LUDOPATIA - legittima ordinanza su distanze da luoghi sensibili (Sent. 30/12/14)
[color=red]TRGA, SEZ. BOLZANO - sentenza 30 dicembre 2014 n. 305[/color]
00305/2014 REG.PROV.COLL.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
Sezione Autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 193 del 2013, proposto da:
Allegro Sas di Sun Qing & C., in persona del titolare, legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Avolio e Juri Andriollo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Bolzano, via G. Galilei, n. 10/H;
contro
Comune di Bolzano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Gudrun Agostini, Alessandra Merini, Bianca Maria Giudiceandrea e Laura Polonioli, con domicilio eletto presso l’Avvocatura comunale, in Bolzano, vicolo Gumer, n. 7;
Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, in persona del Ministro p.t., domiciliata per legge presso l’Avvocatura dello Stato di Trento, Largo Porta Nuova, n. 9;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Trento, largo Porta Nuova, 9;
per l’annullamento
dell’ordinanza “per la rimozione dei giochi leciti e per la sospensione dell’attività del pubblico esercizio Bar “American Bistro” in viale Europa 140 in 39100 Bolzano, comma 2 della L.P. 58/1988” sub prot. 40853 dd. 3.6.2013 del Vice Sindaco del Comune di Bolzano, con il quale si ordinava “entro e non oltre cinque (5) giorni dal ricevimento (…)” “la rimozione degli apparecchi da gioco leciti presenti presso il pubblico esercizio” de quo e si disponeva “la sospensione dell’attività dell’esercizio pubblico fino all’avvenuta rimozione dei giochi leciti”;
degli atti presupposti conosciuti: verbali di accertamento e contestazione dd. 18.12.2012, 14.1.2013, 9.4.2013 e 15.4.2013 e la lettera sub prot. n. 89559/2012 dd. 21.11.2012;
degli atti presupposti non conosciuti quali il provvedimento di individuazione dei luoghi sensibili della Città di Bolzano a mente dell’art. 1/bis della l.p. 58/1988;
e per la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento dei danni occorrendi nel solo caso di illegittima effettiva sospensione dell’attività di esercizio pubblico.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano e del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli di Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il dott. Luigi Mosna e uditi per le parti i difensori:
avv. G. Avolio per la parte ricorrente;
avv. A. Merini per il Comune di Bolzano;
l’Avvocato dello Stato S. Pirrone per il Ministero dell’Economia e dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Sono impugnati gli atti in epigrafe indicati, in forza dei quali è stato ordinato alla società ricorrente di rimuovere dal pubblico esercizio “Bar American Bistro”, entro e non oltre cinque giorni dal ricevimento dell’ordinanza, gli apparecchi da gioco leciti, disponendo, contestualmente, in caso di inosservanza della precitata ordinanza di rimozione, la sospensione dell’attività dell’esercizio pubblico fino all’avvenuta rimozione di detti giochi.
Il provvedimento è stato adottato in seguito all’accertamento da parte del Comune di Bolzano che nel raggio di 300 metri dal suddetto esercizio pubblico si trovano numerosi punti sensibili, meglio precisati nell’ordinanza stessa.
A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:
I.-Eccesso di potere per difetto di istruttoria, mancata osservazione di fatti importanti ai fini della decisione e travisamento dei fatti.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 11 e 14 della legge provinciale 22 ottobre 1993, n. 17.
Violazione dei principi in materia di giusto procedimento.
Illegittimità derivata.
II.-Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
Errata individuazione del soggetto responsabile della violazione amministrativa, ad impossibilia nemo tenetur.
Violazione delle norme sul giusto procedimento.
III.-Violazione dell’art. 47 c. 2 della legge provinciale nr. 58 del 1988.
Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto di motivazione in quanto le esigenze di protezione dai rischi legati all’insorgenza di dipendenza da gioco d’azzardo non sono state né accertate con adeguata istruttoria, né estrinsecate con sufficiente motivazione.
IV (indicato come III nel ricorso) Violazione della direttiva 98/34/CE con particolare riferimento agli artt. 1, 8 e 9, come modificata dalla direttiva 2006/96/CE che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione.
V (indicato come IV nel ricorso) Eccezione di costituzionalità per contrasto con gli artt. 3, 41, 117 lettere e) ed h) e 118 Cost. della Costituzione (con riferimento ai soli profili che non sono stati esaminati dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 10.11.2011 n. 300) dell’art. 11 c. 1/bis e 1/ter, dell’art. 47 e dell’art. 54 c. 3 lett. k della legge provinciale n. 58/1988.
Il punto VI (indicato come IV nel ricorso) si riferisce alla richiesta di risarimento del danno.
Con atto recante motivi aggiunti, il gravame è stato proposto, oltrechè contro il Comune di Bolzano, anche nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
Con i motivi aggiunti sono, inoltre, state fatte valere le seguenti censure, precisando che al punto VI viene trattata la dedotta sussistenza dell’interesse della ricorrente ad ottenere la misura cautelare dalla stessa richiesta:
VII-Violazione e falsa applicazione del D.M. 12 marzo 2004, n. 86. Regolamento concernente disposizioni per la gestione telematica degli apparecchi da divertimento e intrattenimento, ai sensi dell’articolo 14bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni e integrazioni.
Violazione degli artt. 2ter e 2quater del decreto legge n. 40 del 25 marzo 2010, così come modificato dalla legge di conversione 22 maggio 2010, n. 73.
Violazione dell’articolo 1, comma 82, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, che ha sostituito l’articolo 1, comma 533 e introdotto gli articoli 533bis e 533ter della legge n. 266 del 23 dicembre 2005.
Violazione del decreto del direttore generale dell’AAMS sub prot. n. 2011/11181/Giochi/ADI del 5 aprile 2011.
Errata individuazione del soggetto obbligato.
Violazione delle norme sul giusto procedimento.
Incompetenza;
VIII-Violazione della direttiva 98/34/CE con particolare riferimento agli artt. 1, 8 e 9, come modificata dalla direttiva 2006/96/CE che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione.
La ricorrente ha chiesto anche il risarcimento dei danni, “nel caso di effettiva sospensione della licenza di esercizio pubblico e successiva declaratoria di annullamento”, con riserva di quantificazione ed allegazione.
Con decreto n. 103/13, depositato il 23 luglio 2013, il Presidente del Tribunale ha sospeso, in via cautelare di urgenza, ex art. 56 c.p.a., l’ordinanza impugnata, limitatamente all’ordine di sospensione della licenza di esercizio pubblico.
Si è costituito in giudizio il Comune di Bolzano, chiedendo che il ricorso sia rigettato, in quanto infondato.
Con ordinanza cautelare n. 129/13, depositata il 21 agosto 2013, il Collegio ha rigettato l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente in via incidentale, in quanto dal verbale di ispezione della Polizia annonaria del 10 giugno 2013, risultava che la società ricorrente aveva rimosso gli apparecchi da gioco contestati.
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è intervenuta in giudizio ad adiuvandum, con atto del 15 agosto 2013, chiedendo l’accoglimento del ricorso in quanto fondato, successivamente ha depositato, anche, un controricorso del 17 agosto 2013, nel quale si rinvia alle conclusioni assunte nel predetto atto di intervento.
Nei termini di rito le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive difese.
All’udienza pubblica del 22 ottobre 2014, sentite le parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Viene, innanzitutto, eccepita una presunta violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento.
Il rilievo è infondato.
Agli atti del Comune (doc. n. 17) si rinviene la comunicazione dell’avvio del procedimento prot. n. 30225/19.04.2013, finalizzato alla emissione di ordinanza di immediata rimozione dei giochi leciti e l’avvio del procedimento per la sospensione dell’attività dell’esercizio pubblico, in caso di inosservanza della precitata ordinanza di rimozione, con assegnazione del termine di 30 giorni dal ricevimento della medesima comunicazione per la presentazione di osservazioni o documentazione utile al responsabile del procedimento.
Nel precitato atto di avvio del procedimento, il Comune di Bolzano ha richiamato la precedente nota informativa prot. n. 89559/12 dd. 19 novembre 2012 notificata alla ricorrente tramite PEC, con la quale veniva evidenziato che nel raggio di 300 metri dall’esercizio di viale Europa 140 erano situati: il centro salute mentale (C.S.M.) Bolzano città, la struttura di ricovero e cura ‘Servizio per le dipendenze’ SERD, la comunità alloggio per malati psichici “Città Azzurra”, i laboratori protetti Gruppi Occupazionali, la casa di riposo e mensa anziani “Don Bosco”, il centro giovani Blu space, il centro giovani Il Melograno, l’istituto professionale pubblico F.I.U.HW. J. Fravogl, l’istituto tecnico industriale “Max Valier, le scuole medie Ada Negri e Schweitzer, oltre a scuole materne e asilo nido. Ha, anche, indicato un successivo verbale di accertamento senza sanzione dd. 18 dicembre 2012 e n. 3 verbali di infrazione, in cui sono state citate le normative di riferimento ed evidenziati tutti i siti sensibili presenti nel raggio di 300 metri dall’esercizio, con relativa planimetria ed elenco, facenti parte integrante dei relativi verbali (doc. n. 6, 15 e 16 del Comune). Con altre censure, la ricorrente afferma che l’Amministrazione comunale avrebbe errato nell’individuazione del soggetto responsabile della violazione amministrativa, che non sarebbe il titolare della licenza di esercizio pubblico, bensì il proprietario/noleggiatore degli apparecchi da gioco leciti di cui è stata ordinata la rimozione. La ricorrente, sostiene, tra l’altro, di non poter rispondere per responsabilità oggettiva, esulando questo tipo di responsabilità dalla disciplina delle sanzioni amministrative.
Inoltre, l’ordinanza impugnata contrasterebbe con l’impianto normativo nazionale di verifica e di controllo del gioco lecito. Il funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro si caratterizzerebbe per la necessità, normativamente prevista, del collegamento in rete degli apparecchi al sistema di elaborazione dei concessionari, ai quali sarebbe, in via esclusiva, affidata la gestione degli apparecchi stessi, la raccolta dei dati registrati negli apparecchi e il trasferimento quotidiano al sistema centrale di AAMS, la rilevazione della conformità del funzionamento del gioco e la segnalazione immediata delle irregolarità, la gestione amministrativa e la contabilizzazione delle somme giocate. Spetterebbe, pertanto, solo ai concessionari la facoltà di interrompere il collegamento alla rete telematica degli apparecchi alla rete, in caso di non conformità degli apparecchi alle prescrizioni per il gioco.
Le doglianze non sono fondate.
E’ opportuno richiamare le disposizioni della legge provinciale sugli esercizi pubblici 14 dicembre 1988, n. 58, di cui si controverte.
L’art. 11, comma 1 (modificato dall’art. 2 della legge provinciale 22 novembre 2010, n. 13), così recita: “Fermo restando quanto disposto all’articolo 4 in ordine alle sale da biliardo, da giuochi e di attrazione, nei pubblici esercizi possono essere tenuti e praticati i giuochi non vietati ai sensi dell’articolo 110, comma 6, del Testo unico sulla pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche”.
Il comma 1bis dello stesso art. 11 (aggiunto dall’art. 2, comma 2, della legge provinciale 22 novembre 2010, n. 13), così recita: “Anche i giochi leciti non possono essere messi a disposizione in un raggio di 300 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio – assistenziale. La Giunta provinciale può individuare altri luoghi sensibili, in cui i giochi non possono essere messi a disposizione”.
Il comma 1ter dell’art. 11 (aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge provinciale 11 ottobre 2012, n. 17), così recita: “Gli apparecchi da gioco ai sensi dell’articolo 110, comma 6, del Testo Unico delle leggi sulla pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche, già installati negli esercizi pubblici all’entrata in vigore della disposizione di cui al comma 1-bis devono essere rimossi entro due anni dall’entrata in vigore del comma 1-bis….”.
L’art. 47, comma 1 (modificato dall’art. 1, comma 2, della citata legge provinciale n. 17 del 2012) stabilisce poi che “i difetti dei locali e delle dotazioni, atti a pregiudicare la salute o la vita della clientela o degli addetti, riscontrati nel corso della funzione di vigilanza e controllo sono comunicati al sindaco. Lo stesso vale nel caso in cui siano messi a disposizione giochi leciti in contrasto con quanto stabilito dall’articolo 11”. E il comma 2 dello stesso art. 47 (modificato dall’art. 2, comma 1, della legge provinciale n. 17 del 2012) prevede che “il sindaco può, con provvedimento motivato, disporre in ogni momento la rimozione dei difetti contestati oppure dei giochi leciti in contrasto con l’articolo 11, sospendendo, in casi particolarmente gravi, l’attività dell’esercizio fino all’avvenuta rimozione dei difetti ovvero di questi giochi”.
Infine l’art. 54, comma 3, lett. k) (lettera sostituita dall’art. 3, comma 1, della legge provinciale n. 17 del 2012) stabilisce che “è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di Euro 144,00 ad un massimo di Euro 552,00, chiunque… non rimuove i difetti dei locali o delle dotazioni oppure i giochi leciti in contrasto con l’articolo 11, riscontrati ai sensi dell’articolo 47, fermo restando quanto previsto al comma 2 dell’articolo 47”.
[color=red]Osserva il Collegio che il legislatore provinciale, con le modifiche introdotte nel 2012 (così come con quelle introdotte nel 2010), non è intervenuto per contrastare e prevenire il gioco illegale (cioè per prevenire reati o mantenere l’ordine pubblico), né per disciplinare direttamente le modalità di installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco leciti di cui all’art. 110, comma 6, del TULPS e nemmeno per individuare i giochi leciti (materie riservate alla competenza del legislatore statale). E’ intervenuto per disporre la rimozione degli apparecchi da gioco in ragione della loro prossimità a determinati luoghi, che potrebbero, da un lato indurre al gioco soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi (quindi maggiormente esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni) e, dall’altro lato, creare problemi di viabilità e di inquinamento acustico delle aree interessate.[/color]
L’obbligo di rimuovere i suddetti apparecchi da gioco leciti derivante dalla sopra richiamata normativa provinciale colpisce, in via diretta, il titolare della licenza di pubblico esercizio, in quanto unico soggetto che ha la disponibilità esclusiva del locale. D’altra parte, l’Amministrazione comunale è del tutto estranea ai rapporti che legano i titolari delle licenze di esercizi pubblici con i proprietari/noleggiatori e con i concessionari dei giochi, che restano regolati dai rispettivi contratti.
La norma imperativa sopravvenuta determina la risoluzione, di diritto, dei contratti in contrasto con le disposizioni ivi previste, senza che, perciò, il titolare della licenza possa legittimamente appellarsi a quei rapporti contrattuali (e alla asserita presunta inerzia del concessionario intimato dal titolare della licenza alla rimozione) per evitare la rimozione degli apparecchi imposta dalla norma imperativa sopravvenuta.
[color=red]Nella recente sentenza n. 323/13, depositata il 22 novembre 2013, questo Tribunale ha già chiarito che la norma provinciale che impone la rimozione degli apparecchi da gioco leciti non incide in alcun modo sul funzionamento della rete telematica dei giochi leciti: “Invero, con il citato criterio di localizzazione, la norma si limita a disporre la rimozione degli apparecchi che si trovino su limitate e ben determinate fasce di territorio, giudicate sensibili. Gli stessi apparecchi ben possono essere installati in esercizi ubicati al di fuori delle aree c.d. sensibili, senza alcun pregiudizio per la rete telematica”.[/color]
La ricorrente lamenta, inoltre, il difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alle esigenze di protezione dai rischi legati all’insorgenza di dipendenza da gioco d’azzardo.
Il motivo è infondato.
Osserva, anzitutto, il Collegio che lo stesso legislatore provinciale ha stabilito che i giochi leciti non possono essere messi a disposizione (rispettivamente devono essere rimossi, se già installati) in un raggio di 300 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio – assistenziale (cfr. art. 11, commi 1bis e 1 ter della legge provinciale n. 58 del 1988).
E’ sufficiente che l’esercizio pubblico si trovi nel raggio di 300 metri da uno solo dei luoghi suddetti, perché scatti, automaticamente, l’obbligo di rimozione degli apparecchi da gioco leciti, senza che all’Amministrazione residui alcun potere discrezionale nell’applicazione della norma.
L’ordinanza impugnata ha rilevato che nel raggio di 300 metri dal Bar “American Bistro “si trovano numerosi punti sensibili, come individuati nell’art. 11, comma 1/bis della L.P. 58/1988 ed indicati nell’allegata tabella, facente parte integrante del presente atto, fra cui in particolare:
centri giovanili “Blu- Space” in Via Sorrento 12 ed il Centro Giovani “Il Melograno” in Via del Ronco 2, quali centri di aggregazione giovanile in fascia di età fino ai 26 anni circa, che meritano particolare tutela;
scuole superiori: Istituto professionale “J Kravogl” e l’Istituto tecnico pubblico “Max Valier”, entrambi in Via Sorrento 20: trattasi di scuole superiori con orario scolastico sia al mattino che al pomeriggio e quindi i ragazzi utilizzano sovente le risorse del territorio negli intervalli dell’orario scolastico; la fascia di età dei ragazzi richiede una particolare tutela degli stessi;
strutture operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale: “Gruppi occupazionali” in Viale Europa 138, la comunità alloggio per malati psichici “Città Azzurra” in Via Mendola 121, il “Centro di Salute Mentale” in Via del Ronco 3 ed il SERD “Servizio per le dipendenze” in Via del Ronco 3 vengono frequentati da persone che meritano particolare tutela in relazione alle condizioni socio-sanitarie con particolare riguardo a chi soffre di dipendenze. All’interno del SERD vi è inoltre il servizio a cui afferiscono le persone di “tutto il comprensorio Sanitario di Bolzano”, più precisamente i Comuni facenti parti della Val Gardena, Bassa Atesina, Oltr’Adige, Val d’Ega/S. Schilliar, Sarentino/Renon per un totale di 32 Comuni, in cura e riabilitazione per la dipendenza da gioco patologico;
casa di riposo “Don Bosco” in via Milano 170 e al suo interno vi è la “mensa per anziani”, frequentata dagli anziani residenti nel quartiere. Le persone anziane si trovano spesso in una condizione di fragilità economica e sociale e pertanto meritevoli di particolare tutela”.
Tutti i siti sensibili sopra indicati rientrano tra quelli individuati direttamente dal legislatore provinciale nell’art. 11, comma 1bis della legge provinciale n. 58 del 1988 (“istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio assistenziale”).
[color=red]Parimenti infondate sono le censure con le quali la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1, 8 e 9, della direttiva 98/34/CE, che prevedono l’esperimento di una procedura di informazione nel “settore delle norme e regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione”, allo scopo di evitare che la libera circolazione delle merci, la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento, garantite dal Trattato dell’Unione Europea possano venire pregiudicate ovvero ostacolate, direttamente o indirettamente, da una loro eventuale applicazione.[/color]
Per disattendere la censura è sufficiente richiamare la giurisprudenza comunitaria e nazionale, che ha escluso la qualificazione di “regole tecniche” per le disposizioni che contengano restrizioni all’apertura di locali adibiti al gioco, a tutela di determinate categorie di persone maggiormente vulnerabili in funzione della prevenzione della dipendenza dal gioco (interesse fondamentale, salvaguardato dallo stesso Trattato CEE), affermando la conseguente non necessità di previa comunicazione alla Commissione europea, ai sensi della direttiva 98/34/CE (cfr., ex multis, sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 24 gennaio 2013, n. 186; Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4498; TRGA Bolzano, 22 novembre 2013 e 18 dicembre 2012, n. 376; TRGA Trento, 21 febbraio 2013, n. 64 7 marzo 2013, n. 104 e 20 marzo 2013, n. 96).
Con altro motivo la ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale delle norme provinciali (art. 11, commi 1bis e 1 ter, art. 47 e art. 54, comma 3, lett. k della legge provinciale n. 58 del 1988), per violazione degli artt. 3, 41, 117 lettere e) ed h) e 118 Cost. della Costituzione (con riferimento ai soli profili che non sono stati esaminati dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 10.11.2011 n. 300), con riferimento all’organizzazione economica e libertà di impresa, nonchè alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, rispettivamente in materia di “tutela della concorrenza e sistema tributario dello Stato” e in materia di “ordine pubblico e sicurezza”.
L’eccezione non è fondata.
[color=red]Giova tenere presente che la Corte Costituzionale, nella sentenza 10 novembre 2011, n. 300, vagliando la legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1bis, della legge provinciale n. 58 del 1988, ha ritenuto del tutto legittima la disposizione provinciale contenente divieti di localizzazione per gli apparecchi da gioco leciti.
In particolare, la Corte ha rilevato che:
- le disposizioni oggetto del giudizio, le quali si inseriscono in corpi normativi volti alla regolamentazione degli spettacoli e degli esercizi commerciali, dettando precipuamente limiti alla collocazione nel territorio delle sale da gioco e di attrazione e delle apparecchiature per giochi leciti, sono dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili (o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio – assistenziale), e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica;
- le evidenziate finalità tutorie valgono a differenziare le disposizioni impugnate dal contesto normativo in materia di gioco, di cui si è già occupata la Corte (sentenze n. 72 del 2010 e n. 237 del 2006), rendendo la normativa provinciale in esame non riconducibile alla competenza legislativa statale in materia di “ordine pubblico e sicurezza”; quest’ultima materia, per consolidata giurisprudenza della Corte, attiene alla “prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico”, inteso questo quale “complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge la civile convivenza nella comunità nazionale”;
- gli interessi pubblici primari che vengono in rilievo ai fini considerati sono unicamente gli interessi essenziali al mantenimento di una ordinata convivenza civile, poiché, diversamente opinando, si produrrebbe una smisurata dilatazione della nozione di sicurezza e ordine pubblico, tale da porre in crisi la stessa ripartizione costituzionale delle competenze legislative, con l’affermazione di una preminente competenza statale potenzialmente riferibile a ogni tipo di attività; la semplice circostanza che la disciplina normativa attenga a un bene giuridico fondamentale, quale quello della tutela dei minori, non vale, dunque, di per sé, a escludere la potestà legislativa regionale o provinciale, radicando quella statale;
- le disposizioni provinciali censurate hanno riguardo a situazioni che non necessariamente implicano un concreto pericolo di commissione di fatti penalmente illeciti o di turbativa dell’ordine pubblico, inteso nei termini dianzi evidenziati; si preoccupa, piuttosto, delle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi degli utenti;
- le disposizioni impugnate, infatti, non incidono direttamente sulla individuazione ed installazione dei giochi leciti, ma su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate.
Ebbene, ad avviso del Collegio, le suesposte osservazioni della Corte non possono che valere anche per la neointrodotta norma provinciale (art. 1, comma 1, della LP n. 17 del 2012) che ha disposto – coerentemente con il divieto di installare apparecchi da gioco lecito nel raggio di 300 metri dai c.d. luoghi sensibili, precedentemente stabilito – l’obbligo di rimuovere gli apparecchi già installati negli esercizi pubblici che si trovino nel raggio di 300 metri da detti luoghi.[/color]
E’ chiaro, infatti, che il fine della nuova norma è il medesimo che aveva indotto, in precedenza, lo stesso legislatore a vietare la messa a disposizione degli apparecchi da gioco in determinate parti limitate del territorio. In assenza di questo ulteriore e complementare intervento, la detta tutela non potrebbe, invero, essere pienamente realizzata.
Appare, quindi, manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale formulata dalla ricorrente.
[color=red]La Corte Costituzionale, nella citata sentenza n. 300 del 2011, ha eliminato ogni dubbio: l’intervento del legislatore provinciale nella specifica materia sopra descritta non è invasivo della competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza (art. 117, lett. h, della Costituzione).[/color]
Non sussiste, inoltre, alcun contrasto della normativa provinciale con il D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (c.d. decreto “Balduzzi”), convertito nella legge 8 novembre 2012, n. 189.
E’ noto che le prime misure volte a vietare l’installazione di apparecchi da gioco nelle zone c.d. sensibili sono state adottate dalla Provincia autonoma di Bolzano con la legge provinciale 22 novembre 2010, n. 13. Solo due anni dopo, con il D.L. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito con la legge 8 novembre 2012, n. 189), il legislatore statale, ha adottato “misure di prevenzione per contrastare la ludopatia”). Sennonché, nonostante il lodevole intento espresso nella rubrica dell’art. 7, nella loro stesura finale, le misure adottate si rivelano blande rispetto alla finalità che lo stesso legislatore si era dato; e la loro attuazione, oltretutto, viene rimandata nel tempo.
Recita infatti l’art. 7, comma 10, del citato decreto “Balduzzi”: “L’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (n.d.r.: 11 novembre 2012) e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando. Ai fini di tale pianificazione si tiene conto dei risultati conseguiti all’esito dei controlli di cui al comma 9, nonché di ogni altra qualificata informazione acquisita nel frattempo, ivi incluse proposte motivate dei comuni ovvero di loro rappresentanze regionali o nazionali. Presso l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un osservatorio di cui fanno parte, oltre ad esperti individuati dai Ministeri della salute, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, anche esponenti delle associazioni rappresentative delle famiglie e dei giovani, nonché rappresentanti dei comuni, per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave. Ai componenti dell’osservatorio non è corrisposto alcun emolumento, compenso o rimborso di spese”.
Orbene, si è già detto che i giudici della Corte Costituzionale hanno ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni provinciali che, dettando norme sulla localizzazione degli apparecchi da gioco lecito, mirano a tutelare le “conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché all’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi degli utenti”.
[color=red]La Corte ha ritenuto che le disposizioni de quibus non rientrino nella competenza esclusiva dello Stato in materia di misure di prevenzione dei reati e mantenimento dell’ordine pubblico (art. 117, secondo comma, lett. h), lasciando intendere che esse rientrino nella materia sociale della tutela dei minori e in quella della tutela del territorio, materie nelle quali la Provincia autonoma di Bolzano esercita potestà legislativa esclusiva (cfr. art. 8, risp. numeri 25 e 5 dello Statuto di autonomia). Ciò evidentemente a prescindere dalla collocazione delle disposizioni stesse nella legge provinciale sugli esercizi pubblici.[/color]
Peraltro, anche volendo considerare che le disposizioni provinciali in esame rientrino nelle materie nelle quali la Provincia esercita una potestà legislativa concorrente, come quella degli esercizi pubblici o quella della sanità (nella quale sono collocate le disposizioni del decreto “Balduzzi”), in base allo Statuto di autonomia, letto in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 (c.d. clausola di adeguamento automatico, anche detta clausola di maggiore favore), la Provincia non meriterebbe censure, in quanto ha rispettato il limite “dei principi fondamentali” stabiliti dalle leggi dello Stato (art. 117, terzo comma, ultimo periodo, della Costituzione).
Il legislatore statale ha indicato, come si evince dalla piana lettura dell’art. 7, comma 10, del decreto “Balduzzi” (sopra riportato), che la necessità di opportunamente distanziare gli esercizi dove sono installati gli apparecchi da gioco da alcuni luoghi giudicati sensibili costituisce un principio fondamentale del decreto.
In tal senso, il TRGA di Trento, nella sua recente sentenza n. 63 del 21 febbraio 2013, ha affermato essere “uno dei principi fondamentali del sopravvenuto decreto Balduzzi…l’esigenza – sia pure valutata con un diverso grado di urgenza – che tra i locali, ove sono installati gli apparecchi da gioco, e determinati luoghi di aggregazione e/o permanenza di fasce vulnerabili della popolazione “debba intercorrere una distanza minima, idonea ad arginare i richiami e le suggestioni consistenti nell’illusoria possibilità di facile ed immediato arricchimento” (nello stesso senso cfr. anche TRGA Trento 7 marzo 2013, n. 104).
Quindi le norme provinciali in esame hanno seguito i principi fondamentali contenuti nel decreto “Balduzzi” e li hanno codificati ancora prima della loro introduzione nella legislazione statale.
Peraltro, con riferimento specifico alla disposizione provinciale che dispone la rimozione degli apparecchi da gioco, quando si trovino nel raggio di 300 metri dai luoghi c.d. sensibili, rileva il Collegio che anche il decreto “Balduzzi” contiene una disciplina di “ricollocazione” (valevole, quindi, anche per gli esercizi già esistenti) degli apparecchi da gioco rispetto a determinati luoghi c.d. sensibili.
In ogni caso, va sottolineato che le disposizioni contenute nell’art. 7, comma 10, del decreto “Balduzzi”, non possono comunque essere applicate direttamente nel territorio provinciale, ostandovi l’art. 2 del D. Lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (norma di attuazione sui rapporti tra legislazione statale e provinciale).
Le sopra riportate argomentazioni della Corte Costituzionale valgono anche con riferimento al presunto contrasto della normativa provinciale con la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e sistema tributario dello Stato (art. 117, lett. e, della Costituzione).
Osserva, anzitutto, il Collegio che il principio di tutela della concorrenza non è assoluto.
Il legislatore provinciale non è intervenuto sul mercato della produzione e commercializzazione degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, del TULPS, ma per tutelare interessi ben diversi, come già esposto, senza alcuna finalità “protezionistica” o distorsiva delle regole di mercato.
In ogni caso, il c.d. regime di liberalizzazione introdotto dal legislatore statale non è assoluto, essendo consentite limitazioni quando l’attività economica rechi “danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l’utilità sociale” (cfr. art. 3, comma 1, lett. c, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148 e art. 1, comma 2, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito nella legge 24 marzo 2012, n. 27).
La giurisprudenza CE in materia di libera prestazione di servizi e offerta di gioco d’azzardo lecito e sua pubblicizzazione, definite attività di servizi ai sensi dell’art. 49 del Trattato CEE, è unanime nel ritenere conformi al Trattato CEE (in particolare agli artt. 43 e 49) le normative nazionali di restrizione alla libera prestazione di servizi, adottate nel settore dei giochi e delle scommesse. In particolare, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, nella sentenza 8 settembre 2010, n. 46, ha affermato che tali restrizioni si ricollegano il più delle volte alla tutela dei destinatari dei servizi interessati e, più in generale, dei consumatori, nonché alla tutela dell’ordine sociale. La Corte ha altresì sottolineato che tali obiettivi rientrano nel novero delle ragioni imperative di interesse generale, atte a giustificare menomazioni della libera prestazione dei servizi (v. in tal senso, in particolare, sentenze Schindler, cit., punto 58; Läärä e a., cit., punto 33; Zenatti, cit., punto 31; 11 settembre 2003, causa C-6/01, Anomar e a., Racc. pag. I-8621, punto 73, nonché Placanica e a., cit., pnto 46)”.
Risulta dunque dalla giurisprudenza della Corte che spetta a ciascuno Stato membro decidere, nell’ambito del proprio potere discrezionale, se, nel contesto dei legittimi scopi da esso perseguiti, sia necessario vietare totalmente o parzialmente attività della suddetta natura, oppure soltanto limitarle e prevedere, a tal fine, modalità di controllo più o meno rigorose, tenendo presente che la necessità e la proporzionalità delle misure adottate deve essere valutata unicamente alla luce degli obiettivi perseguiti e del livello di tutela, che le autorità nazionali interessate intendono garantire.
[color=red]Il Consiglio di Stato, nella recente sentenza della Sezione IV 20 agosto 2013, n. 4199, ha affermato che “esigenze di carattere sociale o criminale, quali la tutela del consumatore, la prevenzione della frode, il contenimento della propensione al gioco (c.d. ludopatia), ma solo se idonee allo scopo e perseguite in modo coerente e sistematico”, possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi (previste dagli artt. 43 e 49 CE).[/color]
Ad avviso del Collegio appare del tutto giustificata, ragionevole e proporzionata una limitazione territoriale degli apparecchi da gioco, al fine di tutelare le categorie più sensibili della popolazione dal pericolo della dipendenza da gioco, senza che detta limitazione si ponga in contrasto, anche, con gli artt. 3 e 41 della Costituzione, come appresso precisato.
Viene, inoltre, sollevata la questione di legittimità costituzionale delle norme provinciali a fondamento dell’ordinanza comunale censurata, per violazione della libertà di iniziativa economica, di cui all’art 41 della Costituzione.
[color=red]Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la recente sentenza di data 11 settembre 2013, n. 4498, richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 300 del 2011, ha statuito che non è ravvisabile alcuna violazione della libertà d’iniziativa economica, “poiché le disposizioni censurate si basano su un ragionevole bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevanti, non incidendo direttamente sulla individuazione e sulla installazione dei giochi leciti, bensì su fattori (quali la prossimità a determinati luoghi e la pubblicità) che potrebbero, da un canto, indurre al gioco un pubblico costituito da soggetti psicologicamente più vulnerabili od immaturi e, quindi, esposti alla capacità suggestiva dell’illusione di conseguire, tramite il gioco, vincite e facili guadagni,e, dall’altro, influire sulla viabilità e sull’inquinamento acustico delle aree interessate”.[/color]
Osserva il Collegio, inoltre, che la libertà economica privata non è assoluta, restando affidato al legislatore il compito do determinare i programmi ed i controlli opportuni affinchè essa possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (cfr: Corte Costituzionale, sentenza del 7 luglio 2006, n. 279).
Per quanto sopra, non si ravvisa la lamentata violazione agli artt. 3 e 41 della Costituzione.
Non si può, neppure, sostenere che le norme provinciali che supportano l’ordinanza comunale impugnata, contrasti con gli artt. 118, comma 1, e 114, comma 3, ultimo capoverso, della Costituzione, che sono finalizzate a garantire l’unitarietà di trattamento sul territorio nazionale.
A tale proposito si richiamano le argomentazioni sopra svolte.
In particolare, come già evidenziato nella recente sentenza di questo T.R.G.A. n. 260/2014 del 22 ottobre 2024, va rimarcato, da un lato, che le norme provinciali de quibus hanno seguito i principi fondamentali contenuti nel decreto “Balduzzi” e li hanno codificati ancora prima della loro introduzione nella legislazione statale; dall’altro lato, che le disposizioni contenute nell’art. 7, comma 10, del decreto “Balduzzi”, non avrebbero, comunque, potuto trovare applicazione direttamente sul territorio provinciale, ostandovi l’art. 2 del D. Lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (norma di attuazione sui rapporti tra legislazione statale e provinciale).
Neppure si può riscontrare una lesione delle norme provinciali poste a giustificazione dell’ordinanza impugnata nei confronti dell’art. 117, lettera m, della Costituzione, per violazione del principio della riserva di legge, stante l’illegittima previsione di norme aventi ad oggetto la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Invero, come già chiarito nella citata sentenza n. 260/2014, le norme provinciali hanno rispettato i principi contenuti nel decreto “Balduzzi”: invero, uno dei principi fondamentali del decreto è costituito proprio dalla necessità di stabilire le distanze minime tra gli esercizi pubblici in cui si trovano gli apparecchi da gioco leciti e alcuni luoghi, ritenuti sensibili, principio già contenuto nell’art. 11 della legge provinciale n. 58 del 1998 e s.m.
In ogni caso, ad avviso del Collegio, come si legge nella richiamata sentenza, con riferimento particolare alle Regioni a Statuto speciale, la competenza statale in materia di determinazione dei livelli essenziali può essere invocata solo nella misura in cui i livelli fissati dallo Stato non incidano in funzione limitativa di competenze che spettano alle dette Regioni, in forza dei relativi Statuti speciali. E, nel caso trattato, la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 300 del 2011 ha riconosciuto la potestà legislativa della Provincia di disciplinare le distanze minime tra esercizi pubblici che mettono a disposizione apparecchi da gioco lecito e luoghi giudicati sensibili, nell’esercizio delle proprie competenze nella materia sociale della tutela dei minori e nella materia della tutela del territorio.
[color=red]Ed, infatti, nella recente sentenza n. 220 del 18 luglio 2014, la Corte, vagliando la legittimità costituzionale dell’art. 50, comma 7, del D.Lgs. n. 267 del 2000, che disciplina i poteri normativi e provvedimentali attribuiti al Sindaco, nella parte in cui non prevede che tali poteri possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco d’azzardo patologico, ha giudicato inammissibile la questione, evidenziando che l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa ha elaborato un’interpretazione della suddetta norma compatibile con gli artt. 32 e 118 della Costituzione e precisa che “il TAR rimettente omette di considerare che il potere di limitare la distribuzione sul territorio delle sale da gioco attraverso l’imposizione di distanze minime ai cosiddetti luoghi sensibili, potrebbe altresì essere ricondotto alla potestà degli enti locali in materia di pianificazione e governo del territorio, rispetto alla quale la Costituzione e la legge ordinaria conferiscono al Comune le relative funzioni”.[/color]
Si aggiunge che è un fatto che il fenomeno del gioco lecito con gli apparecchi di cui agli artt. 110, comma 6, lett a), del TULPS (c.d. “new slot”, meglio conosciute a livello internazionale come A.W.P. – amusement with prizes) ha assunto in Italia dimensioni notevoli. La perdurante crisi economica induce lo Stato ad aumentare l’offerta di giochi leciti, per ottenere maggiori entrate fiscali, ma questo orientamento induce, al contempo, le persone più fragili ad appellarsi alla fortuna, nell’illusione di risolvere i propri problemi. E’ noto che il gioco lecito, da mero divertimento, può non di rado degenerare in dipendenza, con gravi conseguenze non solo sulla salute (la malattia è chiamata “gioco d’azzardo patologico”, GAP), ma anche di relazione sociale, con elevati costi a carico della collettività.
Appare, quindi, ragionevole che il legislatore provinciale sia intervenuto per proteggere le fasce di popolazione più deboli.
La disciplina provinciale che impone una distanza minima tra gli esercizi dove sono installati apparecchi da gioco leciti e alcuni circoscritti e ben individuati luoghi, considerati sensibili, non si pone neppure in contrasto con la competenza legislativa statale in materia di sistema tributario dello Stato.
[color=red]Le disposizioni provinciali censurate, che si basano su un ragionevole bilanciamento di interessi costituzionalmente rilevanti (come affermato dallo stesso Consiglio di Stato, nella citata sentenza della Sezione VI n. 4498/2013), non impediscono affatto all’erario di incassare gli introiti derivanti dal gioco lecito: gli apparecchi da gioco possono infatti essere ricollocati in luoghi considerati non sensibili. Il flusso delle entrate erariali potrà essere così garantito, senza alcun danno sociale e sanitario alle fasce di popolazione considerate più fragili e altrimenti indifese.[/color]
Infine, va disattesa anche la censura riferita alla asserita retroattività della disciplina che ha imposto la rimozione degli apparecchi da gioco leciti.
E’ pur vero che l’art. 11 delle preleggi dispone, in via di principio, l’irretroattività della legge e, conseguentemente, la salvezza degli atti compiuti sotto l’impero della legge anteriore. Tuttavia, secondo l’orientamento della Corte costituzionale, è rimesso alla discrezionalità del legislatore regolare lo stato dei rapporti pendenti, valutando la scelta tra retroattività ed irretroattività, con il solo limite che non siano contraddetti principi e valori costituzionali (cfr. le sentenze della Corte Costituzionale. n. 234/2007, 341/2006, 206/2004, 189/1992).
Ebbene, il legislatore provinciale ha operato un contemperamento dell’interesse dei titolari al mantenimento degli apparecchi da gioco leciti negli esercizi pubblici situati in luoghi c.d. sensibili e di quello alla tutela delle persone più deboli e, quindi, più esposte al rischio del gioco compulsivo, operando una scelta discrezionale che al Collegio appare del tutto ragionevole. D’altra parte, senza la rimozione degli apparecchi già installati non potrebbe realizzarsi, in pieno, quella tutela delle persone ritenute maggiormente vulnerabili (o per la giovane età o perché bisognose di cure di tipo sanitario o socio – assistenziale), giudicata legittima dalla Corte Costituzionale, nella citata sentenza n. 300 del 2011.
L’Avvocatura dello Stato, nell’atto di intervento ad adiuvandum, tra l’altro, sostiene, anche, che la legislazione provinciale introdurrebbe un “divieto generalizzato alla localizzazione degli apparecchi da gioco”con lo scopo, di impedire di fatto, o, comunque, rendere estremamente difficoltoso l’esercizio del gioco lecito”.
Nel richiamare quanto già sopra esposto sulle finalità perseguite dal legislatore provinciale con la normativa in questione, preme solo evidenziare che l’estensione del divieto all’area compresa nel raggio di 300 metri dai c.d. luoghi sensibili, non può avere come conseguenza quanto paventato dall’Avvocatura dello Stato, poiché le norme provinciali introducono, solamente, una disciplina localizzativa, stabilendo un raggio di 300 metri dai c.d. siti sensibili; mentre rende possibile, al di fuori di tali aree, l’allocazione dei giochi leciti negli esercizi pubblici in tutto il territorio provinciale; conseguentemente, non viene particolarmente compromessa la relativa attività imprenditoriale, nel senso di renderne impossibile o, comunque, estremamente difficoltoso il suo esercizio, che viene, solamente, adeguato all’interesse pubblico di tutela delle persone più deboli e, quindi, più esposte al rischio del gioco compulsivo, come sopra ampliamente illustrato; né viene provato che ciò possa determinare un spostamento verso il gioco illecito, a svantaggio di quello lecito.
Per tutti i motivi esposti il ricorso è infondato e deve essere, conseguentemente, resèpinto con tutte le sue domande.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate dal seguente dispositivo.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Amministrazione dei Monopoli di Stato e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Bolzano, che si liquidano in complessivi Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00), oltre agli accessori di legge.
Spese compensate con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Amministrazione dei Monopoli di Stato e con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bolzano nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Margit Falk Ebner, Presidente
Edith Engl, Consigliere
Luigi Mosna, Consigliere, Estensore
Lorenza Pantozzi Lerjefors, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 30/12/2014.
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