, sicché è corrisposta ai dirigenti “a consuntivo … in relazione al raggiungimento totale o parziale del risultato”. D’altra parte la giurisprudenza è univoca nel ritenere che l’erogazione dell’indennità in parola presuppone l’instaurazione di una procedura richiedente la prefissazione di specifici obiettivi e/o livelli di prestazione nei riguardi di ciascun dirigente e la successiva verifica della loro realizzazione o del relativo grado da parte del medesimo dirigente, onde non sussistono i presupposti per l’attribuzione della retribuzione di risultato in tutti quei casi in cui (come nella specie) per qualsiasi ragione nel periodo di riferimento sia mancata tale procedura, non più instaurabile essendo evidente come non sia ipotizzabile l’assegnazione di obiettivi e la verifica del loro raggiungimento ora per allora (cfr. Cons. St., sez. VI, 14 gennaio 2009 n. 131 e sez. V, 20 agosto 2008 n. 3977).[/color]
3.- A questo punto della trattazione va osservato che gli originari ricorrenti richiamavano in loro favore il disposto dell’art. 55 del CCNL per la dirigenza medica e veterinaria sottoscritto il 5 dicembre 1996, il quale disciplina la retribuzione di posizione con decorrenza dal 1° dicembre 1995, distinguendo – come loro stessi espongono – una “parte che è fissa (tiene conto della anzianità che il dirigente ha maturato al 12.95) e per il resto in misura variabile (previa contrattazione aziendale decentrata e varia in base alle funzioni attribuite al singolo dipendente)”. Ne consegue che la loro domanda va temporalmente circoscritta al periodo dal 1° dicembre 1995, come peraltro ribadito in taluni punti nell’appello, sicché contraddittoriamente in altri punti si sostiene che rivendicazione riguardasse il salario accessorio “a partire dall’anno 1994”.
Inoltre, poiché il ricorso era datato 22 ottobre 1999 e notificato il 9 novembre seguente, è ovviamente da escludere ogni valenza della rivendicazione per il periodo successivo.
In quest’ottica, non hanno titolo ad investire (ancora nel primo motivo) il capo della pronunzia appellata concernente l’accoglimento della domanda relativa alla retribuzione di posizione, laddove ha però ritenuto applicabile il “ridimensionamento operato dall’1 febbraio 2001 in relazione alla disponibilità dei fondi aziendali, ove i ricorrenti fossero stati inquadrati nel periodo di riferimento nei dirigenti medici ex IX livello”. Anzi, a tal riguardo coglie nel segno la contrapposta doglianza dell’ASL Roma A, di travalicamento dei limiti del giudicato.
4.- Quanto alla parte fissa della retribuzione di posizione, il co. 3 del cit. art. 55 prevede che dal 1° dicembre 1995 sia costituita dalle quote di indennità residue dopo la ristrutturazione degli stipendi tabellari, come peraltro precisato nella tabella 3 richiamata dal co. 7. E gli attuali appellanti principali, non lamentando riduzione degli stipendi comprensivi di quelle indennità, non possono negare di aver percepito tale parte.
Quanto alla parte variabile, la citata tabella 3 (applicabile ai sensi del parimenti cit. co. 7 dal 1° dicembre 1995 sino al conferimento degli incarichi con le prescritte procedure formali) stabilisce che sia “determinata dalle risorse contrattuali utilizzabili, nel rispetto dell’equilibrio delle varie posizioni funzionali di provenienza”.
Dalla documentazione versata in atti in esecuzione dell’ordinanza n. 4831 del 2013 risulta l’intervenuta corresponsione di quota variabile per il periodo in questione, cioè dal 1° dicembre 1995 al 31 ottobre 1999, da parte della Gestione liquidatoria della cessata Azienda universitaria Policlinico Umberto I, a seguito della fissazione dei criteri di calcolo con verbale di contrattazione con le OO.SS. di categoria del personale medico in data 27 marzo 2003; criteri basati, per quanto qui rileva ed a norma della detta tabella 3, sulla distribuzione del relativo fondo in proporzione ai mesi di servizio prestati dai singoli sanitari “tenendo conto della qualifica di provenienza”. Effettuata la liquidazione, le somme così determinate risultano corrisposte nei mesi di maggio e giugno 2003 sotto l’imprecisa voce “arretrati contrattuali anni precedenti” nei cedolini stipendiali, ma i cui importi coincidono con quelli indicati nel prospetto di liquidazione, come si evince anche dalla nota in data 13 giugno 2013 del Ministero dell’economia e delle finanza e suoi allegati. Del resto, all’esito dell’istruttoria nessuna contestazione delle descritte risultanze, in particolare in ordine alla corrispondenza del corrisposto al dovuto, è stata formulata dagli appellanti principali, come sarebbe stato loro onere a fronte delle medesime risultanze.
Ciò posto, la pretesa sostanziale riconosciuta in linea di principio con la sentenza n. 3780 del 2011 deve ritenersi completamente soddisfatta, nei limiti in cui si è tradotta in concreto, non potendosi far luogo ad interessi e rivalutazione per tardivo pagamento, tenuto conto che la norma del CCNL fissava la decorrenza dell’emolumento ma il suo importo è divenuto individuabile solo col richiamato verbale, nonché considerati i tempi tecnici per la sua determinazione in relazione ai previsti criteri e per singolo interessato.
Pertanto sulla domanda sostanziale sottesa all’appello principale non può che affermarsi in parte la pregressa inesistenza della materia del contendere e per la restante parte dev’essere respinta.
5.- Non può essere accolto neppure il secondo ed ultimo motivo del medesimo appello principale, inteso a contestare la reiezione della domanda di condanna dell’Amministrazione al pagamento dell’astreinte di cui all’art. 114, co. 4, lett. e), cod. proc. amm.. La statuizione, con cui ragioni ostative all’applicazione della norma sanzionatoria sono state individuate nella notoria situazione di congiuntura economica della p.a., va confermata nella – pur diversa – considerazione che, rispetto alla ripetuta sentenza n. 3780 del 2011 ed a maggior ragione al ricorso per l’ottemperanza del 2012, il pagamento era già da tempo avvenuto, ancorché le stesse Amministrazioni non siano state in grado di opporre tale circostanza ai ricorrenti, sicché la chiesta condanna si rivelerebbe manifestamente iniqua.
6.- In conclusione, stante l’avvenuta, pregressa corresponsione delle somme di cui al giudicato, come innanzi ritenuta corretta e completa e di cui va dato atto, l’appello principale va complessivamente respinto, mentre per la medesima ragione l’appello incidentale dev’essere dichiarato in parte improcedibile ed accolto limitatamente al punto di cui al precedente paragrafo 3, concernente il periodo non riferibile al giudicato stesso.
Stante le evidenti difficoltà organizzative di entrambe le Aziende Roma A e Policlinico Umberto I, si ravvisano giusti motivi affinché possa essere disposta la compensazione delle spese del grado, con conferma dell’analoga statuizione di primo grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, respinge l’appello principale, accoglie in parte l’appello incidentale, nei sensi precisati in motivazione, e per la restante parte lo dichiara improcedibile, dando atto dell’avvenuta, pregressa, corretta e completa corresponsione delle somme a cui è riferibile il giudicato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 03/02/2014.
[img width=300 height=300]http://1.bp.blogspot.com/-UnnV45_seG0/TzTUNTqkIMI/AAAAAAAAEXU/RENEG7UYCV0/s1600/Evaluation_01.jpg[/img]