Data: 2014-12-02 07:03:21

Sorvegliabilità e locali da ballo - sentenza 1/12/2014

Sorvegliabilità e locali da ballo - sentenza 1/12/2014

[color=red]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 1° dicembre 2014 n. 5943[/color]

N. 05943/2014REG.PROV.COLL.

N. 02446/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2446 del 2014, proposto dal Comune di Bordighera, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Manzi e Pietro Piciocchi, con domicilio eletto presso l’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;
contro
il signor Gianpiero Boero, rappresentato e difeso dagli avvocati Silvia Sciandra ed Orlando Sivieri, con domicilio eletto presso l’avvocato Orlando Sivieri in Roma, via Cosseria, n. 5;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale amministrativo della Liguria, Sezione II, n. 1079/2013, resa tra le parti, concernente la revoca di licenze e il divieto di esercizio della attività di trattenimenti danzanti e di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande;

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor Gianpiero Boero;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il consigliere Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Manzi e Sivieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Liguria, rubricato al n. 786/2013, il signor Giampiero Boero impugnava il provvedimento in data 14 giugno 2013, n. 13020, con il quale il Comune di Bordighera ha disposto la chiusura del locale per ballo ed intrattenimento notturno da lui gestito in via Arziglia 104.
La determinazione si fonda sulla carenza strutturale del fabbricato in cui è esercitata l’attività d’impresa, che evidenzierebbe l’impossibilità di verificare dall’esterno i movimenti degli avventori che possono spostarsi verso la scala interna dello stabile senza essere notati da chi staziona sulla pubblica via: detta struttura si pone in contrasto, secondo il Comune, con l’art. 1 del d.m. 17 dicembre 1992, n. 564, che impone appunto che i locali pubblici debbano aggettare sulla pubblica via.
Il ricorrente deduceva l’inapplicabilità della norma citata, in quanto entrata in vigore dopo il rilascio delle pregresse autorizzazioni all’esercizio aziendale; tale circostanza era stata rappresentata alla p.a. in sede procedimentale, ma l’atto impugnato osserva a tale riguardo che si tratterebbe di un’asserzione apodittica.
Il ricorrente chiedeva quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.
Con la sentenza in epigrafe, n. 1079 in data 19 luglio 2013, il Tribunale amministrativo della Liguria, Sezione Seconda, accoglieva il ricorso, per l’effetto annullando il provvedimento impugnato.
2. Avverso la predetta sentenza il Comune di Bordighera propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 2446/2014, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado.
Si è costituito in giudizio il signor Giampiero Boero, chiedendo il rigetto dell’appello.
La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 28 ottobre 2014.
3. I termini di fatto della controversia sono pacifici fra le parti.
[color=red]L’odierno appellato gestisce un locale di intrattenimento che ha un’uscita aperta su un ambiente del condominio nel quale il locale stesso è situato.
Tale situazione di fatto è contraria al combinato disposto degli artt. 1, 2 e 5, primo comma, del d.m. 17 dicembre 1992, n. 564, ai sensi del quale nei locali ed aree adibite alla somministrazione di alimenti e bevande “le porte o altri ingressi devono consentire l'accesso diretto dalla strada, piazza o altro luogo pubblico e non possono essere utilizzati per l'accesso ad abitazioni private”.
Il punto controverso è dato dal fatto che l’appellato sostiene l’inapplicabilità della suddetta normativa nei suoi confronti in quanto il locale ha la configurazione descritta da quando è stata autorizzata la sua utilizzazione; ad avviso dell’appellato, infatti, alla norma non può essere attribuita una valenza retroattiva.[/color]
La tesi non può essere condivisa.
In particolare, non essere condivisa l’affermazione dell’appellato, fatta propria dal primo giudice e contestata dall’appellante, secondo la quale la disciplina ha “effetto retroattivo”.
Può essere considerata retroattiva una normativa che si applica a fattispecie venute in essere prima della sua entrata in vigore, eventualmente irrogando sanzioni.
Dispone invece per l’avvenire una normativa innovativa che prende in considerazione le realtà di fatto venutesi a creare prima della sua entrata in vigore, imponendo di modificare lo stato dei luoghi per ragioni di interesse pubblico (di igiene, sanità, sicurezza, ecc.).
Alla luce di quanto ora rilevato, la disciplina dettata dal d.m. 17 dicembre 1992, n. 564, non ha effetto retroattivo.
Il d.m., infatti, sulla base di una nuova valutazione delle esigenze di sicurezza dei locali pubblici stabilisce che le loro uscite (per quanto ora interessa) non possono aprirsi su locali privati.
A tale imposizione non segue alcuna sanzione per i locali già esistenti realizzati in difformità dalle nuove previsioni.
Il d.m. si limita infatti a stabilire l’obbligo dell’adeguamento dei locali esistenti alle sue previsioni, entro il termine ivi stabilito.
E’ davvero ovvio che nuove considerazioni circa il bene superiore della sicurezza degli avventori dei locali pubblici e sull’ordine pubblico prevalgano sugli interessi dei loro gestori ad evitare le spese, necessarie per “mettere a norma” le strutture.
Tale considerazione potrebbe essere superata dimostrando l’illogicità ovvero il difetto di proporzionalità della nuova disciplina, ma tali contestazioni presupporrebbero anche l’impugnazione del provvedimento che la contiene.
L’odierno appellato non ha posto in essere tali forme di tutela, e cioè non ha impugnato la disposizione regolamentare statale cui ha dato doverosa applicazione il Comune, limitandosi a lamentare – senza fondamento - l’applicazione, nei suoi confronti, di una norma retroattiva.
4. Atteso che le considerazioni appena svolte dimostrano l’infondatezza della tesi, l’appello deve essere accolto, e di conseguenza va respinto il ricorso di primo grado n. 786 del 2013.
Le spese di entrambi i gradi del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 2446/2014, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza gravata respinge il ricorso di primo grado (n. 786/2013).
Condanna l’appellato al pagamento, in favore, del Comune appellante, di spese ed onorari di entrambi i gradi del giudizio, che liquida in complessivi € 10.000,00 (diecimila/00), oltre agli accessori di legge e fatto salvo il diritto, dello stesso Comune, al recupero del contributo unificato, a carico dell’appellato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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