MINISTERO DELL'INTERNO - COMITATO DI COORDINAMENTO PER L'ALTA SORVEGLIANZA DELLE GRANDI OPERE
COMUNICATO
[color=red]Linee guida recanti: Primi indirizzi per i controlli antimafia di cui
all'articolo 2-bis, comma 5, del decreto-legge 10 dicembre 2013, n.
136, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n.
6. (Delibera CCASGO 15 dicembre 2014). (14A10134) [/color]
(GU n.3 del 5-1-2015)
1. Ambito di applicazione e metodologia di lavoro.
Le presenti Linee Guida sono volte a definire le procedure di
monitoraggio e controllo antimafia relative agli interventi di
riqualificazione ambientale sul territorio delle Regione Campania di
cui all'art. 2-bis, comma 5, del D.L. 1° dicembre 2013, n. 136,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6.
Il documento fornisce, altresi', indicazioni per l'esercizio
delle funzioni demandate, dal comma 1 dello stesso art. 2-bis, al
Prefetto di Napoli, in qualita' di Prefetto del Capoluogo di Regione,
finalizzate a garantire il coordinamento e l'unita' di azione delle
iniziative di prevenzione delle infiltrazioni criminali, con riguardo
agli affidamenti e sub affidamenti, nonche' all'erogazione di
provvidenze pubbliche collegate alle predette attivita' di
monitoraggio e bonifica.
In premessa si ritiene opportuno, per una migliore e piu'
intelligente comprensione dei contenuti e della metodologia di lavoro
seguita dal Comitato, fornire un sintetico quadro sui punti
qualificanti il presente atto di indirizzo, che si troveranno
ampiamente sviluppati nei singoli paragrafi.
Innanzitutto, va evidenziato come la tipologia di interventi in
esame presenti peculiarita' che la rendono difficilmente assimilabile
a precedenti esperienze, per la presenza di una serie di fattori di
complessita'.
Il primo di tali fattori attiene alle note condizioni di
criticita' del contesto ambientale in cui si andra' a collocare il
piano di risanamento previsto dal decreto-legge n. 136/2013, contesto
notoriamente segnato dall'endemica e diffusa presenza di una
consolidata e organizzata rete criminale di stampo mafioso.
Il secondo fattore di vulnerabilita' e' connesso alla tipologia
degli interventi che si andranno a realizzare - legata alla gestione
dell'intero ciclo dei rifiuti - e, di conseguenza, alla categoria
degli operatori economici che parteciperanno alle operazioni di
bonifica.
Si tratta di un segmento di mercato in cui si riscontrano
frequentemente fenomeni di illegalita', in molti casi riconducibili
al crimine organizzato.
A questo riguardo, appaiono significativi i risultati di
un'analisi dei dati giudiziari sviluppata di recente dalla Direzione
Nazionale Antimafia. Essa dimostra come tra la consumazione dei reati
in materia ambientale e la criminalita' organizzata di tipo mafioso
esista un'interazione, alcune volte manifesta, ed altre dissimulata.
E cio' in quanto la consumazione di quei reati, soprattutto quando
siano di ampia diffusivita' e rilevanza, comporta la utilizzazione
del territorio in maniera illecita, circostanza che, specialmente in
determinate aree del Paese, puo' essere garantita solo da quel tipo
di organizzazioni.
A tale riguardo bastera' riferirsi alle dichiarazioni di vari
collaboratori di giustizia appartenenti proprio al mondo
imprenditoriale della raccolta e gestione dei rifiuti: da esse
risulta evidentissimo il grande interesse che, soprattutto il clan
dei casalesi, ha riposto in tale business.
Allo stesso modo puo' considerarsi un dato ormai giudiziariamente
acquisito la circostanza che l'ingerenza delle mafie nell'illecito
smaltimento dei rifiuti si avvalga del condizionamento delle
Amministrazioni locali, che assicurano alle ditte contigue ai clan
gli appalti per la raccolta e il trattamento dei rifiuti, la cui
esecuzione avviene con modalita' illecite, cosi' da ottimizzare i
guadagni a scapito della tutela del territorio e della salute
pubblica. Tale connivenza con soggetti inseriti negli apparati
politico-amministrativi locali risulta cosi' imprescindibile e
funzionale agli interessi criminali.
Tale ingerenza criminale nel settore dei rifiuti assume
particolare significato in occasione dell'esecuzione di importanti
interventi pubblici, aventi un vasto impatto sia dal punto di vista
economico che territoriale e, quindi, sociale. In presenza di tali
evenienze, l'attivita' di prevenzione svolge un ruolo fondamentale,
potendosi incidere su tali fenomeni in maniera piu' marcata di quanto
possano farlo gli stessi procedimenti penali.
La analisi effettuata dalla Direzione Nazionale Antimafia in
questo specifico settore, evidenzia come sia apparso sempre
imprescindibile, per gli intermediari che operano con modalita'
illecite nel ciclo dei rifiuti, ricorrere a quel tipo di contatti. In
proposito la casistica investigativa e processuale di cui la DNA
dispone non lascia adito a dubbi.
Peraltro, la presenza della delinquenza mafiosa in questo settore
e' stata registrata ai diversi livelli della filiera delle imprese,
declinando la propria dimensione speculativa su tutto il processo
produttivo, a monte e a valle del ciclo del rifiuto, attraverso
modelli organizzativi e gestionali semplici o a impronta piu'
specialistica (si va, in sostanza, dalla gestione della discarica per
inerti a quella di stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi o di
inertizzazione e riutilizzo degli stessi).
La fondata preoccupazione e', quindi, quella di evitare che
l'iniziativa di recupero del territorio, oggetto del citato
decreto-legge, si trasformi in una ulteriore occasione di guadagno
per gli stessi autori del disastro ambientale che si e' prodotto in
quella regione.
Un ulteriore fattore di complessita' e' legato alla
frammentazione, in termini logistici, delle attivita' «di cantiere»
che verranno avviate ma anche alla necessita' che l'attivita' di
monitoraggio e vigilanza, a fini antimafia, insista su una porzione
di territorio particolarmente ampia e solo in parte coincidente con i
singoli siti da bonificare.
L'ultimo fattore da tenere in considerazione, quale corollario
dei precedenti, attiene alla pluralita' dei soggetti (si pensi solo
al numero dei comuni su cui insistono i siti e dei proprietari degli
stessi) che, a vario titolo, saranno coinvolti nel processo di
risanamento di quelle aree e che richiedera' un intenso sforzo in
termini di coordinamento anche al fine di mantenere un costante e
omogeneo livello di attenzione nelle azioni di controllo di
rispettiva competenza.
L'impianto delle cennate Linee-guida, pertanto, ha dovuto tener
conto della specificita' del quadro delineato provando a disegnare un
modello operativo «su misura».
Se non si ricorre a misure specifiche, che tengano conto del
contesto territoriale, del radicamento dei clan camorristici, degli
interessi economici in gioco e del grado di infiltrazione di alcune
delle imprese operanti nel settore, si rischia concretamente di
affidare le operazioni di bonifica proprio a coloro che hanno
avvelenato il territorio campano.
In questo senso, il presente atto di indirizzo si muove
nell'ottica di potenziare al massimo i presidi da attivare nella fase
antecedente all'esecuzione degli interventi nella consapevolezza che
l'affidamento di appalti ed altri subcontratti a soggetti contigui ad
ambienti criminali potrebbe non solo costituire un vulnus per la
trasparenza e la liberta' del mercato legale ma anche compromettere
ulteriormente il primario diritto alla salute della popolazione di
quei territori.
Di particolare utilita' a tal fine si sono rilevati: da un lato,
l'accresciuta conoscenza, da parte delle Forze di polizia e della
Autorita' giudiziaria, dei meccanismi di penetrazione mafiosa nel
«business» ambientale e, dall'altro, le potenzialita' offerte da
talune disposizioni contenute nella normativa di settore (si fa
riferimento, in particolare, all'art. 29 del decreto-legge n. 90/2014
in tema di white list, ma anche alla regolamentazione che disciplina
l'attivita' di gestione ambientale e del ciclo dei rifiuti).
Una particolare attenzione, dunque, e' stata rivolta allo
strumento dello screening preventivo sugli operatori economici da
parte della Prefettura, con il supporto degli organi info
investigativi e la collaborazione offerta dall'Autorita' giudiziaria,
cosi' come allo strumento delle «White List», opportunamente
calibrato sulla specificita' del rischio criminale, che dovrebbe
costituire il meccanismo di elezione per la scelta dell'operatore
economico.
Sul punto, vale la pena di precisare che l'impianto delle
presenti linee guida, anche con specifico riferimento al tema delle
white list e' stato condiviso dall'Avvocatura generale dello Stato
cui e' stato trasmesso il testo per un parere preventivo.
Va infine sottolineato che analoga considerazione e' stata
riservata alla fase dei controlli sulla esecuzione degli interventi
che potra' giovarsi non solo del qualificato contributo di componenti
specialistiche delle Forze di polizia ma anche delle forme di
collaborazione istituzionale con l'Autorita' giudiziaria gia'
positivamente sperimentate in precedenti esperienze.
2. Quadro di situazione degli interventi avviati e da avviare.
In preparazione del presente atto di indirizzo, sono stati
avviati contatti con l'Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale (ISPRA) e il Comando Generale del Corpo Forestale
dello Stato, per acquisire un quadro informativo circa lo stato delle
iniziative avviate. Inoltre, rappresentanti del Comitato hanno
partecipato ad incontri presso la Direzione Nazionale Antimafia, ed
alla quale sono intervenuti il Procuratore Nazionale Antimafia ed i
suoi Sostituti, nonche' i Procuratori Distrettuali e Circondariali
dei territori campani maggiormente interessati dai fenomeni di
sversamenti e smaltimenti abusivi in aree agricole. In tali incontri
sono stati acquisiti, alla luce di quanto finora accertato in sede
giudiziaria, spunti di riflessione sulle possibili criticita' e
quindi sulle misure di rafforzamento dell'azione di prevenzione
attraverso forme di collaborazione con l'Autorita' Giudiziaria.
Il quadro di situazione emerso puo' essere sintetizzato come
segue.
Il D.L. n. 136/2013 articola il processo di risanamento delle
aree in discorso in due fasi:
a) la prima fase consiste nella mappatura dei terreni a
rischio.
Tale attivita' viene realizzata attraverso indagini tecniche
effettuate da soggetti pubblici specificamente incaricati (Consiglio
per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - CRA, ISPRA,
Istituto Superiore di Sanita' - ISS, e dell'Agenzia Regionale per la
Protezione Ambientale in Campania - ARPAC), sulla base degli
indirizzi e delle priorita' stabilite con una direttiva adottata dai
Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali,
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e della
salute, d'intesa con il Presidente della Regione Campania (art. 1 del
D.L. n. 136/2013). A questo scopo, il personale tecnico incaricato,
accompagnato da personale del Corpo Forestale dello Stato e del NOE
dell'Arma dei Carabinieri e', autorizzato ad accedere a ciascun sito
per effettuare i prelievi di materiali da analizzare. A conclusione
della fase diagnostica, con decreto dei Ministri delle politiche
agricole, alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sono individuati - classificandoli secondo una
scala del rischio che va dal Livello 5 (Rischio molto alto) a Livello
1 (Rischio basso) - i terreni che non possono essere destinati a
colture agroalimentari o quelli da destinare solo ad alcune colture
agroalimentari.
Con la direttiva interministeriale emanata il 23 dicembre 2013 e'
stato elaborato un primo elenco di 57 Comuni (33 della Provincia di
Napoli e 24 della Provincia di Caserta), i cui territori devono
formare oggetto prioritario dell'attivita' in questione; con una
successiva direttiva interministeriale del 16 aprile 2014 e' stato
individuato un secondo elenco di 31 Comuni (22 della Provincia di
Napoli e 9 della Provincia di Caserta), i cui territori dovranno
formare oggetto delle medesime indagini tecniche.
Resta comunque fermo che l'ambito di applicazione delle presenti
Linee guida - allo stato riferito ai cennati territori - verra'
automaticamente ad estendersi a quelle aree che dovessero essere
individuate, a seguito di ulteriori direttive interministeriali, ai
fini dei relativi interventi di bonifica;
b) la seconda fase consiste nella attuazione degli interventi
finalizzati alla bonifica dei siti e alla rivitalizzazione economica
dei territori, sulla base di un programma straordinario e urgente per
la cui esecuzione potranno essere individuati soggetti attuatori. E'
previsto che tali interventi possano essere realizzati attraverso la
stipula di contratti istituzionali di sviluppo di cui all'art. 6 del
decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, nell'ambito dei quali la
Regione puo' individuare anche misure incentivanti l'utilizzo di
colture di prodotti non destinati all'alimentazione umana o animale
(si vedano, in particolare, gli articoli 1, comma 6-quinquies, e 2,
comma 4).
Nel momento in cui viene adottato il presente atto di indirizzo,
risultano essere in fase di svolgimento le attivita' riguardanti la
mappatura dei terreni di cui alla precedente lettera a).
3. I soggetti della «rete» di prevenzione delle infiltrazioni
mafiose.
L'art. 2-bis, del D.L. n. 136/2013 prevede che i controlli
antimafia sui diversi interventi connessi al monitoraggio e alla
bonifica delle aree agricole campane vengano sviluppati secondo
modalita' rafforzate rispetto a quelle attuate in via ordinaria ed
assegna un ruolo centrale di indirizzo e coordinamento al Prefetto di
Napoli.
Per lo svolgimento di questi compiti egli potra' avvalersi:
a) della Sezione Specializzata di questo Comitato, di cui al
comma 2, del ricordato art. 2-bis;
b) del Gruppo interforze centrale per il monitoraggio e le
bonifiche delle aree inquinate (GIMBAI), organismo
info-investigativo, costituito presso il Dipartimento della Pubblica
Sicurezza, ai sensi del comma 3 del medesimo art. 2-bis.
Tali organismi vanno a integrare la «rete» del monitoraggio
antimafia, prevista dal D.M. 14 marzo 2003, a cominciare dalla DIA e
dal Gruppo Interforze, ed ovviamente dalle altre Prefetture, in
primis quella di Caserta, il cui territorio e' considerevolmente
interessato dagli interventi di monitoraggio e bonifica.
A questo fine, il Prefetto di Napoli si fara' carico di
individuare le piu' efficaci forme di raccordo tra le predette
componenti, in modo da garantire la massima circolazione informativa
nella fase ascendente, verso quella prefettura, e in quella
discendente, in direzione cioe' delle altre prefetture e delle
diverse componenti del sistema rafforzato antimafia.
In questo senso, diventera' fondamentale avviare un'ancor piu'
stretta collaborazione con la DDA di Napoli e le altre Procure dei
circondari interessati dal piano degli interventi disciplinati dal
predetto D.L. n. 136/2013, nell'ovvio rispetto dei reciproci ruoli e
del segreto di indagine. A tal fine, potra' essere presa in
considerazione la possibilita' di attivare intese, volte a conferire
alla Prefettura di Napoli il ruolo di «interfaccia» privilegiato
delle informazioni che le citate Autorita' Giudiziarie riterranno
opportuno «riversare» nel circuito amministrativo per le conseguenti
iniziative.
Sempre nell'ottica di rendere piu' incisiva l'azione di
controllo, il Prefetto di Napoli potra' avviare iniziative
collaborative con gli altri stakeholders pubblici competenti a
eseguire o far eseguire il monitoraggio dei terreni, in linea di
continuita' con il protocollo di legalita', gia' stipulato con il
Presidente della Regione Campania, per la prevenzione della
corruzione e dell'infiltrazione criminale nelle opere di bonifica
ambientali.
In particolare, il Prefetto di Napoli si fara' carico di
promuovere la stipula degli accordi di legalita' che, nei termini
indicati dalle presenti Linee Guida, definiranno la cornice dei
controlli antimafia sugli interventi - ivi comprese le forme di
incentivazione - contemplati dai contratti istituzionali di sviluppo
eventualmente stipulati per le esigenze di cui ai gia' menzionati
articoli 1, comma 6-quinquies, e 2, comma 4, del D.L. n. 136/2013.
E' utile ricordare che l'art. 6, comma 3, del decreto legislativo
n. 88/2011 assoggetta i predetti contratti istituzionali di sviluppo
alla disciplina prevista dal Codice dei contratti pubblici per le
realizzazioni comprese nel Piano delle Infrastrutture Strategiche,
anche per cio' che concerne le modalita' di svolgimento delle
verifiche antimafia (Parte II, Titolo III, Capo IV del Codice).
Ai contratti istituzionali di sviluppo si applica, dunque, l'art.
176 del citato Codice che rende obbligatoria la conclusione di
appositi accordi di legalita' tra il Prefetto e le parti dei medesimi
contratti, finalizzati a definire, appunto, i controlli e le cautele
da osservarsi in chiave di prevenzione delle ingerenze criminali.
I contenuti di tali protocolli si uniformeranno al sistema dei
controlli antimafia delineato dalla delibera CIPE n. 58 del 3 agosto
2011, concernente le infrastrutture strategiche di interesse
nazionale.
4. Indicazioni per la prevenzione delle infiltrazioni nella fase del
monitoraggio delle aree della Regione Campania oggetto di eventuali
contaminazioni o inquinamenti.
4.1. Il monitoraggio delle aree territoriali.
Nell'attuale stadio propedeutico all'attivazione degli interventi
di bonifica, e' ragionevole ipotizzare che l'interesse della
criminalita' organizzata sia orientato a precostituirsi posizioni,
direttamente o indirettamente, lucrative sia rispetto agli interventi
- e alle relative risorse economiche - destinati al risanamento delle
aree contaminate, sia rispetto ad eventuali forme di speculazione
edilizia.
Di conseguenza l'azione di monitoraggio dovra' prevalentemente
essere rivolta a intercettare manovre intrusive volte a interferire
sul regolare processo di campionamento e classificazione dei terreni,
cosi' come ad acquisire il controllo delle aree interessate
all'indotto del futuro piano di bonifica.
Sintomatici, a tal fine, potranno dunque rivelarsi, gia' in
questa fase, i passaggi di proprieta' riguardanti terreni ricompresi
nelle aree in questione, cosi' come le richieste di trasformazione di
destinazione d'uso di zone limitrofe (ad esempio da adibire a cave o
a siti per lo smaltimento di inerti).
In tale prospettiva, il Prefetto di Napoli, avvalendosi del
contributo dei Gruppi Interforze e del GIMBAI, avviera', sin da ora,
le iniziative di screening volte al censimento dei siti al fine di
far emergere situazioni di «allarme» o comunque di «anomalia».
Particolarmente utili, a tali fini, saranno i contributi
informativi forniti dai Gruppi Interforze, relativamente al
censimento dei soggetti proprietari dei terreni (1) , nonche' dal
GIMBAI a seguito dello screening periodico dei trasferimenti di
proprieta' nelle zone ove insistono i terreni a rischio.
L'eventuale individuazione di elementi di «criticita'», in
termini di contiguita' mafiosa, che dovessero emergere nei confronti
di soggetti proprietari dei terreni o interessati da transazioni
aventi ad oggetto i terreni stessi, potra' consentire il rilascio di
attestazioni sfavorevoli qualora i soggetti abbiano in corso rapporti
con la pubblica amministrazione. In ogni caso tali elementi potranno
dare adito ad ulteriori accertamenti volti alla proposta di
applicazione di misure di prevenzione, ovvero sfociare in altre forme
di accertamento di natura giudiziaria.
4.2. Il monitoraggio delle cave e delle discariche.
E' facilmente prevedibile che la «filiera» degli operatori
economici impegnati nell'esecuzione degli interventi di bonifica dei
terreni agricoli inquinati o contaminati comprendera' anche le
imprese che gestiscono cave o discariche.
Si tratta, come e' noto, di attivita' particolarmente delicate,
non solo sul versante del rischio prettamente ambientale, ma anche
perche' costituiscono un settore tradizionalmente piu' esposto ai
tentativi di aggressione e condizionamento del crimine organizzato.
In considerazione di cio', appare opportuno che le Prefetture di
Napoli e Caserta (e quelle altre della Campania in futuro
interessate) proseguano attivamente il monitoraggio, previsto dalla
direttiva del Ministro dell'interno del 23 giugno 2010 sui soggetti
che gestiscono i predetti siti estrattivi o di smaltimento dei
rifiuti.
Lo screening dovra' essere svolto in necessaria collaborazione
con i competenti organi regionali, ed eventualmente provinciali, ai
quali andra' richiesto un quadro informativo esauriente circa i
soggetti cui sono stati affidati in concessione i siti estrattivi o
cui sono state rilasciate le prescritte autorizzazioni per la
gestione delle discariche, allo scopo di accertare l'effettiva
titolarita' delle attivita'. Altrettanto importante sara' assicurare
un circuito informativo tempestivo sulle richieste di autorizzazione
e concessione ancora in itinere o che verranno nel tempo presentate.
Nel caso in cui l'operatore economico non risulti gia' iscritto
nelle white list e gli accertamenti facciano emergere le condizioni
per il rilascio di informazioni antimafia interdittive, le Prefetture
di Napoli e Caserta provvederanno a informare:
a) l'Amministrazione concedente o che ha rilasciato gli
eventuali provvedimenti di tenore autorizzatorio, per l'adozione dei
conseguenti provvedimenti;
b) l'eventuale soggetto aggiudicatore degli appalti pubblici
connessi all'esecuzione delle bonifiche perche', ai fini di una piu'
efficace ed estesa rete di prevenzione antimafia, inibisca i soggetti
e gli operatori economici interessati dall'intrattenere rapporti di
fornitura, approvvigionamento ecc. con le imprese controindicate.
Qualora le imprese abbiano sede legale in altra Provincia, le
Prefetture di Napoli e Caserta provvederanno a attivare le competenti
prefetture ai fini degli adempimenti di cui alle precedenti lettere
a) e b).
Si segnala che il Prefetto, fuori dai casi in cui vengano
accertati tentativi di infiltrazione mafiosa che consentano il
rilascio di un'interdittiva, potra' in ogni caso, nel contesto di
questa attivita' di monitoraggio, esercitare il potere di
segnalazione di cui all'art. 1-septies del d.l. n. 629/1982.
Ed infatti, il nuovo Codice antimafia, nel sopprimere le cd.
informazione «atipiche», ha comunque mantenuto in capo al Prefetto il
potere di comunicare alle amministrazioni competenti situazioni
suscettibili di essere valutate ai fini della permanenza in capo ai
soggetti scrutinati dei requisiti morali richiesti dalle normative di
settore per la concessione e il mantenimento di taluni provvedimenti
ampliativi della sfera giuridica degli interessati (concessioni,
autorizzazioni all'esercizio di alcune attivita' economiche, ecc.,
elencate nel predetto art. 1-septies).
Con specifico riguardo alle attivita' economiche che insistono
sul territorio campano, si evidenzia che la legge regionale 13
dicembre 1985, n. 54, non richiede requisiti morali ulteriori
rispetto a quelli antimafia per il rilascio delle autorizzazioni o
concessioni alla coltivazioni di cave.
Diverse considerazioni valgono per le attivita' riguardanti la
gestione di discariche e di smaltimento dei rifiuti.
L'esercizio di tali attivita' e', infatti, subordinato
all'iscrizione nell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la
gestione dei rifiuti, oggi disciplinato dal regolamento di cui al
D.M. 3 giugno 2014, n. 120.
L'art. 20 del citato regolamento prevede espressamente che le
Sezioni regionali dell'Albo procedono alla cancellazione dall'Albo
stesso degli operatori economici nei confronti dei quali sono venuti
meno i requisiti morali necessari per l'iscrizione elencati all'art.
10, comma 2, dello stesso regolamento.
Tali requisiti comprendono non solo l'assenza delle cause
ostative di cui all'art. 67 del decreto legislativo n. 159/2011 (art.
10, comma 2, del D.M. n. 120/2014), ma anche l'assenza di condanne
definitive per reati ambientali o ad una pena superiore ad un anno di
reclusione per delitti non colposi.
L'esistenza quindi di condanne per questi reati a carico di
soggetti iscritti nelle Sezioni del citato Albo potra' formare
oggetto di comunicazioni di segnalazione da parte del Prefetto ai
sensi dell'art. 1-septies del D.L. n. 629/1982.
4.3. Comunicazione degli esiti dei monitoraggi svolti dal Corpo
Forestale dello Stato.
In questo contesto, risultera' di particolare utilita' per il
Prefetto di Napoli e Caserta (e di quelli altri i cui territori
saranno interessati dagli interventi contemplati dal D.L. n.
136/2013) disporre dei risultati di alcuni monitoraggi che vengono
gia' adesso sviluppati dal Corpo Forestale dello Stato.
Ci si riferisce, in particolare, a tre iniziative che, come e'
emerso negli incontri preparatori di queste Linee Guida, sono gia'
stati avviati nei territori dei Comuni dove sono state individuate le
aree oggetto di possibile contaminazione:
a) il censimento delle cave e degli altri analoghi siti
estrattivi;
b) le aree dove sono stati installati cantieri per la
realizzazione di rilevanti opere pubbliche o private;
c) il censimento dei soggetti che conducono di fatto i terreni
agricoli, anche a prescindere da quanto risulta formalmente dai
titoli contrattuali.
Gli esiti di tali monitoraggi forniranno, infatti, ai Prefetti
una «mappatura» delle zone che potrebbero, con maggiore probabilita',
essere interessate dal verificarsi di nuovi fenomeni illeciti di
sversamento o smaltimento di rifiuti.
In particolare, i Prefetti potranno tenere conto dei risultati
delle iniziative in questione anche ai fini di meglio orientare i
piani di controllo del territorio, in modo da realizzare una piu'
efficace azione di prevenzione.
4.4. Possibili misure per evitare alterazioni dei risultati delle
indagine tecniche relative ai siti monitorati.
Sempre con riferimento alla fase propedeutica all'affidamento
delle attivita' di bonifica, il Comitato ritiene, anche in esito agli
approfondimenti intercorsi presso la Procura nazionale antimafia, che
una particolare attenzione vada riservata all'aspetto della
campionatura dei siti.
Risulta evidente, infatti, come le indagini tecniche effettuate
per accertare l'esistenza di inquinamenti e contaminazioni
costituiscano uno dei punti-cardine del processo di risanamento
ecologico da avviare.
Da tali risultati e dalla conseguente classificazione dei terreni
conseguiranno effetti sulla futura produttivita' di quelle aree ma
anche benefici in termini di incentivi che potranno essere destinati
ai proprietari dei siti dai programmi istituzionali di sviluppo
previsti dallo stesso decreto-legge.
In questa prospettiva, anche in un'ottica di deterrenza, il
Comitato ritiene opportuno segnalare l'esigenza di adottare le
migliori cautele al fine di garantire la genuinita' dei risultati e
delle indagini tecniche, riducendo il rischio di tentativi di
manipolazione o di alterazione dei campioni.
A questo scopo, potra' essere presa in considerazione la
possibilita', da parte dei competenti Reparti del Corpo Forestale
dello Stato e del NOE dell'Arma dei Carabinieri, di effettuare
ripetizioni randomiche delle indagini gia' svolte, previo un nuovo
prelievo di materiale, in modo da corroborare i risultati delle
analisi gia' svolte.
Ai fini della scelta dei siti in cui reiterare la campionatura, i
Reparti del Corpo Forestale dello Stato e del NOE potranno
valorizzare gli eventuali spunti di analisi offerti dai Gruppi
Interforze, nonche' le risultanze dell'attivita' di intelligence
sviluppata dal GIMBAI e dalla Sezione specializzata che operano a
supporto del Prefetto di Napoli.
5. Le white list dei fornitori e prestatori di servizi connessi agli
interventi di bonifica dei siti inquinati.
L'art. 2-bis, comma 6, del D.L. n. 136/2013 stabilisce che presso
la Prefettura di Napoli siano istituiti elenchi di fornitori e
prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso,
ai quali possono rivolgersi i soggetti esecutori degli interventi di
bonifica delle aree agricole inquinate. Ai fini della costituzione di
tali elenchi e' previsto che venga adottato un decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell'interno,
della giustizia, dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'economia
e delle finanze.
L'intento perseguito dal Legislatore e' evidentemente quello di
apprestare un ulteriore strumento di prevenzione delle infiltrazioni
criminali, calibrato sulle particolari esigenze connesse
all'esecuzione dei progetti di risanamento dei territori in discorso.
Il citato art. 2-bis, comma 6, si pone, quindi, come norma
speciale volta alla costituzione di elenchi di imprese che solo in
parte coincidono con quelli disciplinati in via generale dall'art. 1,
commi dal 52 al 57, della legge n. 190/2012, come modificato
dall'art. 29 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.
Cio' premesso, nelle more dell'attuazione del citato decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri attuativo, il Comitato ravvisa
l'opportunita' di avviare sin da ora, in analogia a quanto gia'
effettuato in altre vicende, una prima sperimentazione di tale
sistema anticipando cosi' al massimo la fase di monitoraggio di
fornitori e prestatori di servizi che saranno interessati agli
interventi di bonifica delle aree agricole della Campania.
Cio' per diversi ordini di ragioni.
Innanzitutto, per la peculiarita' di tali operatori economici che
l'esperienza di questi anni ha dimostrato essere particolarmente
esposti alla pressione criminale. Si richiamano al riguardo le
considerazioni svolte nel precedente paragrafo 1, relative agli
approfondimenti svolti dalla Direzione Nazionale Antimafia con
riguardo alle interazioni tra criminalita' ambientale, criminalita'
mafiosa e delitti contro la Pubblica Amministrazione. Appare
inevitabile dunque che, se si vuole provare a costituire un sistema
di imprese virtuose veramente funzionale alla specificita' degli
interventi che si andranno a realizzare, dovranno essere presi in
considerazione parametri di valutazione altrettanto specifici e
calibrati sul livello di rischio preconizzabile in base
all'esperienza info-investigativa maturata sul campo.
A cio' si aggiunge il non trascurabile intento di mettere in
condizione gli operatori economici interessati di poter accedere per
tempo a queste nuove «white list», in modo da non pregiudicarne le
chances di partecipazione alle procedure di gara che saranno indette
in relazione al processo di risanamento in questione.
D'altra parte, come ha anche evidenziato l'Avvocatura Generale
dello Stato, nel parere reso in merito ai contenuti del presente atto
di indirizzo, le white list costituiscono uno strumento sostitutivo,
in un'ottica di semplificazione amministrativa e di ordinari
controlli antimafia. La stessa Avvocatura, inoltre, ha riconosciuto
che le white list del comma 5, dell'art. 2-bis del d.l. n. 136/2013,
rivestono carattere di specialita', rispetto alle «normali» white
list poiche' afferenti a contratti pubblici e/o a subcontratti
relativi agli interventi di cui al comma 1 dell'art. 2-bis e, in tal
senso, piu' restrittive, ed anche derogatorie, quanto ai requisiti di
iscrizione.
Le forniture e i servizi per i quali andranno costituiti gli
elenchi in questione dovranno ricomprendere tipologie di attivita'
gia' oggi incluse nelle white list istituite ai sensi dell'art. 1,
comma 52, della legge n. 190/2012, cui si andranno ad aggiungere
ulteriori specifiche tipologie (bonifica di siti; bonifica di beni e
siti contenenti amianto).
Il Comitato rileva l'opportunita' che questi «elenchi»
sperimentali costituiscano la modalita' obbligatoria attraverso la
quale saranno effettuati i controlli antimafia sulle imprese operanti
nei predetti settori, che pertanto non potranno partecipare agli
interventi di riqualificazione ambientale previsti dal D.L. n.
136/2013, se non iscritti nelle white list. In tal modo i predetti
«elenchi» verranno a costituire, con le peculiarita' di cui si dira'
appresso, un'estensione delle white list nazionali di cui al ripetuto
art. 1, comma 52, della legge n. 190/2012. In analogia a quanto
previsto per tale ultima categoria generale, l'iscrizione negli
elenchi sperimentali avra' una durata di dodici mesi a decorrere
dalla data del provvedimento che la dispone.
Nel caso in cui l'attivita' svolta dall'operatore economico
ricomprenda uno o piu' tipologie di forniture e servizi tra quelli
indicati ovvero nei casi di attivita' promiscua - intendendosi per
tale l'attivita' che riguardi congiuntamente una delle forniture di
beni o servizi sopra indicate - l'iscrizione verra' eseguita con
riguardo all'elenco di ciascuna attivita'.
Si evidenzia, inoltre, che le «liste» in questione fanno
riferimento ad attivita' prive di caratterizzazione territoriale, per
cui l'ammissione ad esse potra' essere richiesta sia dagli operatori
economici aventi sede legale o una sede secondaria con rappresentanza
stabile nel territorio dello Stato ex art. 2508 c.c., sia dalle
imprese aventi sede legale all'estero, prive di un'organizzazione
stabile nel territorio dello Stato.
Per quanto concerne i requisiti necessari per l'iscrizione, va
evidenziato che l'art. 2-bis, comma 6, del D.L. n. 136/2013 fa
riferimento ad operatori economici «non soggetti a rischio di
inquinamento mafioso».
Appare consequenziale che l'ammissione nell'elenco venga ad
essere correlata ad accertamenti approfonditi finalizzati a
verificare l'assenza del fumus di mafiosita'.
In questo senso, si ritiene che l'iscrizione sara', innanzitutto,
subordinata alla verifica dei requisiti che consentono, ai sensi
dell'art. 84, comma 3, del decreto legislativo n. 159/2011, il
rilascio dell'informazione antimafia liberatoria, e cioe': l'assenza
delle situazioni ostative di cui all'art. 67 del decreto legislativo
n. 159/2011, nonche' di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa
tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle imprese
interessate. Si e' tuttavia accennato in precedenza all'esigenza che
lo scrutinio di mafiosita', nel caso specifico, venga effettuato
tenendo conto del dato di esperienza giudiziaria che induce a porre
in stretta correlazione, vieppiu' in quel contesto territoriale,
criminalita' ordinaria di natura ambientale con criminalita' di
stampo mafioso, legittimando una valutazione di «sintomaticita'»
della prima rispetto alla seconda.
Ma analogamente, come si e' gia' osservato, i dati giudiziari
dimostrano che la presenza delle mafie nel ciclo dei rifiuti si
coniuga con la complicita' dei pubblici amministratori, il cui
coinvolgimento e' indispensabile per ottenere le commesse pubbliche.
Ne' puo' trascurarsi che funzionale all'operativita' dell'impresa che
agisce illecitamente nel settore dello smaltimento dei rifiuti e'
l'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.
Si ritiene pertanto di prevedere, quale profilo di specificita'
rispetto al modello piu' generale previsto dalla legge n. 190/2012,
che l'ammissione alle liste dovra' essere subordinata alla verifica
dell'assenza di tentativi di infiltrazione mafiosa desunti oltre che
dalle situazioni di cui all'art. 84, comma 4, del decreto legislativo
n. 159/2011 anche dalle seguenti situazioni:
a) misure cautelari (personali o reali), provvedimenti di
rinvio a giudizio, o condanne anche non definitive, per i seguenti
delitti: combustione illecita di rifiuti (art. 256-bis del decreto
legislativo n. 152/2006), falsita' nella certificazione dell'analisi
dei rifiuti (art. 258, comma 4, secondo perioso, del decreto
legislativo n. 152/2006), traffico organizzato di rifiuti (art. 260
del decreto legislativo n. 152/2006), delitti commessi nel settore
dello smaltimento dei rifiuti nel periodo dello stato di emergenza
dichiarato ai sensi della legge n. 225/1992 (art. 6 del D.L. n.
172/2008), disastro doloso (art. 434, comma 2, c.p.), avvelenamento
delle acque (439 c.p.), disastro colposo (449 c.p.);
b) misure cautelari (personali o reali), provvedimenti di
rinvio a giudizio, o condanne anche non definitive, per il delitto di
cui all'art. 321 c.p. in relazione agli articoli 318, 319, 319-ter e
320 c.p., nonche' per il delitto di cui all'art. 319-quater, comma 2,
c.p. nonche' ancora per i delitti di cui agli articoli 2 e 8 decreto
legislativo n. 74/2000;
c) annotazione nominativa nei registri delle misure di
prevenzione di cui all'art. 81 del citato decreto legislativo n.
159/2011.
Nella logica sopra illustrata, ai fini dell'accertamento
dell'esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il Prefetto di
Napoli potra' altresi' valutare l'esistenza, nei confronti dei
soggetti rilevanti della compagine d'impresa, di piu' condanne, anche
non definitive, per le contravvenzioni previste in materia ambientale
dal decreto legislativo n. 152/2006 nonche' dall'art. 21 della legge
n. 646/1982 (subappalto non autorizzato). In relazione a tali ultime
fattispecie, si richiama peraltro l'attenzione sull'opportunita',
come evidenziato anche nel parere dell'Avvocatura Generale dello
Stato, che tali condanne siano suffragate da ulteriori elementi
sintomatici e risultino collegate funzionalmente a una modalita' di
gestione dei rifiuti e dalla considerazione degli interessi
ambientali non consona all'attivita' per cui si richiede
l'iscrizione.
Resta inteso che al fine di procedere a tali valutazioni la
Prefettura di Napoli dovra' acquisire copia dei provvedimenti
giudiziari.
Tornando al procedimento volto all'iscrizione nei cennati elenchi
prefettizi, con particolare riguardo alle modalita' di accertamento
della sussistenza dei requisiti di specialita' sopraindicati, si
ritiene che nei confronti delle imprese aventi sede legale nel
territorio della propria Provincia, la Prefettura di Napoli potra'
fare riferimento alle procedure delineate dal decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013 per l'iscrizione nelle
white list «nazionali», di cui all'art. 1, comma 52, della legge n.
190/2012.
Per le imprese aventi sede legale nel territorio di altre
Province, la Prefettura di Napoli interpellera' la Prefettura
territorialmente competente che, previa valutazione del Gruppo
Interforze, provvedera' a comunicare l'esito delle verifiche svolte,
formulando una valutazione propositiva circa il provvedimento finale
da adottare.
Per quanto concerne le imprese estere, prive di sede secondaria
in Italia, il Comitato, nella logica di controllo rafforzato
perseguita dalle presente Linee Guida, rileva l'opportunita' che gli
accertamenti vengano sviluppati secondo un procedimento derogatorio,
rispetto a quello ordinario, disciplinato dal combinato disposto
degli articoli 85, comma 2-ter, e 91, comma 5, del decreto
legislativo n. 159/2011, gia', peraltro, sperimentato in altri
contesti. Pertanto, la Prefettura di Napoli provvedera' a:
1) verificare autonomamente attraverso il CED Interforze
l'eventuale sussistenza nei confronti dei soggetti di cui all'art.
85, comma 2-ter, del decreto legislativo n. 159/2011 di tutti i
requisiti di iscrizione, anche aggiuntivi rispetto a quelli ordinari,
stabiliti dal presente paragrafo per le imprese aventi sede in
Italia. La Prefettura di Napoli verifichera' l'attualita' delle
iscrizioni pregiudizievoli eventualmente riscontrate, acquisendo
presso le competenti Autorita' Giudiziarie copia dei pertinenti
provvedimenti;
2) acquisire i certificati giudiziari e dei carichi pendenti
nei riguardi dei soggetti di cui al citato art. 85, comma 2-ter, del
decreto legislativo n. 159/2011;
3) richiedere al GIMBAI di verificare presso i competenti
organi del Ministero dell'interno l'eventuale sussistenza di
eventuali segnalazioni provenienti dai collaterali uffici di polizia
stranieri;
4) sulla base delle informazioni partecipate dal GIMBAI,
adottare le conseguenti determinazioni relativamente alla domanda di
iscrizione presentata dall'operatore economico estero. (2)
Si precisa che, qualora l'impresa abbia gia' conseguito
l'iscrizione in corso di validita' nelle white list ex art. 1, comma
52, della legge n. 190/2012, le verifiche dovranno essere effettuate
tenendo conto dell'effetto-equipollenza, previsto dal comma 52-bis
recentemente inserito nel medesimo articolo dall'art. 29 del D.L. n.
90/2014.
Conseguentemente, in tali ipotesi, le verifiche saranno
circoscritte esclusivamente all'accertamento dell'assenza delle
predette situazioni ostative derivanti da procedimenti penali in
corso per i reati di cui ai punti a) e b) del presente paragrafo
ovvero dall'iscrizione nel registro delle misure di prevenzione.
Quanto all'art. 29, comma 2, del D.L. n. 90/2014 che, per un
periodo transitorio di dodici mesi, considera equipollente
all'iscrizione nelle «white list» nazionali la presentazione della
sola domanda di iscrizione, si ritiene che tale previsione debba
essere applicata in termini compatibili con la logica dei controlli
rafforzati postulati dal D.L. n. 136/2013.
Pertanto, analogamente a quanto e' stato gia' previsto per gli
interventi connessi all'EXPO 2015 e di ricostruzione «post sisma» in
Abruzzo, la Prefettura di Napoli dovra' procedere comunque
all'accertamento dei requisiti per il rilascio dell'informazione
antimafia liberatoria, anche nei riguardi delle imprese, richiedenti
l'iscrizione negli «elenchi» in argomento, le quali abbiano
presentato la domanda di ammissione alle white list nazionali di cui
al ripetuto art. 1, comma 52, della legge n. 190/2012.
Si soggiunge infine che, trattandosi, come precisato nel
paragrafo 4.2, di imprese soggette all'iscrizione, sulla base di
requisiti di moralita' specifici, qualora nel corso delle verifiche
venga accertata l'esistenza di situazioni che determinino il venir
meno di tali requisiti, il Prefetto di Napoli potra' darne
comunicazione - in esercizio dei poteri di segnalazione ex art.
1-septies del D.L. n. 629/1982, delegati in via permanente dal
Ministro dell'interno - alla competente Sezione regionale dell'Albo
dei gestori ambientali per l'adozione dei conseguenti provvedimenti.
6. I controlli sugli interventi di bonifica delle aree agricole
oggetto di inquinamento o contaminazione:
a) Indirizzi per i soggetti attuatori
6.1. Quadro di situazione.
L'art. 2 del D.L. n. 136/2013 stabilisce che gli indirizzi
fondamentali per la bonifica dei terreni e delle falde acquifere
siano definiti da un Comitato interministeriale ad hoc presieduto dal
Presidente del Consiglio dei ministri, o da un Ministro da lui
delegato, composto dai Ministri della coesione territoriale,
dell'interno, delle politiche agricole alimentari e forestali,
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle
infrastrutture e dei trasporti, della salute, dei beni e delle
attivita' culturali e della difesa e che vede la partecipazione di
diritto del Presidente della Regione Campania (comma 1).
Sulla base di tali indirizzi, un'apposita Commissione adottera'
il programma degli interventi straordinari e urgenti anche
finalizzati al risanamento delle aree in questione, individuando i
soggetti attuatori e le modalita' di realizzazione dei vari
interventi.
La fase delineata dalla disposizione in commento versa ancora in
uno stadio incipiente.
Nondimeno, il Comitato ritiene opportuno anticipare, con riserva
di ulteriori indirizzi, le misure organizzative e di controllo
antimafia che dovranno essere realizzate dai Soggetti attuatori e
dalla filiera delle imprese.
6.2. I bandi di gara.
Attualmente non sono ancora note le modalita' con cui verranno
affidati gli interventi di risanamento delle aree oggetto del
decreto-legge n. 136/2013, con particolare riguardo alla
individuazione di uno o piu' soggetti attuatori deputati alla
gestione dei procedimenti di gara e alle fasi dell'aggiudicazione
nonche' all'esecuzione dei contratti pubblici.
Il Comitato ritiene, tuttavia, nelle more di tale individuazione,
di anticipare alcune linee di azione con riguardo alla
predisposizione dei contenuti dei bandi di gara, che costituiscono
uno dei fattori determinanti nell'azione di prevenzione sul piano
amministrativo.
A tal fine, appare opportuno che i soggetti attuatori si
attivino, in via preventiva, al fine di condividere con la Prefettura
lo schema dei bandi di gara da elaborarsi secondo criteri di massima
trasparenza nel quadro dei criteri che verranno individuati da questo
Comitato di concerto con l'ANAC, in particolare, oltre ai criteri di
aggiudicazione, ai fini della definizione dei requisiti di
partecipazione dei concorrenti alle procedure di selezione
dell'aggiudicatario, secondo i principi stabiliti dall'art. 2, comma
2, e art. 69, del decreto legislativo n. 163/2006 in tema di
salvaguardia delle esigenze sociali e di tutela dell'ambiente e della
salute, nonche' dall'art. 44 del medesimo codice in tema di misure di
gestione ambientale. In via generale, come sottolineato anche
dall'Avvocatura Generale dello Stato, appare opportuno che, sia a
garanzia della Stazione appaltante che degli operatori della filiera,
nei bandi di gara siano precisati gli specifici impegni derivanti
dall'attuazione delle presenti Linee guida, al fine di dare compiuta
conoscenza dei vincoli nascenti a carico delle imprese, con specifico
riguardo alla capacita' giuridica a contrarle. Nell'ambito della
pianificazione degli interventi, potra' essere valutata, d'intesa con
il soggetto attuatore, la possibilita' di procedere alla suddivisione
degli interventi stessi in lotti funzionali ex art. 2, comma 1-bis,
del decreto legislativo n. 163/2006; aspetto di cui si terra' conto
nei bandi di gara, sia ai fini della «tornata di gara» sia ai fini
delle aggiudicazioni multiple.
ANAC potra' predisporre un'attivita' di verifica preventiva delle
procedure di selezione dei concorrenti e di esecuzione dei contratti
di lavori, servizi e forniture, anche sulla base dei modelli
sperimentati in ambito Expo 2015 di Milano. Le modalita' di esercizio
di tali verifiche preventive, potranno includere visite a campione e
senza preavviso in qualsiasi fase di svolgimento delle gare, della
esecuzione dei contratti e di ogni altra prestazione in capo ai
soggetti attuatori. Segnatamente, ANAC, con suoi rappresentanti o
delegati, potra' accedere e presenziare, ai fini documentativi, alle
sedute pubbliche o riservate delle commissioni giudicatrici o di
eventuali sub-commissioni tecniche in corso di svolgimento, estraendo
copia di atti o di verbali. Analoga attivita' di verifica a campione
e senza preavviso, potra' essere dispiegata da ANAC in merito agli
incombenti dei responsabili del procedimento dei soggetti attuatori,
dei progettisti e dei direttori dei lavori.
6.3. L'Anagrafe degli esecutori.
In primo luogo, i Soggetti attuatori dovranno prevedere la
costituzione di un'anagrafe degli esecutori (d'ora in poi solo:
«Anagrafe») accessibile alla DIA, ai Gruppi Interforze delle
Prefetture campane interessate e che sara' a disposizione anche del
Servizio Alta Sorveglianza del ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, realizzata secondo i criteri individuati dal Comitato
nelle linee guida allegate alla delibera CIPE n. 58/20111.
All'Anagrafe potranno, altresi', accedere la Direzione Nazionale
Antimafia, nonche' le Direzioni Distrettuali Antimafia.
Il Comitato si riserva di valutare la possibilita' di consentire
la creazione di un'unica Anagrafe che potra' essere utilizzata in
comune da tutti i Soggetti attuatori, una volta che il programma
degli interventi di bonifica sara' stato definito nel dettaglio,
eventualmente valorizzando le possibilita' dischiuse dal gia'
ricordato protocollo di legalita' stipulato tra il Prefetto di Napoli
e il Presidente della Regione Campania per la prevenzione della
corruzione e delle infiltrazioni da parte della criminalita' nelle
opere di bonifica ambientale. In questo contesto, il Prefetto di
Napoli potra' prendere in considerazione la possibilita' di mutuare
le soluzioni tecniche che, su questo specifico versante, sono state
gia' positivamente sperimentate per l'EXPO 2015 di Milano.
I Soggetti attuatori si avvarranno, per la formazione e
l'inserimento dei dati necessari al popolamento dell'Anagrafe, della
collaborazione degli stessi soggetti esecutori, con i quali potranno
essere assunte intese per la definizione delle specifiche modalita'
collaborative.
Tale collaborazione, in quanto rivolta a realizzare specifiche
esigenze informative di tipo sistemico connesse a finalita'
antimafia, non determina alcun onere aggiuntivo a carico dei Soggetti
attuatori, nel senso che non comporta alcuna variazione del prezzo,
importo o valore del contratto, subcontratto o subappalto, ne'
legittima alcuna richiesta in tal senso.
A questo riguardo, occorre ricordare che l'art. 1, quinto comma,
del D.L. n. 629/1982 stabilisce che le imprese, individuali e
collettive, aggiudicatarie di contratti pubblici, sono tenute a
fornire notizie di carattere organizzativo, finanziario e tecnico
sulla propria attivita', nonche' ogni indicazione ritenuta utile ad
individuare gli effettivi titolari dell'impresa ovvero delle azioni o
quote sociali.
Il conferimento dei dati nell'Anagrafe viene dunque a
rappresentare una modalita' di attuazione di tale obbligo, assistito
dalla sanzione penale di cui all'art. 1, sesto comma, del medesimo
D.L. n. 629/1982.
Le informazioni presenti nell'Anagrafe saranno utilizzabili dalla
DIA ai fini delle attivita' istituzionali di monitoraggio sugli
appalti pubblici volte a prevenire e contrastare le infiltrazioni
della criminalita' organizzata.
Un report delle risultanze dell'Anagrafe, corredato da eventuali
osservazioni di rilievo, sara' messo a disposizione della Sezione
Specializzata e del Comitato stesso.
6.4. Controlli antimafia.
Alla luce dei positivi risultati conseguiti nella prevenzione
delle infiltrazioni criminali nei diversi contesti soggetti a regimi
rafforzati di controllo, il Comitato ritiene fondamentale che, anche
per gli interventi connessi alla bonifica delle aree inquinate della
Campania, le verifiche antimafia si svolgano estendendo a tutti i
soggetti appartenenti alla «filiera» delle imprese l'obbligo di
assoggettarsi al regime delle informazioni prefettizie di cui al
Libro II, Capo IV, del decreto legislativo n. 159/2011.
Tali informazioni costituiranno, pertanto, l'unica ed esclusiva
forma di accertamento antimafia per le fattispecie contrattuali,
sub-contrattuali, i subappalti, i cottimi le prestazioni d'opera, le
forniture di servizi, indipendentemente dal loro importo, oggetto,
durata e da qualsiasi condizione o modalita' di esecuzione.
In particolare, fino alla definitiva attivazione della Banca dati
di cui all'art. 96 del decreto legislativo n. 159/2011, i Soggetti
attuatori richiederanno, indipendentemente dal luogo di residenza o
sede legale dell'operatore economico interessato, il rilascio delle
informazioni antimafia alla Prefettura di Napoli che provvedera' agli
adempimenti stabiliti nel successivo paragrafo 7.
L'eventuale emissione di un'informazione antimafia interdittiva
determinera' l'impossibilita' di stipulare il contratto o di
autorizzare il subcontratto o subappalto, nonche' in caso di
accertamento successivo alla stipula o all'autorizzazione, la perdita
del contratto, sub-contratto o subappalto, dando luogo all'esercizio
del recesso unilaterale o alla revoca dell'autorizzazione.
Le stazioni appaltanti adotteranno tali provvedimenti, con la
massima tempestivita' e, comunque, entro il termine massimo di sette
giorni dalla data di notifica del predetto provvedimento prefettizio.
Accede alla sanzione della perdita del contratto, l'applicazione
di una penale pecuniaria, stabilita nella misura minima del 5%
dell'importo o del valore del contratto stesso subcontratto o
subappalto, salva dimostrazione del maggior danno da parte della
stazione appaltante. Tale sanzione, la cui entita' potra' essere
elevata dai protocolli di legalita' di cui si dira' a breve, risponde
ad una duplice esigenza:
a) assolvere ad un'efficace dissuasiva, generalmente propria di
ogni misura che aggredisca o minacci di aggredire l'ambito
economico-patrimoniale del soggetto potenzialmente destinatario della
sanzione pecuniaria;
b) ammortizzare le perniciose conseguenze derivanti dalla
necessita' per il soggetto in bonis di procedere alla sostituzione
«in corsa» dell'impresa colpita dalla determinazione interdittiva.
Sotto questo punto di vista la sanzione pecuniaria viene a
corrispondere ad una sorta di liquidazione forfettaria del danno,
salvo che la parte lesa non lamenti un maggior danno per il cui
riconoscimento restano naturalmente ferme le ordinarie tutele
risarcitorie.
La perdita del contratto andra' comunicata, a cura del
responsabile del procedimento, all'ANAC divenuta competente, in
virtu' del citato D.L. n. 90/2014, per i conseguenti provvedimenti in
tema di casellario informatico delle imprese stabiliti dalla
determinazione n. 1/2008, a suo tempo adottata dalla soppressa AVCP.
6.5. Indirizzi per il monitoraggio delle attivita' di cantiere.
Il Comitato rileva, altresi', l'opportunita' che anche per le
bonifiche da realizzarsi ai sensi del D.L. n. 136/2013 venga attuata
l'esperienza del «Piano di controllo coordinato del cantiere e del
sub cantiere», in linea con i criteri delineati per le opere comprese
nel Piano delle Infrastrutture Strategiche (PIS) e in conformita' a
quanto stabilito dagli articoli 4 e 5 della legge n. 136/2010.
La fase di cantierizzazione degli interventi e', come noto,
particolarmente delicata, in quanto, proprio durante il suo
svolgimento, possono manifestarsi le pressioni a carattere estorsivo
della criminalita' organizzata, spesso perpetrate con metodi violenti
ai danni di cose o persone.
In considerazione di cio', appare necessario che siano fatti
oggetto di attenta valutazione i piani coordinati di controllo onde
verificare, in relazione alla dislocazione delle aree di cantiere e
alla mappatura dei rischi, l'esigenza di possibili modifiche o
integrazione dei dispositivi in atto.
Il «Piano di controllo coordinato del cantiere e del sub
cantiere» si impernia sulla costituzione di un data base della cui
gestione e' responsabile l'impresa affidataria principale o
concessionaria che, all'uopo individua un proprio referente di
cantiere, in cui e' inserito con cadenza settimanale, il piano delle
informazioni (cd. settimanale di cantiere) relative a:
a) le ditte che intervengono sul cantiere, a qualunque titolo
risultino coinvolte;
b) i mezzi impiegati, di cui devono essere indicati gli estremi
identificativi e i relativi proprietari;
c) il personale delle ditte la cui presenza e' prevista in
cantiere nell'arco di validita' temporale del piano, con relativa
indicazione nominativa (peraltro, dovra' essere ribadita
l'obbligatorieta' della dotazione e utilizzazione delle tessere di
riconoscimento di cui all'art. 18 del decreto legislativo n. 81/2008;
d) le persone che, per motivi diversi da quelli indicati al
punto precedente, risultino comunque autorizzate all'accesso in
cantiere.
Per assicurare il concreto rispetto del piano di informazioni e,
conseguentemente, preservarne l'efficacia, e' altresi' necessario che
il referente di cantiere comunichi senza ritardo ogni eventuale
variazione che dovesse intervenire relativa ai dati gia' inseriti nel
piano stesso.
Il piano delle informazioni e' trasmesso, per il tramite delle
Prefetture nel cui territorio vengono eseguiti gli interventi, alle
rispettive Forze di polizia territoriali e alla direzione dei lavori,
mediante interfaccia web. Le Forze di polizia provvederanno al
riscontro dei dati, in occasione degli accessi ai cantieri. Le
eventuali anomalie o altre evidenze ritenute di interesse saranno
vagliate dal competente Gruppo Interforze, provvedendo a riferire
alla Sezione Specializzata gli esiti delle analisi sviluppate.
Giova, comunque, precisare che la responsabilita' sulla sicurezza
dei cantieri, anche in relazione al potere di accesso, continua a far
capo alle Prefetture del luogo in cui gli stessi cantieri sono
ubicati. Cio' non toglie che la Prefettura di Napoli, in ragione
della speciale competenza in materia di rilascio e informazione
antimafia per tutti gli interventi di bonifica, oggetto del presente
atto di indirizzo, potra' attivare i necessari interventi
sollecitatori nei riguardi delle Prefetture di altre province in cui
stanno realizzando interventi gli operatori economici interessati
agli interventi di bonifica, ovvero la stessa D.I.A., qualora ritenga
utile acquisire elementi info-investigativi sul profilo della impresa
stessa.
E' opportuno, inoltre, che vengano previsti incontri periodici
tra i referenti di cantiere e il Gruppo Interforze al fine di
procedere ad aggiornamenti di situazione e allo sviluppo dei
focalpoint.
Quanto al tracciamento, ai fini di trasparenza, dei flussi di
manodopera, tale esigenza corrisponde alla considerazione secondo cui
la pressione criminale viene talora ad interferire anche nelle
attivita' di reclutamento di unita' lavorative, rappresentando una
forma di mascheramento di indirette pratiche di carattere estorsivo.
Questa forma di monitoraggio puo' contribuire ad infrenare
fenomeni di sfruttamento e caporalato, con connessa evasione/elusione
della normativa di protezione sociale, spesso sintomatici di
ingerenze criminali.
In relazione agli adempimenti previsti dal presente paragrafo,
con particolare riguardo alle modalita' di funzionamento della
piattaforma informatica a supporto delle attivita' di controllo dei
cantieri, potra' costituire valido riferimento il sistema messo a
punto per EXPO dalla Prefettura di Milano.
6.6. Obblighi di denuncia.
L'impresa aggiudicataria o affidataria degli interventi di
bonifica e le altre imprese della «filiera» dovranno, inoltre,
assumere una serie di obblighi finalizzati a rafforzare la cornice di
legalita' entro la quale dovra' svilupparsi l'esecuzione
contrattuale.
Nei contratti stipulati, dovranno essere pertanto inserite
apposite clausole che impegnino l'impresa aggiudicataria/affidataria
e le imprese subcontraenti a:
a) denunciare i tentativi di estorsione o concussione, con
qualunque forma e modalita' essi siano perpetrati;
b) assumere gli obblighi previsti dalle clausole
«anticorruzione» di cui alle Linee guida annesse al protocollo di
legalita' stipulato tra dal Ministro dell'interno e dal Presidente
dell'ANAC il 15 luglio 2014.
Le predette clausole dovranno essere assistite da apposite
sanzioni che, in ragione della gravita' della violazione, potranno
prevedere anche la perdita del contratto.
In analogia a quanto previsto dall'art. 176, comma 3, lettera e)
del decreto legislativo n. 163/2011, il comportamento dell'impresa
aggiudicataria/affidataria sara' oggetto di comunicazione alla
stazione appaltante perche' possa essere valutato ai fini della
successiva ammissione ad ulteriori procedure contrattuali gestite
dalla medesima stazione appaltante.
6.7. Tracciabilita' dei flussi finanziari.
L'art. 2-bis, comma 6, del D.L. n. 136/2013 stabilisce che, con
il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
destinato a disciplinare in via definitiva le white list dedicate
alla bonifica delle aree campane, siano stabilite anche le modalita'
di tracciabilita' dei flussi finanziari derivanti dagli appalti
concernenti gli interventi di risanamento e dalla concessione delle
erogazione e delle provvidenze pubbliche correlate.
Nelle more dell'emanazione di tale provvedimento, appare
necessario che la tracciabilita' venga realizzata osservando le norme
generali stabilite in materia dagli articoli 3 e 6 della legge n.
136/2010 sia per quanto concerne i predetti appalti, sia per quanto
concerne la concessione di finanziamenti pubblici, anche europei, a
soggetti a qualunque titolo interessati agli interventi di bonifica
in discorso.
Il Comitato valutera', d'intesa con i Prefetti di Napoli e
Caserta e le stazioni appaltanti interessate, la possibilita' di
rafforzare ulteriormente il regime di tracciabilita', applicando agli
appalti pubblici relativi a specifici progetti, il sistema di
monitoraggio finanziario, previsto dall'art. 36 del D.L. n. 90/2014
per gli interventi compresi nel Piano delle Infrastrutture
Strategiche (PIS).
6.8. Protocolli di legalita' relativi ai contratti istituzionali
di sviluppo.
Come si e' gia' accennato, gli arti. 1, comma 6-quinquies, e 2,
comma 4, del D.L. n. 136/2013 prevedono che la concessione di
incentivi da parte della Regione Campania e gli interventi di
bonifica possano avvenire nel contesto di appositi contratti
istituzionali di sviluppo da stipularsi tra le parti pubbliche
interessate ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo n. 88/2011.
Tali contratti sono sottoposti, anche per quanto concerne il
controllo antimafia, alle disposizioni del Codice dei contratti
pubblici previste per le opere infrastrutturali comprese nel PIS
(articoli dal 161 al 194), per cui ad essi trovera' applicazione
l'art. 176, comma 3, del citato Codice che richiede di stipulare
appositi accordi finalizzati a garantire la legalita' dell'iniziativa
pubblica e a prevenire le infiltrazioni della criminalita'
organizzata.
In considerazione di cio', il Prefetto di Napoli si fara' carico
di promuovere la stipula di tali intese le quali dovranno avere
contenuti conformi alle indicazioni formulate con la presente Linea
Guida.
In particolare, per quanto concerne le forme di incentivazione
che saranno previste da tali contratti, appare necessario che i
citati accordi prevedano l'obbligo per l'Amministrazione erogante di
richiedere sempre le informazioni antimafia nei riguardi del soggetto
interessato, anche in deroga ai limiti di importo stabiliti dall'art.
91, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 159/2011 e delle
clausole di esenzione stabilite dall'art. 83, comma 3, lettera d)
dello stesso decreto legislativo.
7. Indicazioni per il Prefetto di Napoli e per le altre Prefetture.
Nel presente paragrafo vengono forniti elementi indicativi, di
piu' specifico interesse del Prefetto ma comunque di carattere
generale, in merito alle procedure ed all'ambito degli accertamenti
antimafia.
7.1. Il procedimento di rilascio delle informazioni antimafia.
In via preliminare e' necessario che i controlli antimafia siano
improntati al criterio dell'efficacia, della speditezza e della
dinamicita'.
In questa prospettiva appare pertanto opportuno confermare
l'impianto operativo gia' sperimentato per Abruzzo ed Expo, imputando
al Prefetto di Napoli la competenza all'emanazione di tutte le
informative che interessino imprese anche aventi sede legale in altra
provincia, cosi' garantendo la concentrazione operativa dei flussi
informativi anche nella fase decisionale.
Peraltro, questo sistema si e' rivelato di particolare pregio
anche in ipotesi, quale quella della ricostruzione in Abruzzo, ove i
territori interessati dagli interventi erano ricompresi in piu'
ambiti provinciali.
E' evidente che, anche in questo caso, il meccanismo derogatorio
ipotizzato dovra' essere accompagnato da un sistema che supporti
adeguatamente il carico di lavoro che gravera' sulla Prefettura
evitando appesantimenti nello scambio informativo tra tutti i
soggetti costituenti la rete di monitoraggio e controllo.
Fondamentale a tal riguardo sara' innanzitutto il ruolo della
Sezione specializzata costituita presso la Prefettura cosi' come
quello del GIMBAI.
In linea con le indicazioni formulate dal Ministro con la
direttiva del 28 ottobre 2013, il Comitato ha ritenuto di acquisire
la disponibilita' del Dipartimento della pubblica sicurezza ad un
peculiare coinvolgimento della DIA, nelle sue articolazioni centrali
e territoriali, al fine di rendere piu' incisivo il meccanismo di
coordinamento e di circolarita' informativa che fa capo al Prefetto
di Napoli. Spettera' alla DIA, anche in considerazione della precipua
missione istituzionale e del patrimonio informativo di cui dispone,
costituire il punto di snodo imprescindibile delle attivita'
info-investigative di preventivo controllo fermo restando il ruolo di
intelligence e di analisi del contesto che fa capo al GIMBAI e alle
altre Forze di polizia che operano sul territorio. Analoga
valorizzazione va conferita, nello specifico contesto, alla
componente del Corpo Forestale dello Stato per la tradizionale
vocazione al contrasto e alla prevenzione degli illeciti in campo
ambientale e per il preminente ruolo operativo svolto nella fase di
monitoraggio dei siti ancora in via di definizione. In tal senso
sara' pertanto importante che la presenza di un rappresentante di
tale Corpo, gia' prevista in seno alla Sezione specializzata e al
GIMBAI, venga assicurata anche nell'ambito del Gruppo interforze che
opera presso la prefettura di Napoli, che dovra' essere, percio',
opportunamente integrato.
Sempre nell'ottica di coniugare tempestivita' ed incisivita'
nell'azione di prevenzione del prefetto, si inquadra la
disponibilita' manifestata dalla Direzione nazionale antimafia a
rafforzare gli strumenti di collaborazione interistituzionale, sulla
scorta di quanto gia' sperimentato per Expo. Cio' con l'attivazione
di un circuito informativo dedicato che consenta, nei limiti del
doveroso rispetto del segreto d'indagine ex art. 329 c.p.p. e secondo
le modalita' che verranno descritte nel prosieguo, di verificare
l'attualita' delle notizie contenute nelle Banche dati interforze
attinenti a procedimenti penali per i delitti di cui all'art. 51,
comma 3-bis, c.p.p.
Particolarmente significativa appare poi la possibilita', nella
logica di proattiva collaborazione emersa nel corso della riunione
precedentemente citata, che sia la stessa Procura nazionale, o per
suo tramite la competente DDA, a fornire alla prefettura, sulla base
del materiale investigativo raccolto e nel rigoroso rispetto del
segreto d'indagine, ulteriori spunti per meglio orientare la propria
azione di accertamento, di carattere amministrativo, sia in fase
istruttoria di rilascio dell'informazione antimafia sia in fase di
accesso ai cantieri. Cio' con evidenti positivi effetti anche sul
piano della ottimizzazione dell'impegno delle Forze di polizia.
Non va infine esclusa, in relazione all'inevitabile maggior
carico di lavoro che gravera' sulla Prefettura di Napoli, la
possibilita' che lo stesso Prefetto, analogamente a quanto
verificatosi per Expo, possa procedere, anche in linea con le intese
di recente formalizzate nel protocollo stipulato tra Prefettura e
Regione Campania, alla istituzione di una task force, che possa
avvalersi del supporto, sul piano amministrativo, dei Corpi di
polizia locale, comunale e provinciale, secondo modalita' operativa
da concordare in un apposito strumento pattizio.
Passando, ora, alla piu' puntuale descrizione del modello
procedimentale volto al rilascio dell'informazione prefettizia, si
ritiene che l'iter degli accertamenti debba svilupparsi come segue:
a) la stazione appaltante richiede alla Prefettura di Napoli il
rilascio dell'informazione antimafia nei confronti dell'impresa
aggiudicataria dell'appalto, o affidataria del subappalto o
subcontratto, indipendentemente dal luogo di residenza o sede legale
di quest'ultima. La richiesta deve essere corredata dei dati indicati
all'art. 91, comma 4, del decreto legislativo n. 159/2011. Qualora la
richiesta risulti incompleta, perche' mancante dell'indicazione di
dati essenziali per la conclusione del procedimento, la Prefettura di
Napoli provvede a dichiararne l'improcedibilita' secondo le modalita'
semplificate stabilite oggi dall'art. 2 della legge n. 241/1990, come
modificato dalla legge «anticorruzione» n. 190/2012, indicando i dati
con i quali la domanda deve essere integrata. In tal caso i termini
previsti all'art. 94 commi 2 e 3 del decreto legislativo n. 159/2011
non iniziano a decorrere;
b) la prefettura di Napoli procede quindi ad avviare
immediatamente le necessarie verifiche presso il Ced e
contestualmente a interessare la Dia, oltre che le altre Forze di
polizia, in modo da consentire a quest'ultima di fornire appieno il
proprio contributo conoscitivo con particolare riguardo a quelle
imprese che operino fuori provincia. Analoga contestuale
comunicazione verra' data alla Prefettura competente nel caso in cui
l'impresa abbia sede legale in altra provincia;
c) qualora emerga l'esistenza delle situazioni ex articoli 67 e
84, comma 4, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 159/2011,
la Prefettura di Napoli avvia il procedimento volto a verificare la
loro attualita', interpellando:
1. l'Autorita' Giudiziaria per conoscere lo stato del
procedimento penale o di prevenzione. In tali casi, quale che sia
l'Autorita' interpellata, si richiama l'attenzione sulla necessita'
di acquisire il provvedimento giudiziario dalla cui lettura potranno
emergere ulteriori elementi utili per stabilire, in via definitiva,
se nei riguardi dell'impresa esaminata sussistano o meno tentativi di
infiltrazione mafiosa. Risultera' di fondamentale importanza, come
detto sopra, la collaborazione della Direzionale Nazionale Antimafia,
che, secondo le intese raggiunte, procedera' come segue: ove a carico
di un nominativo risulti emesso un provvedimento giudiziario
«ostensibile» per uno di tali reati, come pure ove risulti emessa o
proposta una misura di prevenzione, il documento sara' estratto dalla
Banca dati della D.N.A. (SIDNA), o se assente, sara' richiesto
all'A.G. competente, e trasmesso con modalita' PEC alla Prefettura di
Napoli.
Pertanto, allorquando risultino dal CED iscrizioni attinenti ai
reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. o ad una misura di
prevenzione personale o patrimoniale, l'istanza di conoscere lo stato
del procedimento e la richiesta di trasmissione dei provvedimenti
giudiziari potra' essere rivolta, oltre che all'A.G. competente,
anche alla D.N.A., che riscontrera' direttamente l'istanza del
Prefetto.
Si sottolinea che la collaborazione offerta dalla D.N.A. riguarda
esclusivamente il reperimento e la trasmissione di atti giudiziari
ostensibili, come le misure cautelari, personali o reali, eseguite, i
decreti che dispongono il giudizio, le sentenze, i decreti di
applicazione e le proposte di misure di prevenzione (queste ultime
solo dopo l'esecuzione dell'eventuale sequestro anticipato ovvero
della notifica al proposto della fissazione dell'udienza in camera di
consiglio).
Laddove invece i procedimenti instaurati per reati ex art. 51,
comma 3-bis, c.p.p. risultino pendenti nella fase delle indagini
preliminari e nel loro ambito o all'esito delle stesse non sia stato
adottato alcun provvedimento ostensibile (ad esempio, misura
cautelare, richiesta di rinvio a giudizio ...) o nel caso in cui la
proposta di misura di prevenzione non sia ancora stata notificata al
destinatario, la D.N.A. inviera' una risposta con la seguente
dicitura: «non risultano informazioni suscettibili di comunicazione»,
dovendosi intendere che l'espressione utilizzata comprende sia i casi
in cui non risultano iscrizioni a carico del soggetto, sia i casi in
cui non possono essere fornite informazioni, in quanto coperte da
segreto.
Infine, nel caso in cui l'esame del CED abbia evidenziato
iscrizioni relative a reati diversi da quelli elencati nel 51, comma
3-bis, c.p.p. - i cd. reati spia che ai sensi dell'art. 84, comma 4,
del decreto legislativo n. 159/2011 hanno comunque valenza indiziante
- la richiesta di copia dei provvedimenti giudiziari dovra' essere
rivolta alle Procure, distrettuali o circondariali, ovvero agli
organi di P. G. procedenti. In proposito, nel richiamare l'attenzione
sull'esistenza di procedimenti e/o condanne per reati ambientali,
anche contravvenzionali, che - nel caso in questione - potrebbero
venire in rilievo quali reati spia, ai sensi del citato art. 84, si
rinvia alle considerazioni fornite nel paragrafo 5 in merito
all'esigenza che le determinazioni prefettizie siano corroborate da
ulteriori elementi sintomatici pregnanti e attuali.
Si precisa al riguardo che tutte le comunicazioni e i dati di
scambio dovranno intercorrere tramite apposito canale dedicato, da
concordare con l'A.G.;
2. la Questura competente, allo scopo di conoscere se le
segnalazioni riferibili anche a fatti potenzialmente suscettibili di
sfociare nell'avvio di un procedimento per l'applicazione di misure
di prevenzione personali o patrimoniali siano da considerarsi attuali
e se esse abbiano portato all'adozione di iniziative sul piano penale
o dell'avvio di procedimenti per l'applicazione di misure di
prevenzione;
d) Ove nel corso dell'attivita' istruttoria non emerga
l'esistenza delle situazioni ostative sopraindicate, vengono in
rilievo gli accertamenti ulteriori concernenti situazioni indizianti
che prescindono da evidenze documentali, giudiziarie o di prevenzione
(art. 84, comma 4, lettere d) ed f), nonche' art. 91, comma 6, del
decreto legislativo n. 159/2011).
Rilevano a questo fine i contributi che provengono:
1. dall'attivita' informativa disposta dal Prefetto di Napoli e
da quella disposta dal Prefetto di altra provincia nel caso in cui
l'impresa esaminata abbia la sede legale fuori da quella di Napoli.
In tale contesto, saranno utilizzabili gli strumenti che consentono
di effettuare verifiche dinamiche sull'esecuzione dell'appalto
(attraverso gli accessi ai cantieri espletati dai Gruppi Interforze),
nonche' i poteri conoscitivi di cui al D.L. n. 629/1982, delegati ai
Prefetti con decorrenza 1° gennaio 1993. In questa fase, gli
accertamenti assumono i contorni di un'indagine amministrativa di
prevenzione in cui sussiste la necessita' che il Prefetto, Autorita'
procedente, venga a disporre di ogni elemento ritenuto indispensabile
all'emissione del giudizio prognostico. Non va esclusa, pertanto, la
possibilita' di attivare gli ulteriori poteri conoscitivi previsti
dall'art. 14, commi dal 3-bis al 3-septies, del decreto-legge 13
maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, nella legge 12
luglio 1991, n. 203. Si ravvisa l'opportunita' che gli accertamenti
siano svolti secondo un modello che implichi una costante interazione
tra la Prefettura di Napoli, nel suo ruolo di coordinamento, e le
Prefetture e i rispettivi Gruppi Interforze del luogo di sede legale
delle imprese;
2. dalle analisi della DIA che sono svolte anche sulla base
delle attivita' dei Gruppi Interforze e degli eventuali contributi
pervenuti dal GIMBAI;
3. dagli ulteriori spunti informativi resi disponibili
dall'A.G.
Le Prefetture trasmetteranno gli esiti degli approfondimenti
svolti a livello territoriale al Gruppo interforze della Prefettura
di Napoli ed al Centro Operativo DIA di Napoli. Quest'ultimo sulla
base degli elementi acquisiti nell'iter istruttorio fornira' un
proprio rapporto alla Prefettura di Napoli;
e) Qualora la complessita' degli accertamenti non consenta di
concludere il procedimento nel termine ordinario di 45 giorni,
previsto dall'art. 92, comma 3, del Codice antimafia, la prefettura,
in un'ottica di collaborazione, ne dara' espressa comunicazione alla
stazione appaltante, la quale, come stabilito dallo stesso art. 92,
comma 3, potra' procedere alla stipula del contratto solo decorsi i
successivi trenta giorni.
Resta in ogni caso fermo, anche in relazione a tale fase, che
qualora nel corso delle verifiche venga accertata l'esistenza di
situazioni che determinino il venir meno dei requisiti morali
necessari al mantenimento dell'iscrizione dell'impresa in elenchi
detenuti da pubbliche amministrazioni ovvero la possibilita' di una
sospensione di tale titolo abilitativo, il Prefetto di Napoli potra'
darne opportuna comunicazione all'ente che detiene l'elenco, per i
conseguenti provvedimenti.
7.2. L'ambito oggettivo degli accertamenti e quello soggettivo.
Nei precedenti paragrafi e' stata richiamata l'attenzione
sull'utilita' della massima anticipazione dei presidi di prevenzione
antimafia facendo perno sulla disposizione contenuta nell'art. 95,
comma 3, del Codice antimafia, secondo cui il prefetto svolge
accertamenti preliminari sulle imprese locali per le quali il rischio
di tentativi di infiltrazione mafiosa e' ritenuto maggiore.
La norma consente uno screening preventivo ad ampio raggio delle
imprese che operano in particolari settori «sensibili», come quello
delle bonifiche, a prescindere dalla loro effettiva partecipazione,
in seguito, alla fase esecutiva. Nell'ipotesi in cui siano accertate
infiltrazioni di tipo criminale, la disposizione richiamata prevede
effetti pienamente ostativi che comportano l'esclusione dell'impresa
dai lavori in ogni caso, qualunque sia il valore o l'importo del
subappalto e/o del subcontratto.
Di fondamentale importanza, a tal fine, e' la possibilita' di
conoscere il prima possibile il quadro della filiera, a cominciare
dalle figure dei subappaltatori e cottimisti. Cio' non solo
nell'ottica di accelerare le verifiche antimafia antecedentemente
alla fase di aggiudicazione, o al fine dell'autorizzazione al
subappalto, ma anche in funzione della migliore pianificazione, da
parte del Prefetto, delle attivita' di accesso in situ nella
successiva fase di esecuzione dell'appalto comprensiva dello stesso
collaudo.
Si raccomanda pertanto di prevedere, nell'ambito dei futuri
protocolli, specifiche prescrizioni che impegnino le imprese
aggiudicatarie a trasmettere tempestivamente il piano degli
affidamenti.
(1) Le Prefetture cureranno, secondo le modalita' stabilite dal
regolamento di cui all'art. 99, comma 1, del decreto legislativo
6 settembre 2011, n. 159, l'inserimento dei dati riguardanti i
controlli effettuati nella Banca dati nazionale unica della
documentazione, una volta che quest'ultima sara' divenuta
operativa.
(2) Si segnala che le stazioni appaltanti, al fine di verificare il
possesso da parte degli operatori economici esteri dei requisiti
morali per la partecipazione alle procedure di gara, richiesti
dall'art. 38 del decreto legislativo n. 163/2006, potranno
applicare le indicazioni di cui al paragrafo 1.2 delle Linee
Guida, pubblicate il 12 agosto 2010, e relative alla
ricostruzione "post sisma in Abruzzo, consultabili attraverso il
link del CCASGO presso il sito istituzionale del Ministero
dell'interno.
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