IMPRENDITORE AGRICOLO - sentenza del TAR che chiarisce la normativa
T.A.R. Lazio Roma, Sezione I Ter, 23 maggio 2014 n. 5521
FATTO
In attuazione del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) del Lazio per il periodo 2007/2013, la Regione Lazio ha pubblicato sul Supplemento ordinario del BURL n. 21 del 7.6.2008 un avviso per la presentazione delle domande di aiuto riguardanti la “Misura 112 — Insediamento giovani agricoltori” e “progettazione integrata aziendale” - c.d. “Pacchetto Giovani”.
In data 1.2.2010 il Sig. Forti ha presentato apposita domanda di aiuto, chiedendo l’ammissione al contributo complessivo di € 232.858,14, da destinarsi alla realizzazione di un’azienda agricola moderna e polifunzionale, per la quale si stimava un investimento totale di oltre 450.000,00 €, da suddividere nella attuazione di una serie di interventi, riferiti alle “Misure” 121 (obiettivo: miglioramento del rendimento economico delle aziende agricole ed aumento della loro competitività, attraverso l’ammodernamento delle strutture e l'introduzione di tecnologie innovative), 311 (obiettivo: diversificazione verso attività non agricole -formative e/o sociali) e 114 (obiettivo: sostegno economico agli imprenditori agricoli che utilizzano servizi di consulenza aziendale), di cui si compone il cd. Pacchetto Giovani.
Nello specifico, il programma del Sig. Forti prevedeva: l’acquisto di terreni, la realizzazione di due edifici rurali, la realizzazione di una recinzione su una parte del fondo, la piantumazione di essenze arboree funzionali alla natura biologica dell’azienda, l’impianto di un nuovo pescheto e l’acquisto di macchinari ed attrezzature agricole per la produzione e per la trasformazione, tutti interventi riconducibili alla Misura 121, nonché l’acquisto di attrezzature per attività didattica e di illustrazione dei processi produttivi aziendali biologici, facente capo alla Misura 311- Azione I.
Con nota prot. n. 112192 del 30.6.2010, la Regione ha comunicato al ricorrente che la sua domanda era risultata ricevibile, informandolo che l’istruttoria in ordine alla ammissibilità ai contributi sarebbe stata curata in prima istanza dal Responsabile del Procedimento, che al contempo rivestiva anche il ruolo di ‘Tutor di Progetto’.
Nel corso dell’istruttoria, protrattasi per lungo periodo, il Sig. Forti ha ottenuto dal Comune di Moricone il permesso di costruire n. 21 del 6.9.2010, avente ad oggetto la realizzazione di una tettoia fotovoltaica, non inserita nella domanda di contributi, nonché due fabbricati, l’uno contraddistinto con la lettera “A”, indicato nella relazione di progetto “per attività sociali” e destinato ad ospitare al piano terra una sala polifunzionale, un ufficio, una sala archivio e connessi servizi igienici ed al piano interrato un ricovero per le attrezzature ed i mezzi dell’azienda, l’altro manufatto, contraddistinto con la lettera “B”, “per la lavorazione di prodotti agricoli” e destinato ad ospitare al piano terra un frantoio, un laboratorio per la trasformazione ed un deposito per l’olio e al piano interrato un magazzino per la conservazione delle materie prime e dei prodotti.
Questi ha anche conseguito il permesso di costruire n. 19 del 28.7.2010, concernente la realizzazione di un edificio a scopo residenziale, tuttavia interamente finanziato a sue spese.
Rispetto ai lavori assentiti col menzionato titolo edilizio n. 21/2010 il Sig. Forti ha apportato delle varianti in corso d’opera, consistenti nella sostituzione della struttura in elevazione in muratura con quella in cemento armato, nella realizzazione di aperture a bocca di lupo sulle pareti interrate, nella predisposizione di un’apertura nel solaio per realizzare, se necessario, una scala in struttura leggera di collegamento fra il piano interrato ed il piano terreno ed un passaggio fra i piani interrati dei due edifici, nonché, nel solo edificio “A”, nell’eliminazione di una rampa d’accesso al piano interrato e nella modificazione di alcune parti delle coperture.
Le suddette varianti in corso d’opera sono state assentite dal Comune di Morlupo con permesso di costruire n. 30 del 22.12.2011.
Con determinazione dipartimentale n. A01352 del 27.2.2012, è stata disposta l’ammissione a finanziamento dell’intervento, per un contributo di € 232.858,14, pari al 48% dell’investimento di € 482.761,00.
Con successivo provvedimento n. 399 dell’1.3.2012, emesso dall’Area Settore Provinciale Agricoltura – SPA - di Roma, in esecuzione della richiamata determinazione dipartimentale, è stata disposta la concessione del predetto contributo in favore del Sig. Forti.
In data 6.7.2012 quest’ultimo ha presentato la domanda per la liquidazione del I Stato di Avanzamento Lavori, evidenziando anche l’evoluzione che il progetto aveva subito.
La Regione ha quindi effettuato in contraddittorio le verifiche di rito, all’esito delle quali, con nota prot. 456690 del 23.10.2012 del Dirigente della Area SPA di Roma, che ha fatto proprie le risultanze del rapporto istruttorio, ha comunicato al ricorrente l’avvio del procedimento di revoca del contributo in parola.
In data 8.11.2012 il Sig. Forti ha proposto osservazioni ex art. 10 bis della legge n. 241/1990 e s.m.i..
Con nota prot. n. 172599 del 7.3.2013, l’Area SPA ha inoltrato alla Direzione Regionale “la proposta di decadenza totale del provvedimento di concessione n. 399 del 01/03/2012”.
Infine, con determinazione n. AO4728 del 5.6.2013, la Regione Lazio ha disposto la decadenza totale del ricorrente dal contributo di che trattasi.
Avverso il provvedimento appena citato è stato proposto il presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di doglianza:
1) violazione dei generali principi di buon andamento, proporzionalità, imparzialità e trasparenza (art. 97 Cost.), cui si deve improntare l’azione della P.A., nonché violazione degli artt. 1 e 3 della 241/1990 e s.m.i. - violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 28 della D.G.R. Lazio n. 319/2011 e s.m.i. - eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, contraddittorietà, errore nei presupposti di fatto e di diritto, vessatorietà e grave difetto di istruttoria.
Le varianti poste a fondamento del provvedimento non sarebbero inquadrabili nelle “varianti in corso d’opera” soggette alla previa autorizzazione della Regione, trattandosi di adeguamenti tecnici migliorativi del progetto “contenuti entro il 5% del valore delle singole categorie dei lavori del computo metrico ammesse e approvate”.
In ricorso si precisa in primo luogo che, all’atto della domanda di ammissione ai contributi, il Sig. Forti, a ciò facoltizzato dalle disposizioni del bando e del PSR, non ha prodotto il progetto, ma solo un computo metrico estimativo.
Inoltre: a) la decisione di sostituire parte dell’originaria struttura in muratura con quella di cemento armato sarebbe stata imposta dalla natura del terreno e tale necessità sarebbe emersa in fase di progettazione, per cui si tratterebbe di un adeguamento tecnico; b) il collegamento al livello cantinato dell’edificio “A” con l’edificio “B” risponderebbe ad esigenze di maggiore efficienza della movimentazione dei materiali, dei prodotti e dei mezzi meccanici, senza alterare la natura e la destinazione d’uso degli edifici stessi, per cui andrebbe ascritto al genus delle ‘soluzioni tecniche migliorative’; c) l’introduzione delle aperture a bocca di lupo sulle pareti interrate si sarebbe resa necessaria per assicurare la areazione dei locali e, dunque, per prevenire la formazione di muffe e, pertanto, anch’essa rientrerebbe nel genus delle ‘soluzioni tecniche migliorative’; d) le modifiche alle coperture dell’edificio “A” sarebbero state determinate dall’opportunità di rendere fruibile quella parte del sottotetto che altrimenti sarebbe risultata difficilmente praticabile ed avrebbero così consentito la predisposizione di un’area per la essiccazione dei prodotti, con la conseguenza che anche in questo caso si tratterebbe di una ‘soluzione tecnica migliorativa’”.
Anche ove le modifiche in questione si volessero inquadrare nell’ambito delle varianti in corso d’opera soggette ad autorizzazione, in ogni caso non ricorrerebbero i presupposti per la revoca del contributo; detto istituto sarebbe previsto esclusivamente per l’ipotesi in cui la variante non autorizzata comporti un radicale cambiamento della funzionalità della “iniziativa progettuale realizzata”, qui non contestata, né tantomeno provata, presentandosi altrimenti, quale unica conseguenza della realizzazione di una variante non autorizzata, il “mancato riconoscimento delle spese afferenti alla suddetta variante”, fermo restando il riconoscimento delle spese non interessate dal progetto di variante.
2) Violazione dei generali principi di buon andamento, proporzionalità, imparzialità, trasparenza (art. 97 Cost.), cui si deve improntare l’azione della P.A., nonché violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990 e s.m.i. - violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 28 della D.G.R. Lazio n. 319/2011 e s.m.i. e della Misura 121 di cui al Programma di Sviluppo Rurale 2007/2013 ed all’avviso pubblico “Insediamento giovani agricoltori” e “progettazione integrata aziendale- cd. Pacchetto Giovani” (Suppl. ord. BURL n. 21 del 7.6.2008) - eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, contraddittorietà, errore nei presupposti di fatto e di diritto, vessatorietà e grave difetto di istruttoria.
La valutazione in ordine alla non ammissibilità a contributo della realizzazione dell’edificio “A” poggia interamente sulla descrizione di detto manufatto contenuta nella relazione tecnica a corredo della richiesta di permesso di costruire avanzata al Comune di Moricone: in tale relazione, necessaria per consentire al Comune stesso di classificarlo in maniera corretta in ambito urbanistico-edilizio, nella quale l’edificio viene genericamente indicato “per attività sociali”, non si terrebbe conto delle attività specifiche ivi previste, di cui l’Amministrazione sarebbe stata, tuttavia, a conoscenza.
Risulterebbe per tabulas che: il piano interrato del fabbricato è destinato al ricovero dei mezzi e degli attrezzi agricoli ed sarebbe, perciò, finanziabile con la misura 121, in quanto funzionale ad una più razionale ed ordinata organizzazione dell’Azienda; il piano terra dell’edificio sarebbe destinato alla commercializzazione ed alla vendita diretta dei prodotti aziendali, essendo previsti al suo interno una sala polifunzionale, ove accogliere i visitatori, ed altri locali la cui funzione principale è quella di illustrare ai potenziali acquirenti la filiera produttiva, offrire la possibilità di degustazione e, se del caso, concludere con essi contratti di vendita; anche l’organizzazione di eventi a titolo gratuito a scopo didattico/promulgativo di sensibilizzazione del mercato e dei potenziali clienti, pure da effettuare nei locali dell’edificio in questione, integrerebbe un’attività accessoria rispetto alla principale attività (vendita diretta e commercializzazione dei prodotti) cui è preordinato il manufatto.
3) Violazione dei generali principi di buon andamento, proporzionalità, imparzialità, trasparenza (art. 97 Cost.), cui si deve improntare l’azione della P.A. - violazione degli artt. 1, 3, 7 e ss. della legge n. 241/1990 e s.m.i. - violazione e falsa applicazione della legge regionale Lazio n. 38/1999 e del P.R.G. del Comune di Moricone, oltre che degli art. 23 e 28 della D.G.R. Lazio n. 319/2011 e s.m.i. - incompetenza della Regione e violazione del principio di sussidiarietà - eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, contraddittorietà, errore nei presupposti di fatto e di diritto, vessatorietà e grave difetto di istruttoria.
Quanto alla questione per cui la legge regionale del Lazio n. 38/99 ed il P.R.G. dei Comune di Moricone non consentirebbero l’edificazione in zona agricola di manufatti delle dimensioni dell’edificio “A” senza la previa presentazione di un Piano di Utilizzazione Aziendale e comunque il Comune di Moricone non avrebbe potuto assentire la costruzione di tale edificio, in quanto destinato ad ospitare “attività sociali”, il ricorrente fa una serie di osservazioni.
In primo luogo quest’ultimo evidenzia che di ciò non vi sarebbe alcuna menzione nel verbale di accertamento e, pertanto, vi sarebbe stata una palese violazione delle garanzie procedimentali di cui agli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990 e s.m.i., con impossibilità, per lo stesso, di dedurre sul punto in sede procedimentale.
Inoltre, pur estendendosi il lotto di terreno di sua proprietà per circa 3 ettari, tuttavia, sussistendo alcune difformità fra le misure catastali, il Sig. Forti avrebbe presentato un atto di asservimento di circa 50.000 mq, finalizzato a garantire il raggiungimento dei 30.000 mq di superficie, prescritti dalla legge regionale Lazio n. 38/1999 e dal P.R.G. per la edificabilità diretta in zona agricole, senza il P.U.A.
Riguardo all’edificio “A”, la sua realizzazione sarebbe stata prudenzialmente assentita sulla base degli indici molto più sfavorevoli, previsti per le residenze.
Infine lo stesso evidenzia che il richiamo esplicito operato dalla legge regionale n. 38/1999 all’art. 2135 c.c., facendo riferimento anche alle ‘attività connesse’, intese come attività di “manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione” dei prodotti agricoli, coprirebbe anche le funzioni cui è adibito tale edificio “A”.
In ricorso è stata anche avanzata domanda di risarcimento dei danni derivanti dal ritardo nell’avviamento della piena attività, essendo stati sospesi i lavori a seguito della revoca del contributo, nonché dalla maggiore onerosità delle linee di finanziamento privato, alle quali si sostiene essersi fatto ricorso.
Si è costituita in giudizio la Regione Lazio, producendo documentazione, nonché una memoria difensiva, nella quale ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.
Dopo l’avviso dato nella camera di consiglio del 14.11.2013 circa la possibile sussistenza di un profilo di difetto di giurisdizione, il ricorrente ha depositato una memoria sul punto.
Con ordinanza 27.11.2013, n. 4621, è stata accolta la domanda cautelare, proposta in via incidentale.
La Regione ha depositato una memoria defensionale ed il ricorrente una di replica, in vista della pubblica udienza del 27.3.2014, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1 - Con il ricorso all’esame del Collegio si chiedono l’annullamento del provvedimento di revoca del finanziamento ottenuto dal ricorrente con provvedimento n. 399 dell’1.3.2012, per la realizzazione di una azienda agricola polifunzionale, ed il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo nell’avviamento della piena attività, dovuto alla sospensione dei lavori a seguito della revoca del contributo, nonché dalla maggiore onerosità delle linee di finanziamento privato, alle quali si sostiene essersi fatto ricorso.
2 - Preliminarmente deve affermarsi la sussistenza della giurisdizione in capo al giudice adito.
Come sarà meglio specificato nell’esame che sarà condotto di seguito sul contenuto del provvedimento impugnato e sulla documentazione presentata dal ricorrente nel corso dell’istruttoria eseguita dall’Amministrazione ed in sede di controlli successivi e di richiesta di finanziamento della prima tranche di finanziamento, le contestazioni da questa mosse attengono a fatti verificatisi ben prima della concessione del contributo e che, secondo il punto dell’Amministrazione stessa, che si evidenzierà essere viziato, ove effettivamente conosciuti o correttamente valutati in tale momento, non le avrebbero consentito di riconoscere l’elargizione.
In altre parole, la revoca qui attiene al momento genetico della concessione del contributo e, pertanto, conformemente all’orientamento affermato anche di recente dal Consiglio di Stato (Ad. plen. n. 6 del 29.1.2014), che richiama la giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass. Sez. Un., ordinanza 25.1.2013, n. 1776; id. sentenza 24.1.2013, n. 1710; 7.1.2013, n. 150; 20.7.2011, n. 15867; 18.7.2008, n. 19806; 26.7.2006, n. 16896; 10.4. 2003, n. 5617), la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo.
3 - Nel merito il ricorso è fornito di fondamento.
3.1 - Al riguardo è opportuno partire dall’esame del provvedimento impugnato, così da individuare i singoli elementi su cui si poggia la revoca de qua, e valutare le censure dedotte dal ricorrente, alla luce della legislazione e di altri atti che disciplinano la concessione del contributo, nonché della documentazione prodotta dallo stesso all’Amministrazione e di quella comunque versata in atti.
3.2 - Detto provvedimento è sostanzialmente motivato per relationem, mediante rinvio a quanto evidenziato nella nota dell’Area SPA n. 172599 del 7.3.2013.
4 - In primo luogo ivi si contesta che non sarebbero finanziabili con la misura 121 i lavori di costruzione dell’edificio “A”, assentito col permesso di costruire n. 21 del 06.9.2010, in quanto destinato ad “attività sociale e per lo sviluppo di attività per l’educazione e la didattica sulle problematiche dell’agricoltura” in collaborazione con le istituzioni scolastiche, asserendosi che non si tratterebbe di attività agricola e che inoltre detto manufatto non sarebbe, perciò, conforme a quanto previsto dalla legge regionale n. 38/1999 e dalle N. T. A. del Comune di Moricone.
4.1 - A tale proposito occorre innanzi tutto richiamare l’art. 55 della citata legge regionale, al quale si conformano le N.T.A. del Comune di Moricone. Esso prevede che “la nuova edificazione in zona agricola è consentita soltanto se necessaria alla conduzione del fondo e all’esercizio delle attività agricole e di quelle ad esse connesse”.
Ciò puntualizzato, si tratta ora di accertare le funzioni alle quali detto edificio “A” è stato destinato.
Il piano interrato del fabbricato è adibito al ricovero dei mezzi e degli attrezzi agricoli - ed al riguardo non sussiste alcun dubbio circa la sua inquadrabilità nella destinazione agricola finanziabile con la misura 121 -, mentre il piano terra è destinato ad una serie di attività, essendo ivi previsti una sala polifunzionale ove accogliere i visitatori ed altri locali, nei quali illustrare ai potenziali acquirenti la filiera produttiva e promuovere la vendita o comunque la conoscenza dei prodotti dell’azienda e, più in generale, divulgare e promuovere le caratteristiche del mondo rurale (attività didattica).
4.2 - A questo punto, al fine di inquadrare il concetto di attività agricola, si rende necessario richiamare l’art. 2135 c.c., recante “imprenditore agricolo”, per poi approfondirne la portata.
Al 1° comma è previsto che “è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”, precisandosi poi, al successivo 3° comma, che “si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.
Il testo di detta disposizione, appena illustrato, è quello risultante dalla modifica apportata dal d.lgs. n. 228/2001, il quale ha evidentemente ampliato moltissimo il concetto di attività agricola, facendovi ricomprendere una serie di attività tese alla valorizzazione del fondo agricolo e, più in generale, del territorio, fino ad estenderlo all’attività agrituristica, che, secondo l’espressa previsione dell’art. 3 del menzionato decreto, include al suo interno “l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio, nonché la degustazione dei prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita del vino”.
In particolare, l’attività di fattoria didattica, strumento di valorizzazione dell’agricoltura e dei prodotti agroalimentari del territorio, consente, oltre che di integrare il reddito, altresì di creare un nuovo modo per far conoscere l’azienda ai clienti, vendere prodotti, dare ospitalità e servizi, promuovendo nel contempo la crescita della consapevolezza del ruolo sociale e multifunzionale del mondo rurale e, in una logica di sviluppo integrato, la valorizzazione delle risorse storiche, archeologiche e culturali del territorio, in tal modo rappresentando, di fatto, un mezzo efficace di educazione alimentare ed ambientale.
4.3 - Alla luce di quanto sopra evidenziato, risulta del tutto erroneo l’assunto suesposto circa la non ascrivibilità ad attività agricola e conseguentemente la non finanziabilità dei lavori di costruzione dell’edificio “A”.
4.4 - Per le stesse ragioni, legittimamente la costruzione di tale edificio è stata assentita dal Comune di Moricone, trattandosi di edificio con destinazione agricola.
Deve comunque evidenziarsi che non spetta certo alla Regione Lazio, in questa sede, fare questione in ordine alla compatibilità urbanistica del manufatto, essendo il relativo potere attribuito in primis al Comune competente territorialmente e potendo la Regione, ma nell’esercizio del diverso precipuo potere di vigilanza del rispetto della normativa urbanistico-edilizia vigente, procedere esclusivamente all’annullamento del permesso di costruire ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 380/2001.
Le considerazioni appena evidenziate valgono anche per altri appunti mossi dalla Regione Lazio nei confronti dell’intervento proposto dal Sig. Forti, sulla base sempre dell’assunta non compatibilità dell’intervento stesso con la normativa urbanistico-edilizia vigente.
5 - Deve poi rilevarsi che, avendo chiarito la portata del concetto di attività agricola, anche l’acquisto di attrezzature per lo svolgimento dell’attività didattica (didattica ed educazione in agricoltura) nel medesimo edificio “A”, afferente alla misura 311, è senz’altro assentibile, contrariamente a quanto assunto dalla Regione Lazio.
6 - Sempre sotto il profilo urbanistico, si contesta che, per ottenere il permesso di costruire n. 21/2010, non sarebbe stato presentato al Comune di Moricone il Piano di Utilizzazione Aziendale, così come invece previsto dall’art. 57 della menzionata legge regionale n. 38/99 per i lotti che non raggiungono l’estensione di 30.000 metri quadrati.
6.1 - In proposito è necessario leggere le puntualizzazioni fatte dal Comune di Moricone, il quale, in riscontro alla richiesta di chiarimenti da parte dell’Area SPA della Regione Lazio, con nota prot. n. 138/2013 del 4.3.2013, ha inviato la relazione del tecnico datata 27.2.2013.
Ivi si precisa che il lotto di terreno su cui sono stati rilasciati i permessi di costruire misurano circa 30.000 metri quadrati, ma, essendosi riscontrata una lieve difformità tra quanto riportato nei documenti catastali (dove non si raggiungeva quella misura) e la reale estensione planimetrica dei terreni, il Sig. Forti ha presentato atto di asservimento, per poter raggiungere i 30.000 metri quadrati di superficie.
6.2 - Si fa altresì notare in ricorso che sono stati asserviti circa 50.000 metri quadrati alla realizzazione dei manufatti oggetto del citato permesso di costruire n. 21/2010.
6.3 - Sul punto nulla ha controdedotto la Regione Lazio nel corso del presente giudizio, per cui, fermo restando il rilievo circa l’incompetenza di detto Ente ad eseguire tali contestazioni in questa sede, deve ritenersi che anche il rilievo in esame sia erroneo e denoti un difetto di istruttoria.
7 - Ulteriore contestazione mossa concerne le varianti al permesso di costruire n. 21/2010. Esse sono state assentite con il permesso di costruire n. 30 del 22.12.2011.
Le varianti effettuate, “senza le dovute approvazioni”, sono le seguenti:
a) per entrambi gli edifici, al livello interrato, la sostituzione dell’originaria struttura in elevazione in muratura con quella in cemento armato, inoltre la realizzazione delle aperture a bocca di lupo sulle pareti completamente interrate per permettere l’areazione dei locali, l’effettuazione di un’apertura del solaio, per realizzare una scala in struttura leggera che collegherà i piani interrato e terreno, ed un collegamento, al livello cantinato, e, quanto unicamente all’edificio “A”, l’eliminazione di una rampa di accesso al piano interrato, la realizzazione della copertura in parte a tetto ed in parte a terrazza e del corridoio sul lato sud-ovest ed infine la costruzione di un sottotetto calpestabile.
Si contesta, in particolare, che tali varianti avrebbero dovuto essere comunicate ed essere approvate, secondo il disposto dell’art. 23 della delibera della Giunta Regionale n. 319 dell’8.7.2011.
7.1 - In primo luogo occorre evidenziare che le suindicate varianti rispetto a quanto assentito col permesso di costruire n. 21/2010 sono intervenute prima della concessione del contributo.
7.2 - In ogni caso, come sarà meglio esplicitato successivamente, esse attengono a profili tecnici, e, per ciò stesso, – elemento questo molto rilevante - non modificano la funzionalità complessiva dell’iniziativa, lasciano invariata la finalità originaria del progetto e sono del tutto coerenti con gli obiettivi e le finalità originari del progetto stesso, così come richiesto dal disciplinare.
Nel dettaglio, si tratta sicuramente di varianti tecniche, di non rilevante entità, che di certo incidono in misura davvero minima sul costo degli edifici e, più in generale, su quello dell’intero investimento.
Segnatamente: x) la sostituzione di parte dell’originaria struttura in muratura - quella in elevazione dal piano interrato - con la struttura in cemento armato e la realizzazione di un’apertura del solaio per realizzare una scala in struttura leggera che collegherà i piani interrato e terreno hanno entrambi evidentemente natura tecnica; y) il collegamento al livello cantinato dell’edificio “A” con l’edificio “B”, rendendo più efficiente la movimentazione dei materiali, dei prodotti e dei mezzi meccanici, costituisce una ‘soluzione tecnica migliorativa’; z) l’introduzione delle aperture a bocca di lupo sulle pareti interrate è funzionale ad assicurare la areazione dei locali e, pertanto, anch’essa rientra nel genus delle ‘soluzioni tecniche migliorative’; xx) le modifiche alle coperture dell’edificio “A” servono a rendere fruibile quella parte del sottotetto che altrimenti sarebbe risultata difficilmente praticabile, consentendo anche la predisposizione di un’area per la essiccazione dei prodotti, con la conseguenza che anche in questo caso si tratta di una ‘soluzione tecnica migliorativa’; yy) la costruzione di una copertura del corridoio sul lato sud-ovest dell’edificio “A” rappresenta una soluzione tecnica migliorativa, tesa a rendere meglio utilizzabile il corridoio stesso.
7.3 - Fatta detta precisazione, deve ora evidenziarsi che, per espressa previsione dell’art. 23 della delibera giuntale n. 319/2011, disposizione richiamata nella motivazione del provvedimento qui gravato, “non sono considerate varianti”, come tali da approvare, “gli adeguamenti tecnici del progetto, ovvero modifiche riferite a particolari soluzioni esecutive o di dettaglio, ivi comprese l’adozione di soluzioni tecniche migliorative”.
7.4 - L’ulteriore requisito richiesto perché le varianti rientrino in questa eccezione è di ordine quantitativo, dovendo le stesse essere contenute “entro un importo non superiore al 5% delle singole categorie dei lavori del computo metrico ammesse e approvate, non (…) comportare un aumento del costo totale dell’investimento ed in ogni caso non (…) oltrepassare la soglia del 10%, in più o in meno, rispetto al totale della spesa ammessa”.
7.5 - In proposito, evidenziata già la non rilevante entità dei lavori e la conseguenza scarsa incidenza sui costi, il ricorrente afferma che tutti sarebbero contenuti nella citata soglia del 5% e sul punto nulla ha controdedotto in giudizio la Regione Lazio, per cui tale affermazione, in assenza di smentita, deve ritenersi fornita di fondamento.
7.6 - In ogni caso, anche al di fuori dell’ipotesi qui ricorrente, sempre il citato art. 23 della delibera n. 319/2011, al comma 12, prevede, quale conseguenza della mancata approvazione di una variante, soltanto “il mancato riconoscimento delle spese afferenti alla suddetta variante” e non già la revoca del contributo, come invece ha fatto nella specie la Regione Lazio. Unica condizione che deve essere rispettata al riguardo è che “l’iniziativa progettuale realizzata conservi la sua funzionalità”, condizione qui senz’altro verificata, così come in precedenza rimarcato.
8 - Quanto, infine, alla contestazione che la previsione della copertura dei manufatti non completamente a tetto sarebbe in contrasto con quanto stabilito dall’art. 55, comma 7, della più volte richiamata legge regionale n. 38/1999, si ribadisce ancora una volta che tale copertura è stata autorizzata dal Comune di Moricone, Ente chiamato alla previa verifica del rispetto della disciplina urbanistica primaria e secondaria, e che in questa sede la Regione non può fare contestazioni, essendo il relativo permesso di costruire legittimo e non attivando la stessa il potere di cui all’art. 39 del d.P.R. n. 380/2001, attinente ai profili urbanistici, del tutto differenti rispetto a quelli concernenti la concessione del contributo.
9 - In conclusione l’impugnativa proposta con il ricorso in esame è fondata e deve essere accolta, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
10 - Deve ora disaminarsi la domanda di risarcimento del danno, pure proposta col presente ricorso.
10.1 - Il danno lamentato deriva dalla sospensione dei lavori e dal connesso ritardo nell’avviamento della piena attività e dalla necessità di reperire ulteriori linee di finanziamento privato per il completamento del progetto, in assenza del contributo.
10.2 - È evidente che la revoca del contributo ha comportato un danno per il ricorrente.
Si evidenzia al riguardo che non risulta essere stata corrisposta alcuna tranche del finanziamento stesso e che in ogni caso non può che registrarsi un ritardo nel completamento dei lavori e nell’inizio dell’attività alla quale si riferisce l’iniziativa in questione. Infatti, per effetto della revoca del contributo, il ricorrente ha dovuto fare ricorso ad altre forme di finanziamento, in sostituzione del contributo medesimo, con chiare perdite di tempo e differimento dell’inizio dell’attività e con evidenti costi da sostenere.
10.3 - Il danno è da qualificare come ingiusto, attesa la condotta contra jus tenuta nella specie dall’Amministrazione regionale.
10.4 - In ordine al quantum, esso va così determinato: a) vanno corrisposti gli interessi versati - e debitamente documentati - dal ricorrente in relazione al finanziamento privato al quale ha dovuto fare ricorso e che, stante l’annullamento del provvedimento di revoca del contributo e l’obbligo, per la Regione, di pagare il contributo stesso, dovrà estinguere; b) va corrisposto, in via equitativa, l’utile mancato per un periodo pari a quello di sospensione forzosa dei lavori derivante dalla revoca del contributo de quo (esso ha determinato un altrettanto spostamento in avanti dell’inizio dell’attività), quantificato facendo riferimento ai ricavi previsti per tale periodo, decurtati dei costi di esercizio mediamente da sostenere, decurtato del 50%, in assenza di effettivo esercizio di attività lavorativa.
11 - Per quanto concerne, infine, le spese, i diritti e gli onorari di difesa, essi seguono la soccombenza, ponendosi a carico della Regione Lazio, e vanno quantificati come in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Prima Ter, definitivamente pronunciando:
- accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato e condanna l’Amministrazione regionale al risarcimento dei danni nei modi di cui in motivazione;
- condanna la Regione Lazio al pagamento delle spese di giudizio, forfetariamente quantificate in € 1.500,00, oltre oneri di legge, da corrispondere al ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2014, con l’intervento dei Magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Carlo Taglienti, Consigliere
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