Data: 2014-10-15 09:34:24

Esercizio di fatto di mansioni superiori: effetti - CdS 10/10/2014 n. 5035

Esercizio di fatto di mansioni superiori: effetti
Il diritto alle differenze stipendiali può essere riconosciuto (beninteso limitatamente al periodo di effettivo esercizio delle mansioni superiori e senza diritto all'inquadramento definitivo) solo a condizione che le mansioni superiori siano state conferite con previo atto formale a copertura di un posto vacante in organico.

Cons. di Stato, Sez. III, 10 ottobre 2014, n. 5035

http://qel.leggiditalia.it/#news=34CS1000123112,from=EL

**********************

N. 05035/2014REG.PROV.COLL.

N. 04100/2008 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4100 del 2008, proposto da:
Vasco Giancarlo, rappresentato e difeso dagli avv. Jacopo Severo Bartolomei, Roberta Lanciotti, con domicilio eletto presso Mauro Mellini in Roma, p.zza Bainsizza 1;
contro
Regione Marche, rappresentato e difeso dall'avv. Gabriella De Berardinis, con domicilio eletto presso Michele Romano in Roma, via Domenico Morichini N. 41;
Asur - Az.Sanitaria Unica Regionale;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA: SEZIONE I n. 00156/2007, resa tra le parti, concernente inquadramento nel ruolo tecnico del servizio sanitario nazionale

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati Romano su delega di Bartolomei e Pafundi su delega di De Berardinis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, originariamente dipendente dell’E.N.P.I. (Ente nazionale prevenzione infortuni) con la qualifica di “operatore tecnico”, a seguito della soppressione di detto ente è confluito fra il personale del servizio sanitario nazionale, come previsto dalla legge n. 833/1978, dal d.P.R. n. 761/1979 e dal decreto legge n. 390/1982.
Con delibera della Giunta regionale delle Marche in data 4 settembre 1995, n. 2269, l’interessato è stato definitivamente inquadrato nei ruoli regionali del personale sanitario, con la qualifica di “operatore tecnico”. Assumendo di avere invece titolo alla superiore qualifica di “assistente tecnico”, egli ha impugnato il provvedimento davanti al T.A.R. Marche (r.g. 1397/1995).
Il ricorso è stato respinto – con condanna alle spese del giudizio – con sentenza n. 156/2007 pubblicata il 27 febbraio 2007.
2. L’interessato ha quindi proposto appello davanti a questo Consiglio di Stato, insistendo nelle tesi già respinte dal T.A.R. Un autonomo motivo di appello è dedicato alla condanna alle spese, che a detta dell’appellante si sarebbero dovute compensare.
Resiste all’appello la Regione Marche.
3. Nel merito, si osserva che l’appellante non nega, anzi implicitamente riconosce, che il suo inquadramento nella qualifica di “operatore tecnico” sia stato formalmente corretto.
In effetti la sua qualifica presso l’ente di provenienza (E.N.P.I.) era, appunto, quella di “operatore tecnico”, e tale qualifica corrisponde a quella di “operatore tecnico” nel s.s.n. secondo la tabella di equiparazione allegato 2 al d.P.R. n. 761/1979. Tabella appositamente compilata proprio per disciplinare la transizione e l’inquadramento del personale in questione. Le sue previsioni, nella fattispecie, sono state applicate in modo puntuale, e il ricorrente non lo ha mai negato.
4. L’interessato, in presenza di questi dati incontrovertibili, sposta la questione su un altro piano. Egli deduce che di fatto, nel periodo fra l’immissione in servizio presso la U.S.L. (1983) e l’inquadramento definitivo nei ruoli (1995), ha svolto mansioni almeno in parte eccedenti la qualifica formalmente rivestita.
Da ciò – e solo in ragione di ciò – la pretesa all’inquadramento nella qualifica superiore.
E’ tuttavia inevitabile replicare che l’esercizio di fatto di mansioni superiori non conferisce alcun diritto all’inquadramento nella qualifica superiore; quanto meno in linea di principio e salvo il caso di disposizioni speciali che però in questa occasione non esistono e comunque non vengono invocate.
Il Collegio si ritiene dispensato dal citare gli innumerevoli precedenti giurisprudenziali conformi.
5. L’appellante invoca il principio per cui l’esercizio di fatto delle mansioni superiori conferisce il diritto alle relative differenze stipendiali. Questo principio tuttavia non è pertinente, perché qui non si chiede il riconoscimento di spettanze retributive, bensì l’inquadramento giuridico in una determinata qualifica, che è altra cosa.
Del resto, secondo giurisprudenza consolidata, il diritto alle differenze stipendiali può essere riconosciuto (beninteso limitatamente al periodo di effettivo esercizio delle mansioni superiori e senza diritto all’inquadramento definitivo) solo a condizione che le mansioni superiori siano state conferite con previo atto formale a copertura di un posto vacante in organico. In questo caso di atti formali di questo genere non si fa cenno e si può dare per certo che non esistano. Neppure si fa menzione di atti con i quali a posteriori sia stato riconosciuto all’interessato di avere svolto mansioni superiori alla sua qualifica – i quali peraltro, ove esistenti, non sarebbero comunque utili ai fini delle differenze retributive.
E’ significativo, fra l’altro, che nel periodo fra il 1983 e il 1995 l’interessato, a quanto pare, non abbia avanzato pretese ad un trattamento economico diverso da quello che gli veniva corrisposto in relazione alla qualifica formalmente rivestita.
6. Tutto ciò considerato, la sentenza del T.A.R. va confermata nel senso del rigetto delle pretese dell’interessato.
7. Quanto al capo di appello relativo alla condanna alle spese, si osserva che da sempre il beneficio della compensazione delle spese (art. 92 c.p.c.) è rimesso alla discrezione del giudice, sicché la mancata concessione di tale beneficio non ha bisogno di essere motivata e non può essere sindacata in appello, salvo forse il caso di manifesta illogicità o iniquità. In questo caso, il ricorso dell’interessato era manifestamente infondato e pertanto non si può ravvisare un vizio di diritto nella condanna alle spese.
Allo stesso modo l’appellante va condannato alle spese del grado di appello – e anzi a maggior ragione, perché tutte le sue doglianze avevano già ricevuto adeguata risposta in primo grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) rigetta l’appello. Condanna l’appellante al pagamento delle spese legali in favore della controparte costituita, liquidandole in euro 1.500 oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

[img]http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%203/2008/200804100/Provvedimenti/stemma.jpg[/img]

riferimento id:22082
vuoi interagire con la community? vai al NUOVO FORUM - community.omniavis.it