Data: 2014-10-13 12:46:00

DIRIGENTI DELLA PA (anche a tempo determinato) solo con la LAUREA - Corte Conti

DIRIGENTI DELLA PA (anche a tempo determinato) solo con la LAUREA - Corte Conti

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[color=red]Conferimento incarichi dirigenziali: é necessario che il soggetto esterno all´amministrazione possieda il titolo di laurea per il conferimento di qualsivoglia incarico di funzioni dirigenziali, anche a tempo determinato[/color]

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della deliberazione della Corte dei Conti Sezione di controllo della regione Friuli Venezia Giulia n. 159/2014/PAR del 7.10.2014,

Il Comune di Pordenone ha formulato alla Sezione una richiesta di motivato avviso in materia di corretta interpretazione del dettato normativo del comma 6 dell’art. 19 del Testo unico sul rapporto di p.i. di cui al D.Lgs. n. 165/2001 e s m. e i. in vista del conferimento di un incarico dirigenziale a tempo determinato.Ha ritenuto la Corte dei Conti di dover preliminarmente procedere a un inquadramento sistematico della disciplina sul conferimento degli incarichi a contratto negli Enti locali, anche a fini di utilità generale per la platea degli Enti potenzialmente interessati a conoscere l’avviso interpretativo della Sezione sulle tematiche di che trattasi.Come noto, gli incarichi a contratto nelle Autonomie territoriali sono regolamentati dall’art. 110 del TUEL (D. Lgs. n.267/2000).I detti incarichi possono avere a oggetto anche il conferimento di funzioni dirigenziali a soggetti che non abbiano con l’ente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in virtù di un criterio di attribuzione fondato sull’ “intuitus personae”.Al di fuori della dotazione organica della dirigenza o dell’area direttiva, per gli enti in cui tale dotazione è comunque prevista, possono essere conferiti, con contratto a tempo determinato, incarichi per i soli dirigenti e le alte specializzazioni (art.110, comma 2, 1° periodo). In questi casi, gli incarichi così conferibili non possono superare il 5% del totale della dotazione organica “della dirigenza e dell’area direttiva” ( vd. art.110, comma 2, 2° periodo).Per gli Enti di piccole dimensioni possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica dell’ente, contratti a tempo determinato “di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire” (art.110, comma 2, 3° periodo). Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5% della dotazione organica dell’ente. Infine, per gli enti con dotazione inferiore alle 20 unità è consentito il conferimento di un solo incarico.Tutti gli Enti presi in considerazione dal secondo comma dell’art. 110 del TUEL devono procedere a stabilire limiti, criteri e modalità di stipula dei relativi contratti in sede di adozione del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi.Tale surrichiamata disciplina non trova più nel TUEL la propria fonte esclusiva, posto che puntuali norme sono state inserite nel già citato D.Lgs. n. 165/2001, nonché in disposizioni di carattere ordinamentale recate da varie leggi finanziarie.In particolare, talune disposizioni dell’art. 19 del D. Lgs. n. 165/2001 sono state espressamente estese alle Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, e quindi anche ai Comuni e alle Province, già in forza dell’intervento interpretativo fornito dalla Corte costituzionale con la decisione n. 324/2010.Detta estensione è stata poi normativizzata a opera del comma 6-ter dell’art. 19, introdotto dall’art. 40, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 150/2009.In particolare, per quel che qui interessa, il comma 6 dell’articolo 19 citato prevede che gli incarichi dirigenziali di cui ai precedenti commi da 1 a 5 “ sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.(…)”.Ricordato che talune questioni riconducibili ai rapporti tra l’art. 110 TUEL e l’art. 19-commi 6 e 6 bis- del D.Lgs. n. 165/2001 sono state scrutinate dalle Sezioni riunite di questa Corte con le delibere nn. 12-13-14/CONTR/11, tutte dell’8 febbraio 2011, conviene affrontare nello specifico il quesito inerente al possesso del diploma di laurea quale requisito necessario ai fini del conferimento dell’incarico di che trattasi.Riferisce l’Ente istante che, a una lettura testuale, parrebbero distinguersi all’interno del comma 6, due ipotesi, delle quali la prima sembrerebbe ammettere il conferimento di incarichi a “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali”; mentre la seconda lo prevederebbe per i soggetti “che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria”.Nella prima, sostiene l’Ente, non verrebbe fatto alcun riferimento al possesso di una formazione universitaria (diploma di laurea), supponendosi che l’affidamento possa avvenire anche a favore di soggetti non laureati, purché sussistano gli altri requisiti.Accedendo a tale interpretazione, dovrebbe ritenersi operante una deroga rispetto alla disciplina generale sui requisiti necessari per l’accesso alle qualifiche dirigenziali, recata dall’art. 28, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, non riguardando il citato comma 6 dell’art. 19 procedure concorsuali pubblicistiche per l’accesso al pubblico impiego.La riferita opzione ermeneutica si fonderebbe sull’assunto secondo cui la qualificazione professionale, particolare e comprovata, acquisibile “sul campo” per il fatto di aver svolto funzioni dirigenziali in organismi o enti o aziende pubblici o privati per almeno un quinquennio, costituirebbe requisito professionale alternativo rispetto alla particolare “specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria”.Tale tesi, tuttavia, non è stata ritenuta condivisibile da pacifica e consolidata giurisprudenza di questa Magistratura contabile, formatasi sia in sede consultiva (vd. ex plurimis sez. reg.le Basilicata, delib. n. 29/2011/PAR) che in sede di controllo di legittimità (cfr. sez. controllo di legittimità su atti del Governo delib. n. 3/2003 e sez. del controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amm.ni dello Stato n. 2/2005/P).A tale conclusione si è pervenuti in base a una lettura non solo “testuale”, ma altresì sistematica del richiamato comma 6, secondo cui il requisito del possesso del diploma di laurea costituisce requisito essenziale per l’accesso alle qualifiche dirigenziali nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165/2001, trattandosi di un requisito di base e necessariamente propedeutico, come si evince dalla lettura del necessariamente correlato art. 28 successivo, che disciplina l’accesso alla qualifica dirigenziale.Né tale piana interpretazione può subire eccezioni allorché il conferimento dell’incarico provenga da un Ente Locale con contratto a termine (giusta il combinato disposto dell’art. 110 TUEL e del comma 6 dell’art. 19 D. Lgs. n. 165/2001), ipotesi nella quale, anzi, l’accesso alla dirigenza è consentito dal comma 6 a soggetti particolarmente qualificati che, oltre al requisito di base del titolo di studio, posseggano alternativamente uno o più degli ulteriori requisiti di specifica preparazione ed esperienza professionale.E’ stato infatti affermato che “le previsioni normative in esame non sono sostitutive del requisito di base del possesso della laurea, ma sono aggiuntive, nel senso che, purché in possesso del diploma di laurea, i soggetti che siano dotati di uno dei requisiti delineati nell’art. 19, comma 6, possono ottenere un incarico dirigenziale temporaneo” (vd. sez. reg.le Lombardia delib. n. 504/2011 e, già in precedenza alla novella normativa recata dall’art. 40 del D.Lgs. n. 150/2009, delib. n. 20/2006).Peraltro, come ricordato, a identiche conclusioni era pervenuta la giurisprudenza di legittimità di questa Magistratura contabile ancor prima dell’estensione della disposizione dell’originario comma 6 alle Autonomie locali, pervenendo alla ricusazione del visto a un provvedimento di nomina a dirigente di seconda fascia di un soggetto esterno al ruolo dirigenziale dell’Amministrazione per difetto del titolo adeguato di studio( vd. delib. n. 3/2003 della Sez. centrale di legittimità su atti del Governo).Osservava la Sezione che, “a tacere che il richiamo contenuto nell’art. 19, c. 6, alla <formazione universitaria e post- universitaria> equivale nella sostanza a quello fatto dall’art. 28 novellato dello stesso decreto legislativo n. 165/2001 al diploma di laurea, osserva la Sezione che il criterio secondo il quale il legislatore ha inteso disciplinare l’immissione nell’esercizio di funzioni dirigenziali di soggetti, quali essi siano, in precedenza già non investiti di tale qualifica, risulta evidentemente informato alla volontà di acquisire professionalità estranee, tali da presentare qualità aggiuntive e comunque non minori rispetto ai già elevati requisiti previsti per le nomine di funzionari appartenenti ai ruoli dirigenziali.Tanto premesso, consegue da ciò attraverso una lettura sistematica dell’art. 19,c. 6, che la facoltà da tale norma prevista richiede, nei suoi destinatari, il concorrente possesso di una particolare specializzazione, sia professionale, che culturale e scientifica; quando si passi all’accertamento di tali requisiti, in relazione alle funzioni da attribuire, l’interprete, dal canto suo, non può sottrarsi alla verifica, sotto ogni profilo, della presenza di tutti gli elementi che complessivamente rendono il soggetto idoneo all’incarico.Ne discende che, ferma rimanendo l’esigenza dell’accertamento di un livello di formazione culturale identificabile nel possesso della laurea, gli elementi che configurano e completano in estranei il profilo della professionalità debbano, insieme ad altri, ricavarsi dal già disimpegnato esercizio di funzioni almeno di pari rilevanza di quelle previste nel nuovo compito.Quindi, oltre all’accertato possesso di sufficiente formazione culturale, in un contesto normativo in cui è però prevista l’attribuzione di incarichi dirigenziali previa verifica della sussistenza di livelli di formazione particolarmente elevati, occorre che la valutazione venga estesa ad un puntuale esame dei curricula degli incaricandi”.A conclusioni analoghe è poi giunto anche il Dipartimento per la funzione pubblica, con parere n. 35/2008, nel quale ha stabilito che per gli Enti locali il requisito del titolo di studio richiesto dalla legge per il conferimento di incarico dirigenziale è lo stesso disposto, in generale, dall’art. 28 del D.Lgs. 165/2001, e consiste nel titolo di laurea.A conferma delle argomentazioni, peraltro univocamente orientate, articolate a sostegno della tesi della necessarietà del possesso del titolo di laurea per il conferimento di qualsivoglia incarico di funzioni dirigenziali, anche a tempo determinato, per tutte le PPAA, compresi gli Enti locali, vale ricordare che la stessa Corte costituzionale, con la già richiamata decisione n. 324 del 2010, ha ritenuto che la disciplina dettata dall’art. 19, commi 6 e 6 bis del D.Lgs. n. 165/2001, riguardi tutte le amministrazioni pubbliche, anche quelle locali, e attiene ai requisiti soggettivi che devono essere posseduti dal privato contraente, requisiti che, dunque, non possono che essere identici per tutte le fattispecie in cui si dà luogo a un incarico dirigenziale.Gli indirizzi ermeneutici soprariportati, ai quali il Collegio aderisce, rimangono inalterati pur nell’intervenuta modifica normativamente introdotta alla disciplina del conseguimento del titolo di “formazione universitaria” e del relativo valore legale, che, ai fini del conferimenti degli incarichi de quibus, non può essere inferiore al possesso del titolo di laurea specialistica o magistrale ovvero al diploma di laurea conseguito secondo l’ ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università, ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 (vd. art. 6, ult. periodo, come introdotto dall’art. 2, comma 8 quater, del D.L. n. 101/2013, convertito in legge n. 125/2013, peraltro correttamente richiamato dall’Amministrazione istante).Su tale consolidato impianto interpretativo si innestano le recentissime novelle normative recate sul dettato dell’art. 110 dall’art. 11,comma 1, lett. a), del D.L. 24 giugno 2014, che, nel mantenere fermi i requisiti già normativamente fissati per la qualifica da ricoprire, espressamente introduce il necessario previo esperimento di apposita procedura selettiva pubblica, volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, “il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico” .2. Ritiene il Collegio di dover ancora formulare indirizzi in merito all’ulteriore quesito posto nell’odierna richiesta, specificatamente volto a individuare la corretta interpretazione dell’inciso “non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione” che nel testo del più volte richiamato comma 6 dell’art. 19 segue il riferimento alle “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale” le quali, in presenza di tutti i requisiti normativamente posti, possono essere destinatarie degli incarichi di funzioni dirigenziali di che si sta trattando.Ora, facendo applicazione dei consueti canoni ermeneutici, in primo luogo di quello letterale, può agevolmente inferirsi che l’inciso “non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione” deve coordinarsi con la “particolare e comprovata qualificazione professionale” che deve essere posseduta dai soggetti estranei incaricandi (le “persone” del dettato normativo considerato), la quale qualificazione, peraltro, deve essere in concreto valutata dall’Amministrazione conferente in stretta e inscindibile connessione con la particolarità dei compiti che la medesima intende affrontare e portare a compimento.In altri termini, ritiene il Collegio che il comma 6, avente valenza di norma di carattere complementare all’ordinario sistema di provvista delle professionalità dirigenziali, sia finalizzato ad accrescere le capacità operative delle Amministrazioni attingendo a un bacino più ampio di quello delle unità dirigenziali già presenti nei ruoli delle Amministrazioni medesime, all’uopo acquisendo professionalità esterne altamente specializzate e qualificate, con esperienze maturate in ruoli dirigenziali disimpegnati per almeno un quinquennio presso aziende od organismi pubblici o privati, ovvero in possesso di valori culturali e scientifici ricavati dalla formazione universitaria e post-universitaria, o da pubblicazioni scientifiche, ovvero, ulteriormente, in quanto provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e degli avvocati e procuratori dello Stato (soggetti, questi ultimi, già direttamente considerati idonei dalla norma, per la posizione rivestita, all’espletamento di un compito dirigenziale).Tale elencazione è stata ulteriormente ampliata ad opera dell’art. 40, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150(c.d. riforma “Brunetta”),che, tra le altre modifiche, ha aggiunto anche la previsione delle “persone” che per almeno un quinquennio abbiano maturato esperienze professionali in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, oltreché in possesso del necessario, relativo titolo di studio di “formazione universitaria, come sopra definito.L’impianto normativo così ricostruito è stato fatto oggetto di una ponderosa attività ermeneutica da parte di questa Corte, in particolare in sede di giurisprudenza di legittimità.Si è così chiarito che, rispetto all’originaria formulazione, le modifiche apportate dal ricordato art. 40, comma 1, lette. e) della “legge Brunetta” “tendono a limitare ulteriormente la facoltà di ricorrere a soggetti esterni, consentendone il conferimento a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale solo nell’ipotesi in cui (…)tale qualificazione non sia rinvenibile nell’ambito del personale dirigenziale dell’Amministrazione”.In tal modo, si osserva, “la disposizione citata crea un onere di previa verifica della sussistenza di risorse interne all’Amministrazione in possesso dei requisiti professionali richiesti dall’incarico: soltanto ove tale indagine dia esito negativo sarà possibile attribuire il posto vacante a soggetto esterno, se dotato della particolare specializzazione richiesta”(cfr. delib. Corte dei conti n. SCCLEG/18/2010/PREV).In definitiva, coerentemente agli ordinari canoni secondo cui compete all’Amministrazione conferente dotare di adeguata motivazione la scelta amministrativo/gestionale in concreto operata, è rimesso all’operato dell’Ente procedere preliminarmente alla ricognizione delle professionalità interne, potendo, solo in caso di esito negativo di tale verifica, procedere alla provvista all’esterno della professionalità necessaria all’assolvimento dei compiti connessi all’incarico.

Il documento rilasciato può essere allegato a sostegno di atti della PA,
pubblicato nei siti pubblici o privati citando ai fini legali la seguente formula:
pubblicato in "Gazzetta Amministrativa della Repubblica Italiana"
domenica 12 ottobre 2014 08:32 - www.gazzettaamministrativa.it

(Per acquisire il testo comprensivo dei dati identificativi del procedimento e della data del deposito, le P.A. possono inoltrare apposta richiesta via mail a: info@gazzettaamministrativa.it)

TESTO DEL PROVVEDIMENTO

​​Deliberazione

REPUBBLICA ITALIANA

la

CORTE DEI CONTI

Sezione di controllo della regione Friuli Venezia Giulia

II Collegio

composto dai seguenti magistrati:

PRESIDENTE:​dott. Carlo CHIAPPINELLI

CONSIGLIERE:​dott. Giovanni BELLAROSA

PRIMO REFERENDARIO: ​dott.ssa Oriella MARTORANA (relatore)



Deliberazione del 24 luglio 2014.

Comune di Pordenone. Motivato avviso in tema di requisiti per il conferimento diincarichi dirigenziali ai sensi dell’art. 19 - comma 6 - D.Lgs. n. 165/2001



*****

VISTO l’articolo 100, comma 2, della Costituzione;

VISTA la legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 e successive modifiche ed integrazioni (Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia);

VISTA la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”;

VISTO il testo unico delle leggi sull’ordinamento della Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934 n. 1214, e successive modificazioni ed integrazioni;

VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20 recante disposizioni in materia di giurisdizione e di controllo della Corte dei conti e successive modifiche e integrazioni;

VISTO l’art. 33, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975, n. 902, così come modificato dall’art. 3 del decreto legislativo 15 maggio 2003, n. 125, secondo cui la Sezione di controllo della Corte dei conti della regione Friuli Venezia Giulia, a richiesta dell’amministrazione controllata, può rendere motivati avvisi sulle materie di contabilità pubblica;

VISTO l’art. 17, comma 31, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito nella Legge 3 agosto 2009, n, 102;

VISTA la deliberazione n. 9/SEZAUT/2009 del 4 giugno 2009 recante “Modifiche ed integrazioni degli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva da parte delle Sezioni regionali di controllo”;

VISTO l’art. 12 del Regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento della Sezione, adottato con le deliberazioni n. 2/Sez.Pl./2004 e n. 5/Sez.Pl./2004 e da ultimo modificato con la deliberazione n. 232/Sez.Pl./2011, ai sensi dell’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975 n. 902, sostituito dall’art. 7 del D. Lgs. 125/2003;

VISTA la deliberazione n. 4/Sez.Pl./2004, come modificata dalla deliberazione n.19/Sez.Pl./2004, e successivamente aggiornata dalla deliberazione n. 27/Sez.Pl./2007 che stabilisce le modalità, i limiti ed i requisiti di ammissibilità dell’attività consultiva della Sezione;

VISTA la deliberazione della Sezione Plenaria n. 2/2014/INPR del 16 gennaio  2014 con la quale è stato approvato il programma delle attività di controllo della Sezione per l’anno 2014;

VISTE le ordinanze presidenziali n. 1/2014 del 16 gennaio 2014,n. 8 del 17 febbraio 2014, n. 25 del 15 maggio 2014 e n. 31 del 18 giugno 2014, relative alle competenze ed alla composizione dei Collegi della Sezione;

VISTA la richiesta di motivato avviso inoltrata dal Comune di Pordenone con nota prot. n. 46715 del 3 luglio 2014, acquisita in data 4 luglio 2014 al protocollo n. 2605 della Sezione,a firma del Sindaco, avente ad oggetto un quesito in materia di requisiti necessari per il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato, con particolare riguardo al possesso del necessario titolo di studio richiesto dalla normativa;

VISTA l’ordinanza presidenziale n. 42 dell’8 luglio 2014 con la quale, ai sensi dell’art. 12 del Regolamento per l’organizzazione e il funzionamento della Sezione, delibata l’ammissibilità della richiesta medesima, e fatte comunque salve le ulteriori, più puntuali valutazioni del Collegio in ordine ai quesiti posti, la questione è stata deferita all’attuale II Collegio ed è statoindividuato il Primo Referendario Oriella Martorana quale magistrato incaricato della relativa istruttoria;

VISTA l’ordinanza presidenziale n. 44 del 21 luglio 2014 con la quale è stato convocato il II Collegio per il giorno 24 luglio 2014, presso la sede della Sezione, per la discussione dei temi relativi all’emanando motivato avviso;

UDITO nella Camera di consiglio del 24 luglio 2014 il relatore, Primo ReferendarioOriella Martorana;

Premesso

Con la nota indicata in epigrafe l’Ente ha formulato alla Sezione una richiesta di motivato avviso in materia di corretta interpretazione del dettato normativo del comma 6 dell’art. 19 del Testo unico sul rapporto di p.i. di cui al D.Lgs. n. 165/2001 e s m. e i. in vista del conferimento di un incarico dirigenziale a tempo determinato.

Sui requisiti di ammissibilità soggettiva ed oggettiva della richiesta di motivato avviso.

E’ opportuno in via preliminare precisare che le richieste di motivato avviso rivolte alla Sezione regionale di controllo per il Friuli Venezia Giulia trovano il loro fondamento nell’art. 33, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1975, n. 902, così come modificato dall’art. 3 del decreto legislativo 15 maggio 2003, n. 125, secondo cui la Sezione di controllo, a richiesta dell’amministrazione controllata, può rendere motivati avvisi sulle materie di contabilità pubblica.

Prima ancora dell’esame del merito delle richieste di motivato avviso, le Sezioniregionali di controllo della Corte dei Conti ne verificano l’ammissibilità sia sotto il profilo soggettivo (legittimazione dell’organo richiedente), sia sotto quello oggettivo (attinenza del quesito alla materia della contabilità pubblica).

Ai fini della sussistenza dei requisiti di ammissibilità soggettiva questa Sezione, in composizione plenaria, nella delibera n. 18/Sez. Pl. del 12 ottobre 2004 ha precisato che l’ambito soggettivo della attività consultiva da essa espletabile è determinato dall’articolo 3, comma 1, del d.lgs. 15 maggio 2003, n. 125, che individua le Amministrazioni nei confronti delle quali la Sezione medesima esplica le attività di controllo sulla gestione.

Tra queste rientrano la Regione e i suoi enti strumentali, gli Enti locali territoriali e i loro enti strumentali, nonché le altre Istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione.

Sempre in relazione al profili dell’ammissibilità soggettiva, si osserva che il soggetto legittimato a rivolgere alla Sezione richiesta di motivato avviso è individuato nell’organo di vertice dell’Ente ai sensi del D.Lgs. n. 267/2000 - che per il Comune è il Sindaco - e nel caso di specie la richiesta è da considerarsi ammissibile in quanto proveniente da tale Organo.

Passando a considerare i profili di ammissibilità oggettiva, la Sezione osserva che l’art. 33, comma 4, del sopracitato decreto del Presidente della Repubblica n. 902/1975 e s.m.e i.circoscrive i pareri che questa Sezione può esprimere alle materie della contabilità pubblica.

La Sezione medesima, con la delibera n. 27/Sez. Pl. del 5 ottobre 2007, è nuovamente intervenuta sulla materia già oggetto delle precedenti deliberazioni nn. 18/Sez.Pl./2004 e19/Sez.Pl./2004, fissando i requisiti di ammissibilità delle richieste di motivato avviso eprecisando che “le materie di contabilità pubblica sulle quali può esplicarsi l’attività consultiva della Sezione sono quelle tematiche in relazione alle quali essa ritiene di poter utilmente svolgere quella funzione di affermazione di principi attinenti la regolarità contabile e la corretta e sana gestione finanziaria che costituiscono l’essenza del suo ordinario controllo”.

Nella citata delibera sono stati indicati gli ulteriori requisiti di ammissibilità oggettiva,costituiti dall’inerenza della richiesta a questioni:

-
non astratte e/o di interesse generale;

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relative a scelte amministrative future e non ancora operate;

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per le quali non è pendente un procedimento presso la Procura regionale della Corte dei Conti;

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per le quali non è pendente un giudizio avanti ad organi giurisdizionali di qualsiasi ordine;

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per le quali non è pendente una richiesta di parere ad altre autorità od organismi pubblici;

-
di cui sia stata data notizia all’organo di revisione economica e finanziaria o, se esistenti, agli uffici di controllo interno.

Sul quadro ordinamentale come sopra delineato è intervenuto il legislatore statale con le previsioni dell’art. 17, comma 31, del D.L. n. 78 del 2009 citato in premessa, il quale ha assegnato alle Sezioni riunite di questa Corte dei conti un potere di indirizzo interpretativo nei confronti delle Sezioni regionali di controllo, competenti a rendere pareri in materia di contabilità pubblica, e ciò con la finalità, anch’essa fatta oggetto di espressa previsione legislativa, di garantire la coerenza dell’unitaria attività svolta dalla Corte dei conti per le funzioni che ad essa spettano in materia di coordinamento della finanza pubblica.

A seguito dell’attivazione della surricordata competenza, le Sezioni riunite sono intervenute, con la delibera n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010, a tracciare le linee fondamentali della nozione di contabilità pubblica strumentale all’esercizio della funzione consultiva.

Quest’ultima risulta circoscritta alle normative e ai relativi atti applicativi che disciplinano in generale l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, nel quadro di obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, idonei a ripercuotersi, oltre che sulle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, anche sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio, in una visione dinamica dell’accezione che sposta l’angolo visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quella dei relativi equilibri.

La richiamata funzione di nomofilachia è stata inoltre riconosciuta ed estesa in capo alla Sezione delle Autonomie dall’art. 6,comma 4, del D.L. n. 174/2012, come convertito in L. n. 213/2012, il quale prevede che “ In presenza di interpretazioni discordanti delle norme rilevanti per l' attività di controllo o consultiva o  per  la  risoluzione  di questioni di massima  di particolare rilevanza, la Sezione delle autonomie emana delibera di orientamento alla  quale  le Sezioni regionali di controllo si conformano. Resta salva l'applicazione dell'articolo 17, comma 31, del decreto-legge 1° luglio 2009, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nei casi riconosciuti dal Presidente della Corte dei conti di eccezionalerilevanza ai fini del coordinamento della finanza pubblica ovvero qualora si tratti di  applicazione di  norme che  coinvolgono l' attività delle Sezioni centrali di controllo”.

Tanto premesso, la Sezione rileva che la richiesta di parere concerne la materia della contabilità pubblica giusta l’interpretazione in tal senso formulata dalle SSRR di questa corte dei conti, che hanno ritenuto la disciplina degli incarichi dirigenziali a contratto negli enti locali riconducibile al concetto di “contabilità pubblica”, come intesa, in senso dinamico, dalla citata Delibera n. 54/CONTR/10 (vd. delibere SSRR nn. 12-13-14/CONTR/11, tutte dell’ 8 febbraio 2011).

In ordine alla sussistenza degli altri requisiti di ammissibilità oggettiva la Sezione rileva che la richiesta di parere in esame presenta il carattere della generalità e della non astrattezzanei limiti in cui la stessa potrà pronunciarsi mediante l’indicazione di principi di carattere generale, ai quali potranno conformarsi anche altri Enti, poiché investe questioni di particolare rilevanza per la definizione degli indirizzi dell’attività amministrativa in materia di contabilità pubblica; riguarda scelte amministrative future e non ancora operate dall’Ente.

Risulta altresì sussistente anche il requisito della “non pendenza di richiesta di analogoparere ad altra autorità od organismo pubblico”, non essendo stata proposta la medesima questione ad altro organo o Ente pubblico.

La richiesta di motivato avviso, inoltre, non interferisce, allo stato degli atti, con funzioni di controllo o funzioni giurisdizionali svolte da altre magistrature, né con giudizi civili o amministrativi pendenti.

Con riguardo, infine, alla sussistenza del requisito della non interferenza con eventuali funzioni giurisdizionali svolte dalla magistratura contabile, la Sezione ribadisce quanto più volte evidenziato (cfr. ordd. 29/2010; 25/2011; 35/2011) in ordine alla propria competenza in sede consultiva, il cui compito si esaurisce nell’esclusiva funzione di fornire in veste collaborativa un supporto allo svolgimento dell’azione amministrativa, senza, per converso, esprimere valutazioni sugli effetti che fatti gestionali specifici e concreti possano provocare sul versante della responsabilità amministrativo-contabile.

Deve altresì sottolinearsi come, rispetto all’attività di amministrazione attiva, la facoltà, riconosciuta agli amministratori della Regione e degli EELL di avvalersi della funzione consultiva intestata a questa Sezione, si configura come una possibilità loro consentita di avvalersi, nello svolgimento delle funzioni loro intestate, di un Organo neutrale e professionalmente qualificato, in grado di fornire gli elementi di valutazione necessari ad assicurare la legalità della relativa azione, rimanendo comunque esclusa qualsivoglia forma di co-gestione o co-amministrazione tra l’Ente e l’Organo di controllo esterno.

Nei limiti sopra ricordati il quesito può essere dichiarato ammissibile e può essere esaminato

Nel Merito

1. Ritiene il Collegio di dover preliminarmente procedere a un inquadramento sistematico della disciplina sul conferimento degli incarichi a contratto negli Enti locali, anche a fini di utilità generale per la platea degli Enti potenzialmente interessati a conoscere l’avviso interpretativo della Sezione sulle tematiche di che trattasi.

Come noto, gli incarichi a contratto nelle Autonomie territoriali sono regolamentati dall’art. 110 del TUEL (D. Lgs. n.267/2000).

I detti incarichi possono avere a oggetto anche il conferimento di funzioni dirigenziali a soggetti che non abbiano con l’ente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in virtù di un criterio di attribuzione fondato sull’  “intuitus personae”.

Al di fuori della dotazione organica della dirigenza o dell’area direttiva, per gli enti in cui tale dotazione è comunque prevista, possono essere conferiti, con contratto a tempo determinato,incarichi per i soli dirigenti e le alte specializzazioni (art.110, comma 2, 1° periodo). In questi casi, gli incarichi così conferibili non possono superare il 5% del totale della dotazione organica “della dirigenza e dell’area direttiva” ( vd. art.110, comma 2, 2° periodo).

Per gli Enti di piccole dimensioni possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica dell’ente, contratti a tempo determinato “di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire” (art.110, comma 2, 3°periodo). Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5% della dotazione organica dell’ente. Infine, per gli enti con dotazione inferiore alle 20 unità è consentito il conferimento di un solo incarico.

Tutti gli Enti presi in considerazione dal secondo comma dell’art. 110 del TUEL devonoprocedere a stabilire limiti, criteri e modalità di stipula dei relativi contratti in sede di adozione del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi.

Tale surrichiamata disciplina non trova più nel TUEL la propria fonte esclusiva, posto chepuntuali norme sono state inserite nel già citato D.Lgs. n. 165/2001, nonché in disposizioni di carattere ordinamentale recate da varie leggi finanziarie.

In particolare, talune disposizioni dell’art. 19 del D. Lgs. n. 165/2001 sono state espressamente estese alle Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, e  quindi anche ai Comuni e alle Province, già in forza  dell’intervento interpretativo fornito dalla Corte costituzionale con la decisione n. 324/2010.

Detta estensione è stata poi normativizzata a opera del comma 6-ter dell’art. 19,  introdotto dall’art. 40, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 150/2009.

In particolare, per quel che qui interessa, il comma 6 dell’articolo 19 citato prevede che gli incarichi dirigenziali di cui ai precedenti commi da 1 a 5 “ sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.(…)”.

Ricordato che talune questioni riconducibili ai rapporti tra l’art. 110 TUEL e l’art. 19-commi 6 e 6 bis- del D.Lgs. n. 165/2001 sono state scrutinate dalle Sezioni riunite di questa Corte con le delibere nn. 12-13-14/CONTR/11, tutte dell’8 febbraio 2011,  conviene affrontare nello specifico il quesito inerente al  possesso del diploma di laurea quale requisito necessario ai fini del conferimento dell’incarico di che trattasi.

Riferisce l’Ente istante che, a una lettura testuale, parrebbero distinguersi all’interno del comma 6, due ipotesi, delle quali la prima sembrerebbe ammettere il conferimento di incarichi a “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali”; mentre la seconda lo prevederebbe per i soggetti “che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria”.

Nella prima, sostiene l’Ente, non verrebbe fatto alcun riferimento al possesso di una formazione universitaria (diploma di laurea), supponendosi che l’affidamento possa avvenire anche a favore di soggetti non laureati, purché sussistano gli altri requisiti.

Accedendo a tale interpretazione, dovrebbe ritenersi operante una deroga rispetto alla disciplina generale sui requisiti necessari per l’accesso alle qualifiche dirigenziali, recata dall’art. 28, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, non riguardando il citato comma 6 dell’art. 19 procedure concorsuali pubblicistiche per l’accesso al pubblico impiego.

La riferita opzione ermeneutica si fonderebbe sull’assunto secondo cui la qualificazione professionale, particolare e comprovata, acquisibile “sul campo” per il fatto di aver svolto funzioni dirigenziali in organismi o enti o aziende pubblici o privati per almeno un quinquennio,costituirebbe requisito professionale alternativo rispetto alla particolare “specializzazioneprofessionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria”.

Tale tesi, tuttavia, non è stata ritenuta condivisibile da pacifica e consolidata giurisprudenza di questa Magistratura contabile, formatasi sia in sede consultiva (vd. ex plurimis sez. reg.le Basilicata, delib. n. 29/2011/PAR) che in sede di controllo di legittimità (cfr. sez. controllo di legittimità su atti del Governo delib. n. 3/2003 e sez. del controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amm.ni dello Stato n. 2/2005/P).

A tale conclusione si è pervenuti in base a una lettura non solo “testuale”, ma altresìsistematica del richiamato comma 6, secondo cui il requisito del possesso del diploma di laureacostituisce requisito essenziale per l’accesso alle qualifiche dirigenziali nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165/2001, trattandosi di un requisito di base e necessariamente propedeutico, come si evince dalla lettura del necessariamente correlato art. 28 successivo, che disciplina l’accesso alla qualifica dirigenziale.

Né tale piana interpretazione può subire eccezioni allorché il conferimento dell’incaricoprovenga da un Ente Locale con contratto a termine (giusta il combinato disposto dell’art. 110 TUEL e del comma 6 dell’art. 19 D. Lgs. n. 165/2001), ipotesi nella quale, anzi, l’accesso alla dirigenza è consentito dal comma 6 a soggetti particolarmente qualificati che, oltre al requisito di base del titolo di studio, posseggano alternativamente uno o più degli ulteriori requisiti di specifica preparazione ed esperienza professionale.

E’ stato infatti affermato che “le previsioni normative in esame non sono sostitutive del requisito di base del possesso della laurea, ma sono aggiuntive, nel senso che, purché in possesso del diploma di laurea, i soggetti che siano dotati di uno dei requisiti delineati nell’art. 19, comma 6, possono ottenere un incarico dirigenziale temporaneo” (vd. sez. reg.le Lombardia delib. n. 504/2011 e, già in precedenza alla novella normativa recata dall’art. 40 del D.Lgs. n. 150/2009, delib. n. 20/2006).

Peraltro, come ricordato, a identiche conclusioni era pervenuta la giurisprudenza di legittimità di questa Magistratura contabile ancor prima dell’estensione della disposizione dell’originario comma 6 alle Autonomie locali, pervenendo alla ricusazione del visto  a un provvedimento di nomina a dirigente di seconda fascia di un soggetto esterno al ruolo dirigenziale dell’Amministrazione per difetto del titolo adeguato di studio( vd. delib. n. 3/2003 della Sez. centrale di legittimità su atti del Governo).

Osservava la Sezione che, “a tacere che il richiamo contenuto nell’art. 19, c. 6, alla <formazione universitaria e post- universitaria> equivale nella sostanza a quello fatto dall’art. 28 novellato dello stesso decreto legislativo n. 165/2001 al diploma di laurea, osserva la Sezione che il criterio secondo il quale il legislatore ha inteso disciplinare l’immissione nell’esercizio di funzioni dirigenziali di soggetti, quali essi siano, in precedenza già non investiti di tale qualifica, risulta evidentemente informato alla volontà di acquisire professionalità estranee, tali da presentare qualità aggiuntive e comunque non minori rispetto ai già elevati requisiti previsti per le nomine di funzionari appartenenti ai ruoli dirigenziali.

Tanto premesso, consegue da ciò attraverso una lettura sistematica dell’art. 19,c. 6, che la facoltà da tale norma prevista richiede, nei suoi destinatari, il concorrente possesso di una particolare specializzazione, sia professionale, che culturale e scientifica; quando si passi all’accertamento di tali requisiti, in relazione alle funzioni da attribuire, l’interprete, dal canto suo, non può sottrarsi alla verifica, sotto ogni profilo, della presenza di tutti gli elementi che complessivamente rendono il soggetto idoneo all’incarico.

Ne discende che, ferma rimanendo l’esigenza dell’accertamento di un livello di formazione culturale identificabile nel possesso della laurea, gli elementi che configurano e completano in estranei il profilo della professionalità debbano, insieme ad altri, ricavarsi dal già disimpegnato esercizio di funzioni almeno di pari rilevanza di quelle previste nel nuovo compito.

Quindi, oltre all’accertato possesso di sufficiente formazione culturale, in un contesto normativo in cui è però prevista l’attribuzione di incarichi dirigenziali previa verifica della sussistenza di livelli di formazione particolarmente elevati, occorre che la valutazione venga estesa ad un puntuale esame dei curricula degli incaricandi”.

A conclusioni analoghe è poi giunto anche il Dipartimento per la funzione pubblica, con parere n. 35/2008, nel quale ha stabilito che per gli Enti locali il requisito del titolo di studio richiesto dalla legge per il conferimento di incarico dirigenziale è lo stesso disposto, in generale, dall’art. 28 del D.Lgs. 165/2001, e consiste nel titolo di laurea.

A conferma delle argomentazioni, peraltro univocamente orientate, articolate a sostegno della tesi della necessarietà del possesso del titolo di laurea per il conferimento di qualsivoglia incarico di funzioni dirigenziali, anche a tempo determinato, per tutte le PPAA, compresi gli Enti locali, vale ricordare che la stessa Corte costituzionale, con la già richiamata decisione n. 324 del 2010, ha ritenuto che la disciplina dettata dall’art. 19, commi 6 e 6 bis del D.Lgs. n. 165/2001, riguardi tutte le amministrazioni pubbliche, anche quelle locali, e attiene ai requisiti soggettivi che devono essere posseduti dal privato contraente, requisiti che, dunque, non possono che essere identici per tutte le fattispecie in cui si dà luogo a un incarico dirigenziale.

Gli indirizzi ermeneutici soprariportati, ai quali il Collegio aderisce, rimangono inalterati pur nell’intervenuta modifica normativamente introdotta alla disciplina del conseguimento del titolo di “formazione universitaria” e del relativo valore legale, che, ai fini del conferimenti degli incarichi de quibus, non può essere inferiore al possesso del titolo di laurea specialistica o magistrale ovvero al diploma di laurea conseguito secondo l’ ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università, ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509 (vd. art. 6, ult. periodo, come introdotto dall’art. 2, comma 8 quater, del D.L. n. 101/2013, convertito in legge n. 125/2013, peraltro correttamente richiamato dall’Amministrazione istante).

Su tale consolidato impianto interpretativo si innestano le recentissime novelle normative  recate sul dettato dell’art. 110 dall’art. 11,comma 1, lett. a), del D.L. 24 giugno 2014, che,nel mantenere fermi i requisiti già normativamente fissati per la qualifica da ricoprire, espressamente introduce il necessario previo esperimento di apposita procedura selettiva pubblica, volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, “il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico” .

2. Ritiene il Collegio di dover ancora formulare indirizzi in merito all’ulteriore quesito posto nell’odierna richiesta, specificatamente volto a individuare la corretta interpretazione dell’inciso “non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione” che nel testo del più volte richiamato comma 6 dell’art. 19 segue il riferimento alle “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale” le quali, in presenza di tutti i requisiti normativamente posti, possono essere destinatarie degli incarichi di funzioni dirigenziali di che si sta trattando.

Ora, facendo applicazione dei consueti canoni ermeneutici, in primo luogo di quello letterale, può agevolmente inferirsi che l’inciso “non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione” deve coordinarsi con la “particolare e comprovata qualificazione professionale” che deve essere posseduta dai soggetti estranei incaricandi (le “persone” del dettato normativo considerato), la quale qualificazione, peraltro, deve essere in concreto valutata dall’Amministrazione conferente in stretta e inscindibile connessione con la particolarità dei compiti che la medesima intende affrontare e portare a compimento.

In altri termini, ritiene il Collegio che il comma 6, avente valenza di norma di carattere complementare all’ordinario sistema di provvista delle professionalità dirigenziali, sia finalizzato ad accrescere le capacità operative delle Amministrazioni attingendo a un bacino più ampio di quello delle unità dirigenziali già presenti nei ruoli delle Amministrazioni medesime, all’uopo acquisendo professionalità esterne altamente specializzate e qualificate, con esperienze maturate in ruoli dirigenziali disimpegnati per almeno un quinquennio presso aziende od organismi pubblici o privati, ovvero in possesso di valori culturali e scientifici ricavati dalla formazione universitaria e post-universitaria, o da pubblicazioni scientifiche, ovvero, ulteriormente, in quanto provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e degli avvocati e procuratori dello Stato (soggetti, questi ultimi, già direttamente considerati idonei dalla norma, per la posizione rivestita, all’espletamento di un compito dirigenziale).

Tale elencazione è stata ulteriormente ampliata ad opera dell’art. 40, comma 1, lett. e) del D.Lgs.  27 ottobre 2009, n. 150(c.d. riforma “Brunetta”),che, tra le altre modifiche, ha aggiunto anche la previsione delle “persone” che per almeno un quinquennio abbiano maturato esperienze professionali in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, oltreché in possesso del necessario, relativo titolo di studio di “formazione universitaria, come sopra definito.

L’impianto normativo così ricostruito è stato fatto oggetto di una ponderosa attività ermeneutica da parte di questa Corte, in particolare in sede di giurisprudenza di legittimità.

Si è così chiarito che, rispetto all’originaria formulazione, le modifiche apportate dal ricordato art. 40, comma 1, lette. e) della “legge Brunetta” “tendono a limitare ulteriormente la facoltà di ricorrere a soggetti esterni, consentendone il conferimento a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale  solo nell’ipotesi in cui (…)tale qualificazione non sia rinvenibile nell’ambito del personale dirigenziale dell’Amministrazione”.

In tal modo, si osserva, “la disposizione citata crea un onere di previa verifica della sussistenza di risorse interne all’Amministrazione in possesso dei requisiti professionali richiesti dall’incarico: soltanto ove tale indagine dia esito negativo sarà possibile attribuire il posto vacante a soggetto esterno, se dotato della particolare specializzazione richiesta”(cfr. delib. Corte dei conti n. SCCLEG/18/2010/PREV).

In definitiva, coerentemente agli ordinari canoni secondo cui compete all’Amministrazione conferente dotare di adeguata motivazione la scelta amministrativo/gestionale in concreto operata, è rimesso all’operato dell’Ente procedere preliminarmente alla ricognizione delle professionalità interne, potendo, solo in caso di esito negativo di tale verifica, procedere alla provvista all’esterno della professionalità necessaria all’assolvimento dei compiti connessi all’incarico. 

Nelle suesposte considerazioni è il parere della Sezione.

                                                    PQM                                                 

La Sezione Regionale di controllo della Corte dei Conti per il Friuli Venezia Giulia esprime il proprio motivato avviso sul quesito riportato in epigrafe nei termini di cui in motivazione

ORDINA

alla Segreteria di procedere all’ immediata trasmissione di copia conforme alla presente deliberazione al Sindaco del Comune di Pordenone;

di pubblicare la presente deliberazione sul sito web della Sezione e di curare gli adempimenti necessari per la pubblicazione sul sito web istituzionale della Corte dei Conti.

Così deciso in Trieste nella Camera di consiglio del 24 luglio 2014.

​Il Relatore​Il Presidente

​f.to    Oriella Martorana​f.to    Carlo Chiappinelli



Depositato in Segreteria in data 7 ottobre 2014.

Il preposto al Servizio di supporto

f.to    Dott. Andrea Gabrielli





Ufficio del Massimario della Gazzetta Amministrativa

Archivio G.A. - ottobre 2014

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riferimento id:22024

Data: 2014-10-14 05:38:20

Deliberazione Corte conti Basilicata n.29-2011

[color=red]Deliberazione Corte conti Basilicata n.29-2011[/color]

Corte dei Conti

Sezione regionale di controllo per la Basilicata

Potenza

Deliberazione n. 29/2011/PAR

Parere n. 14/2011

in fatto

La Provincia di Potenza intende adeguare il Regolamento per l’ordinamento degli uffici e dei servizi alla normativa introdotta dall’art. 40, comma 1, lettera f , del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Quest’ultimo, aggiungendo al comma 6 dell’articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i commi 6-bis e ter, ha esteso anche alle Provincie (comma 6-ter) il dettato dei commi 6 e 6-bis.

In sostanza, si tratta di conformare il predetto Regolamento - che per l’art. 110, c. 2, del TUEL è lo strumento normativo richiesto per rendere possibile il conferimento, a tempo determinato, di incarichi dirigenziali al di fuori della pianta organica dell’Ente stesso - al mutato quadro normativo, di cui meglio si dirà. A tal fine, l’Ente chiede un chiarimento interpretativo che può compendiarsi nei seguenti punti:

1)        se, nel conferire i predetti incarichi, si possa prescindere dal possesso del diploma di laurea, in quanto soccorrano gli altri requisiti soggettivi elencati dall’art. 19, c. 6, D. Lgs. n. 165/2001;

2)        se, ancora a proposito della qualificazione professionale, la locuzione “non rinvenibile nei ruoli dell’amministrazione” (art. 19, c. 6, D. Lgs. n. 165/2001, terzo periodo), si riferisca a una mancanza riferibile esclusivamente ai ruoli dirigenziali dell’amministrazione, di guisa che altri dipendenti della stessa amministrazione, appartenenti a ruoli non dirigenziali ma in possesso dei requisiti di qualificazione professionale, potrebbero essere affidatari dell’incarico dirigenziale.

In diritto

Sull’ammissibilità della richiesta:

1.1 - La richiesta di parere è presentata da un soggetto legittimato (il Presidente della Provincia) e, pertanto, è ammissibile sotto il profilo soggettivo.

1.2. - Quanto al profilo oggettivo, dandosi come qui riportati i criteri generali di ammissibilità dei quesiti volti a sollecitare l’attività consultiva intestata alle Sezioni regionali della Corte dei conti, già più volte indicati da questa Sezione (di recente, deliberazioni nn. 4 e 5 del 2011), occorre verificare, in primo luogo se l’oggetto della richiesta di parere può ritenersi rientrante nella materia della “contabilità pubblica”, come intesa, in senso dinamico, dalle Sezioni Riunite in sede di controllo con Delibera 54/CONTR/10, in epigrafe richiamata. In senso definitivamente affermativo si sono pronunciate le stesse Sezioni Riunite che hanno ritenuto la disciplina degli incarichi dirigenziali a contratto negli enti locali riconducibile al concetto di “contabilità pubblica” (delibere nn. 12-13-14/CONTR/11, tutte dell’ 8.2.2011).

In secondo luogo, occorre verificare che l’attività consultiva sollecitata: a) non riguardi attività amministrative già esaurite; b) non interferisca con altre funzioni intestate alla Corte dei conti o ad altre magistrature; c) possa essere affrontata in termini generali senza intromissioni nella sfera gestionale rimessa alla esclusiva potestà degli amministratori.

Con riguardo al primo aspetto, la richiesta di parere nasce in previsione di un emanando Regolamento, sicché può escludersi che l’attività per la quale viene richiesto il parere si sia già esaurita. Conseguentemente deve anche escludersi, con riguardo al secondo aspetto, che un parere reso de iure condendo possa interferire con questioni rimesse alla conoscenza di altri Uffici di questa o di altre magistrature. Da ultimo, le questioni poste hanno carattere generale in quanto pongono interrogativi sull’ermeneusi della norma, senza intromissioni nella sfera gestionale rimessa alla esclusiva potestà degli amministratori.

Nel merito

2. – quadro normativo

2.1. – Gli incarichi a contratto negli Enti locali sono regolamentati dall’art. 110 del TUEL. Tali incarichi possono riguardare anche funzioni dirigenziali, che si distinguono da quelle considerate nell’art. 109 del TUEL in ragione del carattere fiduciario con cui vengono conferite (comma 3), anche al di fuori della dotazione organica e anche a soggetti che non hanno con l’ente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ancorché la fiduciarietà non possa essere criterio di per sé sufficiente a consentire il conferimento dell’incarico (C. conti, delibera n. 10 del 15 aprile 2003).

In particolare, possono essere conferiti, se lo Statuto lo prevede, sia per la copertura di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, sia per la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, nell’ambito della dotazione organica (comma 1).

Al di fuori della dotazione organica “della dirigenza e dell’area direttiva”, per gli enti in cui tale dotazione è comunque prevista, possono essere conferiti, con contratto a tempo determinato, incarichi per i soli dirigenti e le alte specializzazioni (comma 2, 1° periodo). In tali casi gli incarichi così conferibili non possono superare il 5% del totale della dotazione organica “della dirigenza e dell’area direttiva” (2° periodo).

Per tutti gli altri Enti, di più piccole dimensioni, possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica “dell’ente”, contratti a tempo determinato “di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire” (comma 2, 3° periodo). Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5% della dotazione organica “dell’ente”. Per gli enti con dotazione inferiore alle 20 unità si può conferire un solo incarico (ultimo periodo).

Tutti gli enti considerati dal secondo comma dell’art. 110 TUEL dovranno stabilire i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati i contratti di conferimento di incarico nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi. 2.2. – La disciplina sopra descritta non trova più nel TUEL la sua fonte esclusiva, dal momento che, successivamente ad esso, ulteriori disposizioni sono state collocate già nel D.Lgs. n. 165/2001, poi più volte novellato sul punto, oppure in disposizioni singolari contenute in leggi finanziarie.

Da ultimo, alcune disposizioni dell’art. 19 del D. Lgs. n. 165/2001 sono state espressamente estese alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del citato decreto legislativo e, quindi, anche ai comuni e alle province e regioni (Corte Cost., sent. n. 324/2010). L’estensione è avvenuta ad opera del comma 6-ter dell’art. 19



citato, introdotto dall’art. 40, c. 1, let. f) del D.Lgs n. 150/2009, e riguarda il disposto dei commi 6 e 6-bis, che così dispongono:

comma 6: “gli incarichi (dirigenziali, di cui ai commi da 1 a 5) possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio.”.

6-bis. “Fermo restando il contingente complessivo dei dirigenti di prima o seconda fascia il quoziente derivante dall'applicazione delle percentuali previste dai commi 4, 5-bis e 6, è arrotondato all'unità inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all'unità superiore, se esso è uguale o superiore a cinque”.

2.3. – Alcune questioni riconducibili ai rapporti tra l’art. 110 TUEL e l’art. 19, commi 6 e 6-bis, D.Lgs. 165/2001 (TUIP), sono state affrontate dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti con le delibere n. 12-13-14/CONTR/11, tutte dell’8 febbraio 2011, alle quali si rinvia.

Peraltro, i pronunciamenti citati hanno toccato temi diversi da quelli posti col presente parere, essendosi limitati ad affermare la compatibilità (delib. nn. 12 e 13) tra le disposizioni dell’art. 110, c. 1, TUEL, e dell’art. 19, c. 6 e 6-bis, TUIP, e la non riconducibilità (delib. n. 14) dell’art. 110, c. 2, TUEL ad alcuna disposizione novellata del TUIP.

3. – Primo quesito

Con il primo quesito, l’Ente chiede un chiarimento circa i requisiti soggettivi, di qualificazione professionale e culturale, che deve possedere il soggetto cui conferire l’incarico dirigenziale.

3.1. – Riferisce l’istante che, esaminando nel dettaglio il comma 6 dell’art. 19 TUIP, si possono distinguere due ipotesi: la prima ammette il conferimento di incarichi “a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali”; la seconda lo ammette per quei soggetti che “abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato”.

Nella prima fattispecie non verrebbe fatto alcun riferimento al possesso di una formazione universitaria (diploma di laurea), facendo supporre che l’affidamento possa avvenire anche a favore di soggetti non laureati, purché sussistano gli altri requisiti. In tal caso, sempre secondo l’amministrazione istante, non risulterebbe applicabile la norma generale per l’accesso al pubblico impiego dirigenziale (art.

28, comma 2, decreto legislativo n. 165/2001), non riguardando l’art. 19, comma 6, procedure concorsuali pubblicistiche per l’accesso al pubblico impiego. A sostegno della illustrata tesi, l’amministrazione considera che il possesso della laurea non risulta essenziale per ricoprire ruoli dirigenziali presso organismi o aziende private, ruoli che, invece, costituiscono elementi fondanti per attestare la particolare e comprovata qualificazione professionale previsti dall’ipotesi normativa in esame.

In definitiva, secondo la tesi dell’Ente istante, la disposizione porrebbe una alternativa tra la “qualificazione professionale”, particolare e comprovata, acquisibile con esperienza “sul campo”, per aver svolto funzioni dirigenziali in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private per almeno un quinquennio, e la particolare “specializzazione professionale, culturale e scientifica” desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza.

3.2. – Le argomentazioni sopra riportate non possono essere condivise, né può essere condivisa la conclusione che l’incarico dirigenziale di cui tratta il comma 6 del’art. 19 del TUIP, nei termini in cui è ora applicabile anche agli Enti locali, possa essere conferito a soggetti privi di laurea che, tuttavia, "abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali”, così da acquisire una particolare e comprovata qualificazione professionale.

La tesi dell’Ente istante si fonda sulla interpretazione meramente testuale, se non addirittura lessicale, della “lettera” della disposizione. Tuttavia, un’esegesi fondata sul solo dato letterale della disposizione non appare appagante e le conclusioni cui, per questa via, si perviene restano incerte. Si consideri, in proposito, che la Sezione di controllo per la Lombardia, con la delibera n. 1001 del 2009 del 5.11.2009, è giunta alla conclusione che il dato “testualmente” ricavabile dalla lettera dell’art. 19, c. 6, del TUIP, come novellato dal D. Lgs. n. 150/2009, depone nel senso della necessaria compresenza di entrambi i requisiti, titolo di laurea ed esperienza lavorativa.

In verità la questione posta dalla Provincia di Potenza in sede consultiva, negli stessi termini ora prospettati, è già stata affrontata dalla Corte dei conti in sede di

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controllo preventivo di legittimità, ancora prima della estensione della disposizione alle Autonomie locali.

La Sezione del controllo di legittimità su atti del Governo, nell’adunanza congiunta del I e II Collegio del 9 gennaio 2003, con la delibera n. 3/2003 del 9 gennaio 2003, ha ricusato il visto del provvedimento di nomina a dirigente di seconda fascia di un soggetto esterno al ruolo per mancanza del titolo adeguato di studio.

Osservava la Sezione che “il criterio secondo il quale il legislatore ha inteso disciplinare l’immissione nell’esercizio di funzioni dirigenziali di soggetti, quali essi siano, in precedenza già non investiti di tale qualifica, risulta evidentemente informato alla volontà di acquisire professionalità estranee, tali da presentare qualità aggiuntive e comunque non minori rispetto ai già elevati requisiti previsti per le nomine di funzionari appartenenti ai ruoli dirigenziali.

Tanto premesso, consegue da ciò attraverso una lettura sistematica dell’art. 19, c. 6°, che la facoltà da tale norma prevista richiede, nei suoi destinatari, il concorrente possesso di una particolare specializzazione, sia professionale, che culturale e scientifica; quando si passi all’accertamento di tali requisiti, in relazione alle funzioni da attribuire, l’interprete, dal canto suo, non può sottrarsi alla verifica, sotto ogni profilo, della presenza di tutti gli elementi che complessivamente rendono il soggetto idoneo all’incarico.

Ne discende che, ferma rimanendo l’esigenza dell’accertamento di un livello di formazione culturale identificabile nel possesso della laurea, gli elementi che configurano e completano in estranei il profilo della professionalità debbano, insieme ad altri, ricavarsi dal già disimpegnato esercizio di funzioni almeno di pari rilevanza di quelle previste nel nuovo compito.

Quindi, oltre all’accertato possesso di sufficiente formazione culturale, in un contesto normativo in cui è però prevista l’attribuzione di incarichi dirigenziali previa verifica della sussistenza di livelli di formazione particolarmente elevati, occorre che la valutazione venga estesa ad un puntuale esame dei curricula degli incaricandi”.

Le argomentazioni così svolte sono state condivise anche in sede consultiva, sia prima (Sezione di controllo Lombardia, parere n.20/2006) che successivamente alla

parziale riscrittura dell’art. 19 del TUIP ad opera del D. Lgs. n. 150/2009 (Sezione regionale Veneto delibera n. 275/2010/PAR).

Ad analoghe conclusioni è giunto anche il Dipartimento per la funzione pubblica che, con parere n.35/2008, ha osservato che per gli Enti locali il requisito di studio richiesto dalla legge per il conferimento di incarico dirigenziale è lo stesso disposto, in generale, dall’art. 28 del D. Lgs. n. 165/2001, e consiste nel titolo di laurea. In precedenza, a proposito delle Camere di Commercio, si era espresso in termini identici lo stesso Dipartimento col parere del 15 gennaio 2003.

[color=red]A conferma delle argomentazioni sostenute per ritenere la laurea titolo di studio necessario per il conferimento di incarichi dirigenziali anche presso gli Enti locali, giova osservare che proprio la Corte Costituzionale, con la decisione n. 324 del 2010, ricordata dall’Ente istante, ha ritenuto che la disciplina dettata dall’art. 19, commi 6 e 6-bis, del D. Lgs. n. 165/2001, riguardi tutte le amministrazioni pubbliche, anche quelle locali, e attiene (tra l’altro) ai requisiti soggettivi che devono essere posseduti dal contraente privato, requisiti che, dunque, non possono che essere identici per tutte le fattispecie in cui si dà luogo a un incarico dirigenziale.[/color]

Conclusivamente, ritiene la Sezione che il conferimento di incarichi dirigenziali anche a soggetti esterni all’amministrazione, impone che questi abbiano, oltre ai requisiti professionali richiesti, i titoli di studio previsti dall’art. 28 del D. Lgs. n. 165/2001.

4. – Secondo quesito

Con il secondo quesito, si richiama la locuzione “non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione” per chiedere se possa ritenersi che essa si riferisca esclusivamente ai ruoli dirigenziali dell’Amministrazione e che non impedisca di affidare l’incarico a soggetti appartenenti a ruoli non dirigenziali della stessa, purché in possesso dei requisiti di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati, ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali.

Si è già detto sopra che l’affidamento di incarichi dirigenziali a soggetti che abbiano, oltre a una qualificazione professionale attestata dall’aver svolto attività in

organismi ed enti pubblici o privati, ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, anche una adeguata preparazione universitaria comprovata dal titolo di laurea, nasce e si fonda su considerazioni di ordine sistematico.

Ciò premesso, con riferimento all’ambito entro il quale deve essere verificata l’assenza di soggetti dotati di comprovata e particolare qualificazione professionale, onde poter procedere al conferimento dell’incarico a soggetti “esterni”, ritiene la Sezione che l’aver ammesso che tra questi soggetti vi possano essere coloro che, oltre a possedere il titolo di studio indicato, abbiano maturato concrete esperienze lavorative per almeno un quinquennio, anche presso la stessa amministrazione che conferisce l’incarico, in posizione funzionale prevista per l’accesso alla dirigenza, induce a ritenere che la locuzione “non rinvenibile nei ruoli dell’amministrazione” sia da circoscrivere ai soli ruoli “dirigenziali”.

Del resto, la disposizione dettata dal comma 6 del citato art. 19 TUIP consente, entro limiti percentuali stretti, di conferire incarichi dirigenziali a soggetti che sono al di fuori del ruolo dei dirigenti di cui all’art. 23 TUIP. Ciò lascia ragionevolmente intendere che la limitazione del diritto del dirigente (di ruolo) all’ottenimento di un incarico presuppone che, per esso, non vi siano professionalità rinvenibili tra i dirigenti di ruolo dell’amministrazione. Diversamente, se si dovesse ritenere che i “ruoli” dell’amministrazione, mancanti della particolare qualificazione professionale, siano quelli in cui è inquadrato tutto il personale della amministrazione, verrebbe meno la possibilità stessa di rendere applicabile quella parte della disposizione sopra citata. Argomenti in questo senso possono essere tratti dalla delibera n. 13/2004 della Sezione centrale di controllo di legittimità, resa nell’adunanza del 25.11.2004.

P.Q.M.

Nelle sopra esposte considerazioni è il parere della Corte dei Conti – Sezione regionale di controllo per la Basilicata in relazione alla richiesta formulata dal Presidente della Provincia di Potenza con la nota in epigrafe citata.

DISPONE

Che copia della presente deliberazione sia trasmessa, a cura della segreteria della Sezione, all’Amministrazione richiedente e al Presidente del coordinamento delle Sezioni regionali di controllo della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti. Così deciso in Potenza, nella Camera di consiglio del 21 giugno 2011.

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Data: 2014-10-14 05:40:48

Accesso alla qualifica di dirigente: è valida la sola laurea "triennale"?

Accesso alla qualifica di dirigente: è valida la sola laurea "triennale"?
sentenza T.A.R. Lazio - Roma n. 430 del 16/01/2012
http://www.mondolegale.it/lavoro-privato-e-pubblico/74-lavoro-pubblico/719-accesso-alla-qualifica-di-dirigente-e-valida-la-sola-laurea-qtriennaleq-.html

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Data: 2014-10-14 05:42:52

Consiglio di Stato sent. 3125/2012 - LAUREA per Dirigenza

N. 03125/2012REG.PROV.COLL.

N. 03482/2011 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3482 del 2011, proposto da:
Tiziana Livornese, rappresentata e difesa dall'avv. Roberto Colagrande, con domicilio eletto presso Studio Scoca in Roma, via G. Paisiello 55;
contro
Comune di Formia, non costituito;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - SEZ. STACCATA DI LATINA: SEZIONE I n. 00081/2011, resa tra le parti, concernente APPROVAZIONE BANDO DI CONCORSO INTERNO PER TITOLI PER N.1 POSTO DI DIRIGENTE ALLE ATTIVITÀ FINANZIARIE E CONTABILI A TEMPO INDETERMINATO

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2011 il Cons. Carlo Schilardi e udito per la parte appellante l’ avvocato Colagrande;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
[color=red]1. Il 12 aprile 2000 il comune di Formia, con deliberazione della G.C. n. 102/2000 approvava il bando di corso-concorso interno per titoli, tesi e colloquio, per la copertura di n.1 posto a tempo indeterminato e a tempo pieno di dirigente da adibire alle attività finanziarie e contabili.
2. Espletato il concorso interno, il 19 ottobre 2000 il comune di Formia approvava (deliberazione G.C. n. 438/2000) i verbali della commissione esaminatrice e la graduatoria finale di merito, nominando vincitore del concorso il sig. Raffaele xxxxx, privo di laurea, immettendolo in servizio con decorrenza dall’l novembre 2000.[/color]
3. Il 28 febbraio 2001 la concorrente classificata al secondo posto della graduatoria di merito, dott.ssa Tiziana Livornese, sul presupposto che al concorso dovessero essere ammessi solo i concorrenti laureati, produceva ricorso straordinario al Presidente della Repubblica chiedendo che venisse dichiarata l’esclusione del candidato sig. Raffaele xxxxx, privo di laurea; che contestualmente, venisse corretta la graduatoria finale di merito con l’inclusione al primo posto della ricorrente; che lei medesima, venisse, conseguentemente, dichiarata vincitrice del concorso e immessa in ruolo.
4. Il 15 maggio 2002, il Comune di Formia decideva di annullare, con delibera della G.C. n. 121/2002 - in ritenuta autotutela - la deliberazione della G.C. n. 102 del 12.4.2000 di approvazione del bando di concorso interno, evidenziado vizi del procedimento e considerando prevalente l’interesse pubblico a scegliere il personale dirigente tra il numero più alto possibile di candidati con una nuova procedura aperta all’esterno.
5. Quest’ultima deliberazione, unitamente ad altre connesse, veniva impugnata dal Di Rollo, vincitore del concorso, dinanzi al Tar Lazio, Sez. staccata di Latina con richiesta incidentale di sospensione, cui si univa con intervento ad adiuvandum del 24 luglio 2002 la seconda classificata Tiziana Livornese.
6. Il Tar Lazio, Sezione staccata di Latina, con ordinanza n. 625/2002 accoglieva la richiesta del Di Rollo e sospendeva l’efficacia della deliberazione adottata in sede di autotutela (G.C. n. 121/2002) e ripristinava quindi gli effetti della deliberazione di G.M. n. 102 del 12 aprile 2000.
7. Frattanto con D.P.R. del 20 maggio 2003, in accoglimento di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica prodotto dalla Livornese, veniva annullato l’atto di nomina del Di Rollo. Nel parere della prima Sezione consultiva del Consiglio di Stato in data 20 febbraio 2002 recepito nella decisione straordinaria si richiamava il principio secondo cui per l’accesso alla qualifica di dirigente non è consentito, neppure all’autonomia propria degli enti territoriali, richiedere un titolo di studio inferiore al diploma di laurea (in possesso della signora Livornese, ma non del signor Di Rolfo).
8. La giunta comunale di Formia in esecuzione del Decreto Presidenziale, riformulava la graduatoria di merito, collocando al primo posto la Livornese, che quindi veniva dichiarata vincitrice del concorso e assunta in ruolo con decorrenza giuridica dall’ 1 novembre 2000 e con decorrenza economica dall’8 settembre 2003.
9. Alla deliberazione della giunta comunale dava attuazione il dirigente competente con propria determinazione n. 111 del 5.9.2003. Il 10 settembre 2003 la Livornese, già dichiarata vincitrice del concorso ed immessa in ruolo, nel ritenere di dover prendere posizione autonoma sulla citata delibera di autotutela (GC n. 121/2002), la impugnava in via diretta per salvaguardare il proprio titolo all’assunzione, unitamente agli atti riguardanti il piano annuale e triennale delle assunzioni (G.C.. n. 433/1999 e G.C. n. 100/2000).
Nel contempo la Livornese chiedeva, con ricorso al Giudice del Lavoro di Latina, la condanna del Comune al pagamento delle differenze retributive spettanti nel periodo dal 1° novembre 2000 all’8 settembre 2003, ottenendone il riconoscimento con sentenza n. 1751 del 19 giugno 2009 non appellata dal comune.
11. Da ultimo con sentenza del 3 febbraio 2011, n.81, il Tar Lazio, Sezione staccata di Latina, decideva il ricorso proposto dalla Livornese il 10 settembre 2003 e rigettava l’impugnativa, ritenendo:
- non condivisibile la censura relativa alla violazione dell’art. 6, comma 12 della L. 127/97 e dell’art. 91 del dlgs n. 267/2000) secondo la quale le due disposizioni si applicherebbero anche alla dirigenza, atteso che la dirigenza ha una disciplina sua propria e una specifica contrattazione di lavoro, stante la rilevanza dei compiti che la legge assegna ad essa;
- di non potersi riconoscere all’autonomia locale la possibilità di considerare la dirigenza al pari di una figura o di un profilo acquisibile solo all’interno dell’Ente e di non doversi, quindi, derogare al principio del ricorso al concorso pubblico, come previsto dalla Costituzione e ribadito dalla Corte costituzionale (cfr. sentenze 9 novembre 2006 , n. 363 e n. 81 del 2006);
- non condivisibile la ulteriore censura secondo cui gli atti impugnati violerebbero i principi che regolano l’autotutela, posto che l’interesse concreto ed attuale all'annullamento di provvedimenti illegittimi, rileva sempre quando tali atti si pongano in contrasto con principi fondamentali della materia, quali la regola del concorso pubblico o l'esborso indebito di pubblico denaro. (Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 1996 , n.1253).
12. Avverso la sentenza ha proposto appello la Sig. Tiziana Livornese in data 21 aprile 2011, osservando che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente giudicato in ordine alla consolidata posizione della ricorrente in virtù di inoppugnabili titoli, quali la decisione del Presidente della Repubblica (DPR 20 maggio 2003) e la sentenza del tribunale di Latina n. 175/2009 non impugnata dal Comune. Viene inoltre opposta la presunta insussistenza di ragioni di interesse pubblico all’annullamento esercitato oltre un lasso di tempo ragionevole e omettendo qualsiasi valutazione degli interessi dei destinatari del provvedimento rimosso.
DIRITTO
L’appello risulta fondato e deve essere accolto
[color=red]Giova osservare che, all’attualità, l’articolo 28 del dlgs. n. 165/2001 prevede che l’accesso alla qualifica dirigenziale avviene mediante procedura pubblica, cui vanno ammessi concorrenti muniti di laurea. Tale disposizione, rivolta direttamente alle amministrazioni statali, risulta applicabile anche alla dirigenza locale, in virtù dell’articolo 88 del dlgs. n. 267/2000 che, entrato in vigore il 13 ottobre 2000, aveva già esteso il complesso di principi e disposizioni della legge quadro sul pubblico impiego (e successive modificazioni) al mondo delle autonomie con una formula amplissima «…all'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti e i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni…»[/color]
Assume rilievo, però, la circostanza che nessuna delle due disposizioni succedutesi nel tempo, era vigente per i comuni all’epoca del bando di concorso interno, per titoli tesi e colloquio, per la copertura del posto di dirigente delle attività finanziarie e contabili, atteso esso che è stato bandito dal Comune di Formia con deliberazione della G.M. n. 102 del 12 aprile 2000.
Il quadro normativo vigente all’epoca di approvazione del bando in questione era, invero, indefinito, poiché la dirigenza locale non disponeva di disciplina differenziata rispetto al personale inquadrato nei livelli, nè di norme di rinvio alla disciplina dell’accesso alla dirigenza statale, salvo un generico riferimento all’articolo 51, comma 8) della legge n. 142/1990 (« … rimane riservata alla legge la disciplina dell'accesso al rapporto di pubblico impiego…»), con riferimento, nella specie, al DPR n. 487/1994, che all’art. 1, comma 1, attribuisce alle singole amministrazioni l’individuazione, nei bandi, dei «…requisiti soggettivi generali e particolari per l'ammissione all'impiego» (articolo 2, comma 3).
Vigeva, inoltre, per gli enti locali, una disposizione legislativa derogatrice alla regola del concorso pubblico, rimessa alla autonomia dell’ente locale:.L’articolo 6, comma 12, della legge 127 del 15 maggio 1997, legittimava infatti gli enti locali economicamente sani a prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente: «Gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, solo in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all'interno dell'ente».
Tale norma era volta ad identificare unità di personale, per consentire loro uno speciale sviluppo professionale, interamente riservato, in relazione ad una professionalità acquisita tutta all’interno, per la particolare natura del ruolo rivestito. .
Dalla disamina effettuata si deve concludere che la deliberazione n. 102/2000 del comune di Formia non si presenta di per sè, ratione temporis, in contrasto con le disposizioni che regolavano all’epoca della sua adozione l’accesso alla dirigenza locale, in quanto la deroga al concorso pubblico trovava legittimazione nella disposizione dell’articolo 6, comma 12, della legge n. 127 del 15 maggio 1997, applicabile anche ai dirigenti per il suo carattere di principio ordinamentale.
Il divieto alla assunzione di dirigenti, in deroga al ricorso al pubblico concorso, è invece divenuto cogente per gli enti locali solo successivamente al 13 ottobre 2000, a termini dell’art. 88 del T.U.E.L. approvato con dlgs. n. 267 del 18 agosto 2000, che ha esteso agli stessi le limitazioni imposte per la dirigenza statale dal dlgs. n. 29 del 3 febbraio 1993 e, successivamente, dall’articolo del dlgs. n. 165/2001.
Ciò premesso, il problema da risolvere è piuttosto quello di verificare se sussistessero i presupposti di applicabilità della norma, in relazione alla previsione secondo cui il concorso interno era consentito solo per le professionalità acquisite all’interno dell’ente.
Tale situazione non risulta adeguatamente ponderata negli atti di indizione delle procedure (relative ad una pluralità di posti), con la conseguenza, evidenziata nel parere sopracitato che la relativa disciplina (con l’ammissione di concorrenti privi di laurea) non era stata correttamente applicata.
Senonchè tale rilievo (come pure gli altri rilievi di illegittimità evidenziati nella delibazione in vertenza) non appaiono sufficienti quanto alla odierna appellante, a giustificare l’annullamento d’ufficio o, avuto riguardo al tempo trascorso dal bando di concorso (circa due anni) e ai contrapposti interessi dei concorrenti e in particolare di quelli in via di consolidamento della signora Livornese, tanto più che la medesima era in possesso del diploma di laurea e a seguito della richiamata decisione straordinaria dal Comune è stata poi nominata dirigente senza riserve e approfondimenti in relazione all’annullamento in autotutela del bando, (atto n.111 in data 5 settembre 2003 in luogo del signor Di Rollo, ha di fatto svolto attività dirigenziale per molti anni. ha visto riconosciuto economicamente il proprio titolo anche dal giudice ordinario (cfr. Tribunale di Latina 15 giugno 2009 n.1751),
In questa prospettiva si delineano anche profili di improcedibilità (per sopravvenuto difetto di intereresse) della impugnativa della signora Livornese, il cui titolo si è definitivamente consolidato a seguito dell’atto comunale n.111/2003. Tali profili tuttavia possono ritenersi assorbiti dalle suesposte considerazioni di merito, che comportano in parte qua (relativamente alla attuale appellante) la illegittimità dell’atto di autotutela in vertenza.
Assorbita altresì ogni ulteriore questione, l’appello va dunque accolto come da motivazione.
Attesa la complessità interpretativa della materia, sussistono le condizioni perché le spese dei due gradi del giudizio siano compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Compensa le spese di lite tra le parti, come in motivazione
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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Data: 2014-10-14 06:32:16

Re:DIRIGENTI DELLA PA (anche a tempo determinato) solo con la LAUREA - Corte Conti

La laurea è obbligatoria pure per i direttori di qualifica non dirigenziale nei vari organi periferici dei Ministeri?

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Data: 2014-10-14 16:43:53

Re:DIRIGENTI DELLA PA (anche a tempo determinato) solo con la LAUREA - Corte Conti


La laurea è obbligatoria pure per i direttori di qualifica non dirigenziale nei vari organi periferici dei Ministeri?
[/quote]

Da quanto ne so dipende dall'AREA FUNZIONALE.
Ad esempio agli Esteri per la terza area funzionale è richiesta la laurea (non per le altre): http://www.esteri.it/MAE/IT/Ministero/Servizi/Sportello_Info/DomandeFrequenti/OpportunitaLavoro/
Mentre, ad esempio, già per VICE Direttore VVF occorre la laurea: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/08/26/14E03884/s4

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Data: 2014-10-15 06:23:32

Re:DIRIGENTI DELLA PA (anche a tempo determinato) solo con la LAUREA - Corte Conti



La laurea è obbligatoria pure per i direttori di qualifica non dirigenziale nei vari organi periferici dei Ministeri?
[/quote]

Da quanto ne so dipende dall'AREA FUNZIONALE.
Ad esempio agli Esteri per la terza area funzionale è richiesta la laurea (non per le altre): http://www.esteri.it/MAE/IT/Ministero/Servizi/Sportello_Info/DomandeFrequenti/OpportunitaLavoro/
Mentre, ad esempio, già per VICE Direttore VVF occorre la laurea: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/08/26/14E03884/s4

[/quote]La laurea sarebbe richiesta per l'accesso all'area 3, però negli anni 80 quando sono passati dalle carriere ai livelli, molti diplomati anziché al 6. sono stati inquadrati al 7., e da lì sono arrivati ai vertici.
Il quesito riguarda lo specifico incarico di direzione che non cambia la qualifica, e quindi rientra nella giurisdizione del giudice ordinario del lavoro. Tra l'altro, vari uffici piccoli e remoti sono talvolta diretti da un funzionario che viene in trasferta uno o due giorni la settimana da qualche ufficio più grande, dove non è direttore. Un po' dr Jeckyll e mr Hyde.

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