Legittimo escludere il ceto forense dall'accesso ai servizi telematici INPS
[color=red]TAR Lazio, Sentenza, Sez. III, 09/12/2014, n. 12383[/color]
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N. 12383/2014 REG.PROV.COLL.
N. 10037/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 10037 del 2014, proposto dall’avv. Massimo Mazzucchiello, rappresentato e difeso da sé medesimo, con domicilio eletto presso Tar Lazio Segreteria in Roma, via Flaminia 189;
contro
INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuela Capannolo, Mauro Ricci e Clementina Pulli, con domicilio eletto presso Avvocatura INPS in Roma, via Cesare Beccaria, 29;
per l'annullamento
del silenzio rifiuto sull'istanza di rilascio dell'abilitazione ai servizi telematici nazionali INPS (procedura InvCiv 2010; presentazione “on line” di domande per pensioni contributive o di invalidità)
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2014 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso spedito a notifica in data 9.7.2014 e depositato entro i termini di rito, l’Avv. Mazzucchiello ha impugnato ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. il “silenzio-rifiuto” (si tratta in realtà di mera inerzia) formatosi sull’istanza da lui presentata all’INPS, sede provinciale di Napoli, con nota inviata in data 8.5.2013 (e ricevuta dell’ente in data 12.5.2013, doc. 1 ric.) in cui, quale avvocato esercente la professione forense e già dotato di codice di accesso/pin alla procedura RIOL-RicorsiOnLine del sito INPS, richiedeva di essere specificamente abilitato (anche) ai servizi telematici INPS, relativi alla procedura InvCiv 2010 ed alla presentazione “on line” di domande per pensioni contributive o di invalidità, quale professionista incaricato dai cittadini di volta in volta interessati al singolo procedimento.
L’istanza si estendeva altresì alla possibilità di operare presso l’Ente previdenziale ex art. 1, Legge n. 12 del 1979, per gli adempimenti (normalmente svolti, se non direttamente dall’azienda, dal consulente del lavoro incaricato dall’azienda) in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale in favore delle aziende e dei lavoratori con sede e residenza in Italia.
Stante l’assenza di riscontro da parte dell’Istituto l’Avv. Mazzucchiello ha proposto il presente ricorso “contra silentium”, ritenendo che la condotta dell’Ente vada censurata:
1) per violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 L. 241 del 1990, in quanto non è stato osservato il dovere di concludere con provvedimento espresso il procedimento apertosi sull’istanza;
2) per eccesso di potere sotto diversi profili (vedi pagg. 12 – 14 del ricorso) e, in particolare, per contraddittorietà e difetto di istruttoria, atteso che il ricorrente, nella sua qualità di avvocato, è già ammesso ad accedere al sistema telematico RiOL (“ricorsi on line”) dell’INPS, afferente alle “istanze amministrative di secondo grado” ovvero, più precisamente, ai ricorsi amministrativi in materia previdenziale ed assistenziale (in tal senso il ricorrente allega la prova documentale di numerosi ricorsi da lui proposti ed acquisiti dal sistema) mentre, contraddittoriamente ed immotivamente, l’Ente non ritiene di ammetterlo (più in generale è l’intera categoria forense ad essere esclusa) ai servizi telematici INPS afferenti a domande ed istanze “di primo grado”, introduttive di procedimenti in materia previdenziale o assistenziale;
3) con il terzo e ben più articolato motivo, infine, il ricorrente denuncia come illegittima sotto numerosi profili e viziata da eccesso di potere, la posizione negativa assunta dall’INPS nel caso di specie e, in generale, avallata con numerose circolari, secondo cui la categoria degli avvocati non è abilitata all’accesso ai servizi telematici INPS in materia di invalidità né autorizzata ad operare come “intermediario abilitato” per effettuare gli adempimenti gravanti sulle imprese con dipendenti: si deduce l’irrazionalità e la disparità di trattamento della non ammissione, rispetto agli enti di patronato ed agli avvocati con essi convenzionati ai quali, in generale, sono state ampiamente riconosciute le abilitazioni ad entrambi servizi telematici in discorso.
La disparità di trattamento arriverebbe a configurare, secondo il ricorrente, anche un’ ipotesi di “intesa restrittiva della libertà di concorrenza” ovvero di “abuso di posizione dominante” a vantaggio degli avvocati convenzionati con i Patronati, che potrebbero disporre del PIN fornito dall’INPS per accedere ai servizi “INVCIV2010” e “invalidità pensionabile”, ai fini della tutela dei propri assistiti, potendo disporre di una funzionalità negata invece agli avvocati “non convenzionati”.
Si è costituito in giudizio l’INPS, depositando ampia ed articolata memoria in cui si contestano gli assunti avversari e si chiede l’integrale rigetto del ricorso.
In vista della camera di consiglio svoltasi il 29 ottobre 2014, il ricorrente ha depositato memoria con documenti allegati, in cui si reiterano ed approfondiscono le doglianza già svolte nel ricorso introduttivo.
2. Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni che di seguito si espongono.
2.1. Va premesso che, ad avviso del Collegio, nessun interesse ha il ricorrente a coltivare il primo motivo di ricorso, in quanto la dedotta illegittimità ex art. 2 L. 241 del 1990 dell’omesso riscontro dell’istanza, nulla prova in ordine alla spettanza del bene della vita costituito dalla possibilità di accedere ai servizi telematici riservati dell’INPS, come sopra individuati, ai fini di poter assistere la propria clientela.
L’illegittimità, di natura prettamente procedurale e, pertanto, da vagliare nell’ottica dell’art. 21 octies comma 2 L. 241 del 1990, concerne la sola condotta di omessa risposta e si configura come mera violazione di una “regola di condotta amministrativa” di portata generale (quale è quella sottesa all’art. 2 cit.), che non si traduce però nell’illegittimità del mancato provvedere, da valutare nell’ambito della normativa sostanziale di riferimento né, tantomeno, può condurre di per sé ad un giudizio di “spettanza del bene della vita” sotteso alla istanza presentata.
2.2. Ciò premesso, si ritiene di trattare congiuntamente il secondo ed il terzo motivo di ricorso, presentandosi gli stessi intrinsecamente collegati.
Con la Circolare INPS n. 131 del 28.12.2009 è stata data attuazione all’art. 20 della legge 3 agosto 2009, n. 102 che ha demandato all’Istituto previdenziale l’indicazione delle modalità di presentazione delle domande in materia di invalidità civile a decorrere dal 1 gennaio 2010. La predetta Circolare ha previsto che l’applicazione INVCIV 2010 (relativa al riconoscimento dei benefici in materia di invalidità civile, cecità, sordità ecc.) è disponibile sul sito internet dell’Ente ed è fruibile esclusivamente in modalità telematica, mediante il codice PIN che viene rilasciato dal sistema esclusivamente ai diretti interessati ed agli altri soggetti ivi individuati (tra i quali, in particolare, i medici certificatori, il personale amministrativo delle ASL specificamente individuati e gli enti di patronato).
Il successivo art. 38, comma 5, del D.L. n. 78 del 2010 ha espressamente assegnato agli enti previdenziali il potere di dettare norme disciplinanti “…. l’utilizzo esclusivo dei propri servizi telematici ovvero della posta elettronica certificata, anche a mezzo di intermediari abilitati….Le amministrazioni ed enti indicati al periodo precedente (tra i quali gli enti previdenziali, ndr) definiscono altresì l’utilizzo dei servizi telematici o della posta elettronica certificata anche per gli atti, comunicazioni o servizi dagli stessi resi….”.
Anche nei successivi atti organizzativi (vedi Circolari INPS n. 32 del 2011 e n. 151 del 2013) l’INPS ha confermato la precedente platea di soggetti ammessi a fruire dei servizi telematici offerti, confermando l’ammissione degli enti di patronato e l’esclusione degli esercenti la professione forense “non convenzionati” con detti enti.
Ad avviso del Collegio l’esercizio del potere di selezione, da parte dell’INPS, dei soggetti che, oltre ai diretti interessati, possono richiedere l’accesso ai servizi telematici riservati ed ottenere il relativo PIN, deve considerarsi esercitato legittimamente, non risultando viziato nel non avere concesso l’accesso alle procedure in discorso (INVCIV2010, procedimenti pensionistici) al ceto forense.
Non risulta, in particolare, fondata la principale censura svolta dal ricorrente, relativa alla asserita disparità di trattamento che egli, quale iscritto all’albo degli avvocati e titolare del PIN per l’accesso al sistema telematico INPS dei ricorsi amministrativi (RiOL), subirebbe rispetto agli enti di patronato, in quanto la scelta amministrativa compiuta non si pone in temine di irragionevole “privilegio” a favore di tali enti ma appare, al contrario, come la fisiologica conseguenza della natura e degli scopi istituzionali che il legislatore ad essi attribuisce.
Per convincersi di ciò appare sufficiente la lettura di alcune delle fondamentali disposizioni contenute nei seguenti articoli della legge n. 152 del 2001 (recante la nuova disciplina degli istituti di patronato e di assistenza sociale):
- art 1: “In attuazione degli articoli 2, 3, secondo comma, 18, 31, secondo comma, 32, 35 e 38 della Costituzione, la presente legge detta i princìpi e le norme per la costituzione, il riconoscimento e la valorizzazione degli istituti di patronato e di assistenza sociale quali persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità”;
- art. 7 (Funzioni): “1. Gli istituti di patronato e di assistenza sociale esercitano l'attività di informazione, di assistenza e di tutela, anche con poteri di rappresentanza, a favore dei lavoratori dipendenti e autonomi, dei pensionati, dei singoli cittadini italiani, stranieri e apolidi presenti nel territorio dello Stato e dei loro superstiti e aventi causa, per il conseguimento in Italia e all'estero delle prestazioni di qualsiasi genere in materia di sicurezza sociale, di immigrazione e emigrazione, previste da leggi, regolamenti, statuti, contratti collettivi ed altre fonti normative, erogate da amministrazioni e enti pubblici, da enti gestori di fondi di previdenza complementare o da Stati esteri nei confronti dei cittadini italiani o già in possesso della cittadinanza italiana, anche se residenti all'estero.
2. Rientra tra le attività degli istituti di patronato e di assistenza sociale l'informazione e la consulenza ai lavoratori e ai loro superstiti e aventi causa relative all'adempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi contributivi e della responsabilità civile anche per eventi infortunistici”;
- in termini più specifici l’art. 8 stabilisce che “1. Le attività di consulenza, di assistenza e di tutela degli istituti di patronato riguardano:
a) il conseguimento, in Italia e all'estero, delle prestazioni in materia di previdenza e quiescenza obbligatorie e di forme sostitutive e integrative delle stesse;
b) il conseguimento delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale;
c) il conseguimento delle prestazioni di carattere socio-assistenziale, comprese quelle in materia di emigrazione e immigrazione;
d) il conseguimento, in Italia e all'estero, delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare, anche sulla base di apposite convenzioni con gli enti erogatori.
2. Le attività di consulenza, di assistenza e di tutela sono prestate indipendentemente dall'adesione dell'interessato all'organizzazione promotrice e a titolo gratuito, salve le eccezioni stabilite dalla presente legge. In ogni caso, sono prestate a titolo gratuito le attività per le quali è previsto il finanziamento pubblico di cui all'articolo 13.
3. Gli istituti di patronato, in nome e per conto dei propri assistiti e su mandato degli stessi, possono presentare domanda e svolgere tutti gli atti necessari per il conseguimento delle prestazioni indicate al comma 2, anche con riguardo alle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni”.
Pertanto gli enti di patronato sono qualificati dalla legge come persone giuridiche di diritto privato che “svolgono un servizio di pubblica utilità”, servizio che deve essere garantito agli utenti di cui all’art. 7 L. 152 del 2001 che ne facciano richiesta (lavoratori dipendenti e autonomi, pensionati, singoli cittadini italiani, stranieri e apolidi presenti nel territorio dello Stato) e da prestare gratuitamente.
In questo quadro l’accessibilità ai servizi telematici in contestazione deve considerarsi una scelta non solo legittima ma, invero, doverosa da parte dell’Istituto che, per ovvie ragioni, avrebbe compiuto un atto del tutto irragionevole e contrastante con le norme sopra richiamate ove avesse impedito agli enti di patronato di accedere, nell’interesse degli assistiti, ai servizi telematici relativi all’invalidità civile ovvero alle prestazioni previdenziali, rendendo sostanzialmente inoperanti ed inapplicabili quelle competenze istituzionali che sono proprie degli enti in parola e che ne giustificano il peculiare regime giuridico.
Sarebbe stato, evidentemente, incomprensibile ed irrazionale non ammettere i patronati - soggetti peraltro al riconoscimento del Ministero del lavoro e della previdenza sociale ex art. 3 L. 152 cit., da concedere soltanto al ricorrere di determinati presupposti tecnici, organizzativi e finanziari – alla gestione, anche per via telematica, dei procedimenti in materia previdenziale ed assistenziale di interesse dei propri assistiti (con particolare riferimento ai procedimenti per l’accertamento dell’invalidità civile), in presenza di disposizioni, quali quelle citate, che stabiliscono, tra i servizi che tali enti sono chiamati a curare, presso gli enti competenti:
- le prestazioni di qualsiasi genere in materia di sicurezza sociale, di immigrazione e emigrazione, previste da leggi, regolamenti, statuti, contratti collettivi ed altre fonti normative (vedi art. 7 cit.);
- il conseguimento, in Italia e all'estero, delle prestazioni in materia di previdenza e quiescenza obbligatorie… (art. 8 cit. lett. a)
- il conseguimento delle prestazioni di carattere socio-assistenziale, comprese quelle in materia di emigrazione e immigrazione (art. 8 cit. lett. c).
Nel momento in cui è la legge stessa ad attribuire agli enti di patronato, qualificandola come “servizio di pubblica utilità”, la gestione delle “pratiche” in materia sia previdenziale che assistenziale nell’interesse dei c.d. “soggetti deboli” che a tale scopo si rivolgono a loro, era doveroso e consequenziale per l’INPS accordare in via generalizzata ad essi il PIN di accesso ai servizi telematici in discorso in quanto, nel quadro di avanzata informatizzazione perseguita ed attuata dell’Ente resistente, in assenza di tale abilitazione gli enti di patronato sarebbero stati nella materiale impossibilità di svolgere alcuni dei propri servizi fondamentali.
Tutto quanto precede non può in alcun modo riferirsi agli esercenti la professione forense che:
- non svolgono un servizio di pubblica utilità né svolgono attività in esclusiva nello specifico settore previdenziale/assistenziale (se non, ovviamente, nel relativo contenzioso giurisdizionale);
- possono liberamente accettare o non accettare incarichi, fatte salve le speciali disposizioni sulla difesa obbligatoria d’ufficio che tuttavia, riferendosi alla tutela giurisdizionale, esulano del tutto dalla materia in discorso, relativa a procedimenti amministrativi;
- svolgono di norma il proprio incarico a titolo oneroso, salva la libera facoltà di accettare, eccezionalmente ed a propria discrezione, incarichi a titolo gratuito.
L’assenza di ogni elemento di analogia tra patronati ed avvocati del libero foro, evidenzia l’infondatezza delle censure dedotte, sia sotto il profilo della disparità di trattamento che sotto quello dell’eccesso di potere.
A conclusioni non dissimili si perviene anche considerando la particolare categoria degli avvocati convenzionati con gli enti di patronato, sulla base di apposite convenzioni tra questi e singoli professionisti, disciplinate dall’art. 9 Legge n. 247 del 2012, da notificare alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, al fine di assicurare la tutela giurisdizionale degli assistiti dei patronati, “in considerazione delle finalità etico-sociali perseguite dagli istituti stessi”.
Al riguardo assume rilievo decisivo quanto dedotto dall’Ente resistente (in contrasto con quanto infondatamente asserito dal ricorrente) in ordine al fatto che la tutela giudiziaria assicurata dagli avvocati convenzionati ex art. 9 cit. non comporta affatto l’utilizzo da parte loro del PIN relativo ad un assistito, il quale compete esclusivamente ai patronati ed è riservato esclusivamente ad essi, sicché configurerebbe un illegittimo abuso la condotta dell’ente che, tramite propri collaboratori, lo mettesse a disposizione del professionista convenzionato.
Nessuna contraddittorietà è altresì riferibile alla circostanza che l’INPS ha invece concesso agli avvocati del libero foro la possibilità di ottenere il PIN per la presentazione “on line” dei ricorsi amministrativi, nell’interesse del proprio cliente, mediante la procedura “RiOL – Ricorsi on line”: qui la scelta si spiega in relazione alla natura giustiziale del rimedio, diretto ad un riesame del provvedimento già assunto dell’ente, nei limiti dei profili di illegittimità specificamente dedotti, potenzialmente propedeutico e/o prodromico alla tutela giudiziaria vera e propria e, come tale, particolarmente vicino alle specifiche competenze professionali dell’avvocato che, nella comune esperienza, viene in genere incaricato della redazione di questi ricorsi (benché non si tratti di strumenti che richiedano necessariamente il patrocinio legale).
La limitazione dell’accesso degli avvocati a questa particolare categoria di procedimenti ha, pertanto, una sua “ratio” ben individuabile e non integra un comportamento contraddittorio addebitabile all’Istituto.
2.3. Inconferente è infine la distinta domanda del ricorrente diretta all’assegnazione del PIN come intermediario abilitato a “tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non siano curati dal datore di lavoro, direttamente o a mezzo di propri dipendenti” che, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 12 del 1979, possono essere svolti, non solo dai consulenti del lavoro iscritti nell’apposito albo ma anche “da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati , dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono tenuti a darne comunicazione alle direzioni provinciali del lavoro nel cui ambito territoriale intendono svolgere gli adempimenti di cui sopra”.
Il ricorrente, pertanto, è ammesso ad operare come intermediario abilitato in questo specifico ambito, in quanto già titolare di un PIN attivo in qualità di avvocato operante nel circondario del Tribunale di Napoli (vedi doc. 12 res.), a condizione di effettuare la prescritta comunicazione alla competente DPL.
3. Per tutto quanto precede il ricorso proposto va respinto in quanto infondato in fatto ed in diritto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore dell’I.N.P.S., Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre Iva, Cassa Avvocati ed oneri tutti di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Silvio Lomazzi, Consigliere
Claudio Vallorani, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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