Data: 2014-10-01 06:38:38

Contingibile ed urgente - CAPANNONE e locali abitativi abusivi (imprese cinesi)

Contingibile ed urgente - CAPANNONE e locali abitativi abusivi (imprese cinesi)

TAR TOSCANA, sentenza 670/2014

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N. 00670/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00522/2010 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 522 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Immobiliare Ar.Na. Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Valentina Iezzi e Franco Bruno Campagni, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Firenze, via La Marmora n. 29;
contro
Comune di Prato, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv. Paola Tognini, Elena Bartalesi e Stefania Logli, con domicilio eletto presso Monica Dominici in Firenze, via Xxiv Maggio n. 14;
Comune di Prato, in persona del Dirigente p.t. del Servizio Gestione Attività Edilizia, non costituito;
per l'annullamento
a) dell’ ordinanza del Sindaco del Comune di Prato 19 febbraio 2010 n. 276 di inagibilità, con ordine di immediata cessazione di utilizzo dell’immobile in Prato, via di Gello n. 21, notificata il 4 marzo 2010;
b) degli atti presupposti, preliminari e/o conseguenti, ancorché incogniti, ed in particolare: dei pareri del dirigente del Servizio Gestione Attività Edilizia del Comune di Prato del 5 febbraio 2010 e del 9 febbraio 2010 (rif. AB 218-2009), richiamati nell’ordinanza sub 1);
Visto l'atto di motivi aggiunti depositato presso la Segreteria di questo Tribunale in data 11 giugno 2010 proposti per l'annullamento
a) del parere 5 febbraio 2010 (rif. AB - 237-2009) del dirigente del Servizio Gestione Attività Edilizia del Comune di Prato;
b) del parere 9 febbraio 2010 (rif. AB – 218 – 2009) del dirigente del Servizio Gestione Attività Edilizia del Comune di Prato;
c) degli atti presupposti, preliminari e/o conseguenti, ancorché incogniti;
Visto il secondo atto di motivi aggiunti depositato presso la Segreteria di questo Tribunale in data 17 maggio 2011 proposto per la declaratoria di nullità, nonché per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
a) del provvedimento del Sindaco di Prato – Ufficiale di Governo – 19 febbraio 2010 n. 276, recante l’ordine di inagibilità con “immediata cessazione di utilizzo” dell’opificio sito in Prato, via di Gello n. 21, notificata il 4 marzo 2010;
b) del parere 5 febbraio 2010 (rif. AB - 237-2009) del dirigente del servizio gestione edilizia del Comune di Prato;
c) del parere 9 febbraio 2010 (rif. AB – 218 – 2009) del dirigente del servizio gestione edilizia del Comune di Prato;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Prato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2013 il dott. Eleonora Di Santo e uditi per le parti i difensori F.B. Campagni e R. Astorri delegato da P. Tognini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. In data 27 ottobre e 10 dicembre 2009, il personale del Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri, unitamente al Personale del Comando di Polizia Municipale, dell’ASL 4 - U.F. Igiene e Sanità Pubblica e del Comando dei Vigili del Fuoco, ciascuno per quanto di propria competenza, effettuava un sopralluogo presso il complesso immobiliare sito in Prato, in via di Gello n. 21, avente destinazione d’uso “produttiva”, del quale la Società Immobiliare AR.NA. a r.l., odierna ricorrente, è proprietaria.
[color=red]In seguito a tale accertamento “interforze” emergeva che parte consistente dell’immobile, avente destinazione “produttiva”, di proprietà della ricorrente e concessa in locazione a ben diciassette soggetti di nazionalità cinese, titolari di altrettante distinte ditte di confezioni, risultava in condizioni di estremo degrado, sia sotto il profilo edilizio, sia sotto quello igienico-sanitario e della sicurezza antincendio.[/color]
Più in dettaglio, e come emerge dai verbali redatti dal Personale dell’AUSL 4, in alcuni casi veniva rilevato “oltre all’uso improprio dei fondi oggetto del controllo, anche l’assoluta antigienicità dei locali adibiti ad uso diverso da quello lavorativo, nei valori dimensionali, di altezza, di aerazione e pulizia. Inoltre, la pertinenza tergale esterna del fondo presenta fonti di rischio costituite da tombini, delle acque reflue del fabbricato, intasati e con le lapidi di chiusura rotte o addirittura mancanti oltre a cumuli di materiali che possono costituire ricovero per popolazione murina”. In altri casi, invece, i locali sono risultati, sempre ai controlli del personale AUSL, come suddivisi in zone adibite a dormitorio, di solito, ricavate con pareti in cartongesso e prive di aerazione, ovvero a cucina e servizi igienici (anch’essi privi di aerazione), contigui agli spazi adibiti all’attività lavorativa. Il tutto tale da determinare “l’antigienicità e l’inabitabilità di detti locali visto l’uso improprio che ne viene fatti di una parte di essi. Infatti alcuni locali abusivamente realizzati sono stati destinati a cucina, dormitori (presunti), tanto da risultare carenti nei valori dimensionali, mancanti di idonei rapporti aeroilluminanti come determinato nell’art. 6 dell’allegato G del Regolamento Edilizio del Comune di Prato. Tale situazione di degrado e di pericolo igienico riscontrata e dovuta alla promiscuità tra ambiente di lavoro e ambiente di vita ha conseguentemente prodotto anche un pericolo igienico sanitario per la salute degli occupanti stessi dei locali”.
[color=red]Il verbale di comunicazione di violazione urbanistico-edilizia della Polizia Municipale evidenziava, poi, numerose difformità a carico della proprietà e di buona parte dei titolari delle ditte di confezioni presenti ed in particolare la violazione urbanistico-edilizia ex art. 10 c.1 lett. C) del D.P.R. 380/01, perché l’immobile era stato frazionato in vani ad uso abitativo, come meglio emerge dai documenti in atti.[/color]
Inoltre, la Polizia Municipale accertava la violazione degli artt. 63 e 64, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, perché i vani adibiti ad effettivo uso di dormitorio stabile, utilizzati dai lavoratori, risultavano sprovvisti di arredamento rispondente alle norme di igiene e non distinti in base all’uso in zone per donne e uomini; anche le installazioni igienico assistenziali fornite in uso agli addetti risultavano non adeguatamente pulite, come prescritto dall’allegato IV del suddetto decreto.
All’interno dei locali oggetto del sopralluogo venivano poi identificati trentasette cittadini di nazionalità cinese, dei quali undici in stato di clandestinità sul territorio nazionale italiano, come risulta dal documento della Questura di Prato in atti.
[color=red]Dai verbali del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco emergeva l’accertamento dell’assenza del documento della valutazione dei rischi, essenziale nel caso di specie posto che, all’interno dei locali in questione, era stata riscontrata la presenza di materiali promiscui, da materie tessili a bombole di gpl.[/color]
Alla luce di quanto accertato, con l’ordinanza n. 276 del 19 febbraio 2010 il Sindaco del Comune di Prato, visti i rapporti della Polizia Municipale e quelli presentati dai tecnici dell’ASL, in merito alle verifiche effettuate presso i locali in questione e preso atto dei pareri tecnici del Dirigente del Servizio Gestione Attività Edilizia di inagibilità/inabitabilità dell’immobile in questione, ordinava ex art. 54 TUEL, per gli evidenti motivi di pericolo per la sicurezza, l’igiene e la salute pubblica e privata, e a tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza urbana, l’immediata cessazione dell’utilizzo dei locali e lo sgombero dei medesimi, fino al permanere delle condizioni sopra rappresentate.
Avverso detto provvedimento sindacale ed i pareri resi dal Dirigente del Servizio Gestione Attività Edilizia del Comune di Prato, la società proprietaria dell’immobile ha proposto il ricorso in esame, notificato il 19 marzo 2010, cui è seguita la proposizione del primo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 27 maggio 2010 - con cui sono stati impugnati i pareri 5 febbraio 2010 e 9 febbraio 2010 del Dirigente del Servizio Gestione Attività Edilizia del Comune di Prato, che sono atti presupposti dell’ordinanza impugnata con il ricorso introduttivo - e del secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 9 maggio 2011, con cui è stata invocata la nullità del provvedimento impugnato sull’assunto che, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n.115/2011, l’ordinanza de qua sarebbe da considerarsi emessa in difetto assoluto di attribuzione del potere sindacale.
2. Il ricorso principale e i due ricorsi per motivi aggiunti, così come eccepito dall’Amministrazione resistente, sono improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse atteso che il provvedimento impugnato è divenuto inefficace a fronte della eseguita regolarizzazione, sia sotto il profilo edilizio che igienico-sanitario dell’immobile ad opera della società.
Infatti come attestato dalle produzioni documentali della ricorrente risulta l’avvenuto rilascio dell’attestazione di conformità in sanatoria da parte del Comune di Prato in data 30 agosto 2011, e del successivo deposito del certificato di abitabilità e/o agibilità del 13 ottobre 2011 (prot. 119283).
[color=red]Alla luce di ciò e tenuto conto che con l’ordinanza impugnata espressamente si disponeva che l’immobile interessato dal provvedimento dovesse essere considerato “inagibile ed inabitabile e come tale inutilizzabile fino a quando non verrà riconosciuta ex novo l’agibilità/abitabilità” e che “l’intimato ordine [di immediata cessazione dell’utilizzo dei locali e di sgombero degli stessi] avrà durata fino a che permangano le condizioni sopra riscontrate e comunque fino alla certificazione a norma di legge dell’agibilità/abitabilità, conseguibile solo previa sistemazione e ripristino delle idonee condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza dei locali in base alla vigente normativa in materia”, il ricorso introduttivo e i due ricorsi per motivi aggiunti devono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.[/color]
Ciò non di meno, ai fini della soccombenza virtuale, va rilevato quanto segue.
Con il primo motivo del ricorso introduttivo, la ricorrente sostiene che non sussisterebbero, nel caso di specie, i presupposti per l’emissione dell’ordinanza ex art. 54 del D.Lgs. n. 267/00 (T.U.E.L.), quali una situazione di pericolo effettivo tale da non essere fronteggiata con i normali mezzi apprestati dall’ordinamento.
Con il secondo motivo del ricorso introduttivo, deduce l’illegittimità dell’ordinanza gravata, in quanto emessa da soggetto – il Sindaco – che, a suo dire, sarebbe incompetente.
[color=red]Le doglianze non hanno fondamento.[/color]
Occorre, invero, premettere che l’ordinanza di specie risulta emessa, ai sensi dell’art. 54 T.U.E.L., così come modificato dal decreto legge 23 maggio 2008 n. 92, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 24 maggio 2008 (cd. Pacchetto Sicurezza) e come da successivo decreto attuativo del Ministero dell’Interno.
[color=red]Orbene, il novellato art. 54 del D.Lgs. n. 267/00, che disciplina le funzioni del Sindaco quale ufficiale di governo, introduce delle innovazioni non di poco conto quali, in particolare, un ampliamento del campo di intervento dell’Autorità Locale che si estende verso ambiti volti a preservare e salvaguardare i concetti di “incolumità pubblica” e “sicurezza urbana”.
A questa estensione del potere sindacale si accompagna(va) anche la possibilità di emettere questo tipo di provvedimenti, non esclusivamente come ordinanze extra ordinem, ma anche in via ordinaria, in assenza, cioè, di ragioni di contigibilità ed urgenza, essendo richiesto il solo requisito della sussistenza di gravi pericoli che minacciano l’ “incolumità pubblica” e la “sicurezza urbana”.[/color]
Orbene, col D.M. n. 33086 del 5 agosto 2008, emanato in attuazione dell’art. 54 del T.U.E.L., si specifica che per “incolumità pubblica” si intende “l’integrità fisica della popolazione”, mentre per “sicurezza urbana”“un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile, e la coesione sociale…” (art. 1 D.M. n. 33086 del 5 agosto 2008).
La norma in questione è stata oggetto di declaratoria di parziale illegittimità costituzionale. Infatti, con la sentenza n. 115/2011, la Consulta ha eliminato il potere del Sindaco di emettere provvedimenti in materia in via ordinaria, ma ha comunque lasciato inalterata la facoltà di quest’ultimo di emettere ordinanze contingibili ed urgenti, sempre a tutela della “sicurezza urbana” e “dell’incolumità pubblica”.
Sennonché nel caso di specie, la situazione complessiva che l’intervento “interforze” ha riscontrato nell’immobile di proprietà del ricorrente è tale da connotare – come condivisibilmente rilevato dall’Amministrazione resistente - sia un grave pericolo per la sicurezza urbana e l’incolumità pubblica, nei termini della contingibilità ed urgenza richiesti dalla norma del Tuel, così anche come parzialmente modificata dalla citata pronuncia della Corte Costituzionale.
[color=red]Ed infatti, il degrado e l’inadeguatezza delle strutture a fini abitativi e la promiscuità tra uso produttivo ed abitativo posta in essere mediante una pluralità sistematica di interventi edilizi abusivi, così come lo svolgimento dell’attività lavorativa senza l’osservanza delle norme sulla sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro, fino alle drammatiche condizioni di vita delle persone che, più o meno volontariamente, si trovavano a vivere in questo immobile, (il tutto come meglio descritto nei verbali richiamati in premessa) danno chiara contezza del degrado civile e sociale riscontrato; tutti elementi questi sufficienti a giustificare l’esercizio del potere ex art. 54 TUEL, allo scopo di tutelare la sicurezza urbana, l’igiene e la salute pubblica e degli stessi abitanti dell’immobile.[/color]
Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non sarebbe stata corretta l’adozione di un provvedimento ai sensi dell’art. 222, R.D. 27 luglio 1934, poiché a difettare nell’immobile non erano soltanto i requisiti igienico-sanitari, ma vi era una situazione di degrado complessa tale da compromettere sia l’incolumità pubblica che la sicurezza urbana.
Viceversa, dalla situazione riscontrata scaturiscono i presupposti per l’emissione dei provvedimenti di cui all’art. 54 del T.U.E.L., di esclusiva competenza del Sindaco, nonché gli estremi della urgenza e del grave pericolo imminente, il tutto nel rispetto anche della richiamata sentenza n. 115/2011 della Corte Costituzionale.
Con il terzo motivo del ricorso introduttivo, la società ricorrente sostiene che l’ordinanza gravata sarebbe stata erroneamente rivolta nei suoi riguardi, non essendo essa responsabile delle illegittimità e delle opere abusive riscontrate, perché imputabili esclusivamente ai locatari dell’immobile.
Tale deduzione è anch’essa infondata.
Vale, infatti, la regola, più volte espressa in generale per le sanzioni ripristinatorie, per la quale la qualità di soggetto trasgressore, nei cui confronti si indirizzano tali misure va riconosciuta anche al proprietario, il quale è responsabile per il solo fatto di aver omesso ogni onere minimale di controllo e custodia e per non essersi attivato affinché l’abuso e/o l’uso improprio del bene fosse eliminato. E, nel caso di specie, la ricorrente risulta essersi attivata soltanto in data successiva al sopralluogo.
Nel caso in esame, poi, ancora di più e correttamente, il provvedimento ha visto come destinatario anche il proprietario, atteso che con esso non solo si ordina lo sgombero, ma si dichiara anche l’inagibilità/inabitabilità dell’immobile, con ciò individuando nel proprietario dell’immobile de quo uno dei necessari destinatari del provvedimento impugnato.
Inoltre, se come sostiene la ricorrente, nel contratto di locazione è prevista espressamente la risoluzione in caso di cambio di destinazione d’uso, non si vede a quale altro soggetto l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto notificare l’ordinanza se non al proprietario.
A ciò si aggiunta che “le irregolarità accertate dalla p.a. che hanno comportato la dichiarazione di inagibilità dell’immobile locato per uso non abitativo, determinano la nullità del contratto stesso per impossibilità dell’oggetto ex art. 1346- 1418 c.c, nel caso in cui, pur preesistenti alla data di conclusione del contratto e note (conoscibili) al conduttore, si riferiscano a requisiti imposti da norme inderogabili, come le prescrizioni attinenti alla sicurezza degli edifici (…)”(Cass. civ. n. 22886/2007).
Sicchè il contratto di locazione in ogni caso deve ritenersi tamquam non esset, con ogni conseguente immediato riflesso anche in termini di riacquisita disponibilità del bene da parte dello stesso.
Con il quarto motivo del ricorso introduttivo, la ricorrente afferma, altresì, che l’ordinanza in questione non sarebbe stata preceduta da adeguati accertamenti; di talché essa essere sarebbe viziata sotto il profilo della carenza di istruttoria e del difetto di motivazione.
Invero, e come già detto, l’accertamento da cui trae le mosse l’ordinanza di che trattasi, ha visto la presenza di molteplici organi di vigilanza appartenenti ad Enti diversi e le risultanze dello stesso sono puntualmente riportate dai verbali redatti dai vari organismi coinvolti, ciascuno secondo le proprie competenze.
L’ordinanza in questione riporta, poi, in modo dettagliato, gli esiti delle verifiche della Polizia di Stato, della Polizia Municipale, dell’Asl 4, dei Vigili del Fuoco e del Servizio CA Gestione Emergenze che, complessivamente, senza davvero altro dover aggiungere, danno conto di una situazione specifica e localizzata di pregiudizio grave e concreto alla sicurezza urbana.
Con il quinto motivo del ricorso introduttivo, la ricorrente ha poi dedotto l’illegittimità del provvedimento gravato, in quanto non preceduto dalla comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90.
Tale censura risulta priva di pregio.
Costituisce infatti principio consolidato quello secondo cui “le ordinanze contingibili ed urgenti emesse dal Sindaco, essendo appunto contrassegnate da indifferibilità ed urgenza, non necessitano della comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. 241 del 1990” (ex plurimis, Cons. Stato 13 agosto 2007 n. 4448).
Con il primo ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente ha chiesto l’annullamento dei pareri 5 febbraio 2010 e 9 febbraio 2010 del Dirigente del Servizio Gestione Attività Edilizia del Comune di Prato, i quali costituiscono atti presupposti dell’ordinanza impugnata con ricorso principale, sostenendo che il dirigente comunale, adducendo la mancanza della agibilità, avrebbe abdicato al proprio potere, facendo dichiarare dal Sindaco la inagibilità dei locali per cui è causa.
A riguardo è sufficiente rilevare che è errato sostenere che con l’ordinanza impugnata il Sindaco abbia disposto l’inagibilità, poiché questa non è mai stata posseduta dall’edificio de quo. Di fatto il provvedimento sindacale altro non fa che prendere atto della mancanza da sempre dell’agibilità, legittimamente richiamando i pareri tecnici i quali, a loro volta, a seguito di adeguata istruttoria hanno attestato che “(…) non risultano certificati di agibilità dell’immobile. L’immobile è da ritenersi privo del certificato di agibilità di cui all’art. 24 del D.P.R. n. 380/2001”.
La circostanza, poi, che l‘edificio sia stato oggetto di concessione edilizia in sanatoria non è in alcun modo rilevante posto che il certificato di agibilità costituisce una certificazione autonoma e distinta dalla concessione in sanatoria, costituendo quest’ultimo atto al più uno dei presupposti per l’agibilità di un edificio.
Agibilità che, si ripete l’edificio in questione non ha mai avuto fino al 13 ottobre 2011, data di deposito del certificato ad opera della società ricorrente.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti, la società ricorrente invoca la nullità del provvedimento impugnato poiché, a suo dire, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 115/2011, l’ordinanza de qua sarebbe da considerarsi emessa in difetto assoluto di attribuzione del potere sindacale.
Anche tale doglianza non coglie nel segno per le ragioni indicate nell’esame del ricorso introduttivo del presente giudizio, ove si è evidenziato che l’atto di cui si discute in questa sede non è toccato dalla pronuncia di incostituzionalità essendo stato, questo, emesso in presenza dei presupposti della contingibilità ed urgenza di cui all’art. 54 comma 4, così come modificato dal d.l. 92/2008.
3. Quanto alle spese di giudizio, le stesse vanno poste a carico della parte ricorrente, sulla base del principio della soccombenza virtuale, quale risulta dalle considerazioni sviluppate nel paragrafo precedente, e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.
Condanna la parte ricorrente a rifondere all’Amministrazione resistente le spese di lite che liquida nella complessiva somma di euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore
Silvio Lomazzi, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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