In numerosi comuni con Dirigenti, il Comandante della Polziia Locale è un funzionario D3.
Ciò è corretto oppure no, considerato che nei comuni con dirigenti anche il comandante deve essere figura apicale e quindi un dirigente?
In numerosi comuni con Dirigenti, il Comandante della Polziia Locale è un funzionario D3.
Ciò è corretto oppure no, considerato che nei comuni con dirigenti anche il comandante deve essere figura apicale e quindi un dirigente?
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Dagli approfondimenti che ti riporto a mio avviso:
1) non si può escludere la nomina a comandante di un D3, a condizione che lo stesso non sia posto gerarchicamente sotto un Dirigente ma dipenda direttamente dal Sindaco
2) anche al fine di evitare il "conflitto di interessi" indicato nell'orientamento ANAC può essere indispensabile la separazione della figura del comandante da quella del Dirigente (magari amministrativo) con funzioni diverse
Approfondimenti sul tema e su temi analoghi:
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ANAC - Orientamento n. 57/2014
Colui che riveste il ruolo di Comandante della Polizia locale non può svolgere funzioni di responsabilità nell’esercizio di servizi di un Comune per i quali è necessario emettere provvedimenti autorizzatori o concessori oggetto di attività di controllo in virtù della sua principale qualifica, sussistendo un’ipotesi di conflitto di interesse, anche potenziale.
http://www.anticorruzione.it/?p=13544
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Il comandante dei vigili riferisce direttamente al sindaco
http://www.giurdanella.it/2012/10/10/il-comandante-dei-vigili-riferisce-direttamente-al-sindaco/
Circolare Piemonte
http://www.regione.piemonte.it/polizialocale/dwd/normativa/circ_autonomiaFunz.pdf
La Polizia locale può essere guidata da un «non» vigile
http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2013-06-03/polizia-locale-essere-guidata-065027.shtml?uuid=Ab1fAc1H
Forum: http://www.comuni.it/servizi/forumbb/viewtopic.php?t=297194&sid=0b5b30fefc1d4c5b7031d67686924080
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N. 02250/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02677/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2677 del 2010, proposto da: Paolo Omodeo Zorini, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio D'Arienzo, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Meloria, 2;
contro
Comune di Sedriano, rappresentato e difeso dall'avv. Giorgio Bonamassa, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Visconti Venosta, 2;
per l'annullamento
della deliberazione della Giunta comunale di Sedriano del 27.07.2010, n. 107, avente ad oggetto "approvazione piano occupazionale 2010 e adeguamento dotazione organica" e dei suoi allegati;
della determinazione del dirigente Area Affari Generali del comune di Sedriano n. 599 del 13.08.2010 avente ad oggetto " approvazione bando di mobilità per la copertura di un posto a tempo pieno ed indeterminato, di funzionario responsabile- comandante Polizia Locale" e dei suoi allegati;
dell'Avviso di selezione per mobilità volontaria, per la copertura di un posto a tempo pieno ed indeterminato, Comandante dell'Area di Polizia Locale, pubblicato all'albo pretorio dal 18.08.2010 al 17.09.2010, e per estratto sul Burl Lombardia, Serie Inserz e Concorsi, n. 33, del 18.08.2010;nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso;
e per il riconoscimento del diritto di essere assunto con le funzioni di comandante della polizia locale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sedriano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’atto di rinuncia al mandato dell’avv. Sergio D’Arienzo;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2011 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, già classificatosi al secondo posto del concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura del posto di categoria D – posizione economica D3 con il profilo di comandante responsabile area polizia locale, bandito in data 05.12.2008, impugna gli atti con i quali il Comune ha deciso di assumere un nuovo comandante della polizia locale mediante mobilità volontaria e chiede il riconoscimento del diritto ad essere assunto dal Comune.
Contro i suddetti atti il ricorrente solleva i seguenti motivi di ricorso.
I) Violazione della determinazione del Comune di Sedriano n. 110 del 19.11.2008 e della determinazione n. 114 del 14.02.2009; violazione e falsa applicazione del provvedimento del 05.12.2008 del responsabile area affari generali ed eccesso di potere in quanto la scelta del Comune di Sedriano di avvalersi di una procedura di mobilità contrasterebbe con l’impegno contenuto negli atti di concorso ad utilizzare la graduatoria.
II) Manifesta contraddittorietà e difetto di motivazione in quanto il Comune aveva l’obbligo di utilizzare la graduatoria. In subordine se tale scelta fosse ritenuta discrezionale il ricorrente ritiene illegittimo l’atto in quanto il Comune non avrebbe fatto corretto uso del suo potere discrezionale. In ogni caso mancherebbe la comunicazione di avvio del procedimento.
III) Violazione dei principi di trasparenza e predeterminazione del contenuto della selezione nei concorsi pubblici ed eccesso di potere in quanto il bando di mobilità volontaria sarebbe generico.
IV) Incompetenza della giunta nell’approvazione del piano occupazionale che rientrerebbe nella competenza del consiglio comunale o dei dirigenti.
Chiede quindi il riconoscimento del diritto all’assunzione.
Il Comune afferma che il ricorrente non avrebbe una posizione di diritto soggettivo ma solo di interesse legittimo e quindi non avrebbe diritto all’assunzione. In secondo luogo il ricorrente non avrebbe partecipato al bando di mobilità volontaria, pur potendolo. Da ultimo la scelta del Comune di avvalersi della graduatoria sarebbe comunque discrezionale.
All’udienza del 5 luglio 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2. Prima di entrare nel merito del ricorso occorre affrontare il problema della giurisdizione in quanto, benché non sollevato dalle parti, è rilevante ai fini della decisione ed stato segnalato d’ufficio dal giudice nella fase cautelare.
In materia il giudice della giurisdizione (Corte di Cassazione, Sez. Unite civili, 13 giugno 2011 n. 12895) ha stabilito che la cognizione della domanda, avanzata dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo "scorrimento" della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, facendosi valere, al di fuori dell'ambito della procedura concorsuale, il "diritto all'assunzione"; nel caso, invece, in cui la pretesa al riconoscimento del suddetto diritto sia consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di un nuovo concorso, la contestazione investe l'esercizio del potere dell'Amministrazione di merito, a cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 63, comma 4, del D.P.R. n. 165 del 2001.
In sostanza la Corte ha riconosciuto che la decisione di coprire i posti in organico mediante una delle forme previste dalla legge costituisce atto di organizzazione rispetto al quale il lavoratore vanta una posizione di interesse legittimo.
Infatti il provvedimento con cui la pubblica amministrazione determina la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche rappresenta non già atto privatistico di gestione del rapporto, ma costituisce un tipico atto di organizzazione, la cui cognizione rimane riservata alla giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., sez. un., 4 aprile 2007, n. 8363; Corte di Cassazione, Sez. Unite civili, 13 giugno 2011 n. 12895). Infatti si tratta di una scelta discrezionale con la quale l’amministrazione valuta le proprie esigenze organizzative e decide sulle proprietà e sulle modalità di reclutamento del personale.
Benché in generale gli atti di macro organizzazione, in quanto atti amministrativi presupposti possano formare oggetto di disapplicazione da parte del giudice ordinario, secondo l’indicazione contenuta nell’art. 63 del D. Lgs. 165/2001, questo è possibile, secondo l’insegnamento delle pronunce della Cassazione citate, solo quando il giudice del lavoro ne conosca incidenter tantum, cioè solo nel caso in cui l’atto amministrativo costituisca un mero antecedente logico della decisione sul diritto soggettivo dedotto in giudizio.
Ma nel caso della decisione organizzativa di coprire un posto in organico con modalità diverse dallo scorrimento della graduatoria, il giudice deve conoscere in via principale di questi atti, che sono direttamente impeditivi dello scorrimento della graduatoria e che, di conseguenza, debbono essere rimossi in via principale.
Proprio per queste ragioni la Cassazione riconosce al titolare del diritto allo scorrimento della graduatoria un interesse legittimo alla rimozione delle decisioni in merito alle modalità di reclutamento del personale in quanto esercizio di un potere amministrativo.
Tale posizione di interesse legittimo sussiste non solo nel caso di indizione di un nuovo concorso, situazione di interesse legittimo espressamente riconosciuta dalla legge, che riserva al giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (art. 63 c. 4 D. Lgs. 165/2001; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 28 luglio 2011 n. 14), ma anche rispetto alla decisione di coprire i posti mediante indizione di mobilità volontaria (Cons. Stato, sez. V, 15 ottobre 2009 n. 6332), in quanto si tratta di una scelta di tipo macro-organizzativo che rientra nell’ambito dei poteri di scelta di natura discrezionale che spettano all’amministrazione.
Poiché, nel caso in questione, il riconoscimento del diritto all’assunzione mediante scorrimento della graduatoria presuppone necessariamente l’annullamento della scelta dell’amministrazione di coprire il posto per il quale era stato espletato il concorso mediante mobilità volontaria, occorre affermare la giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento a tale la decisione.
Venendo ora al merito della controversia con i primi due motivi il ricorrente si duole principalmente dell’illegittimità della scelta dell’amministrazione di coprire il posto mediante mobilità volontaria in quanto, a suo dire tale scelta, effettuata con il piano occupazionale del 2010, sarebbe in contrasto con il bando del concorso avviato nel 2008, il quale prevede lo scorrimento della graduatoria quale facoltà o, addirittura, quale vero e proprio obbligo in capo al Comune.
I primi due motivi, nella parte in cui contestano la scelta dell’amministrazione di effettuare una selezione per mobilità volontaria sono infondati.
Sebbene la giurisprudenza prevalente (Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria sentenza 28 luglio 2011 n. 14) riconosca un obbligo di motivazione specifica nel caso in cui l’amministrazione intenda coprire il posto per il quale ha bandito un concorso mediante indizione di un nuovo concorso piuttosto che mediante scorrimento della graduatoria, non è possibile giungere alle medesime conclusioni nel caso di indizione di una procedura di mobilità volontaria.
All’equiparazione tra mobilità volontaria e nuovo concorso osta la diversità delle due procedure e la preferenza espressa dal legislatore per il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse (art. 30 D. Lgs. 165/2001) rispetto all’assunzione di nuovo personale.
In primo luogo, infatti, la procedura di mobilità volontaria permette all’amministrazione di assumere personale che già ha ricoperto il posto vacante o comunque ha già conseguito la stessa qualifica presso altre amministrazioni (art. 30 D. Lgs. 165/2001). Questo comporta la possibilità di acquisire personale già formato e con esperienza nel ruolo, situazione che comporta un’immediata operatività ed un risparmio di spesa.
In secondo luogo l’ordinamento del pubblico impiego prevede una preferenza legale per il passaggio di personale tra amministrazioni rispetto alle nuove assunzioni, per ottenere una più razionale distribuzione delle risorse tra le amministrazioni pubbliche nonché economie di spesa di personale complessivamente intesa, dal momento che consente una stabilità dei livelli occupazionali nel settore pubblico.
L’art. 30 D. Lgs. 165/2001 stabilisce che “2. in ogni caso sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l'applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale. 2-bis. Le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio”.
A sua volta l’art. 39 c. 3 della legge 27 dicembre 1997 n. 449 stabilisce che “le assunzioni restano comunque subordinate all'indisponibilità di personale da trasferire secondo le vigenti procedure di mobilità”.
Da ultimo l’art. 1 comma 47 della legge 31172004 prevede che “ in vigenza di disposizioni che stabiliscono un regime di limitazione delle assunzioni di personale a tempo indeterminato, sono consentiti trasferimenti per mobilità, anche intercompartimentale, tra amministrazioni sottoposte al regime di limitazione, nel rispetto delle disposizioni sulle dotazioni organiche e, per gli enti locali, purchè abbiano rispettato il patto di stabilità interno per l'anno precedente”.
Ne discende un quadro normativo di assoluto favore per il passaggio di personale tra amministrazioni rispetto all’assunzione di nuovo personale, che non può non riverberarsi anche sul rapporto tra ricerca di personale mediante mobilità volontaria e scorrimento delle graduatorie.
Infatti deve ritenersi, in questo quadro, che la preferenza normativa per la mobilità volontaria comporti l’inesistenza di un obbligo di motivazione in merito a tale scelta rispetto a quella dello scorrimento della graduatoria, trattandosi di scegliere tra la redistribuzione delle risorse umane tra le pubbliche amministrazioni rispetto all’aumento del personale mediante nuove assunzioni.
A questa regola non si può fare eccezione a favore del personale di ruolo di altre amministrazioni, quale il ricorrente, che ha partecipato a concorsi per l’accesso dall’esterno in quanto l’utilizzo delle graduatorie di concorso non permette di distinguere tra concorsisti che sono già dipendenti pubblici ed estranei all’amministrazione pubblica.
In sostanza, quindi, l’amministrazione quando prevede la copertura di un posto in organico mediante mobilità volontaria esercita un potere discrezionale di scelta delle modalità di copertura delle proprie esigenze di organico con uno strumento che, essendo oggetto di preferenza legislativa e garantendo l’assunzione di personale specializzato, non richiede specifica motivazione.
In definitiva quindi i primi due motivi di ricorso vanno respinti nella parte in cui contestano la scelta dell’amministrazione di coprire il posto mediante mobilità volontaria.
Occorre ora passare all’esame del quarto motivo di ricorso, in quanto anch’esso riferito, come i precedenti, al piano occupazionale del 2010, che viene contestato per incompetenza della giunta comunale.
Il motivo è infondato.
L’art. 39 c. 1 della legge 27.12.1997 n. 449 stabilisce che “al fine di assicurare le esigenze di funzionalità e di ottimizzare le risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio, gli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale”.
A sua volta l’art. 6 c. 4-bis del D. Lgs. 165/01 stabilisce che “il documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale ed i suoi aggiornamenti di cui al comma 4 sono elaborati su proposta dei competenti dirigenti che individuano i profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali delle strutture cui sono preposti”.
Queste norme, applicabili agli enti locali tra l’altro in virtù del richiamo espresso contenuto negli artt. 91 ss. del D. Lgs. 267/2001, sono chiare nell’attribuire alla competenza degli organi politici e non dei dirigenti le scelte programmatiche in materia di personale.
Per quanto riguarda la suddivisione delle competenze tra gli organi politici la giurisprudenza ha chiarito che sulla base del nuovo criterio di riparto di competenze tra consiglio comunale e giunta, l'organo elettivo è chiamato ad esprimere gli indirizzi politici ed amministrativi di rilievo generale, che si traducono in atti fondamentali, tassativamente elencati nell'art. 42 d.lgs. n. 267/2000, mentre la giunta municipale (v. artt. 48 e 107 del medesimo decreto) ha una competenza residuale in quanto compie tutti gli atti non riservati dalla legge al consiglio o non ricadenti nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o di altri organi di decentramento (T.a.r. Puglia, Lecce, 16 gennaio 2004, n. 317; T.a.r. Campania, sez. I, 9 aprile 1998, 1138; Cons. Stato, sez. V, 3 marzo 2005 n. 832).
Poiché il programma triennale del fabbisogno del personale ed il suo aggiornamento annuale non rientrano nella previsione espressa dell’art. 42, deve concludersi che la relativa competenza spetti alla giunta.
Questa interpretazione è corroborata altresì dall’art. 48 del TUEL, secondo il quale è di competenza della giunta l'adozione dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio.
La norma ha infatti trasferito dal consiglio alla giunta una significativa competenza normativa in materia di personale in coerenza con il principio che le scelte di vertice in materia di personale rientrano nelle competenze degli organi che sono espressione della maggioranza e, di conseguenza, della giunta, se non espressamente attribuite dalla legge al Sindaco, come in questo caso.
Il quarto motivo di ricorso va quindi respinto.
Venendo ora al terzo motivo di ricorso, al quale va equiparato anche il secondo motivo, nella parte in cui contesta il difetto di comunicazione di avvio del procedimento di mobilità volontaria, occorre dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Infatti con tali motivi il ricorrente contesta la legittimità del bando di mobilità volontaria per difetti procedurali (mancanza della comunicazione di avvio del procedimento) e contenutistici (violazione del principio di predeterminazione del contenuto della selezione).
In merito la giurisprudenza ha affermato che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto il procedimento di mobilità volontaria esterna tra pubbliche Amministrazioni, trattandosi di atto di gestione del rapporto di lavoro; tale mobilità, infatti, infatti, determina una semplice cessione del contratto di lavoro del dipendente tra l'Amministrazione di provenienza e quella di destinazione con continuità del suo contenuto (art. 30, comma 1, del d.lg. n. 165 del 2001) e non la costituzione di un nuovo rapporto di pubblico impiego o una nuova assunzione. Tutte le vicende che interessano la fase di gestione del rapporto di lavoro e le modifiche soggettive ed oggettive che dovessero intervenire in costanza di esso (ivi compresa la mobilità volontaria) devono, perciò, essere conosciute dal giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, residuando la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie in materia di procedure concorsuali finalizzate all'assunzione dei dipendenti, ossia relative alla fase antecedente alla costituzione del rapporto di impiego (T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 16 agosto 2011 , n. 1509).
Il ricorrente, benché affermi di voler tutelare il proprio diritto all’assunzione derivante dallo scorrimento della graduatoria, può infatti contestare il contenuto e le modalità di svolgimento della selezione per mobilità volontaria solo nella diversa qualità di dipendente pubblico abilitato a parteciparvi, situazione che è ammessa pacificamente dalle parti, facendo valere il proprio interesse alla cessione del suo contratto di lavoro.
Il difetto di giurisdizione investe anche la domanda volta all’accertamento del diritto del ricorrente ad essere assunto dal Comune di Sedriano in quanto il ricorrente fa valere in via principale il suo diritto all’assunzione al di fuori dell’ambito di una procedura concorsuale (Cass. SS.UU. 13 giugno 2011 n. 12895).
Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione ed indica quale giudice competente il giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Ugo De Carlo, Referendario
Alberto Di Mario, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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N. 03236/2013REG.PROV.COLL.
N. 08104/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8104 del 2007, proposto da:
Laddaga Domenico, rappresentato e difeso dall'avvocato Tommaso Marvasi, con domicilio eletto presso Tommaso Marvasi in Roma, vialele Angelico, n. 12;
contro
Comune di Caronno Pertusella, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Stefania Masini e Paola Brambilla, con domicilio eletto presso Maria Stefania Masini in Roma, via Antonio Gramsci, n.24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la LOMBARDIA – MILANO - Sezione I, n. 4757 del 6 giugno 2007.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di Caronno Pertusella;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2013 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Pugliano, per delega dell'Avvocato Marvasi, e Masini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso (e due atti di motivi aggiunti) proposti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia il Sig. Laddaga avanzava richiesta di annullamento della delibera della Giunta comunale di Caronno Pertusella n° 453 del 20-12-2003 di modifica della dotazione organica; della delibera n° 454 in pari data recante l’avvio delle procedure per la copertura di un posto di funzionario di Polizia locale; del bando di concorso per un posto di funzionario di Polizia Locale con compiti di Comandante della Polizia municipale (determina dirigenziale n. 357 del 2 aprile 2004).
1.1. In data 8 aprile 2004 il T.A.R. per la Lombardia, respingeva l’istanza incidentale di sospensione per difetto del periculum in mora.
2. Quindi, con la sentenza gravata il primo giudice, prescindendo dall’esame delle eccezioni opposte dall’amministrazione resistente di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti in relazione ai profili di carenza di interesse e di legittimazione in considerazione della infondatezza degli stessi, respingeva tutte le doglianze esposte nel ricorso introduttivo ed in quello per motivi aggiunti, rigettando il ricorso.
In particolare, il TAR per la Lombardia evidenziava che:
a) l’art. 89 T.U. enti locali assegna alla potestà regolamentare dei comuni, nel rispetto della contrattazione collettiva, la disciplina dell’ordinamento degli uffici e dei servizi, con i soli limiti del rispetto della disciplina di bilancio e delle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti; sicché nella fattispecie non potevano essere riscontrati i vizi dedotti dal ricorrente, in quanto, esatte le premesse sopra rassegnate, l’art. 5 della L.R. Lombardia n. 4 del 2003, aveva assegnato maggiori compiti alla polizia locale, così legittimando un intervento ampliativo della pianta organica, che non si era tradotto in un demansionamento del ricorrente; allo stesso tempo, a fugare i dubbi in ordine ad un intervento limitato al solo Corpo della Polizia municipale, il primo giudice sottolineava la presenza di altri intereventi di rimodulazione della pianta organica di altri settori comunali;
b) la necessità del pubblico concorso oltre che rinvenibile nel soddisfacimento di quei principi giuridici di preferenza per l’accesso concorsuale all’impiego alle dipendenze della p.a., era adeguatamente sostenuta dall’assenza all’interno del novero dei soggetti già facenti parte del Corpo di Polizia municipale, di dipendenti muniti di diploma di laurea; requisito quest’ultimo che in modo non irragionevole veniva richiesto dall’amministrazione comunale quale titolo di legittimazione per l’accesso al concorso;
c) del pari destituita di fondamento si rivelava secondo il primo giudice l’assenza di una previsione di bilancio a copertura dell’iniziativa concorsuale, atteso che una mancanza di tal fatta non può in ogni caso tradursi in un vizio di legittimità.
3. Avverso la sentenza citata in epigrafe ha proposto appello il Sig. Laddaga, esponendo le seguenti censure:
a) gli atti impugnati risulterebbero contrastanti con il dettato dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, in quanto una volta che siano assegnate ad un dipendente pubblico delle mansioni, le stesse non possono essergli sottratte, né può essere assunta a giustificazione di un simile mutamento la presunta riorganizzazione del Corpo, atteso che l’unica modifica è consistita nell’assunzione di un nuovo dipendente;
b) l’atto di macroorganizzazione si presenta come illegittimo perché viziato da difetto di motivazione, poiché l’art. 89 T.U. enti locali, non assegna all’amministrazione una discrezionalità priva di limiti; né la L.R. Lombardia n. 4/2003, impone di attribuire la qualifica di Comandante ad un dipendente inquadrato in categoria D3;
c) illegittima sarebbe la sostituzione del ricorrente, che ricopriva un incarico dirigenziale, senza una previa valutazione dei risultati dallo stesso raggiunti e, comunque, non si ravvisa motivazione in merito alla preferenza accordata dall’amministrazione comunale nel reperimento all’esterno di una tale figura invece di procedere alla valorizzazione delle figure professionali già operanti alle sue dipendenze;
d) illegittimi sarebbero i provvedimenti anche per la mancata comunicazione di avvio del procedimento di revisione della pianta organica all’odierno appellante;
e) ulteriore profilo di illegittimità si evince dalla mancata richiesta del parere al responsabile del servizio ex art. 49 T.U. enti locali;
f) illegittima sarebbe la clausola del bando che non valorizzando la professionalità acquisita non ha consentito la partecipazione dell’appellante;
g) illegittimi del pari sarebbero gli atti impugnati perché non accompagnati da adeguata copertura finanziaria;
h) illegittimi sarebbero ancora gli atti oggetto di sindacato giurisdizionale perché la copertura della posizione D3 sarebbe dovuta essere preceduta dall’approvazione dei regolamenti attuativi dell’art. 3 CCNL del 31 marzo 1999;
i) infine, il bando sarebbe illegittimo nella parte in cui richiede genericamente un qualsiasi diploma di laurea, quale titolo di legittimazione per l’accesso alla procedura concorsuale.
4. Con memoria depositata il 13 dicembre 2007, l’amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio.
5. In data 2 aprile 2013 l’amministrazione comunale ha depositato sentenza di non luogo a procedere del GIP presso il Tribunale di Busto Arsizio del 21 gennaio 2013, nei confronti di Borghi Augusta Maria; Piacentini Riccardo, Locandro Giuseppe; Consonni Paolo; Alberti Sara; nelle loro qualità, presso il Comune di Caronno Petrusella, rispettivamente di Sindaco, Comandante del Corpo di Polizia municipale, Segretario comunale; componenti dell’ufficio procedimenti disciplinari, imputati di abuso di ufficio, tentato abuso di ufficio e di maltrattamenti ai danni dell’odierno appellante.
5.1. Con memoria depositata il 12 aprile 2013, l’amministrazione appellata ha contraddetto alle doglianze spiegate dall’appellante, rilevando che:
a) la L.R. Lombardia, n. 3/2004, agli artt. 37 e 38 ha disposto che l’accesso ai ruoli di ufficiale del Corpo di Polizia municipale avvenga esclusivamente per concorso;
b) il Comune in ragione delle nuove funzioni assegnate al Corpo dalla citata L.R. Lombardia n. 3/2004, ha deciso di modificare la dotazione organica nel rispetto del Regolamento regionale n. 3/2003, che all’art. 3 evidenzia l’articolazione degli Ufficiali di polizia locale in: Commissario aggiunto di polizia locale, Commissario di polizia locale, Commissario Capo di polizia locale, il primo, quindi, va inquadrato nella posizione di D1, mentre il secondo va inquadrato nella posizione di D3. Inoltre, il CCNL del 31 marzo 1999, consente che il dipendente inquadrato in posizione D1 acquisisca la posizione economica del D3, ma non quella giuridica come chiarito anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass., Sez. Lav., n. 6295/2011);
b) sussiste ampia discrezionalità nella definizione della pianta organica dell’amministrazione comunale, che nella fattispecie ha provveduto alla programmazione triennale del fabbisogno del personale in omaggio alla disciplina contenuta negli artt. 39, comma 1, l. n. 449/1997; 6, comma 4-bis, d.lgs. n. 165/2001; 42 e 91, d.lgs. n. 267/2000, secondo la quale la Giunta municipale provvede, al fine di assicurare i principi di funzionalità e ottimizzazione delle risorse per il miglior funzionamento degli uffici, compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio, a definire le nuove assunzioni; la particolare latitudine della discrezionalità esercitata dall’amministrazione comporta la sufficienza della motivazione in concreto esternata come confermato dalla giurisprudenza dalla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. civ., Sez. Un., n. 8363/2007; Id., n. 12895/2011) e di questo Consiglio (Cons. St., n. 968/2013);
c) nessun contrasto può ravvisarsi tra gli atti impugnati e le precedenti deliberazioni dell’amministrazione comunale;
d) la natura programmatoria della delibera della Giunta comunale di Caronno Pertusella n° 453 del 20-12-2003 di modifica della dotazione organica esclude che sia necessario favorire la partecipazione dell’interessato attraverso l’adozione di un avviso di avvio del procedimento; e) lo schema di bilancio adottato dalla Giunta comunale con delibera n. 71/2004 e approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 23/2004, prevede la necessaria copertura di spesa per fronteggiare la modifica della pianta organica;
f) il bando contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante da rilievo alla professionalità maturata nelle specifiche mansioni di appartenente al Corpo della Polizia municipale, tanto che il requisito del diploma di laurea è equivalente al diploma di scuola media superiore unitamente ad un’anzianità di almeno otto anni.
6. Con memoria di replica depositata il 12 aprile 2013 l’odierno appellante, ha proposto nuovi profili di censura, evidenziando l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, in quanto lesivi:
a) dell’autonomia del Corpo della Polizia municipale;
b) del diretto riferimento del Comandante del Corpo al Sindaco;
c) del divieto di frapposizione di una struttura intermedia tra il Sindaco ed il Comandante.
6. Con una seconda memoria di replica del 22 aprile 2013 il Sig. Laddaga, ha ribadito alcune censure già esposte, reiterando una lettura complessiva della vicenda secondo la quale tutti i provvedimenti impugnati si caratterizzerebbero per una finalità punitiva nei suoi confronti, tradita dal tenore illegittimo degli stessi ed ha ulteriormente evidenziato la presenza dei motivi esposti nella memoria del 12 aprile 2013.
DIRITTO
1. Preliminarmente il Collegio rileva che i motivi contenuti nella memoria di replica depositata il 12 aprile 2013, in parte ripresi in quella del 22 aprile 2013, contravvengono il dettato dell’art. 104 c.p.a., ampliando in modo non consentito il thema decidendi, e non possono quindi, essere esaminati perché inammissibilmente proposti.
2. In secondo luogo va rilevato che all’udienza del 14 maggio 2013, quando la causa è stata trattenuta in decisione, il Collegio ha sottoposto all’attenzione delle parti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., il tema della mancata impugnazione da parte dell’odierno appellante del provvedimento di approvazione della graduatoria concorsuale e del decreto di nomina del Dott. Campagna a Comandante della Polizia municipale del Comune di Caronno Pertusella, ovvero del successivo provvedimento di scorrimento della graduatoria che ha condotto all’assunzione nella stessa qualifica del Dott. Piacentini. Da ciò deriva che rispetto alle censure proposte nei confronti dell’impugnato bando di gara l’odierno appellante difetta di interesse atteso che dal suo annullamento non discenderebbe un’automatica caducazione dei successivi atti sopra citati, dotati di autonoma lesività nei confronti della posizione giuridica azionata dall’originario ricorrente. Se, infatti, la contestazione nei confronti del bando di gara in relazione a quelle clausole che avrebbero portato inevitabilmente all’esclusione dell’originario ricorrente non onera l’interessato a proporre domanda di partecipazione alla procedura concorsuale, appare però necessario che il ricorrente continui a coltivare il proprio interesse con l’impugnazione dei successivi atti della procedura. Pertanto, difetta l’interesse all’esame della doglianza secondo la quale sarebbe illegittima la clausola del bando che non valorizzando la professionalità acquisita non ha consentito la partecipazione dell’appellante, cosi come la censura secondo la quale il bando sarebbe illegittimo nella parte in cui richiede genericamente un qualsiasi diploma di laurea, quale titolo di legittimazione per l’accesso alla procedura concorsuale. In queste ipotesi, infatti, non si contesta la scelta dell’amministrazione di utilizzare la procedura di gara per la copertura del posto di Comandante della Polizia municipale, ma le modalità prescelte dal Comune appellato per la selezione del personale. Da qui l’impossibilità di far discendere dall’annullamento del bando un effetto caducante nei confronti dei successivi atti della procedura concorsuale e l’assenza, quindi, di interesse da parte dell’appellante al giudizio sulle censure sopra illustrate. Impone di valutare come inammissibili le censure in questione anche la mancata estensione del giudizio nei confronti del vincitore del concorso. Il ricorso proposto contro la nomina dei vincitori di un concorso e della relativa graduatoria definitiva di merito comprensiva anche degli idonei, se tende al conseguimento di una migliore posizione di ruolo ovvero al travolgimento delle operazioni concorsuali, deve essere notificato a pena di inammissibilità a tutti i vincitori e ai candidati idonei (Cons. St., Sez. V, 13 giugno 2008, n. 2966; Id., 25 agosto 2008, n. 4078).
3. Resta, quindi, all’attenzione del Consiglio l’esame di quelle doglianze che si rivolgono avverso l’atto di macrorganizzazione con il quale l’amministrazione appellata ha provveduto a rivedere la pianta organica del Corpo di Polizia municipale e quelle rivolte contro il bando con le quali si contesta la possibilità stessa di avviare la procedura concorsuale. Mentre per le ragioni sopra descritte non possono essere valutate le censure contenute nell’atto di appello e riassunte nel punto 3 della parte in fatto dell’odierna motivazione dalla lett. f) alla lett. i).
3.1. L’appellante si duole della circostanza che in violazione di quanto dispone l’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, non sarebbe possibile sottrarre le mansioni affidate ad un pubblico dipendente, né varrebbe quale giustificazione la presunta riorganizzazione del Corpo di Polizia municipale, poiché tale non potrebbe essere valutata la mera assunzione di un nuovo dipendente. La censura è priva di pregio e va disattesa. L’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, infatti, sancisce il diritto alla adibizione alle mansioni per le quali il dipendente è stato assunto o ad altre equivalenti, e recepisce - attese le perduranti peculiarità relative alla natura pubblica del datore di lavoro, tuttora condizionato, nell'organizzazione del lavoro, da vincoli strutturali di conformazione al pubblico interesse e di compatibilità finanziaria delle risorse - un concetto di equivalenza "formale", ancorato alle previsioni della contrattazione collettiva (indipendentemente dalla professionalità acquisita) e non sindacabile dal giudice, con la conseguenza che condizione necessaria e sufficiente affinché le mansioni possano essere considerate equivalenti è la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva, indipendentemente dalla professionalità acquisita (Cass., sez. lav., 11 maggio 2010, n. 11405). Pertanto, nel caso di ampliamento della pianta organica con creazione di una posizione dirigenziale non si registra un demansionamento nei confronti del dipendente già in servizio sino ad allora titolare della posizione apicale all’interno del Corpo di Polizia municipale, ma inquadrato in una posizione inferiore. Semplicemente, si registra un riallineamento automatico delle posizioni lavorative imposto dalla stessa l. n. 65/1986, dalla cui disciplina si evince che il Comandante del Corpo di Polizia municipale deve avere la qualifica di vigile urbano, ha la responsabilità del Corpo e ne risponde direttamente al Sindaco (Cons. St., Sez. V, 14 maggio 2013, n. 2607). Del resto appare utile rammentare come per giurisprudenza consolidata la nomina a Comandante del Corpo non deve essere necessariamente accompagnata dall’assegnazione di una qualifica dirigenziale (Cons. St., sez. V, 14 novembre 1997, n. 1303). Inoltre in questa sede non può che ribadirsi l’avviso già espresso dalla Suprema Corte in ordine ai limiti che incontra il sindacato di legittimità del giudice: “Nel regime di impiego contrattualizzato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni successivo al d.lgs. n. 80 del 1998, ove le mansioni attribuite ad un dipendente pubblico siano modificate come conseguenza di un atto amministrativo che incide sulle linee fondamentali e di organizzazione dell'ente, compete al giudice di merito, risolvendosi nell'accertamento della volontà della P.A., la interpretazione dell'atto amministrativo, e la relativa valutazione è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata ed immune dalla violazione delle norme che, dettate per la interpretazione dei contratti, sono applicabili anche agli atti amministrativi” (Cass., Sez. Lav., 11 settembre 2007, n. 19025). Appare, ancora, del tutto infondato il profilo di illegittimità inerente l’assenza di una vera riorganizzazione del Corpo di Polizia municipale, non potendo la stessa ridursi nell’ampliamento di organico di una sola unità come lamentato dall’appellante. Sotto questo profilo, infatti, il varo della L.R. Lombardia, n. 3/2004, con attribuzione di nuove funzioni al Corpo di Polizia municipale ben giustifica l’esigenza di rafforzarne l’organico, mentre rientra nel merito della valutazione discrezionale dell’amministrazione comunale la decisione in ordine all’aumento di una sola unità, come quella relativa all’individuazione della qualifica professionale da inserire in pianta organica.
3.1.1. Ecco che appare del tutto fuori fuoco anche la censura in merito alla presunta illegittima della sostituzione del ricorrente, che ricopriva un incarico dirigenziale, senza una previa valutazione dei risultati dallo stesso raggiunti. Nella fattispecie, infatti, non si è registrata una sostituzione dell’appellante, ma un riallineamento a seguito di riorganizzazione della pianta organica.
3.2. Non coglie nel segno anche la censura inerente il difetto di motivazione per presunta violazione dell’art. 89 T.U. enti locali. Se è vero, infatti, che la disciplina dell'ordinamento generale degli uffici e dei servizi da parte degli enti locali non può caratterizzarsi per un esercizio arbitrario del potere regolamentare, non va dimenticato che gli atti regolamentari sono sottratti all’obbligo di motivazione ex art. 13, l. n. 241/1990 e che i limiti del rispetto dei criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e dei principi di professionalità e responsabilità non risultano nella fattispecie violati. Allo stesso tempo non può ritenersi sussistente un divieto in capo all’amministrazione comunale in merito alla individuazione di una figura direttiva alla quale attribuire la titolarità dell’ufficio di Comandante della Polizia municipale. Infatti, dalla normativa regionale (L.R. Lombardia, n. 4/2003) e da quella statale (L. n. 65/1986) non si desume l’obbligo che il Comandante della Polizia municipale abbia qualifica dirigenziale, ma non si ravvisa un divieto in tal senso. Tant’è che in particolare l’art. 8 della L. R. stabilisce che: “Le prestazioni degli operatori di polizia locale, con riferimento ai profili professionali, sono individuate dall'ente di appartenenza nel rispetto di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva” e l’art. 3, comma 1 lett. a), del Regolamento regionale n. 3/2003, evidenzia l’articolazione degli Ufficiali di polizia locale: ” Ai gradi «direttivo» e «dirigente» degli ufficiali di Polizia Locale viene ascritto il seguente personale: a) Ufficiali direttivi:
1) Commissario Aggiunto di polizia locale
ex Istruttori Direttivi precedentemente inquadrati alla VII q.f., e personale inquadrato in categoria D1 a seguito di procedure concorsuali.
2) Commissario di polizia locale
ex Funzionari precedentemente inquadrati alla VIII q.f., e personale inquadrato in categoria D3 a seguito di procedure concorsuali.
3) Commissario Capo di polizia locale
ex Funzionari precedentemente inquadrati alla VIII q.f., e personale inquadrato in categoria D3 a seguito di procedure concorsuali a cui sia conferita la responsabilità di unità operativa”.
3.3. Non appare viziata da illegittimità la scelta dell’amministrazione comunale di ricorrere alla procedura concorsuale per selezionare la figura da inquadrare in categoria D3 come Comandante della Polizia municipale. Ciò in quanto, nel nostro ordinamento vige il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, l'accesso del personale dipendente ad un'area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso (Cons. St., Ad. Plen., 28 luglio 2012, n. 17), fatta salva l’ipotesi in cui l’amministrazione possa scorrere la graduatoria di un precedente concorso (Cons. St., Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 14). Inoltre, gli art. 37 e 38 della L.R. Lombardia n. 4/2003, dispongono che l’accesso ai ruoli di ufficiale del Corpo di Polizia municipale avvenga esclusivamente per concorso.
3.4. Non coglie nel segno la doglianza inerente la lesione del diritto alla partecipazione procedimentale concretatasi nel mancato avviso di avvio del procedimento, sfociato nella delibera della Giunta comunale di Caronno Pertusella n° 453 del 20-12-2003 di modifica della dotazione organica, nei confronti dell’odierno appellante. L’atto di macroorganizzazione in questione è provvedimento che ha natura di atto generale. Pertanto, in assenza di disposizioni specifiche, si sottrae ex art. 13, l. n. 241/1990, al precetto contenuto nella stessa legge all’art. 7.
3.5. Del pari infondata è la censura imperniata sull’assenza del parere del responsabile del servizio. Invero, secondo un consolidato orientamento di questo Consiglio, da cui non si ravvisano ragioni per decampare (cfr. Cons. St., sez. IV, 26 gennaio 2012, n. 351; sez IV, 22 giugno 2006, n. 3888; n. 1567 del 2001; 23 aprile 1998, n. 670), i pareri in questione rilevano solo sul piano interno, pertanto, la loro assenza si traduce in una mera irregolarità e non ridonda in un vizio di legittimità.
4. Per tutte le considerazioni sopra esposte l’appello merita, quindi, di essere respinto.
5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, (Ricorso n. 8104/2007) lo rigetta.
Condanna Domenico Laddaga alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre accessori a favore del Comune di Caronno Pertusella
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente FF
Manfredo Atzeni, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
LA nomina dei dirigenti dipende dalla pianta organica dell'Ente....a volte, rispetto adl altri Uffici, il Comandante della P.M. non ricopre la qualifica di Dirigente, ma semplicemente di Funzionario Responsabile in D3, mantenendo comunque la sua totale autonomia, dovendo dipendere esclusivamente dal Sindaco e dal Direttore Generale (Dirigente).
In numerosi comuni con Dirigenti, il Comandante della Polziia Locale è un funzionario D3.
Ciò è corretto oppure no, considerato che nei comuni con dirigenti anche il comandante deve essere figura apicale e quindi un dirigente?
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Però qui leggo a pagina 9:
http://www.gianlucabertagna.it/wp-content/uploads/2013/12/Personale_News_2013-22.pdf
Dobbiamo anche ribadire che, in un medesimo ente, non è possibi le avere situazioni di responsabilità
asimmetriche, nelle quali alcune strutture di massima dimensione sono rette da figure dirigenziali ed
altre da personale non dirigenziale, titolare di posizione organizzativa, sulla base di un incarico conferito
dal Sindaco. In materia, l’articolo 109, comma 2, del TUEL è categorico: l’affidamento delle funzioni
dirigenziali ai responsabili degli uffici e dei servizi può essere conferita esclusivamente “Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale”.