CONSIGLIO DI STATO - sentenza 17 novembre 2014, n. 5647
Fatto e diritto
Con l’appello in epigrafe, inoltrato per le notifiche il 14 novembre 2012, notificato i giorni 20 e 27 novembre 2012 presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia e depositato il 19 dicembre 2012, il signor -OMISSIS-ha esposto di essere cittadino tunisino presente regolarmente in Italia dal 2003 e di aver richiesto in data 14 maggio 2009 alla Questura di Verona il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, tuttavia rifiutato con provvedimento in data 15 febbraio 2012 in quanto destinatario di sentenza irrevocabile l’8 marzo 2010 di condanna ad otto mesi di reclusione e € 2.000 di multa per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti in concorso, ritenuta ostativa.
Ha perciò proposto ricorso al TAR per il Veneto, respinto con sentenza in forma semplificata 2 agosto 2012 n. 1098 della sezione terza, non notificata. Di qui l’appello, col quale ha dedotto violazione di legge, manifesta ingiustizia e difetto di motivazione, lamentando - in estrema sintesi - come la condanna, avuto riguardo alle argomentazioni del diniego prive di attualità e concretezza, sia stata ritenuta di fatto assolutamente ostativa, senza considerare né che egli non appartiene a circoli criminali, ha ottenuto la sospensione condizionale della pena ed il reato concerne una quantità modesta di sostanze stupefacenti, né la sua situazione lavorativa e familiare, la condotta tenuta nei due anni successivi alla condanna stessa, la precedente incensuratezza nonché l’assenza di rapporti col Paese d’origine.
Con atto inoltrato per la notifica presso l’Avvocatura generale dello Stato il 25 marzo 2014 e depositato il 10 aprile seguente, l’appellante si è costituito con nuovo difensore ed ha formulato domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata. Nell’interesse dell’Amministrazione intimata l’Avvocatura generale dello Stato si è costituita formalmente in giudizio il successivo giorno 29.
All’udienza pubblica del 12 giugno 2014, evidenziata da parte del Collegio una possibile causa di inammissibilità dell’appello poiché l’atto introduttivo del giudizio risulta notificato al Ministero dell’interno ed alla Questura di Verona presso l’Avvocatura distrettuale di Venezia anziché presso l’Avvocatura generale con sede in Roma, alla quale è stata invece indirizzata la notifica della domanda cautelare, il medesimo appello è stato introitato in decisione.
Ciò posto, in via preliminare il Collegio, in adesione alla tesi difensiva di parte appellante, ritiene che la costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata col patrocinio di legge dell’Avvocatura generale dello Stato abbia sanato l’originaria irregolarità della notifica dell’atto introduttivo, stante l’unitarietà del giudizio e, quindi, l’irrilevanza della limitazione dello scopo della costituzione in quello di "resistere al ricorso notificato il 26/03/14" apposta nel relativo atto.
Nel merito, l’appello è fondato.
Il diniego è stato opposto, in ritenuta applicazione degli artt. 4, co. 3, 5, co.5, e 9, co. 4 e 9, del d.lgs. n. 286 del 1998, degli artt. 3, co. 3, e 12, co. 1 e 2, del d.P.R. n. 394 del 1999 e dell’art. 1, co. 3, della legge n. 1423 del 1956, nella considerazione che "la regolarità (...) è stata utilizzata dall’istante non tanto per inserirsi socialmente e per consolidare un proprio nucleo familiare, bensì per porre in essere un’attività criminosa parallela a quella lecita" di "oggettiva gravità", dopo le osservazioni dell’interessato ribandendosi che "lo straniero nonostante avesse da tempo un titolo di soggiorno ha preferito porre in essere un’attività criminosa parallela a quella lecita, che, seppur riferita ad un unico fatto, quale per l’appunto in materia di stupefacenti, per la sua gravità appare sufficiente a sostenere la valutazione di pericolosità sociale ritenendo ampiamente superiore la tutela dell’interesse pubblico affinché non permangano sul territorio nazionale soggetti condannati, rispetto alla durata del loro soggiorno nel territorio nazionale".
Diversamente da quanto - laconicamente - esposto dal primo giudice, tale motivazione è in realtà solo apparente e tautologica, poiché reintroduce l’automaticità del diniego a fronte di una condanna per una determinata tipologia di reati, a prescindere da ogni ulteriore valutazione imposta dalla normativa applicata.
Ed infatti il cit. art. 9 del d.lgs. n. 286 del 1998 ss.mm.ii., che disciplina appunto il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, al quarto comma, nel disporre che tale permesso non può essere rilasciato a "stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato", richiede che nella valutazione di pericolosità sociale "si tiene conto anche dell’appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate dall’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 ...", di "eventuali condanne ... per reati i previsti" dagli artt. 380 cod proc. pen.e, se non colposi, 381 dello stesso codice, nonché, ai fini del diniego, si tiene conto "altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero".
[color=red]Nella specie, il giudizio di pericolosità è stato effettuato, come detto, in base al solo titolo dell’unica condanna, quindi astrattamente e senza considerarne il contesto, ovverosia l’applicazione della pena su richiesta, il "riconoscimento della lieve entità" del reato, la "prognosi che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati, attesa la sua incensuratezza, l’assenza di pendenze giudiziarie e di precedenti di polizia", il lasso di tempo trascorso dalla commissione del reato e la condotta tenuta dall’istante in tale periodo (significativo in proposito è che, come risulta in atti, con istanza datata 5 marzo 2014 il signor -OMISSIS-ha chiesto la riabilitazione). Men che meno è stata data effettiva, concreta ed attuale considerazione, oltre che alla durata del soggiorno, alla situazione sociale, familiare e lavorativa dell’interessato, paradossalmente assunta quale elemento a carico del medesimo piuttosto che in senso favorevole ai sensi sopra ricordata della disposizione di legge, applicabile all’istanza dell’interessato.[/color]
D’altra parte, anche in tema di ordinario permesso di soggiorno, a termine del più rigido art. 5, co. 5 (come innovato dal d.lgs. 8 gennaio 2007 n. 5 e letto alla luce della sentenza 18 luglio 2013 n. 202 della Corte costituzionale), parimenti citato nel provvedimento impugnato in primo grado,[color=red] l’Amministrazione deve tener conto di quelle peculiari circostanze che nel sistema della normativa in materia introducono un temperamento, trasformando da vincolato in discrezionale il diniego del permesso pur in presenza di presupposti che, in linea generale, sarebbero tassativamente ostativi, quali i "sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio" e, nel caso dello straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o, comunque, che abbia legami familiari nel territorio dello Stato, ovvero del familiare ricongiunto, prescrive la valutazione "della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale".[/color]
Conclusivamente, l’appello va accolto.
Tuttavia, nell’andamento processuale dello stesso appello si ravvisano ragioni affinché possa essere disposta la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie il medesimo appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi dell’appellante, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.
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