[color=red]SOSPENSIONE BAR: l'obbligo di chiusura non è h24 ma riferito all'orario del bar[/color]
[color=blue]Spiegazione: Se il Comune ordina al Bar di chiudere 2 giorni questi non si calcolano dalle 00 alle 24 ma tenuto conto dell'orario svolto dall'esercizio.
Se l'orario dell'esercizio era 5:00-1:00 allora questi dovrà chiudere per 2 giorni tenuto conto del suo orario di attivitrà[/color]
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[color=red]T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 20-11-2014, n. 2790[/color]
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2809 del 2009, proposto da:
A.V.G., rappresentato e difeso dagli avv. Enrico Giovanni Caramori e Luca Colombo, presso lo studio dei quali ha eletto domicilio in Milano, via Fontana 18;
contro
Comune di Limbiate, rappresentato e difeso dall'avv. Pasquale Corrado, presso lo studio del quale ha eletto domicilio in Milano, via Spartaco,10;
Ministero della Difesa - Comando Generale Arma dei Carabinieri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici domicilia in Milano, via Freguglia 1;
per l'annullamento
- dell'ordinanza del Comune di Limbiate n. 271 del 5 novembre 2009 con la quale è stata revocata l'autorizzazione amministrativa per la somministrazione di alimenti e bevande n. 7322 del 9 marzo 2009, rilasciata al ricorrente e relativa all'esercizio sito in Limbiate, via Verdi 80;
- del verbale della Legione Carabinieri Lombardia Stazione di Limbiate n. 56/2 datato 8 settembre 2009;
- di ogni atto connesso;
nonché per la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Limbiate e di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2014 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo
Il ricorrente ha chiesto, da un lato, l'annullamento degli atti indicati in epigrafe, deducendone l'illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, sotto diversi profili, dall'altro, la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, eccependo l'inammissibilità dell'impugnazione del verbale redatto dai Carabinieri del Comando Stazione di Limbiate n. 56/2, datato 8 settembre 2009, nonché, in ogni caso, l'infondatezza dell'impugnazione.
Si è costituito in giudizio il Comune di Limbiate, eccependo l'infondatezza del ricorso avversario, chiedendone il rigetto.
Con ordinanza depositata in data 16 dicembre 2009, il Tribunale ha accolto la domanda cautelare contenuta nel ricorso.
All'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
[color=red]1) Sul piano fattuale va evidenziato che: a) A.V.G. è titolare dell'autorizzazione amministrativa per la somministrazione di alimenti e bevande n. 7322 del 9 marzo 2009, relativa all'esercizio "Pub Nashville" sito in Limbiate, via Verdi 80; b) in data 5 settembre 2009 al ricorrente veniva notificata l'ordinanza n. 205 del 18 agosto 2009 con la quale il Comune di Limbiate ordinava la sospensione dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande per giorni due a decorrere dal giorno successivo a quello della notifica dell'ordinanza, ponendo a fondamento della determinazione il fatto che, in data 24 luglio 2009, G. aveva violato l'art. 186 del TULPS, in ragione dell'inosservanza dell'orario di chiusura del pubblico esercizio; c) in data 6 settembre 2009, dopo la mezzanotte, i Carabinieri del Comando Stazione di Limbiate si recavano presso il locale gestito dal ricorrente e trovandolo in attività contestavano la violazione dell'ordinanza comunale n. 205, del 18 agosto 2009, in quanto nei due giorni successivi a quello della notifica dell'ordinanza stessa, ossia il 6 e il 7 settembre 2009, il locale avrebbe dovuto sospendere l'attività di somministrazione di alimenti e bevande; la contestazione è stata effettuata mediante la redazione del verbale n. 56/2, in data 6 settembre 2009 alle ore 01.10; d) con ordinanza n. 271, del 5 novembre 2009, il Comune di Limbiate revocava l'autorizzazione amministrativa per la somministrazione di alimenti e bevande n. 7322, datata 9 marzo 2009, già rilasciata in favore del ricorrente, ponendo a fondamento della determinazione la ritenuta violazione delle prescrizioni impartite con la precedente ordinanza n. 205, del 18 agosto 2009.[/color]
2) E' fondata l'eccezione formulata dall'Avvocatura distrettuale diretta a contestare l'ammissibilità dell'impugnazione del verbale n. 56/2 redatto dai Carabinieri del Comando Stazione di Limbiate, atteso che si tratta di un atto meramente istruttorio, diretto a rilevare una situazione di fatto, che poi l'amministrazione comunale, ritenendo configurabile la violazione dell'ordinanza n. 205, del 18 agosto 2009, ha posto a fondamento della revoca gravata.
In particolare, il verbale integra un atto procedimentale, con il quale gli operanti hanno rilevato l'apertura dei locali in data 6 settembre 2009, ma tale accertamento non vincolava l'amministrazione ad adottare il provvedimento di revoca, che rappresenta la conseguenza di autonome valutazioni compiute dal Comune, il quale ha ritenuto che l'apertura nel giorno indicato fosse in contrasto con le prescrizioni contenute nell'ordinanza n. 205.
Ne consegue che il verbale, di per sé, non ha prodotto alcun effetto lesivo concreto ed attuale nella sfera giuridica del ricorrente, che è pregiudicata solo dal provvedimento comunale di revoca, sicché l'impugnazione del verbale non è supportata da un effettivo interesse, con conseguente inammissibilità del ricorso in parte qua.
Né l'interesse può emergere in dipendenza della domanda risarcitoria avanzata dal ricorrente, in quanto il danno lamentato deriva dalla chiusura del locale per effetto della revoca dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande e non dall'accertamento di fatto espresso attraverso il verbale; ciò anche considerando che il ricorrente non ha dedotto pregiudizi correlati, in senso stretto, all'attività compiuta dai Carabinieri e riassunta nel verbale impugnato.
Va, pertanto, ribadito che il ricorso è inammissibile nella parte relativa alla contestazione del verbale n. 56/2.
3) Il ricorrente articola più censure, che possono essere trattate congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, dirette a contestare il presupposto della revoca ed in particolare a negare la violazione dell'ordinanza comunale n. 205/2009 in ragione dell'apertura del locale nelle prime ore del giorno 6 settembre 2009.
[color=red]Le censure sono fondate.[/color]
Non è in contestazione né che l'ordinanza n. 205 prescrivesse la sospensione dell'attività nei due giorni successivi alla notifica del provvedimento stesso, ossia nei giorni 6 e 7 settembre 2009, atteso che la notifica dell'ordinanza è avvenuta in data 5 settembre 2009, né che in data 6 settembre 2009, alle ore 01.00, il locale fosse ancora in attività, come rilevato dai Carabinieri attraverso il verbale n. 56/02.
La contestazione concerne la possibilità di configurare giuridicamente l'accertata apertura del locale in data 6 settembre 2009, alle ore 01.00, come una violazione dell'ordinanza n. 205.
Sul punto va osservato che l'individuazione del periodo di tempo cui riferire gli effetti dell'ordinanza 205 deve avvenire nel contesto della disciplina degli orari di apertura e chiusura riferibili al locale del ricorrente, in base al contenuto dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande n. 7322, del 9 marzo 2009, rilasciata a G. dal Comune di Limbiate.
Ciò perché le concrete modalità temporali di svolgimento dell'attività, di cui l'ordinanza 205 ha disposto la sospensione, non sono rimesse alla libera scelta dell'interessato, ma sono disciplinate dall'autorizzazione allo svolgimento dell'attività medesima e dagli atti generali cui essa rinvia.
L'autorizzazione rilasciata a G. non individua direttamente gli orari di apertura e di svolgimento dell'attività, limitandosi a rinviare agli atti regolamentari dell'amministrazione e tale richiamo consente l'adattamento dell'autorizzazione alle eventuali variazioni degli orari di svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande disposte dall'amministrazione, mediante atti di contenuto generale.
Si tratta insomma di un rinvio dinamico e non statico, come risulta dal mancato richiamo ad una particolare e specifica disposizione regolamentare, idoneo a consentire l'integrazione della disciplina dell'autorizzazione con le variazioni degli orari di apertura via via disposte con atti regolamentari, o, comunque di contenuto generale.
[color=red]Ecco, allora, che se anche l'autorizzazione rilasciata a G. non esplicita gli orari di apertura e di chiusura del locale, ciò non toglie che l'attività autorizzata debba uniformarsi agli orari stabiliti dagli atti generali dell'amministrazione ed in particolare all'ordinanza comunale n. 32 del 10 febbraio 2009, che all'art. 2 stabilisce che l'orario di apertura al pubblico degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande è scelto liberamente dall'interessato entro la fascia oraria compresa tra le ore 05.00 e le ore 01.00.[/color]
[color=red]Da ciò discende che la giornata lavorativa giuridicamente rilevante per l'attività gestita dal ricorrente, in base alla specifica autorizzazione e agli atti generali ad essa presupposti, non coincide con il giorno solare, ma si articola dalle ore 05.00 di ciascun giorno solare sino alle ore 01.00 del giorno solare successivo.[/color]
Insomma, il periodo temporale cui riferire la sospensione dell'attività disposta con l'ordinanza n. 205 non può essere definito in modo meccanico facendo riferimento ai due giorni solari successivi alla notifica del provvedimento, ma deve essere individuato in ragione dell'articolazione temporale di tale attività desunta dagli atti che la disciplinano e rilevante ai fini giuridici.
Pertanto, poiché la sospensione ha avuto ad oggetto l'attività di somministrazione di alimenti e bevande, i due giorni cui essa si riferisce sono quelli di svolgimento dell'attività stessa, successivi alla data di notificazione del provvedimento di sospensione.
Ne consegue che siccome il Provv. n. 205 del 2009 è stato notificato in data 5 settembre 2009, allora i giorni cui si riferisce il dovere di sospensione dell'attività sono il 6 e il 7 settembre 2009, intesi come giorni non solari, ma di svolgimento dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande.
I giorni di sospensione non riguardano il 5 settembre, giorno della notificazione dell'atto, il quale, rispetto all'attività del ricorrente, si sviluppa temporalmente dalle ore 05.00 del giorno stesso sino alle ore 01.00 del 6 settembre 2009.
Corrispondentemente, la sospensione va riferita tanto al giorno 6 settembre, perché immediatamente successivo a quello della notificazione del provvedimento n. 205 e articolato sul piano temporale tra le ore 05.00 del giorno stesso e le ore 01.00 del giorno successivo, quanto al 7 settembre dalle ore 05.00 alle ore 01.00 del successivo 8 settembre.
Ecco, allora, che la circostanza, attestata dai Carabinieri con il verbale n. 56/02, per cui il locale era aperto alle ore 01.00 del 6 settembre non integra una violazione dell'ordinanza n. 205, in quanto il periodo temporale appena richiamato è giuridicamente una parte integrante della giornata lavorativa precedente, ossia del 5 settembre 2009, data coincidente con il giorno stesso della notifica del provvedimento di sospensione, cui, pertanto, non è riferibile la sospensione medesima, perché riferita espressamente ai due giorni successivi a quello di notificazione del provvedimento.
In definitiva, il provvedimento impugnato, nel disporre la revoca dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande rilasciata al ricorrente, si basa su un presupposto giuridico inesistente, quale la violazione dell'ordine di sospensione dell'attività per due giorni disposta dall'ordinanza n. 205.
In particolare, l'amministrazione non ha tenuto conto dell'articolazione temporale dell'attività risultante dalla relativa autorizzazione e dagli atti generali cui essa rinvia ed ha ritenuto che ciascuna giornata di svolgimento dell'attività coincidesse con il giorno solare, mentre proprio le determinazioni generali dell'amministrazione, riferibili al caso di specie, pongono una netta differenza tra il giorno solare e il giorno di svolgimento dell'attività, atteso che quest'ultimo copre periodi di tempo riferibili a due giorni solari, articolandosi dalle ore 05.00 di ciascun giorno solare alle ore 01.00 del giorno solare successivo.
Va, pertanto, ribadita la fondatezza delle censure in esame.
4) E' parzialmente fondata la pretesa risarcitoria avanzata dal ricorrente.
Il ricorrente agisce per il risarcimento tanto nei confronti del Comune di Limbiate, quanto nei confronti del Ministero della Difesa, proponendo così due azioni di condanna, perché rivolte a diversi soggetti, atteso che ciascuna domanda è individuata dai soggetti, dall'oggetto e dalla causa petendi.
In particolare, si tratta di domande connesse per l'oggetto e per il titolo, che, sul piano sostanziale, sottendono un'obbligazione solidale dal lato passivo, la quale, come è noto, non integra un unico rapporto inscidibilmente plurisoggettivo, ma un fascio di rapporti obbligatori, da considerare unitariamente solo ai fini della relativa disciplina, perché composto da una pluralità di obbligazioni connesse, facenti capo a soggetti diversi.
In altre parole, le azioni di condanna proposte sottendono, astrattamente, una pluralità di obbligazioni scindibili, oggettivamente connesse e avvinte dal vincolo di solidarietà e non un unitario rapporto giuridico inscindibile, da riferire necessariamente sul piano sostanziale ad una pluralità di soggetti.
Processualmente tale situazione origina un litisconsorzio facoltativo e non un litisconsorzio necessario, perché è il ricorrente che ha scelto di proporre contestualmente, con un solo ricorso, più azioni risarcitorie scindibili, che poteva proporre separatamente l'una dall'altra e ferma restando la possibilità di agire solo nei confronti di uno dei pretesi obbligati solidali.
Ne deriva, che l'eventuale infondatezza di una delle domande, per ragioni riconducibili esclusivamente alla posizione di uno dei convenuti, non reagisce immediatamente sull'altra domanda congiuntamente proposta.
Tale situazione si verifica nel caso in esame, poiché la pretesa risarcitoria non può essere vantata nei confronti del Ministero della Difesa, trattandosi di un soggetto del tutto estraneo al provvedimento di revoca cui si correla il pregiudizio lamentato.
La conclusione raggiunta risulta evidente se si pone l'attenzione sulla causa del danno lamentato.
Invero, il verbale dei Carabinieri n. 56/02 costituisce, come già evidenziato, un atto solo endoprocedimentale, privo di rilevanza esterna, con il quale è stata accertata una situazione di fatto, mentre la qualificazione giuridica di tale situazione come contrastante con l'ordinanza n. 205 è la conseguenza di autonome valutazioni compiute dall'amministrazione comunale, che ha adottato il provvedimento di revoca costituente la causa del danno lamentato, che consiste nella forzata chiusura dell'attività.
Così come il verbale dei Carabinieri n. 56/2 non è autonomamente impugnabile, perché privo di rilevanza esterna, allo stesso modo tale atto, che si limita ad accertare una situazione di fatto, non integra una causa del danno lamentato, anche ricostruendo il nesso eziologico, indispensabile per l'esistenza del fatto illecito, secondo il paradigma del "più probabile che non", ormai consolidato in tema di responsabilità extracontrattuale.
Invero, la circostanza che nella materia in esame la disciplina degli orari di apertura e di chiusura dei locali in cui si svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande sia di competenza dell'amministrazione comunale, comporta che spetta solo all'Autorità comunale disciplinare, in termini giuridici, tali orari, stabilendo anche la correlazione tra il concetto giuridico di giornata di svolgimento dell'attività e la nozione di giorno solare.
Si tratta di una competenza amministrativa propria del Comune, sicché eventuali valutazioni compiute da altre Autorità - nel caso in esame i Carabinieri - non assumono alcuna rilevanza rispetto alla ricostruzione giuridica della fattispecie e all'accertamento della violazione dei tempi di apertura dei locali.
Certo, il verbale dei Carabinieri è redatto in termini di trasgressione all'ordinanza n. 205/2009, ma tale dato formale non muta né la natura, né gli effetti del verbale, che non sono costitutivi, ma meramente accertativi di una situazione di fatto, la cui aderenza o meno alla disciplina delle modalità di svolgimento dell'attività è accertata esclusivamente dall'amministrazione comunale.
Ne deriva che il verbale n. 56/02 e l'accertamento di fatto in esso contenuto non sono causa, in termini giuridici, della chiusura del locale gestito dal ricorrente e, quindi, neppure del pregiudizio lamentato.
Ecco, allora, che la domanda risarcitoria proposta nei confronti del Ministero è infondata, in quanto il verbale n. 56/02 redatto dai Carabinieri, le cui risultanze fattuali non sono state contestate, non integra un elemento della fattispecie provvedimentale causativa del danno lamentato dal ricorrente.
L'infondatezza della pretesa avanzata verso il Ministero non incide sulla fondatezza della domanda risarcitoria proposta contro l'amministrazione comunale, atteso che, da un lato, si tratta di domande distinte, seppure congiuntamente proposte, dall'altro, l'infondatezza deriva da ragioni che non escludono né il fatto illecito del Comune, né le conseguenza dannose lamentate dal ricorrente.
Rispetto all'amministrazione comunale sussistono gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell'art. 2043 c.c..
Invero, il provvedimento di revoca è stato adottato dal Comune di Limbiate e si pone all'esito di valutazioni normativamente riservate all'amministrazione comunale; del resto, è proprio la revoca dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande ad avere causato, in termini giuridicamente rilevanti, la forzata chiusura del locale cui si riferisce il pregiudizio patrimoniale lamentato dal ricorrente.
Ne deriva che il Comune, mediante l'adozione discrezionale del provvedimento impugnato, ha cagionato il danno cui si riferisce la pretesa risarcitoria.
Del resto, si è già evidenziato che la revoca dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande è stata illegittimamente disposta dall'amministrazione, perché il provvedimento ritiene che il ricorrente abbia svolto l'attività nei giorni cui si riferiva la sospensione disposta con il Provv. n. 205 del 2009, ma tale valutazione muove dall'illegittima equiparazione, ai fini temporali, tra le nozioni di giorno solare e di giorno di svolgimento dell'attività autorizzata, sicché la determinazione gravata ha inciso contra ius sull'interesse del ricorrente, giuridicamente rilevante, ad esercitare l'attività autorizzata e tanto basta per connotare di antigiuridicità l'attività provvedimentale dell'amministrazione.
Sotto altro profilo, è evidente che la condotta dell'amministrazione è connotata da negligenza e imperizia, visto che sono proprio gli atti generali adottati dall'amministrazione comunale ad introdurre, rispetto al tipo di attività esercitata dal ricorrente, la distinzione, sul piano temporale, tra il giorno solare e il giorno di svolgimento dell'attività.
Né si tratta di valutazioni di particolare complessità, atteso che la differenza tra i due concetti emerge dalla semplice lettura degli atti generali dell'amministrazione, richiamati nell'autorizzazione rilasciata al ricorrente, sicché la decisione dell'amministrazione di revocare l'autorizzazione non è riconducibile ad un errore scusabile, ma è il frutto di una scelta discrezionale illegittima, che l'amministrazione doveva evitare ponendo diligentemente l'attenzione sul contenuto delle proprie determinazioni generali e raffrontando la fattispecie concreta con la disciplina giuridica degli orari di svolgimento dell'attività.
Né tale errore può ritenersi scusabile in ragione del contenuto del verbale n. 56/02 redatto dai Carabinieri di Limbiate, atteso che, come già evidenziato, il valore giuridico di quest'atto consiste nel solo accertamento di una situazione di fatto, la cui qualificazione giuridica era riservata al Comune.
La sussistenza degli elementi costituivi della responsabilità extracontrattuale della pubblica amministrazione, per lesione dell'interesse patrimoniale del ricorrente allo svolgimento dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande, conduce ad accogliere la domanda risarcitoria avanzata contro il Comune di Limbiate.
Sul piano della quantificazione del danno, si è già evidenziato che G. lamenta un danno patrimoniale consistito nella mancata percezione degli utili che sarebbero derivati dallo svolgimento dell'attività in mancanza dell'adozione del provvedimento di revoca, quantificandolo, come minimo, in Euro 25.000,00.
Sul punto, va osservato, in primo luogo, che il ricorrente non ha fornito la prova puntuale dell'ammontare effettivo del danno sofferto, fermo restando che la chiusura del locale integra un elemento di seria consistenza sul quale basare l'individuazione dei criteri di determinazione della misura economica del danno sofferto, così da procedere alla relativa liquidazione in via equitativa, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c..
Inoltre, il ricorrente ha presentato la domanda cautelare, accolta dal Tribunale con ordinanza depositata in data 16 dicembre 2009, sicché l'arco temporale cui riferire il pregiudizio sofferto va limitato al periodo compreso tra la notificazione del provvedimento di revoca, efficace dal momento della sua comunicazione, ai sensi dell'art. 21 bis della L. 1990, n. 241, trattandosi di un atto limitativo della sfera giuridica del privato destinatario e il deposito dell'ordinanza cautelare, a decorrere dal quale gli effetti della revoca sono stati sospesi, con conseguente piena possibilità per il ricorrente di riprendere la propria attività.
Del resto, il ricorrente non ha neppure allegato circostanze ostative da lui indipendenti tali da precludergli la regolare ripresa dell'attività una volta ottenuta la tutela cautelare.
In proposito, il Tribunale ritiene di fare applicazione del meccanismo delineato dall'art. 34, comma 4, del codice del processo amministrativo - ove si prevede (in linea con l'art. 35 del D.Lgs. 1998, n. 80) che "in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall'accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l'adempimento degli obblighi ineseguiti" - individuando i seguenti criteri direttivi:
a) il Comune di Limbiate dovrà risarcire per equivalente il danno da illegittima chiusura del locale con decorrenza dalla data di comunicazione del provvedimento di revoca o da quella, successiva, di effettiva ed accertata chiusura del locale e sino alla data di deposito dell'ordinanza cautelare adottata dal Tribunale nel giudizio di cui si tratta;
b) il parametro economico di riferimento è individuato in via equitativa, nell'utile giornaliero che il ricorrente avrebbe ottenuto in caso di regolare svolgimento dell'attività autorizzata;
c) l'utile giornaliero deve essere determinato, nel contraddittorio tra le parti, in misura pari ad un trentesimo della differenza tra i ricavi e i costi mensili dell'attività, facendo riferimento alla media dei tre mesi antecedenti la chiusura del locale, secondo quanto risulta dalle scritture contabili obbligatorie, comprese quelle previste ai fini fiscali, che il ricorrente ha l'onere di produrre nel contraddittorio con l'amministrazione; tale utile deve essere moltiplicato per i giorni di effettiva chiusura del locale, sottraendo i giorni in cui il locale sarebbe rimasto comunque non attivo per chiusura settimanale, se prevista;
d) le somme determinate a titolo risarcitorio devono essere rivalutate, trattandosi di un debito di valore da illecito extracontrattuale e sulle somme così rivalutate sono calcolati gli interessi legali fino al momento del saldo.
4) In definitiva, il ricorso è parzialmente fondato e merita accoglimento.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in Euro 3.000,00 (tremila) nei rapporti tra il ricorrente e il Comune di Limbiate, mentre la peculiarità della situazione di fatto sottesa al ricorso conduce a compensare le spese della lite nei rapporti tra le altre parti processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando,
1) dichiara inammissibile la domanda di annullamento del verbale della Legione Carabinieri Lombardia - Stazione di Limbiate n. 56/2 datato 8 settembre 2009;
2) accoglie la domanda di annullamento dell'ordinanza del Comune di Limbiate n. 271 del 5 novembre 2009 e per l'effetto ne dispone la caducazione;
3) respinge la domanda di condanna al risarcimento del danno proposta nei confronti del Ministero della Difesa;
4) accoglie la domanda di condanna al risarcimento del danno al risarcimento per equivalente proposta nei confronti del Comune di Limbiate, secondo i criteri e le modalità precisati in motivazione;
5) condanna il Comune di Limbiate al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente liquidandole in Euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori di legge e oltre alla restituzione del contributo unificato, mentre restano compensate le spese della lite nei rapporti tra le altre parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Mauro Gatti, Primo Referendario
Fabrizio Fornataro, Primo Referendario, Estensore