Data: 2011-10-14 18:17:42

VINCOLO DI DESTINAZIONE ALBERGHIERA - Cons. di Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2011

VINCOLO DI DESTINAZIONE ALBERGHIERA - Cons. di Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2011, n. 5487


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 3935 del 2009, proposto da B. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’avv. Guido Alberto Inzaghi, come da procura speciale del 13 novembre 2009, e dall’avv.
Sabatino Ciprietti, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via Mazzini n. 6, come da mandato a
margine del ricorso introduttivo;
contro
Comune di Francavilla al mare, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Diego De Carolis, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. Mariano Protto in
Roma, via Domenico Chellini n. 10, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, sezione prima, n. 901
del 17 novembre 2008;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Francavilla al mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2011 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti l’avvocato Teti, su
delega di Ciprietti e De Carolis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso n. 3935 del 2009, B. s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per
l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, sezione prima, n. 901 del 17 novembre 2008 con la quale è stato respinto il
ricorso proposto contro il Comune di Francavilla al mare per l'annullamento della comunicazione datata 23 gennaio
2008 n. 2430 del Comune di Francavilla al mare recante il rigetto della richiesta di autorizzazione alla trasformazione
da “uso case e appartamenti vacanze” ad uso “civile abitazione” e ogni atto connesso, ivi compreso il Piano regolatore
generale e le relative NTA e il Piano particolareggiato in variante al PRG adottato con la delibera CC n. 28 del 23
marzo 2005 relativamente alla zona 15 comparto 15/F sub comparto A2.
Dinanzi al giudice di prime cure, l’impresa ricorrente rappresentava di avere a suo tempo ottenuto l’autorizzazione a
trasformare un albergo in casa vacanze; chiedeva poi di poter trasformare l’edificio in uso abitazione senza modifiche
degli oneri; il comune con l’atto gravato rigettava la domanda confermando quanto contenuto nel permesso a costruire
n. 198 del 6 gennaio 2006.
Tale diniego veniva impugnato per i seguenti motivi:
1. Difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, irragionevolezza e contraddittorietà manifesta. Il fabbricato, prima
di essere trasformato in albergo, era adibito a civile abitazione e si colloca in una zona totalmente residenziale. Non
sussisteva poi più il vincolo alberghiero.
2. Illegittimità del vincolo di destinazione imposto con il piano particolareggiato in variante al PRG e con il PRG stesso,
violazione delle norme in materia di pianificazione urbanistica e degli articoli 41 e 42 della Costituzione. I principi in
materia urbanistica consentono unicamente di porre vincoli di zonizzazione e non di destinazione, tanto più che la zona
risulta totalmente residenziale e che il vincolo riguarda un singolo edificio.
3. Travisamento dei fatti, illogicità e contraddittorietà manifesta. La concreta situazione dei luoghi porterebbe ad una
diversa destinazione.
4. Errore nei presupposti, motivazione insufficiente, illogicità e contraddittorietà, violazione degli articoli 41 e 42 della
Costituzione. La domanda doveva comunque essere accolta stante la dimostrata non convenienza della gestione di
strutture turistiche, cui lo stesso Comune ha destinato un’altra zona del territorio comunale.
5. Omessa ed insufficiente motivazione, violazione dell’articolo 41 della legge regionale n. 75 del 28 aprile 1995. La
norma regionale consente la cancellazione del vincolo turistico in caso di comprovata non convenienza della
destinazione.
Costituitosi il Comune di Francavilla al mare, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R.
riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione,
ritenendo inammissibile il ricorso in relazione all’impugnazione delle norme di pianificazione urbanistica ed infondato
per le altre censure.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia la fondatezza della propria pretesa,
riproponendo in grado d’appello le doglianze non accolte davanti al T.A.R..
Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Francavilla al mare, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via
gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 26 gennaio 2010, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 432/2010.
Alla pubblica udienza del 5 luglio 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. - Con il primo motivo di diritto, si deduce omessa o insufficiente motivazione della sentenza su punti decisivi della
controversia, in relazione all’originario primo motivo di ricorso, sottolineando come il T.A.R. non si sia pronunciato in
relazione all’inesistenza di cause ostative al cambiamento o alla trasformazione d’uso richiesta.
2.1. - La doglianza va condivisa.
Occorre, infatti, evidenziare come nell’originario primo motivo di ricorso, la parte oggi appellante avesse lamentato,
come censure di illegittimità del provvedimento gravato, il difetto di motivazione, erroneità dei presupposti,
irragionevolezza e contraddittorietà manifesta. Ciò in considerazione che il fabbricato, prima di essere trasformato in
albergo, era adibito a civile abitazione e si colloca in una zona totalmente residenziale dove non poteva più ritenersi
sussistente il il vincolo alberghiero. Di fronte a tale censura, il T.A.R. si è limitato ad affermare come il provvedimento
fosse correttamente, sebbene sinteticamente, motivato.
Rileva al contrario la Sezione come il provvedimento in esame, facendo un mero riferimento alla destinazione d’uso
contenuta nel precedente permesso di costruire n. 198 del 2006, e quindi alla situazione di fatto preesistente, abbia
sostanzialmente eluso ogni accertamento in merito alla attuale persistenza del vincolo alberghiero su cui si verte. Tale
profilo rappresenta tuttavia la questione centrale della vicenda, sulla quale né l’amministrazione né il giudice di prime
cure si sono adeguatamente soffermati.
Occorre notare come la questione della durata dei vincoli di destinazione alberghiera sia stata esaminata dalla Corte
costituzionale, con la sentenza n. 4 del 28 gennaio 1981 dove, dichiarando la illegittimità costituzionale dell'art. 5 del
d.1. 27 giugno 1967, n. 460, convertito nella legge 28 luglio 1967, n. 628, il giudice delle leggi si è espresso per la
intrinseca natura temporalmente limitata dei vincoli per l’uso alberghiero di un immobile. Tali vincoli, in via di
principio legittimi, in quanto espressione di “un diverso approccio del legislatore al modo di vincolare l'uso
dell'immobile, e di instaurare quel controllo sulla proprietà e l'iniziativa private, che costituisce il riflesso dell'interesse,
e qui dello stesso aiuto pubblico, all'espansione e al miglioramento dei servizi turistici”, hanno ragione di esistere in
ragione di esigenze concrete e sono destinati naturalmente ad affievolirsi. Pertanto, le discriminazioni introdotte con un
regime vincolistico troppo lungo sconfinano “oltre il ragionevole esercizio della discrezionalità legislativa”, venendo
così a violare il principio costituzionale di eguaglianza.
La posizione della Corte costituzionale è diventata quindi canone di azione del legislatore. Con la legge 17 maggio
1983, n. 217 “Legge quadro per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta turistica”, pur
prevedendo all’art. 8 “Vincolo di destinazione”, la possibilità di istituire un vincolo di destinazione per le strutture
ricettive, veniva espressamente disposto, al comma 5, la possibilità di rimozione del detto vincolo, dando carico alle
Regioni, al successivo comma 6, di procedere all’individuazione delle modalità, fermo rimanendo che la detta
limitazione dovesse in ogni caso venir meno “su richiesta del proprietario solo se viene comprovata la non convenienza
economico-produttiva della struttura ricettiva e previa restituzione di contributi e agevolazioni pubbliche eventualmente
percepiti e opportunamente rivalutati ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento agevolato”.
Gli interventi normativi a livello nazionale successivi, ossia la legge 29 marzo 2001, n. 135 ed ora il D.Lgs. 23 maggio
2011 n. 79, hanno spostato a livello di legislazione regionale il piano delle attribuzioni, senza però ovviamente poter
intaccare i principi di rango costituzionale che permeano la materia.
Da tale ricostruzione, emerge che il rispetto del canone di temporaneità e di modificabilità del vincolo di destinazione
d’uso alberghiero, lungi dall’essere una possibilità liberamente valutabile dal legislatore regionale, appartiene alla stessa
ragion d’essere della sua istituzione e deve ritenersi a questo intrinseco.
Il legislatore regionale abbruzzese, con la legge regionale 28 aprile 1995, n. 75 “Disciplina delle strutture turistiche
extralberghiere”, si è quindi fatto carico della questione, prevedendo all’art. 41 la possibilità di rimozione di tale
vincolo. Tale norma, espressamente evocata dalla B. s.r.l. come fondamento giuridico per la sua istanza, non è stata
però ritenuta applicabile dal T.A.R. in quanto ritenuta inserita nel titolo riguardante le residenze di campagna e mirata
alla sola rimozione del vincolo e non al mutamento d’uso, come richiesto dal ricorrente.
Tale lettura però appare in contrasto con la interpretazione costituzionale sopra evidenziata, che vede la rimovibilità
delle limitazioni come un canone di compatibilità della norma stessa con le previsioni della Carta fondamentale. In
questo senso, evocata l’applicazione dell’art. 41 citato, la strada operativa rimessa al giudice non può essere quella dal
mero rispetto del dato normativo, seppur in questo caso non del tutto inequivoco, ma la valutazione della sua
interpretabilità in senso costituzionalmente adeguato o, al limite, nella remissione alla stessa Corte costituzionale per la
valutazione della sua correttezza, in quanto una apposizione sine die del vincolo urta con il principio della sua
temporaneità sopra ricordato.
Per tali ragioni, ritiene la Sezione che il citato art. 41, che al comma 6 prevede “L'Amministrazione comunale può
autorizzare la cancellazione del vincolo di cui ai commi precedenti, su specifica istanza del titolare, quando sia stata
accertata la sopravvenuta impossibilità o non convenienza economicoproduttiva della destinazione, subordinando la
cancellazione alla revoca della concessa autorizzazione di variazione della destinazione d'uso, con conseguente
ripristino della destinazione d'uso originaria”, rappresenti un principio di diritto valevole in tutte la fattispecie, ed in
specie in quella qui in discussione, autorizzando l’ente pubblico a provvedere non unicamente in relazione alla
residenze agricole, ma per tutte le situazioni inquadrabili nell’area concettuale in esame e consentendo ogni tipologia di
provvedimento, anche implicito come il mutamento di destinazione d’uso, che permetta di giungere al risultato concreto
auspicato dal privato e imposto dall’interpretazione costituzionale della norma.
In questa ottica, il rifiuto dell’amministrazione comunale di prendere posizione sull’effettiva sopravvenienza di
situazioni di non economicità della gestione e quindi sull’attuale esistenza delle ragioni giustificative del vincolo, viene
a violare il disposto normativo della legge regionale Abruzzo n. 75 del 28 aprile 1995, nella sua interpretazione più
accorta e adeguata ai canoni indicati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 4 del 28 gennaio 1981.
Sotto questo profilo, il ricorso deve essere accolto, imponendo al Comune di Francavilla al mare di provvedere
sull’istanza proposta dalla B. s.r.l., sulla base degli accertamenti istruttori e della ponderazione degli interessi
conformata dalle norme evocate.
3. - L’acquisita fondatezza del primo motivo di appello, e consequenzialmente del primo motivo del ricorso di primo
grado, comportano la necessità di non ulteriormente pronunciarsi sulle altre censure, dovendosi dare carico al Comune
di Francavilla al mare di procedere ad una nuova determinazione su quanto richiesto dalla B. s.r.l..
4. - L’appello va quindi accolto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in
epigrafe, così provvede:
1. Accoglie l’appello n. 3935 del 2009 e per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale
per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, sezione prima, n. 901 del 17 novembre 2008, accoglie il ricorso di primo
grado;
2. Condanna il Comune di Francavilla al mare a rifondere alla B. s.r.l. le spese del doppio grado di giudizio, che liquida
in €. 3.000,00 (euro tremila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e
rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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