Data: 2014-12-23 10:49:28

COMMERCIO: ordinanza di cessazione (dirigente) - doverosità ed effetti

COMMERCIO: ordinanza di cessazione (dirigente) - doverosità ed effetti

Segnaliamo questa interessante sentenza della quale sottolineaiamo in rosso i passaggi più importanti


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[color=red]T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, 2 dicembre 2014, n. 12160[/color]

N. 12160/2014 REG.PROV.COLL.

N. 05001/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5001 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Sma Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Manzi e Marco Sica, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Manzi in Roma, via Confalonieri, 5;
contro
Comune di Albano Laziale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Piazza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ilario Leonino in Roma, via Fabio Massimo, 33;
nei confronti di
Domus Pompei Snc di Venturini Enzo ed Iva, in persona del legale rappresentante pro tempore, n.c.;
Albadis Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Imbergamo e Francesca Raponi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Imbergamo in Roma, via di Torre Gaia, 122 VIII, B/3;
per l'annullamento
del provvedimento del Dirigente del settore IV, servizio V, del Comune di Albano Laziale del 14 marzo 2014, notificato in data 17 marzo 2014, con cui ordina che “la cessazione dell’attività di vendita dovrà avvenire entro e non oltre 10 (dieci) giorni dalla notifica del presente provvedimento presso il punto vendita sito in Parco della Rimembranza snc Albano Laziale (RM)”;
del provvedimento del Dirigente del settore IV, servizio V, del Comune di Albano Laziale del 28 marzo 2014, notificato in data 28 marzo 2014, con cui, a fronte dell’istanza di Sma, ha stabilito che “la cessazione dell’attività di vendita dovrà avvenire entro e non oltre 20 (venti) giorni dalla notifica del presente provvedimento”;
nonché , se in quanto possa occorrere, dei seguenti atti:
provvedimento di revoca in autotutela del documento incorporante l’autorizzazione commerciale tacita di media struttura di vendita emesso dal Settore IV – Servizio V Attività Produttive del Comune di Albano Laziale del 19 settembre 2013;
dell’ordinanza del Comune di Albano Laziale del 15 febbraio 2011 per “la rimozione di opere di ristrutturazione edilizia eseguite in assenza di permesso di costruire o in totale difformità dal permesso”;
del provvedimento del Comune di Albano Laziale del 26 gennaio 2011 con cui è stata confermata la dichiarazione di inefficacia della DIA del 27 ottobre 2010;
del provvedimento del Comune di Albano Laziale del 27 ottobre 2010 con cui è stata dichiarata l’inefficacia della DIA presentata da Domus Pompei il 19 novembre 2009;
della relazione tecnica del Comune di Albano Laziale del 30 luglio 2010;
di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Albano Laziale e di Albadis Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2014 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
La Città di Albano Laziale, con provvedimento del 14 marzo 2014, ha ordinato alla Società SMA Spa la chiusura dell’esercizio di vendita dei prodotti compresi nei settori alimentare e non alimentare presso il locale sito in via Parco della Rimembranza snc, specificando che la cessazione dell’attività di vendita dovrà avvenire entro e non oltre dieci giorni dalla notifica del provvedimento.
Con successivo provvedimento del 28 marzo 2014, la Città di Albano Laziale ha nuovamente ordinato alla SMA Spa la chiusura dell’esercizio di vendita dei prodotti compresi nei settori alimentare e non alimentare presso il locale sito in via Parco della Rimembranza snc, specificando che la cessazione dell’attività di vendita dovrà avvenire entro e non oltre venti giorni dalla notifica del provvedimento.
Di talché, la Società interessata ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 10 l. n. 241 del 1990. Violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo.
Il provvedimento di chiusura sarebbe stato assunto senza il preventivo invio della comunicazione di avvio del procedimento, il che avrebbe impedito alla SMA di avanzare osservazioni e memorie.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 d.lgs. n. 114 del 1998. Eccesso di potere. Difetto assoluto di istruttoria e di motivazione.
La disposizione di cui alla norma in epigrafe sarebbe tassativa solo nel caso in cui l’attività sia svolta abusivamente, mentre, nel caso di specie, la stessa amministrazione avrebbe provveduto al rilascio del documento incorporante l’autorizzazione commerciale per lo svolgimento nei locali in questione dell’attività di vendita.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 l. n. 241 del 1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 d.lgs. n. 114 del 1998. Violazione dei principio di legalità. Violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi e del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Ingiustizia manifesta.
Il Comune, nell’emanare il provvedimento, non avrebbe tenuto conto che presso il punto vendita l’attività è in corso da oltre quattro anni, che la ricorrente ha effettuato ingenti investimenti, che sono impiegati diciotto dipendenti e che il punto vendita costituisce un importante luogo di approvvigionamento per gli abitanti di Albano Laziale; tali aspetti non giustificherebbero l’emanazione di un ordine di chiusura da eseguire entro trenta giorni ed il rimedio imposto sarebbe contrario al principio di proporzionalità.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 l. n. 241 del 1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 d.lgs. n. 114 del 1998. Violazione del principio di legalità. Violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi e del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Ingiustizia manifesta.
L’attività commerciale di vendita al dettaglio nel punto di vendita SMA sarebbe in corso e sarebbero presenti all’interno del negozio ingenti scorte di prodotti di vario genere che, in caso di chiusura dell’esercizio entro il termine assegnato, dovrebbero essere avviate allo smaltimento con conseguenti danni per la ricorrente.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 d.lgs. n. 114 del 1998. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
Il Comune giustificherebbe l’emanazione dell’atto di chiusura del punto vendita in ragione del fatto che gli atti urbanistico-edilizi richiamati nel provvedimento di revoca con cui erano stati contestati a Domus Pompei i presunti abusi sarebbero inoppugnati e che il TAR Lazio, con le sentenze n. 1026 del 2011 e n 3636 del 2012, avrebbe dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da Domus Pompei avverso alcuni degli atti relativi ai presunti abusi edilizi nei locali in questione. Il Comune avrebbe frainteso quanto statuito dal Tribunale con le richiamate sentenze e non avrebbe tenuto conto del fatto che SMA non era parte nei giudizi de quibus, per cui le sentenze non sarebbero opponibili a SMA e la Società, con ricorso RG n. 3262 del 2013, ha impugnato gli atti relativi ai presunti abusi edilizi.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 d.lgs. n. 114 del 1998. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 l. n. 241 del 1990. Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta derivante dalla mancata considerazione dell’attività istruttoria compiuta nel procedimento svolto sulla domanda di autorizzazione commerciale presentata in data 14 giugno 2007.
La portata dei presunti abusi non sarebbe idonea a giustificare l’adozione del provvedimento di chiusura.
Il Comune avrebbe dimenticato l’approfondita istruttoria svolta dopo la presentazione della domanda di autorizzazione della ricorrente per oltre due anni.
Invalidità derivata.
Il provvedimento con cui il Comune ha disposto la chiusura del punto vendita si fonderebbe sulla revoca del documento incorporante l’autorizzazione tacita rilasciata a SMA, disposta con la determina dirigenziale n. 797 del 17 settembre 2013, per cui il provvedimento di chiusura sarebbe illegittimo per invalidità derivata per i motivi già dedotti con ricorso RG n. 8047 del 2013.
Invalidità derivata sotto diverso profilo.
L’atto con cui il Comune ha disposto la chiusura del punto vendita si fonderebbe altresì sull’asserita assenza di conformità edilizio-urbanistica dei locali ove è esercitata l’attività commerciale, per cui il provvedimento di chiusura sarebbe illegittimo anche per invalidità derivata per i motivi già dedotti in sede di ricorso RG n. 3262 del 2013.
La Società ricorrente, con successivo atto, ha formulato i seguenti motivi aggiunti:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.a. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 l. n. 241 del 1990. Difetto assoluto di istruttoria e di motivazione.
L’annullamento del documento incorporante l’autorizzazione a fronte della sentenza di questa Sezione n. 2804 del 2014 non potrebbe determinare l’automatica chiusura dell’esercizio commerciale, atteso che l’art. 112, comma 1, c.p.a. stabilisce che “i provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti dalla pubblica amministrazione e dalle altre parti”, per cui vi sarebbe stato l’obbligo a carico della p.a. di rinnovare il procedimento prima di giungere all’eventuale emanazione dell’ordine di chiusura dell’esercizio. Ciò sarebbe stato ancora più necessario in ragione della completa estraneità della ricorrente ai presunti abusi edilizi e del fatto che i titoli ritenuti illegittimi dal TAR sono stati rilasciati dal Comune.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 l. n. 241 del 1990. Difetto assoluto di istruttoria e di motivazione. Falsa applicazione dell’art. 38 dPR n. 380 del 2001.
Dal provvedimento del 28 marzo 2014 non sarebbero evincibili le ragioni che hanno indotto l’amministrazione comunale a respingere la richiesta di proroga di almeno novanta giorni.
La rinnovazione del procedimento commerciale avrebbe preliminarmente richiesto la rinnovazione di quelli in materia edilizia con preventiva verifica dell’applicabilità dell’art. 38 T.U. edilizia.
Il Comune di Albano Laziale si è costituito in giudizio per resistere al ricorso.
Albadis ha formulato talune eccezioni di inammissibilità e, nel merito, ha analiticamente contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.
La ricorrente e la controinteressata hanno depositato altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive difese.
L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza di questa Sezione 2 maggio 2014, n. 1997; il relativo appello è stato respinto con ordinanza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato 28 maggio 2014, n. 2238.
All’udienza pubblica del 29 ottobre 2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. La Città di Albano Laziale, con provvedimento del 14 marzo 2014, ha ordinato alla Società SMA Spa la chiusura dell’esercizio di vendita dei prodotti compresi nei settori alimentare e non alimentare presso il locale sito in via Parco della Rimembranza snc, specificando che la cessazione dell’attività di vendita dovrà avvenire entro e non oltre dieci giorni dalla notifica del provvedimento.
SMA Spa, con istanza del 24 marzo 2014, ha chiesto una proroga di novanta giorni del termine assegnato per la chiusura dell’esercizio evidenziando, tra l’altro, la presenza all’interno del negozio di ingenti scorte di generi alimentari (fresche e deperibili) che rischiano di deteriorarsi.
Di talché – considerato l’interesse pubblico affinché i luoghi in oggetto rimangano ragionevolmente sgomberi da derrate alimentari che potrebbero deteriorarsi, con conseguenze tali da pregiudicare la salute e l’igiene pubblica di tutta la zona, e ritenuto eccessivo per tale ragione il richiesto termine di proroga di novanta giorni - con successivo provvedimento dirigenziale del 28 marzo 2014, la Città di Albano Laziale ha nuovamente ordinato alla SMA Spa la chiusura dell’esercizio di vendita dei prodotti compresi nei settori alimentare e non alimentare presso il locale sito in via Parco della Rimembranza snc, specificando che la cessazione dell’attività di vendita dovrà avvenire entro e non oltre venti giorni dalla notifica del provvedimento.
Il provvedimento è stato adottato, tra l’altro, sulla base dei seguenti presupposti:
- vista la determinazione del Dirigente n. 797 del 17 settembre 2013 di revoca dell’autorizzazione commerciale alla Società SMA titolare di una media struttura di vendita di mq. 700 in via Parco della Rimembranza snc rilasciata in data 18 dicembre 2009 per la vendita dei prodotti compresi nei settori alimentare e non alimentare;
- visti gli atti citati nella detta determinazione, vale a dire la nota del 21 ottobre 2010 con cui è stata comunicata alla Domus Pompei Snc l’inefficacia della DIA presentata il 19 novembre 2009, l’ordinanza del 6 dicembre 2010 per la rimozione di opere di ristrutturazione edilizia in difformità ai titoli edilizi rilasciati nei locali di via Cardinale Altieri n. 14 di proprietà della Domus Pompei Snc, l’ordinanza del 29 dicembre 2010 di applicazione sanzione pecuniaria per intervento edilizio realizzato in assenza del titolo abilitativo su beni paesaggistici a carico della Domus Pompei Snc, la nota del 25 gennaio 2011 con cui è stata determinata l’inefficacia della DIA del 27 ottobre 2010 a seguito del riesame delle osservazioni e precisazioni presentate da Domus Pompei Snc, l’ordinanza del 15 febbraio 2011 di annullamento di provvedimento in autotutela, l’ordinanza del 16 febbraio 2011 per la rimozione di opere di ristrutturazione edilizie eseguite in assenza di permesso di costruire o in totale difformità del permesso a carico della Domus Pompei Snc;
- considerato che il TAR Lazio, con sentenza n. 1026 del 2011, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Domus Pompei Snc per i locali in via Cardinale Altieri n. 14 per l’annullamento dell’ordinanza del 15 febbraio 2011 e, con sentenza n. 3636 del 2012, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Domus Pompei Snc per il locali in via Cardinale Altieri n. 14 per l’annullamento dell’ordinanza del 6 dicembre 2010;
- considerato che, nonostante la revoca dell’autorizzazione commerciale notificata il 20 settembre 2013, la SMA Spa continua a svolgere l’attività abusivamente all’interno del locale di via Parco della Rimembranza snc Albano Laziale;
- considerato che, in caso di svolgimento abusivo dell’attività, è prevista la chiusura immediata dell’esercizio di vendita così come indicato nell’art. 22 d.lgs. n. 114 del 31 marzo 1988;
viste le sentenze del TAR Lazio n. 2796 del 2014, n. 2797 del 2014, n. 2802 del 2014 e n. 2804 del 2014.
2. Il Collegio rileva in via preliminare che l’azione di annullamento avverso l’ordinanza di chiusura del 14 marzo 2014 è divenuta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse essendo successivamente intervenuta a regolare il rapporto controverso l’ordinanza di chiusura del 28 marzo 2014, per cui nessuna utilità potrebbe tratte SMA Spa dall’eventuale annullamento del primo provvedimento di chiusura.
3. L’azione di annullamento avverso l’ordinanza di chiusura del 28 marzo 2014 è infondata e va di conseguenza respinta.
Il nucleo più consistente di censure è volto ad escludere la doverosità del provvedimento di chiusura emesso dalla città di Albano Laziale.
Tali censure devono essere disattese.
Il punto essenziale della vicenda è costituito dal fatto che, a far data dalla notificazione del provvedimento di revoca dell’autorizzazione commerciale, disposta con determinazione dirigenziale del 17 settembre 2013, l’attività svolta presso il punto vendita di via Parco della Rimembranza snc è divenuta abusiva in quanto priva di titolo abilitativo.
A ciò si aggiunga che questa Sezione, con sentenza 13 marzo 2014, n. 2804, ha accolto l’azione di annullamento dell’autorizzazione commerciale del 18 dicembre 2009 del Comune di Albano Laziale, con la quale la Società SMA Spa è stata autorizzata “ad aprire una media struttura di vendita di cui all’art. 4, comma 1, lett. e, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, nel locale sito in Parco della Rimembranza s.n.c. per esercitare il commercio al minuto dei prodotti compresi nei settori merceologici alimentare e non alimentare, su una superficie di vendita di mq. 700” e, per l’effetto, ha annullato tale provvedimento.
Tale sentenza è esecutiva ai sensi dell’art. 33, comma 2, c.p.a. e la relativa istanza cautelare è stata respinta dalla Quinta Sezione del Consiglio di Stato con ordinanza 15 maggio 2014, n. 2047.
Nella sentenza n. 2804 del 2014, tra l’altro, è posto in rilievo “che, a prescindere dalla formazione o meno del silenzio assenso invocato da SMA Spa sulla originaria richiesta presentata il 14 giugno 2007, la fattispecie, a far tempo dal 18 dicembre 2009, è certamente disciplinata dall’autorizzazione commerciale rilasciata dalla Città di Albano Laziale che, lungi dal costituire un mero titolo incorporante il titolo autorizzatorio tacito di cui SMA è titolare, costituisce la manifestazione di volontà dell’amministrazione comunale volta a regolare il rapporto controverso”.
Pertanto, non può sussistere alcun dubbio sul fatto che, alla data del 28 marzo 2014, in cui è stato adottato il provvedimento impugnato, l’attività di commercio al dettaglio svolta da SMA Spa nei locali in discorso fosse abusiva.
[color=red]Ne consegue che, ai sensi dell’art. 22, comma 6, l. n. 114 del 1998, secondo cui, in caso di svolgimento abusivo dell’attività, il sindaco (ora il dirigente) ordina la chiusura immediata dell’esercizio di vendita, il provvedimento di chiusura dell’esercizio commerciale costituisce un atto dovuto e del tutto vincolato.[/color]
[color=red]Di qui, l’irrilevanza della censura con cui la ricorrente ha dedotto l’omessa comunicazione di avvio del procedimento in quanto, ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241 del 1990, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.[/color]
Né può condividersi l’assunto secondo cui la sentenza di questa Sezione n. 2804 del 2014 non potrebbe determinare l’automatica chiusura dell’esercizio commerciale, atteso che vi sarebbe stato l’obbligo a carico dell’amministrazione di rinnovare il procedimento prima di giungere all’eventuale emanazione dell’ordine di chiusura dell’esercizio.
Infatti, la sentenza in discorso ha annullato l’autorizzazione commerciale rilasciata a SMA il 18 dicembre 2009 accogliendo il ricorso di Albadis titolare di un interesse legittimo oppositivo al rilascio dell’autorizzazione al proprio concorrente, sicché la sentenza ha carattere autoesecutivo essendo l’annullamento dell’autorizzazione impugnata direttamente satisfattivo dell’interesse sostanziale azionato in giudizio da Albadis, mentre l’amministrazione potrebbe essere tenuta a svolgere un nuovo procedimento ove SMA presentasse una nuova istanza indirizzata ad ottenere l’autorizzazione all’apertura del punto vendita.
I motivi di impugnativa con cui la ricorrente fa valere vizi di invalidità derivata dal vizio di atti presupposti, inoltre, si rivelano inconferenti in quanto, si ribadisce, il provvedimento di chiusura è un atto vincolato e meramente consequenziale all’accertamento dello svolgimento dell’attività commerciale che deve qualificarsi senz’altro abusiva alla data di adozione dell’atto, essendo venuto meno il titolo, costituito dall’autorizzazione commerciale in favore della ricorrente rilasciata il 18 dicembre 2009, prima revocato, con provvedimento dell’amministrazione comunale del 17 settembre 2013, e poi annullato in sede giurisdizionale con sentenza di questa Sezione n. 2804 del 13 marzo 2014.
[color=red]Per quanto riguarda, infine, la censura relativa al termine ristretto (venti giorni) attribuito per procedere alla cessazione dell’attività di vendita, è sufficiente rilevare che, ai sensi dell’art. 22, comma 6, l. n. 114 del 1998, la chiusura dell’esercizio di vendita, nelle ipotesi della specie, dovrebbe avere carattere di immediatezza.[/color]
4. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in € 3.000,00 (tremila/00), sono poste a carico della ricorrente ed a favore della controinteressata, mentre sono compensate nei confronti dell’amministrazione comunale resistente che si è costituita in giudizio con memoria di stile.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Ter, così provvede sul ricorso in epigrafe:
dichiara improcedibile l’azione di annullamento proposta avverso l’ordinanza di chiusura del 14 marzo 2014;
respinge l’azione di annullamento proposta avverso l’ordinanza di chiusura del 28 marzo 2014.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in € 3.000,00 (tremila/00), a favore della controinteressata; compensa le spese nei confronti dell’amministrazione comunale resistente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi, Presidente
Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore
Giuseppe Rotondo, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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