Salve, il nostro comune deve approvare il programma comunale degli impianti previsto dalla L.R.T. 49/2011.
Leggendo gli atti di vari comuni (Sesto Fiorentino, Collesalvetti, Monsummano terme, Capraia e Limite, ecc.) ho visto che le procedure e gli atti sono abbastanza diversi. Non mi sembra che la legge regionale dica in modo chiaro quali sono i vari passaggi per l’approvazione del piano; può essere corretta questa procedura?
A. Redazione di una cartografia con indicati gli impianti già esistenti, le zone vietate e quelle consentite per l’installazione di impianti nuovi; questa cartografia dovrebbe tenere conto dei programmi di sviluppo della rete inviati dai gestori negli anni passati; nel nostro regolamento urbanistico sono contenute delle norme relative ad impianti di telefonia mobile e/o di telecomunicazione, che andranno recepite nel programma.
B. Trasmissione della cartografia ai gestori operanti nel settore dando loro un termine entro cui presentare osservazioni, suggerimenti, ecc. (30 giorni?);
C. Conferenza di servizi con i comuni confinanti, oppure, in alternativa, invio della cartografia ai comuni confinanti assegnando loro un termine per esprimere un parere (la legge parla soltanto di “consultazione”);
D. Diffusione di un avviso pubblico alla cittadinanza (pubblicazione per almeno 30 giorni?)
E. Approvazione in consiglio comunale del piano, consistente nella cartografia di cui sopra e, eventualmente di un regolamento contenente, ad esempio, le prescrizioni/indicazioni tecniche di progettazione degli impianti, le modalità di presentazione dell’istanza per ottenere il relativo titolo abilitativo, ecc. A questo proposito, ho visto che molti comuni hanno inserito nel regolamento molte norme già contenute nella normativa statale e regionale: mi sembra superfluo e poco conveniente, che ne pensate?
Domande:
1. È necessario (o opportuno) chiedere un parere ad Arpat sul programma prima della sua approvazione (quindi, dopo le fasi B e C)?
2. Si deve seguire la procedura di approvazione degli strumenti urbanistici oppure basta un solo passaggio in consiglio?
3. I programmi di sviluppo della rete presentati dai gestori che “valore” hanno? In altre parole, nel programma comunale si può non inserire le aree richieste dai gestori nei loro piani di sviluppo anche se non rientrano nei divieti di cui all’art. 11 lettera e della l.r.?
4. Nelle more dell’approvazione del programma comunale, come ci dobbiamo comportare con eventuali domande/scia per installazioni di nuovi impianti? In particolare, se un gestore aveva individuato un’area di installazione nuovo impianto nel programma di sviluppo ed ora presenta la domanda o scia?
Naturalmente è gradito qualsiasi parere, opinione, suggerimento, anche sulla sequenza delle fasi esposte.
Grazie.
Nel preambolo della legge regionale leggiamo:
[i]In attuazione di quanto previsto dalla l. 36/2001, si è proceduto all’individuazione di criteri di localizzazione che garantiscano il contemperamento delle contrapposte esigenze di minimizzare l’impatto delle emissioni
elettromagnetiche e di garantire la funzionalità della rete e la copertura del servizio e l’esigenza di minimizzazione della esposizione della popolazione, che appare anche all’articolo 9, comma 1, tra i criteri del programma comunale degli impianti.
La previsione del programma comunale degli impianti, oltre a fornire ai comuni uno strumento di programmazione strategico per garantire un uso razionale del territorio e ridurre il più possibile l’impatto negativo degli impianti, risulta coerente con l’esigenza, più volte affermata dalla Corte costituzionale, di garantire procedure di rilascio dei titoli abilitativi “tempestive, non discriminatorie e trasparenti”. Esso infatti garantisce la rapida conclusione del procedimento per il rilascio dei titoli abilitativi perché essi verranno richiesti in ragione di parametri predefiniti[/i]
Io sono del parere che il programma comunale degli impianti sia qualcosa con valore di pianificazione / zonizzazione e con valore di regolamento, quindi di competenza del Consiglio.
Girala come vuoi ma alla fine la regione non fa altro che dare attuazione all’art. 8, comma 6 della legge n. 36/2001: [i]i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.[/i]
Sui limiti del potere comunale in materia si potrebbero citare centinaia di sentenze.
Molti comuni hanno previsto sia un regolamento urbanistico (piano attuativo) sia un regolamento con i criteri insediativi. Dato che gli impianti sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso io resterei su una previsione regolamentare ad approvazione veloce tramite seduta consiliare. Prevederei una prima parte fissa e delle tavole in allegato.
Detto questo, lo stesso regolamento potrebbe descrivere l’iter procedurale in funzione della consultazione con i soggetti dei territori limitrofi e delle esigenza di pubblicazione. Ciò che hai descritto mi pare comunque ragionevole. La legge Arpat non interviene nell’adozione del regolamento e un suo coinvolgimento mi sembra superfluo.
I gestori, una volta che hanno inviato il programma di sviluppo possono anche non essere consultati nuovamente. Se si verifica incongruenza fra pianificazione comunale ed esigenze di sviluppo della rete meglio convocare un tavolo di concertazione.
La giurisprudenza ha chiarito che l’assenza di regolamentazione non può essere in ogni caso ostativa all’avvio dell’attività dei gestori (SCIA o autorizzazione che sia); ha chiarito anche che eventuali divieti di localizzazione devono essere circoscritti e ben motivati, l’imposizione di divieti generalizzati è qualcosa di sicuramente illegittimo. Puoi anche inserire nel piano zone o punti non indicati dai gestori ma se poi i gestori presentano domande di autorizzazione per altro luogo e dimostrano che quella localizzazione è funzionale allo sviluppo della rete di comunicazione il comune è, quasi sicuramente, destinato a soccombere davanti al giudice amministrativo (confronta con l’art. 10, comma 4 della LR 49/2011 e vedi sentenze citate sotto)
Ti riporto un paio di passaggi del Consiglio di Stato ( rispettivamente sentenze n. 905/2014 e n. 349/2014)
[i]Il potere a contenuto pianificatorio dei comuni di fissare, a norma dell'art. 8, u.c., della legge n. 36 del 2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici non si può mai tradurre nel potere di sospendere la formazione dei titoli abilitativi formati o in corso di formazione ai sensi degli artt. 86 e 87 Codice delle comunicazioni elettroniche. Detta potestà dei comuni deve invece esplicarsi in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, senza comportare un generalizzato divieto di installazione in zone urbanistiche identificate. Tale previsione verrebbe infatti a costituire un'inammissibile misura di carattere generale, sostanzialmente cautelativa rispetto alle emissioni derivanti dagli impianti di telefonia mobile, in contrasto con l'art. 4, l. n. 36 del 2001, che riserva alla competenza dello Stato la determinazione, con criteri unitari, dei limiti di esposizione, dei lavori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in base a parametri da applicarsi su tutto il territorio dello Stato[/i]
[i]La giurisprudenza di questo Consiglio, al riguardo, ha chiarito che la potestà assegnata ai Comuni dall’art. 8, comma 6, della legge quadro 36/2001 deve tradursi nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico (ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che per destinazione d’uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche), ma non può trasformarsi in limitazioni alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 4.4.2013, n. 1873).
La distinzione tra limiti o divieti di localizzazione, illegittimi, e criteri di localizzazione, legittimi se e nella misura in cui non impediscano di reperire soluzioni alternative che consentano la funzionalità del servizio, vale riguardo alla generalità dei poteri di pianificazione (Cons. St., sez. III, 10.7.2013, n. 3690).
È proprio alla luce di tale consolidato indirizzo interpretativo, quindi, che deve leggersi l’intera vicenda, oggetto del presente giudizio, nella quale è evidente che il provvedimento impugnato, in pretesa applicazione del Piano Antenne, ma in erronea applicazione dei principi vigenti in subieta materia, ha inteso illegittimamente negare l’autorizzazione all’installazione dell’impianto sulla base del Piano delle Antenne, senza però darsi carico di indicare, prima ancor di valutare, se questo impedisse o meno di reperire soluzioni alternative capaci di consentire la piena e soddisfacente funzionalità del servizio, come H3G s.p.a. si era peritata, invece, di dimostrare nel corso del procedimento.
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