Dr. Chiarelli buongiorno,
vorrei chiederLe un chiarimento sul seguente caso che mi si è prospettato.
Tramite il gestionale SUAP mi è arrivata una pratica presentata da una donna marocchina, tramite uno studio privato, con la quale intende iniziare l’attività di commercio in forma itinerante settore non alimentare.
La stessa ha dichiarato di essere residente in questo Comune, ma da un controllo effettuato presso l’Ufficio Anagrafe risulta non residente .
Infatti, mi ha allegato alla pratica copia di una "dichiarazione di ospitalità" rilasciata dall’Ufficio di Polizia Municipale nella quale viene indicata come residenza “Marocco”, l’ospitalità è presso un cittadino marocchino avente già la residenza in questo Comune, che ha sottoscritto la dichiarazione, nonché mi ha allegato copia del permesso di soggiorno di tipo “Familiare” e non per lavoro, pertanto sembra che l’interessata non abbia residenza in nessun comune italiano.
La L.R.T. n. 28/2005, in particolare l’art. 35, non prevede, almeno così sembra, il possesso della residenza in un Comune italiano, ma prevede solamente la presentazione della SCIA presso il Comune dove si intende avviare l’attività; disposizione che viene indicata anche dall’art. 70 comma 2 del D.Lgs. n. 59/2010.
Per quanto suindicato, è possibile accettare la pratica in questione senza che l‘interessata, in questo caso extracomunitaria, abbia la residenza in Italia?.
L’impiegato dell’anagrafe mi ha detto che le dichiarazioni di ospitalità hanno valore tre mesi dal rilascio ed entro detto termine va istruita la pratica per la richiesta di residenza; ma se lei non procede a richiedere la residenza nel mio Comune e va a richiederla in altro Comune come potrò poi rintracciarla per poter eventualmente effettuare degli accertamenti d'Ufficio? A me rimane solo l’indirizzo di una sua casella di posta elettronica, sperando poi che non cambi anche quella.
Spero di essere stato abbastanza chiaro e nel ringraziarLa anticipatamente per la risposta, La saluto cordialmente.
Dr. Chiarelli buongiorno,
vorrei chiederLe un chiarimento sul seguente caso che mi si è prospettato.
Tramite il gestionale SUAP mi è arrivata una pratica presentata da una donna marocchina, tramite uno studio privato, con la quale intende iniziare l’attività di commercio in forma itinerante settore non alimentare.
La stessa ha dichiarato di essere residente in questo Comune, ma da un controllo effettuato presso l’Ufficio Anagrafe risulta non residente .
Infatti, mi ha allegato alla pratica copia di una "dichiarazione di ospitalità" rilasciata dall’Ufficio di Polizia Municipale nella quale viene indicata come residenza “Marocco”, l’ospitalità è presso un cittadino marocchino avente già la residenza in questo Comune, che ha sottoscritto la dichiarazione, nonché mi ha allegato copia del permesso di soggiorno di tipo “Familiare” e non per lavoro, pertanto sembra che l’interessata non abbia residenza in nessun comune italiano.
La L.R.T. n. 28/2005, in particolare l’art. 35, non prevede, almeno così sembra, il possesso della residenza in un Comune italiano, ma prevede solamente la presentazione della SCIA presso il Comune dove si intende avviare l’attività; disposizione che viene indicata anche dall’art. 70 comma 2 del D.Lgs. n. 59/2010.
Per quanto suindicato, è possibile accettare la pratica in questione senza che l‘interessata, in questo caso extracomunitaria, abbia la residenza in Italia?.
L’impiegato dell’anagrafe mi ha detto che le dichiarazioni di ospitalità hanno valore tre mesi dal rilascio ed entro detto termine va istruita la pratica per la richiesta di residenza; ma se lei non procede a richiedere la residenza nel mio Comune e va a richiederla in altro Comune come potrò poi rintracciarla per poter eventualmente effettuare degli accertamenti d'Ufficio? A me rimane solo l’indirizzo di una sua casella di posta elettronica, sperando poi che non cambi anche quella.
Spero di essere stato abbastanza chiaro e nel ringraziarLa anticipatamente per la risposta, La saluto cordialmente.
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SEI STATO CHIARISSIMO!!!
La risposta è positiva: puoi accettare la scia ed istruirla.
Adesso spiego perchè:
1) la normativa, come hai evidenziato, non richiede residenza o sede legale ma il Comune presso il quale presentare la scia è quello dove viene svolta l'attività (quindi si può scegliere qualsiasi Comune italiano)
2) ai fini della presentazione di istanze da parte di cittadini extracomunitari occorre verificare che, alla data di presentazione, gli stessi siano regolarmente soggiornanti
3) non è possibile prevedere requisiti più prescrittivi
4) A decorrere dal 30 giugno 2014, per effetto del disposto di cui all’art. 17, comma 4-quater del D.L.n. 5/2012, aggiunto dalla legge di conversione n. 35/2012, e successivamente modificato dall’art. 3, comma 3 del D.L. n. 150/2013, convertito dalla L. n. 15/2014, è in vigore la piena parificazione del cittadino straniero al cittadino italiano in materia di autocertificazione.
L’articolo 3, comma 2, del D.P.R. n. 445/2000, nella sua redazione aggiornata, dopo le modifiche apportate dai provvedimenti appena indicati, stabilisce, infatti, che “I cittadini di Stati non appartenenti all'Unione regolarmente soggiornanti in Italia, possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani”.
Sono state infatti soppresse le parole «, fatte salve le speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero».
Così pure è stato modificato l'articolo 2, comma 1, del regolamento di cui al D.P.R. n. 394/1999, con la eliminazione delle parole: «, fatte salve le disposizioni del testo unico o del presente regolamento che prevedono l'esibizione o la produzione di specifici documenti» sono soppresse.
Per cui, il nuovo comma 1, dell’art. 2 del citato D.P.R. n. 394/1999 recita testualmente “I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, limitatamente agli stati, fatti e qualità personali certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani”.
5) Lo straniero può svolgere attività di lavoro autonomo anche qualora sia in
possesso di un permesso di soggiorno rilasciato per motivi diversi, quali:
lavoro subordinato non stagionale; motivi familiari, ricongiungimento
familiare. In questi casi, l’attività può essere svolta senza la necessità di
convertire il permesso di soggiorno, naturalmente nel rispetto del periodo di
validità del permesso stesso
6) ovviamente l'interessato potrebbe dismettere la PEC, lasciare l'alloggio e rendersi irreperibile. GIURIDICAMENTE tale circostanza ha le stesse probabilità che avvenga per un extracomunitario rispetto ad un comunitario.
Approfondimenti sul permesso di soggiorno:
http://www.portalavoro.regione.lazio.it/portalavoro/argomento/?ida=3&id=Extracomunitari-Permesso-di-soggiorno_70
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=11527.0
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=5929.0
http://www.tuttocamere.it/files/stranieri/Adempimenti_CC.pdf
Grazie per la risposta.
Per quanto da Lei indicato anche io sono d’accordo sull’accettazione della SCIA in quanto la normativa sul commercio non dice nulla riguardo al possesso o meno della residenza in un Comune.
Riguardo invece al punto 4, sul fatto che anche lo straniero possa autocertificare stati, fatti e qualità personali certificabili e considerato che l’interessata ha dichiarato di essere residente in questo Comune, ma che da accertamenti eseguiti non risulta essere iscritta in anagrafe, non crede che possa configurarsi l’ipotesi di dichiarazione mendace e soggetta a segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza?
Nel frattempo mi sono consultato presso miei colleghi e, come al solito non c’è molta chiarezza né uniformità di procedura.
Sono riuscito ad avere un recente parere del Ministero dello Sviluppo Economico prot. 17554 del 08.10.2014 inviato al comune di Monfalcone (GO), che Le allego per conoscenza, con il quale, alla fine della disamina del caso, viene ritenuto testualmente “che il cittadino straniero dovrebbe necessariamente già essere in possesso di una residenza anagrafica, ovvero dovrebbe essere invitato a provvedere all’esecuzione delle previste iscrizioni presso l’anagrafe del Comune di dimora abituale”.
Non solo, riguardo al permesso di soggiorno, che ricordo per il caso in esame è di tipo “Familiare” e di cui Lei mi dà risposta al punto 5, detto parere richiama il D.Lgs. 25.07.1998, n. 286 (T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) ed un D.P.R. 31.08.1999 n. 394, dando indicazioni sul fatto che quello rilasciato all’interessata per quel tipo di finalità non sia valido, ma che dovrebbe provvedere a richiedere la conversione per il tipo di attività svolta (Lavoro autonomo?).
Questa indicazione l’ho trovata anche in una guida, che mi ha inviato la CCIAA di Grosseto, rilasciata dalla CCIAA di Udine, che Le allego.
Buon fine settimana.
Grazie per la risposta.
Per quanto da Lei indicato anche io sono d’accordo sull’accettazione della SCIA in quanto la normativa sul commercio non dice nulla riguardo al possesso o meno della residenza in un Comune.
Riguardo invece al punto 4, sul fatto che anche lo straniero possa autocertificare stati, fatti e qualità personali certificabili e considerato che l’interessata ha dichiarato di essere residente in questo Comune, ma che da accertamenti eseguiti non risulta essere iscritta in anagrafe, non crede che possa configurarsi l’ipotesi di dichiarazione mendace e soggetta a segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza?
Nel frattempo mi sono consultato presso miei colleghi e, come al solito non c’è molta chiarezza né uniformità di procedura.
Sono riuscito ad avere un recente parere del Ministero dello Sviluppo Economico prot. 17554 del 08.10.2014 inviato al comune di Monfalcone (GO), che Le allego per conoscenza, con il quale, alla fine della disamina del caso, viene ritenuto testualmente “che il cittadino straniero dovrebbe necessariamente già essere in possesso di una residenza anagrafica, ovvero dovrebbe essere invitato a provvedere all’esecuzione delle previste iscrizioni presso l’anagrafe del Comune di dimora abituale”.
Non solo, riguardo al permesso di soggiorno, che ricordo per il caso in esame è di tipo “Familiare” e di cui Lei mi dà risposta al punto 5, detto parere richiama il D.Lgs. 25.07.1998, n. 286 (T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) ed un D.P.R. 31.08.1999 n. 394, dando indicazioni sul fatto che quello rilasciato all’interessata per quel tipo di finalità non sia valido, ma che dovrebbe provvedere a richiedere la conversione per il tipo di attività svolta (Lavoro autonomo?).
Questa indicazione l’ho trovata anche in una guida, che mi ha inviato la CCIAA di Grosseto, rilasciata dalla CCIAA di Udine, che Le allego.
Buon fine settimana.
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Ciao,
come ti dicevo occorre distinguere il PROFILO COMMERCIALE dagli altri adempimenti.
Sotto il profilo commerciale a mio avviso non vi sono elementi ostativi.
CIò non toglie che possa nascere un OBBLIGO DI CONVERSIONE del permesso di soggiorno ma quale conseguenza proprio della SCIA presentata.
ESCLUDO le false dichiarazioni in quanto irrilevanti nel procedimento. Poichè la residenza non costituisce elemento rilevante e considerato che l'interessato possa aver ritenuto che la residenza fosse costituita dalla "dichiarazione di ospitalità" non adotterei alcun provvedimento in merito.