Egregio dottore scusi ma mi è sorto un dubbio.
Mi è giunto un rapporto della P.S. che mi dice di aver sanzionato un pub per violazione dell'art. 68 TULPS e 666 c.p..
Ora consderato che il pub è recidivo, e non ha presentato scritti difensivi, devo redigere ordinanza ingiunzione con applicazione di sanzione pecuniaria e chiusura fino a 7 giorni prevista dall'art. 666 c.p..
Ora ho visto che alcuni comuni emettono ordinanza ingiunzione con chiusura dell'attività e la fanno impugnare davanti al giudice di pace.
Altri comuni fanno due procedura:
1. emettono ordinanza ingiunzione da impugnare davanti al giudice di pace.
2. per la chiusura dell'attività (per recidiva) avviano il procedimento e poi emettono ordinanza di chiusura da impugnare davanti al TAR.
Secondo Voi qual'è la procedura corretta?
Egregio dottore scusi ma mi è sorto un dubbio.
Mi è giunto un rapporto della P.S. che mi dice di aver sanzionato un pub per violazione dell'art. 68 TULPS e 666 c.p..
Ora consderato che il pub è recidivo, e non ha presentato scritti difensivi, devo redigere ordinanza ingiunzione con applicazione di sanzione pecuniaria e chiusura fino a 7 giorni prevista dall'art. 666 c.p..
Ora ho visto che alcuni comuni emettono ordinanza ingiunzione con chiusura dell'attività e la fanno impugnare davanti al giudice di pace.
Altri comuni fanno due procedura:
1. emettono ordinanza ingiunzione da impugnare davanti al giudice di pace.
2. per la chiusura dell'attività (per recidiva) avviano il procedimento e poi emettono ordinanza di chiusura da impugnare davanti al TAR.
Secondo Voi qual'è la procedura corretta?
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La materia è disciplinata dalla legge 689/1981 la quale prevede il regime giuridico delle sanzioni amministrative pecuniarie nonchè delle SANZIONI AMMINISTRATIVE ACCESSORIE facoltative o obbligatorie.
Quindi per la disciplina della chiusura dell'esercizio quale sanzione amministrativa non pecuniaria accessoria (obbligatoria) si applica la legge 689/1981 e quindi la competenza è del giudice di pace.
Poichè la legge non prevede il pagamento in misura ridotta, attesi i 30 giorni per scritti difensivi, puoi procedere all'adozione dell'ordinanza ingiunzione e se vi è recidiva.
Questa è senza dubbio la procedura CORRETTA.
Ciò premesso potrebbe delinearsi questa configurazione.
L'Amministrazione applica il 666 c.p.
L'ufficio competente avvia il procedimento per la chiusura dell'attività per "abuso di licenza" (art. 10 tulps - Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata) assegnando un termine per scritti difensivi e poi adottando un provvedimento di sospensione/revoca.
In questo caso SIAMO in altra distinta disciplina. Si tratta di un provvedimento amministrativo soggetto alla l. 241/1990 e quindi ricorribile al tar.
TROVEREI SBAGLIATO applicare la sanzione accessoria della chiusura fino a 7 giorni con ricorso al tar!!!!!!!!!!!!!
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Art. 666. Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza.
Chiunque, senza la licenza dell'autorità in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, dà spettacoli o trattenimenti di qualsiasi natura [c.p. 681] (1), o apre circoli o sale da ballo o di audizioni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 258 a euro 1.549.
Se la licenza è stata negata, revocata o sospesa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 413 a euro 2.478.
E' sempre disposta la cessazione dell'attività svolta in difetto di licenza. Se l'attività è svolta in locale per il quale è stata rilasciata autorizzazione o altro titolo abilitativo all'esercizio di diversa attività, nel caso di reiterazione delle violazioni di cui al primo comma e nell'ipotesi prevista dal secondo comma è disposta altresì la chiusura del locale per un periodo non superiore a sette giorni.
Per le violazioni previste dal presente articolo non è ammesso il pagamento in misura ridotta a norma dell'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 [disp. att. c.p. 19-bis] (2).
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(1) Vedi gli artt. 68, 69, 71, 72, 76 e 77, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Vedi, anche, l'art. 118, del relativo regolamento d'esecuzione approvato con il R.D. 6 maggio 1940, n. 635, e la L. 21 aprile 1962, n. 161, sulla revisione dei film e dei lavori teatrali. La Corte costituzionale, con sentenza 9-15 aprile 1970, n. 56 (Gazz. Uff. 22 aprile 1970, n. 102), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attività imprenditoriali, occorre la licenza del questore.
(2) Articolo così modificato dall'art. 49, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.
Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza.
Chiunque, senza la licenza dell'autorità in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, dà spettacoli o trattenimenti di qualsiasi natura, o apre circoli o sale da ballo o di audizioni, è punito con l'ammenda da lire ventimila a un milione.
Se la licenza è stata negata, revocata o sospesa, la pena è dell'arresto fino a un mese». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 13-22 dicembre 1982, n. 229 (Gazz. Uff. 29 dicembre 1982, n. 357), aveva dichiarato, tra l'altro, inammissibile la questione di legittimità, in riferimento all'art. 3, primo e secondo comma Cost., all'art. 4, primo e secondo comma Cost., all'art. 35, prima parte Cost., e all'art. 41, prima parte, Cost. e non fondata la questione di legittimità, in riferimento agli stessi articoli della Costituzione.
SCUSI DOTTORE MA IO HO TROVATO QUESTA SENTENZA NELLA QUALE A PRONUNCIARSI E' STATO IL TAR (LA RIPORTO PER ESTESO. LEI COSA NE PENSA? PROCEDO CON LA COMPETENZA UNICA DEL GDP O FACCIO LE DUE PROCEDURE DISTINTE?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1247 del 2012, proposto da:
Societa' Dad Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Cristiana Giorgiani, Daniela Gatto, con domicilio eletto presso Cristiana Giorgiani in Lecce, Via Garibaldi, 43;
contro
Comune di Melendugno, rappresentato e difeso dall'avv. Assunta Rita Serafini, con domicilio eletto presso Assunta Rita Serafini in Lecce, via G. Chiriatti n. 6;
e con l'intervento di
ad opponendum:
E.P., rappresentato e difeso dagli avv. Elio Perrone, Raffaella Perrone, con domicilio eletto presso Elio Perrone in Lecce, via XXV Luglio 2/B;
per l'annullamento
dell'ordinanza emessa dal Responsabile del V servizio, Polizia Municipale, commerciale, attività produttive, Com. A.N., del Comune di Melendugno (LE) n. 107/12, prot. n. 14924 del 31.07.2012, di cessazione di attività di pubblico esercizio e di trattenimento irregolare del bar "El Chiringuito"; dei verbali n. 196/3-0-12 e 196/3-1-12; del verbale n. 12/8-2012 del 05.06.2012 , di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, comunque lesivo dei diritti del ricorrente, per il risarcimento dei danni subiti e subendi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Melendugno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2013 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori Giorgiani Cristiana, anche in sostituzione di Gatto Daniela, Serafini Assunta Rita, Valente Angelo, in sostituzione di Perrone Elio e Perrone Raffaella.;
ATTI AMMINISTRATIVI
Annullamento d'ufficio o revoca dell'atto amministrativo
Atti amministrativi
in genere
CONCESSIONI E AUTORIZZAZIONI AMMINISTRATIVE
SICUREZZA PUBBLICA
Spettacoli e trattenimenti pubblici
Fatto - Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1247 del 2012, proposto da:
Societa' Dad Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Cristiana Giorgiani, Daniela Gatto, con domicilio eletto presso Cristiana Giorgiani in Lecce, Via Garibaldi, 43;
contro
Comune di Melendugno, rappresentato e difeso dall'avv. Assunta Rita Serafini, con domicilio eletto presso Assunta Rita Serafini in Lecce, via G. Chiriatti n. 6;
e con l'intervento di
ad opponendum:
E.P., rappresentato e difeso dagli avv. Elio Perrone, Raffaella Perrone, con domicilio eletto presso Elio Perrone in Lecce, via XXV Luglio 2/B;
per l'annullamento
dell'ordinanza emessa dal Responsabile del V servizio, Polizia Municipale, commerciale, attività produttive, Com. A.N., del Comune di Melendugno (LE) n. 107/12, prot. n. 14924 del 31.07.2012, di cessazione di attività di pubblico esercizio e di trattenimento irregolare del bar "El Chiringuito"; dei verbali n. 196/3-0-12 e 196/3-1-12; del verbale n. 12/8-2012 del 05.06.2012 , di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, comunque lesivo dei diritti del ricorrente, per il risarcimento dei danni subiti e subendi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Melendugno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2013 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori Giorgiani Cristiana, anche in sostituzione di Gatto Daniela, Serafini Assunta Rita, Valente Angelo, in sostituzione di Perrone Elio e Perrone Raffaella.;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
La ricorrente società è titolare di licenza di pubblico esercizio di tipo A e B n. 35/06, in località Torre dell'Orso, marina di Melendugno, nonché SCIA finalizzata all'effettuazione di piccoli intrattenimenti musicali senza ballo all'interno del medesimo esercizio.
In data 27.7.2012 agenti della legione CC Puglia hanno contestato alla ricorrente trasgressione a tale autorizzazione, avendo rilevato che all'interno dell'esercizio era stato organizzato "uno spettacolo danzante. Presenti numerosissime persone intente ad eseguire balli", in assenza del titolo legittimamente prescritto dall'art. 68 TULPS.
A seguito di tale infrazione, e tenuto conto altresì di una pregressa contestazione del 5.6.2012, l'amministrazione resistente ha ordinato la chiusura del locale per giorni sei, nonché "la cessazione a tempo indeterminato di ogni attività di trattenimento in difetto con le leggi e le norme vigenti in materia".
Avverso tale provvedimento la ricorrente ha proposto ricorso, affidato ai seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: 1) violazione e falsa applicazione dell'art. 666 c.p. e 68 TULPS; 2) violazione e falsa applicazione del Reg. IT9150004 Torre dell'Orso; eccesso di potere per erroneità dei presupposti; 3) violazione e falsa applicazione degli artt. 68 e 17 ter TULPS; eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta; 4) violazione e falsa applicazione dell'art. 6 comma 7 D.P.R. n. 380 del 2001; 5) violazione e falsa applicazione dell'art. 7 L. n. 241 del 1990.
Costituitosi in giudizio, il Comune di Melendugno ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito. Nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Intervenuto in giudizio ad opponendum, l'avv. Elio Perrone ha chiesto il rigetto del ricorso.
All'udienza del 9.1.2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Va anzitutto rigettata l'eccezione preliminare del Comune, di difetto di giurisdizione del giudice adito. A tal riguardo, è sufficiente rilevare che il provvedimento in esame è stato emesso nell'esercizio di tipici poteri autoritativi della p.a, a fronte del quale la posizione del privato non può che essere qualificata in termini di interesse legittimo. Per tali ragioni, si versa, in ipotesi di giurisdizione generale di legittimità, che ai sensi dell'art. 7 c.p.a. fonda la potestas iudicandi dell'odierno Collegio.
Nel merito, con il primo motivo di gravame, deduce la ricorrente la violazione, ad opera dell'amministrazione resistente, delle previsioni di cui all'art. 666 c.p. e 68 TULPS, stante l'insussistenza dei presupposti normativamente richiesti per far luogo alla chiusura temporanea (giorni sei) del locale.
Il motivo è infondato.
L'art. 666 comma 1 c.p. vieta la prestazione di spettacoli di intrattenimento di qualsiasi natura in locali pubblici o aperti al pubblico, in assenza di titolo legittimante rilasciato dalla competente autorità amministrativa.
Ai sensi del successivo 3 comma, poi, "è sempre disposta la cessazione dell'attività svolta in difetto di licenza. Se l'attività è svolta in locale per il quale è stata rilasciata autorizzazione o altro titolo abilitativo all'esercizio di diversa attività, nel caso di reiterazione delle violazioni di cui al primo comma e nell'ipotesi prevista dal secondo comma è disposta altresì la chiusura del locale per un periodo non superiore a sette giorni".
Così definite le coordinate normative di riferimento, e venendo ora al caso di specie, vi è in atti SCIA n. 11973/12, con cui la società ricorrente ha segnalato "l'inizio di attività per effettuazione di piccoli trattenimenti musicali senza ballo riservati alla clientela che accede per la consumazione. ... Dichiara inoltre che ... non sarà richiesto pagamento di un biglietto per l'ingresso".
Senonché, con verbale CC Puglia del 27.7.2012, i militari verbalizzanti hanno accertato che la società, "senza la prescritta licenza del Comune ... dava uno spettacolo danzante. Presenti numerosissime persone intente ad eseguire balli".
Infine, vi è C.N.R. del 5.6.2012, in cui si legge che la società, in assenza di autorizzazione ex art. 68 TULPS, ha fatto eseguire all'interno del proprio locale un "concerto della band musicale BoomDaBash. ... Il luogo era aperto al pubblico previo pagamento del biglietto di ingresso del costo di 10,00 Euro, compreso di consumazione".
Orbene, alla luce di tali verbali - che in quanto redatti da pubblici ufficiali sono fidefacenti quanto alle dichiarazioni ivi riportate (art. 2700 c.c.), sino a querela di falso, mai proposta dalla ricorrente - è di tutta evidenza la ricorrenza di entrambe le previsioni richieste ai fini della chiusura temporanea del locale in esame. Invero, sotto un primo profilo, vi è stato in data 27.7.2012 intrattenimento musicale danzante non autorizzato, essendo la ricorrente munita di SCIA soltanto per intrattenimenti musicali "senza ballo", e senza pagamento di biglietto e/o aumento del prezzo della consumazione.
In secondo luogo, la ricorrente è recidiva, avendo commesso analoga violazione in data 2.6.2012.
Ne discende il rigetto del primo motivo di gravame.
Va poi dichiarata l'inammissibilità del secondo, terzo e quarto motivo di gravame, con cui la ricorrente si duole dell'illegittimità della chiusura indeterminata del locale. A tal fine, rileva il Collegio che, in uno alla chiusura del locale per giorni sei, l'amministrazione resistente ha ordinato "la cessazione a tempo indeterminato di ogni attività di intrattenimento in difetto con le leggi e le norme vigenti in materia".
All'evidenza, tale previsione è priva di un contenuto concretamente lesivo, posto che essa non impone la cessazione tout court di ogni attività di intrattenimento, ma soltanto di quelle non conformi alle leggi vigenti in materia. È pertanto sufficiente, per la società, conformarsi alla prescrizioni previste dalla vigente normativa, per non andare incontro alla minacciata chiusura.
Con l'ultimo motivo di gravame, la ricorrente si duole infine della mancata comunicazione di avvio del procedimento di chiusura del locale in esame.
Il motivo è infondato.
Gli istituti di partecipazione procedimentale, per quanto ispirati ad evidenti esigenze di trasparenza e democraticità dell'azione amministrativa - corollari, a loro volta, dei principi di buon andamento e imparzialità della stessa (art. 97 Cost.) - non godono di applicazione indiscriminata, potendo risultare recessivi rispetto ad altre esigenze, del pari dotate di analogo rilievo costituzionale. Così, sotto un primo profilo, la novella di cui alla L. n. 15 del 2005 ha inciso, tra l'altro, sui c.d. vizi non invalidanti (art. 21 octies L. n. 241 del 1990), escludendo l'annullabilità del provvedimento anzitutto in caso di violazioni di ordine formale, quante volte la sua natura vincolata sia tale da escludere che il contenuto del relativo provvedimento avrebbe potuto essere differente (art. 21 octies, 2 co, prima parte). Si è in tal modo inteso codificare una diffusa prassi giurisprudenziale, tesa ad escludere la declaratoria di annullamento dell'atto, tutte le volte in cui la disciplina sostanziale della funzione, di cui l'atto è espressione formale, non privi l'amministrazione del potere - e in certi casi del dovere - di emettere un nuovo atto, di contenuto analogo a quello affetto dai (rilevati) vizi formali.
Ciò chiarito quanto agli atti vincolati, si è del pari esclusa l'annullabilità quante volte, pur in presenza di atti discrezionali, l'adottato provvedimento non avrebbe, comunque, potuto essere differente (art. 21 octies, 2 co, seconda parte). Si privilegia, sotto questo aspetto, una visione dei rapporti tra le parti fondata non soltanto sull'atto, ma sul rapporto sottostante, e che giunge a ritenere irrilevanti gli accertati vizi di natura formale, ove ininfluenti sul bene della vita richiesto dall'istante, e di cui si sia accertata l'insussistenza giuridica.
Infine, non va trascurato che, in uno alle eccezioni all'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento codificate dall'art. 7 L. n. 241 del 1990, e ribadite - in punto di annullabilità del relativo atto - dall'art. 21 octies L. n. 241 del 1990, la giurisprudenza ha da tempo elaborato ulteriori ipotesi in cui un obbligo siffatto non può dirsi sussistente. Così, ad es, si è esclusa la sussistenza di detto obbligo nel caso di provvedimenti ad istanza di parte, ovvero di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica del privato, o ancora nei casi in cui il provvedimento scaturisca, in chiave di derivazione procedimentale, da un pregresso atto emesso all'esito di un iter che abbia visto la partecipazione del privato (es. l'ordine di demolizione, emesso all'esito di quello di sospensione dei lavori, del cui avvio il privato sia stato legalmente notiziato).
Venendo ora al caso di specie, rileva il Collegio che, sotto un primo profilo, il provvedimento di che trattasi assume natura vincolata, costituendo la risultante, ai sensi dell'art. 666 c.p, delle violazioni accertate a carico del trasgressore, senza che all'amministrazione residui un sia pur limitato margine di discrezionalità quanto all'an della sanzione, potendosi avere discrezionalità al più quanto al quomodo della stessa (il numero di giorni di chiusura del locale).
Già soltanto per tale ragione, pertanto, la doglianza della ricorrente è infondata
A ciò aggiungasi - per mere ragioni di completezza espositiva - che l'impugnato provvedimento. scaturisce, in chiave di derivazione procedimentale, dalle violazioni accertate a carico della società, delle quali la stessa è stata sempre al corrente, essendo il legale rappresentante della stessa stato presente agli accertamenti compiuti dai militari verbalizzanti in data 2.6.2012 e 27.7.2012.
Anche sotto aspetto, pertanto, l'impugnato provvedimento si sottrae alla censura lamentata da parte ricorrente, non richiedendo esso la previa adozione degli istituti di partecipazione procedimentale, avendo la ricorrente avuto piena conoscenza degli atti prodromici all'emanazione del provvedimento finale.
Da ultimo, l'infondatezza - per le ragioni prima esposte - degli ulteriori profili di doglianza dedotti dalla ricorrente, esclude - ai sensi dell'art. 21 octies, 2 co, seconda parte, L. n. 241 del 1990 - la rilevanza giuridica della mancata comunicazione di avvio del procedimento atteso che, quand'anche la ricorrente fosse stata ritualmente compulsata in chiave procedimentale, il provvedimento finale avrebbe avuto identico tenore contenutistico.
Alla luce di tali considerazioni, la relativa doglianza è infondata, e va rigettata.
Conclusivamente, il ricorso va in parte dichiarato inammissibile, e in parte rigettato.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile, e in parte lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Patrizia Moro, Presidente FF
Claudia Lattanzi, Referendario
Roberto Michele Palmieri, Referendario, Estensore
SICURAMENTE non puoi indicare la doppia giurisdizione. L'atto sarebbe automaticamente illegittimo o meglio, per farla breve, rischieresti in caso di difetto di giurisdizione e successiva prescrizione.
La sentenza che riporti è isolata o di un filone che mi risulta minoritario (capita spesso).
Ti segnalo altre pronunce:
T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, 27-01-2012, n. 65
Il provvedimento col quale l'autorità amministrativa ordina, ai sensi dell'art. 23 del Codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285), la rimozione di insegne pubblicitarie abusivamente installate su suolo pubblico, costituisce un accessorio della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 11 del medesimo art. 23, con la conseguenza che l'atto medesimo (ai sensi del combinato disposto degli artt. 205 e 211, comma 7, del citato codice) è impugnabile dinanzi al giudice ordinario secondo il procedimento previsto dagli art. 22 e 23 della L. 24 novembre 1981, n. 689 (Depenalizzazione).
T.A.R. Puglia Bari Sez. II, 20-01-2012, n. 208
La determinazione dirigenziale di rimozione di un impianto pubblicitario emessa dal Comune ai sensi dell'art. 23, comma 13 quater, Codice della strada - prevedendo detta norma (al comma 11) anche l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria - integra un nesso di complementarietà, costituendo la rimozione un accessorio della sanzione amministrativa pecuniaria, con conseguente impugnabilità innanzi al Giudice ordinario a norma del combinato disposto di cui agli artt. 22 e 23 della Legge n. 689/1981 (Depenalizzazione).
Cass. civ. Sez. Unite, 05-07-2011, n. 14657 (rv. 618414)
Il giudizio risarcitorio avente ad oggetto il danno da illegittima sospensione della carta di circolazione di un autoveicolo è devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario anche quando si sia consumata la facoltà di proporre opposizione alla sanzione, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto la sanzione accessoria che costituisce il presupposto di tale azione risarcitoria non può essere assimilata ad un provvedimento amministrativo in senso proprio, essendo l'espressione di un potere punitivo che incide direttamente nella sfera dei diritti soggettivi del privato ed esorbita dall'alveo della potestà discrezionale della pubblica amministrazione. (Cassa e dichiara giurisdizione, App. Trieste, 15/01/2010)
Cass. civ. Sez. Unite, 23-06-2010, n. 15170 (rv. 613707)
In caso di violazione del divieto, previsto dall'art. 23 cod. strada, di collocare cartelli e altri mezzi pubblicitari lungo le strade in assenza di autorizzazione, l'opposizione avverso il provvedimento di irrogazione sia della sanzione pecuniaria che di quella, accessoria, della rimozione della pubblicità abusiva, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, poiché in entrambi i casi la P.A. non esercita alcun potere autoritativo, ma si limita all'applicazione, scevra da discrezionalità, delle disposizioni di legge. (Dichiara giurisdizione, Giud. pace Roma, 29/09/2005)
T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 04-02-2010, n. 577
Rientrano nella giurisdizione del Giudice di Pace territorialmente competente - ai sensi dell'art. 204-bis e 205 del Codice della Strada e dell'art. 22-bis della L. 24/11/1981 n. 689 - le controversie relative alle sanzioni amministrative comminate per violazioni del Codice della Strada, non escluse le sanzioni accessorie ad esse relative e, quindi, anche la decurtazione dei punti dalla patente di guida, considerata a tutti gli effetti quale sanzione accessoria.
Scusi Dottore, ma si tratta di sentenze tutte riferite al Codice della Strada per le quali non ci sono dubbi sulla giurisdizone.
Il mio problema è la competenza giurisdizonale ex art. 666 c.p. che come le dicevo per alcuni è della giurisdizioee ordinaria ai sensi dell'art. 22, mentre per altri è del TAR (con sanzione amminstrativa che fanno impugnare, con separata ordinanza, davanti al giudice di Pace)
Non ha a portata di mano qualche senztenza che chiarisca la situazione, perchè anche il Giudice di Pace (con il quale ho parlato) ha dubbi in mertio alla propria esclusiva giurisdizione).
Scusi Dottore, ma si tratta di sentenze tutte riferite al Codice della Strada per le quali non ci sono dubbi sulla giurisdizone.
Il mio problema è la competenza giurisdizonale ex art. 666 c.p. che come le dicevo per alcuni è della giurisdizioee ordinaria ai sensi dell'art. 22, mentre per altri è del TAR (con sanzione amminstrativa che fanno impugnare, con separata ordinanza, davanti al giudice di Pace)
Non ha a portata di mano qualche senztenza che chiarisca la situazione, perchè anche il Giudice di Pace (con il quale ho parlato) ha dubbi in mertio alla propria esclusiva giurisdizione).
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NO, ti ho riportato giurisprudenza sull'attrazione della giurisdizione delle sanzioni accessorie rispetto alla principale.
Considera che ogni 100 sentenze 97 sono sul Cds e solo una minima parte sul resto.
E di queste non ne ho trovate nessuna sul tema indicato.
Ti confermo però la tesi esposta nella mia risposta.