Data: 2014-09-08 08:14:00

CGUE: legittimo avvalersi delle norme comunitarie per pagare meno IVA

CGUE: legittimo avvalersi delle norme comunitarie per pagare meno IVA

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Corte di Giustizia UE, sez. II, sentenza 3 settembre 2014, C-589/12
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 11, parte C,
paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in
materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di
affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag.
1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra i Commissioners for Her
Majesty’s Revenue and Customs (in prosieguo: i «Commissioners») e la GMAC UK plc (in
prosieguo: la «GMAC») in merito all’importo assoggettabile all’imposta sul valore aggiunto (in
prosieguo: l’«IVA») per cessioni effettuate dalla GMAC in esecuzione di contratti di vendita a rate
di veicoli a motore con riserva di proprietà (hire purchase).
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
3 L’articolo 11, parte A, della sesta direttiva, relativo alla base imponibile all’interno del paese,
prevedeva quanto segue:
«1. La base imponibile è costituita:
a) per le forniture di beni e le prestazioni di servizi (…), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo
versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del
destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali
operazioni;
(...)».
4 L’articolo 11, parte C, della sesta direttiva, contenente disposizioni diverse, al suo paragrafo 1,
così disponeva:
«In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o di riduzione di
prezzo dopo che l’operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle
condizioni stabilite dagli Stati membri.
Tuttavia, in caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare a questa
norma».
Il diritto del Regno Unito
5 Dalla decisione di rinvio emerge che la normativa che recepiva l’articolo 11, parte C, paragrafo 1,
della sesta direttiva comprendeva due serie di disposizioni. La prima si applicava in caso di
riduzione del corrispettivo, la seconda si applicava, e conferiva un alleggerimento, vale a dire uno
sgravio per credito irrecuperabile, in caso di mancato pagamento totale o parziale.
Le disposizioni nazionali riguardanti la riduzione del corrispettivo
6 Dal 1995, tali disposizioni erano contenute nell’articolo 38, in combinato disposto con l’articolo
24, del regolamento del 1995 relativo alla contabilizzazione e alla registrazione dell’IVA (VAT
Regulations 1995). Esse prevedevano che, in caso di diminuzione del corrispettivo per una fornitura
comprensiva di un importo IVA, il soggetto passivo dovesse rettificare il suo conto IVA registrando
l’importo IVA di cui trattasi con segno negativo. A tal fine, una diminuzione del corrispettivo
veniva riconosciuta solamente qualora essa fossa comprovata da una nota di credito o altro
documento con effetto analogo. Norme equivalenti venivano applicate nel periodo 1990-1995.
Le disposizioni nazionali riguardanti il credito irrecuperabile 7 Per le forniture effettuate tra il 2 ottobre 1978 e il 26 luglio 1990, lo sgravio per credito
irrecuperabile trovava applicazione in forza del «sistema precedente». Per le forniture effettuate tra
il 1° aprile 1989 e il 19 marzo 1997, le richieste di sgravio potevano essere presentate in forza del
«nuovo sistema». Durante il periodo di sovrapposizione, ossia tra il 1° aprile 1989 e il 26 luglio
1990, la richiesta poteva essere presentata in base all’uno o l’altro sistema.
– Il sistema precedente
8 Il sistema precedente era stato istituito dall’articolo 12 della legge finanziaria del 1978 (Finance
Act 1978) e ripreso dall’articolo 22 della legge del 1983 sull’imposta sul valore aggiunto (Value
Added Tax Act 1983; in prosieguo: il «VATA 1983»).
9 L’articolo 22 del VATA 1983 così dispone:
«(1) Qualora
(a) un soggetto abbia fornito beni o prestato servizi dietro un corrispettivo pecuniario ed abbia
esposto e versato l’imposta per siffatta fornitura o prestazione; e
(b) il soggetto tenuto a versare l’eventuale saldo del corrispettivo sia divenuto insolvente,
il primo soggetto menzionato avrà diritto, fatti salvi il paragrafo 2 e le disposizioni del paragrafo 4,
qui di seguito riportati, dietro domanda presentata ai Commissioners, ad un rimborso dell’IVA
fatturabile tenuto conto del saldo non versato.
(2) Non sussiste alcun diritto ad un rimborso ai sensi del presente articolo a meno che
(a) non venga comprovato l’importo del credito nel procedimento di insolvenza e l’importo così
comprovato corrisponda al saldo del corrispettivo, ridotto dell’importo della domanda
dell’interessato;
(b) il valore della fornitura non ecceda il suo valore sul mercato aperto e
(c) nel caso di una fornitura di beni, la proprietà delle medesime non sia stata trasferita al soggetto
che ne era il destinatario (…)».
10 Come emerge dalla decisione di rinvio, a norma dell’articolo 22 del VATA 1983, un soggetto
veniva considerato insolvente ai fini del suddetto articolo se ne era stato dichiarato il fallimento o se
il tribunale aveva emesso un’ordinanza relativa alla gestione del suo patrimonio nell’ambito del
fallimento. Una società era insolvente se era oggetto di una liquidazione volontaria o forzata e le
«circostanze erano tali che la società si trovava nell’incapacità di onorare i suoi debiti».
– Il nuovo sistema
11 L’articolo 11 della legge finanziaria del 1990 (Finance Act 1990) ha istituito un nuovo sistema
ed abrogato il precedente sistema per le forniture successive al 26 luglio 1990.
12 Il nuovo sistema si applica alle forniture successive al 1° aprile 1989. Esso è stato ripreso
dall’articolo 36 della legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto (Value Added Tax Act 1994),
redatto nei seguenti termini:
«1) Il paragrafo 2), qui di seguito riportato, si applica qualora:
a) un soggetto abbia fornito beni o prestato servizi dietro un corrispettivo pecuniario ed abbia
esposto e versato l’imposta su tale fornitura o prestazione;
b) la totalità o una parte del corrispettivo della fornitura siano stati annullati nei suoi conti come
credito irrecuperabile, e
c) sia trascorso un periodo (…) di sei mesi [che sostituisce il periodo di due anni previsto dalle
disposizioni dell’articolo 11 della legge finanziaria del 1990] (con decorrenza dalla data della
fornitura).
2) fatte salve le seguenti disposizioni del presente articolo e le norme che ne derivano, un soggetto
ha diritto, presentando domanda ai Commissioners, ad un rimborso dell’importo IVA fatturabile
con riguardo al saldo; (…)
4) Non sussiste alcun diritto ad un rimborso ai sensi del paragrafo 2 di cui sopra, a meno che
a) il valore della fornitura non ecceda il suo valore ordinario, e
b) nel caso di una fornitura di beni, la proprietà delle medesime non sia stata trasferita al
destinatario della fornitura, o a chi tragga un diritto da, tramite o per tale destinatario (…)».
Il decreto del 1992 in materia di imposta sul valore aggiunto sulle autovetture 13 Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ammetteva detrazioni dell’IVA sulla vendita
di veicoli usati in termini sostanzialmente identici nelle sue successive normative, tra cui il decreto
del 1992 in materia di imposta sul valore aggiunto sulle autovetture [Value Added Tax (Cars) Order
1992; in prosieguo: il «Cars Order»)].
14 Conformemente all’articolo 8 del Cars Order, quando un concessionario auto vendeva un veicolo
usato, l’IVA doveva essere fatturata su una base imponibile di importo pari al margine di guadagno
del concessionario.
15 Tuttavia, l’articolo 4 del Cars Order prevedeva un trattamento specifico in caso di rivendita di
veicoli ripresi dal venditore:
«(1) Ciascuna delle operazioni qui di seguito descritte non viene considerata né una fornitura di
beni né una prestazione di servizi;
(a) La cessione di un veicolo a motore usato, da parte di chi ne abbia ripreso possesso ai termini di
un accordo finanziario, qualora il veicolo sia nelle stesse condizioni in cui si trovava quando è stato
ripreso (…)».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
16 La GMAC è una società soggetta all’IVA dedita, in particolare, alla vendita a rate di veicoli a
motore con riserva di proprietà.
17 Nell’ambito di tali vendite, un consumatore sceglie un veicolo presso un concessionario e gli
chiede la concessione di un finanziamento specifico. Egli viene quindi orientato verso società di
vendita a rate, quali la GMAC. Una volta raggiunto un accordo tra le tre parti, il concessionario
vende l’autovettura alla società di vendita a rate la quale fornisce poi l’autovettura al consumatore
finale in forza di un «contratto di vendita a rate con riserva di proprietà».
18 La vendita di tali veicoli da parte dei concessionari auto alla GMAC era soggetta all’IVA
all’aliquota ordinaria. La fornitura dei veicoli da parte della GMAC ai clienti finali, in forza di
contratti di vendita a rate, era anch’essa soggetta all’IVA all’aliquota ordinaria. In caso di
inadempimento dell’acquirente, la GMAC riprendeva possesso del veicolo e lo vendeva all’asta. Il
ricavato della vendita veniva imputato al saldo delle rate dovute dall’acquirente.
19 La fornitura di un veicolo a motore nell’ambito di un contratto di vendita a rate, ai fini dell’IVA,
era considerata una fornitura di beni. L’IVA diveniva esigibile alla fornitura del veicolo da parte
della GMAC ai clienti finali per l’importo complessivo dovuto, escluse le spese finanziarie. Qualora
tale veicolo venisse in seguito ripreso e venduto all’asta, segnatamente ai sensi dell’articolo 4 del
Cars Order, si considerava che tale vendita all’asta non fosse né una fornitura di beni né una
prestazione di servizi.
20 I Commissioners avevano sempre ammesso che, in caso di risoluzione consensuale di un
contratto di vendita a rate avente ad oggetto un veicolo a motore e comportante la rivendita di
quest’ultimo, si applicasse l’articolo 38 del VAT Regulations 1995 con la conseguenza che si
doveva considerare che la GMAC avesse effettuato l’operazione di vendita a rate dietro un
correspettivo ridotto al ricavato della rivendita. Tuttavia, fino alla decisione della High Court of
Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito), nella causa C&E
Commissioners/GMAC (2004), essi non avevano ammesso l’applicazione dello stesso regime
qualora l’acquirente fosse inadempiente e il veicolo venisse ripreso e rivenduto all’asta dalla
GMAC.
21 A partire da tale decisione, l’articolo 38 del VAT Regulations 1995 si applica anche in caso di
inadempimento dell’acquirente e di rivendita all’asta del veicolo da parte della GMAC. La High
Court of Justice ha altresì considerato che il Cars Order trovasse a sua volta applicazione, sicché la
GMAC non deve versare l’IVA sul ricavato della vendita all’asta. Il giudice del rinvio rileva, a tal
riguardo, che l’applicazione congiunta di tali disposizioni conduce ad un effetto collaterale di
«guadagno insperato» (windfall) in forza del quale l’importo dell’IVA dovuto, in definitiva, è
inferiore a quello che sarebbe risultato in caso di corretto recepimento della sesta direttiva. 22 La GMAC ha quindi promosso un nuovo procedimento, che copre a sua volta il periodo
1978-1997 ed è interamente fondato sull’effetto diretto della sesta direttiva. La sua rivendicazione
riguarda ormai la parte del corrispettivo della fornitura del veicolo a motore al cliente rimasta
insoluta a causa dell’inadempimento di tale cliente. Tale somma non rappresenta una riduzione del
prezzo ai sensi dell’articolo 11, parte C, paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva. Si tratta di
un mancato pagamento parziale ai sensi della suddetta disposizione, ossia di un credito
irrecuperabile.
23 Con lettera del 20 febbraio 2006, la GMAC ha quindi chiesto uno sgravio per credito
irrecuperabile riguardante il periodo 1978-1997 ed avente origine nella risoluzione di contratti di
vendita a rate di veicoli a motore conclusi con clienti, a causa del mancato pagamento del prezzo di
vendita pattuito. I Commissioners hanno respinto tale richiesta con decisione del 18 luglio 2006.
24 Il First-tier Tribunal (Tax Chamber) ha accolto il ricorso della GMAC avverso tale decisione
ritenendo che le condizioni legali di ammissibilità fossero incompatibili con il diritto dell’Unione e
che le richieste della GMAC volte ad ottenere lo sgravio per credito irrecuperabile non
comportassero né una distorsione né una rottura della neutralità fiscale contrarie al diritto
dell’Unione.
25 Adito in appello, l’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) ritiene al contrario che la
combinazione dell’articolo 38 del VAT Regulations 1995, quale interpretato dalla decisione della
High Court of Justice, nella causa C&E Commissioners/GMAC (2004), e del Cars Order non
costituisca un’effettiva attuazione della sesta direttiva, in quanto si traduce in un alleggerimento
dell’IVA incompatibile con la finalità della direttiva in parola e, di conseguenza, contrario al diritto
dell’Unione.
26 Ciò premesso, l’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) ha deciso di sospendere il
giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) In che misura un soggetto passivo, in caso di due operazioni relative agli stessi beni, abbia il
diritto di avvalersi, al contempo, dell’effetto diretto di una disposizione della [sesta direttiva] con
riguardo ad un’operazione e delle disposizioni del diritto nazionale riguardo all’altra operazione,
allorché ciò produrrebbe, per le due operazioni, un risultato fiscale complessivo che né il diritto
nazionale né la [sesta direttiva], applicati separatamente a tali operazioni, producono né perseguono.
2) Qualora occorra rispondere alla prima questione nel senso che esistono circostanze in cui un
soggetto passivo non sarebbe autorizzato ad agire in tal modo (o non vi sarebbe autorizzato in una
determinata misura) quali siano dette circostanze e, segnatamente, quale sia la relazione tra le due
operazioni che farebbe sorgere siffatte circostanze.
3) Se le risposte alle questioni prima e seconda siano diverse a seconda che il trattamento nazionale
di una delle operazioni sia conforme o meno alla sesta direttiva».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulle questioni prima e terza
27 Con le sue questioni prima e terza, che occorre trattare congiuntamente, il giudice del rinvio
chiede, in sostanza, se l’articolo 11, parte C, paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva debba
essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle del procedimento principale, uno Stato
membro possa vietare ad un soggetto passivo di fare valere l’effetto diretto di tale disposizione con
riguardo ad un’operazione, con la motivazione che tale soggetto passivo può fare valere
disposizioni del diritto nazionale con riguardo ad un’altra operazione relativa ai medesimi beni e
che l’applicazione cumulata di tali disposizioni condurrebbe ad un risultato fiscale complessivo che
né il diritto nazionale né la sesta direttiva, ove applicati separatamente a tali operazioni,
produrrebbero né perseguirebbero.
28 Tale giudice si chiede inoltre se la circostanza che il diritto nazionale applicabile a quest’ultima
operazione sia conforme o meno alla sesta direttiva sia rilevante a tal riguardo. 29 Giova ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, in tutti i casi in cui le
disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e
sufficientemente precise, i singoli sono legittimati a farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei
confronti dello Stato, sia quando quest’ultimo abbia omesso di recepire entro i termini la direttiva
nell’ordinamento nazionale sia quando esso l’abbia recepita in modo non corretto (sentenza Almos
Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
30 Una disposizione del diritto dell’Unione è incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad
alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua esecuzione o i suoi effetti,
all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri (v. sentenza
Almos Agrárkülkereskedelmi, EU:C:2014:328, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
31 L’articolo 11, parte C, paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva definisce i casi in cui gli
Stati membri sono tenuti a procedere alla riduzione della base imponibile nei limiti e alle condizioni
dagli stessi fissate. In tal modo, tale disposizione obbliga gli Stati membri a ridurre la base
imponibile ogniqualvolta, successivamente alla conclusione di un’operazione, il corrispettivo non
venga totalmente o parzialmente percepito dal soggetto passivo (sentenza Goldsmiths, C-330/95,
EU:C:1997:339, punto 16).
32 Se tale disposizione lascia quindi agli Stati membri un certo margine discrezionale allorché essi
fissano le misure che consentono di stabilire l’importo della riduzione, tale circostanza non
pregiudica, tuttavia, il carattere preciso e incondizionato dell’obbligo di ammettere la riduzione
della base imponibile nei casi previsti dalla suddetta disposizione. Quest’ultimo soddisfa pertanto le
condizioni per produrre un effetto diretto (sentenza Almos Agrárkülkereskedelmi, EU:C:2014:328,
punto 34).
33 Come esposto dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, le questioni
sottoposte alla Corte trovano spiegazione nel fatto che, nel procedimento principale, le autorità
tributarie del Regno Unito hanno considerato che il soggetto passivo non possa beneficiare
contemporaneamente di un effetto collaterale di «guadagno insperato» e dell’articolo 11, parte C,
paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva, segnatamente in quanto l’applicazione cumulata
dell’articolo 38 del VAT Regulations 1995, del Cars Order e di tale direttiva condurrebbe a un
risultato fiscale complessivo che né il diritto nazionale né la predetta direttiva, ove applicati
separatamente a tali operazioni, produrrebbero né perseguirebbero.
34 Secondo il governo del Regno Unito, in una fattispecie come quella del procedimento principale,
l’IVA fatturata al consumatore finale e dovuta alle autorità tributarie non viene calcolata sul
corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo in cambio delle forniture effettuate. Orbene,
l’effetto diretto non sarebbe un principio del diritto dell’Unione al quale si potrebbe ricorrere al fine
di conseguire un risultato opposto a quello cui mira la direttiva. Tale governo considera, pertanto,
che il soggetto passivo non abbia il diritto di avvalersi delle disposizioni del diritto nazionale con
riguardo ad un’operazione e dell’effetto diretto dell’articolo 11, parte C, paragrafo 1, primo comma,
della sesta direttiva con riguardo ad un’altra operazione.
35 Tale argomentazione non può essere accolta.
36 Infatti, come emerge dal punto 32 della presente sentenza, l’articolo 11, parte C, paragrafo 1,
primo comma, della sesta direttiva è dotato di un effetto diretto cosicché, nelle circostanze del
procedimento principale, la questione se un soggetto passivo quale la GMAC possa avvalersi, dopo
aver fornito un bene nell’ambito di un contratto di vendita a rate, del diritto di ottenere una
riduzione della base imponibile conferitogli da tale disposizione, dipende dalla circostanze che i
clienti della GMAC non adempiono, in tutto o in parte, i loro obblighi di pagamento nell’ambito di
tale contratto.
37 Certamente, tale disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della sesta
direttiva, secondo cui la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente percepito ed il cui
corollario consiste nel fatto che l’amministrazione finanziaria non può riscuotere a titolo dell’IVA
un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (sentenza Almos
Agrárkülkereskedelmi, EU:C:2014:328, punto 22 e giurisprudenza ivi citata). 38 Tuttavia, dal fascicolo sottoposto alla Corte emerge che, se la vendita all’asta del veicolo
recuperato presso l’acquirente nell’ambito della vendita a rate non fosse, in forza del diritto
nazionale stesso, esentata dall’IVA, il corrispettivo percepito per ogni operazione sarebbe soggetto
a imposta. La base imponibile sarebbe allora costituita dagli importi versati dal cliente della vendita
a rate e dall’acquirente nell’ambito della vendita all’asta. Così facendo, la base imponibile
corrisponderebbe, conformemente al principio ricordato al punto precedente, al corrispettivo
realmente percepito dalla GMAC.
39 Orbene, a tal riguardo occorre ricordare la giurisprudenza costante della Corte secondo cui lo
Stato membro che non abbia adottato, entro i termini, i provvedimenti di attuazione imposti da una
direttiva non può opporre ai singoli l’inadempimento, da parte sua, degli obblighi da essa derivanti
(v., in particolare, sentenza Rieser Internationale Transporte, C-157/02, EU:C:2004:76, punto 22 e
giurisprudenza ivi citata)
40 Di conseguenza,[color=red] la circostanza che, in forza del diritto nazionale, la vendita all’asta del veicolo
non fosse trattata come una fornitura di beni o una prestazione di servizi non può comportare che il
soggetto passivo sia privato del diritto di ottenere una riduzione dell’importo imponibile in caso di
mancato pagamento totale o parziale del prezzo[/color], conformemente all’articolo 11, parte C, paragrafo
1, primo comma, della sesta direttiva.
41 Va peraltro ricordato che, secondo il principio fondamentale inerente al sistema comune
dell’IVA e risultante dall’articolo 2 della prima direttiva 67/227/CEE del Consiglio, dell’11 aprile
1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla
cifra d’affari (GU 1967, 71, pag. 1301), e dall’articolo 2 della sesta direttiva, l’IVA si applica a
qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, previa detrazione dell’imposta gravante
direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo (v., in particolare, sentenze
Midland Bank, C-98/98, EU:C:2000:300, punto 29, e Zita Modes, C-497/01, EU:C:2003:644, punto
37).
42 Di conseguenza,[color=red] in caso di mancato pagamento totale o parziale, l’importo della base imponibile
del contratto di vendita a rate di un veicolo deve essere rettificato in funzione del corrispettivo
realmente percepito dal soggetto passivo nell’ambito dello stesso contratto. Il corrispettivo
percepito dal suddetto soggetto passivo, versato da un terzo nell’ambito di un’altra operazione, nella
specie la vendita all’asta del veicolo restituito dall’acquirente della vendita a rate, rimane
ininfluente sulla conclusione secondo cui il suddetto soggetto passivo può avvalersi dell’effetto
diretto dell’articolo 11, parte C, paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva nell’ambito del
contratto di vendita a rate.[/color]
43 Da quanto precede risulta che la questione se il diritto nazionale applicabile all’operazione di
vendita all’asta sia conforme o meno alla sesta direttiva non è rilevante al fine di determinare se un
soggetto passivo quale la GMAC sia legittimato ad avvalersi dei diritti derivantigli dall’articolo 11,
parte C, paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva.
44 Il governo del Regno Unito fa inoltre valere che sarebbe abusivo invocare l’effetto diretto di tale
disposizione in maniera selettiva, in modo da creare una situazione in cui il risultato auspicato dalla
normativa di cui trattasi non venga conseguito.
45 Occorre rilevare a tal proposito che, ai punti 74 e 75 della sentenza Halifax e a. (C-255/02,
EU:C:2006:121), la Corte ha statuito, in particolare, che l’accertamento di una pratica abusiva in
materia di IVA presuppone, da un lato, che le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione
formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della relativa
legislazione nazionale di recepimento, comportino l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui
concessione risulterebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni e, dall’altro, che da
un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale delle operazioni di cui trattasi si
limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale.
46 Spetta al giudice nazionale verificare, conformemente alle norme probatorie del diritto
nazionale, ma senza che venga compromessa l’efficacia del diritto dell’Unione, se gli elementi
costitutivi di una pratica abusiva sussistano nel procedimento principale. Tuttavia, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può, ove necessario, fornire precisazioni dirette a guidare il
giudice nazionale nella sua interpretazione (v., in particolare, sentenza Halifax e a., EU:C:2006:121,
punti 76 e 77 nonché la giurisprudenza citata).
47 Va evidenziato che se, come fatto valere dal governo del Regno Unito, l’obiettivo perseguito
dalla sesta direttiva non può essere raggiunto, ciò avviene a causa di un effetto collaterale di
«guadagno insperato» risultante esclusivamente dall’applicazione del diritto nazionale. Infatti, come
emerge dal punto 38 della presente sentenza, l’ottenimento del vantaggio fiscale di cui trattasi
risulta sostanzialmente dalla mancata tassazione della vendita all’asta del veicolo recuperato presso
l’acquirente della vendita a rate, la quale discende dall’articolo 4 del Cars Order.
48 Peraltro, la Corte ha statuito che la scelta, da parte di un imprenditore, tra operazioni esenti ed
operazioni soggette ad imposta può basarsi su un insieme di elementi e, in particolare, su
considerazioni di natura fiscale attinenti al regime obiettivo dell’IVA. Infatti, qualora il soggetto
passivo abbia la scelta tra diverse operazioni, egli ha il diritto di scegliere la forma di conduzione
degli affari in modo da poter limitare la propria contribuzione fiscale (v. sentenza RBS Deutschland
Holdings, C-277/09, EU:C:2010:810, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).
49 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e terza
dichiarando che l’articolo 11, parte C, paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva deve essere
interpretato nel senso che, in circostanze come quelle del procedimento principale, uno Stato
membro non può vietare ad un soggetto passivo di avvalersi dell’effetto diretto di tale disposizione
riguardo ad un’operazione, con la motivazione che tale soggetto passivo può avvalersi delle
disposizioni del diritto nazionale riguardo ad un’altra operazione relativa ai medesimi beni e che
l’applicazione cumulata di tali disposizioni condurrebbe ad un risultato fiscale complessivo che né
il diritto nazionale né la sesta direttiva, ove applicati separatamente a tali operazioni, produrrebbero
né perseguirebbero.
Sulla seconda questione
50 In considerazione della risposta fornita alla prima e alla terza questione, non occorre rispondere
alla seconda questione.
Sulle spese
51 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L’articolo 11, parte C, paragrafo 1, primo comma, della sesta direttiva 77/388/CEE del
Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati
membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore
aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze
come quelle del procedimento principale, uno Stato membro non può vietare ad un soggetto
passivo di avvalersi dell’effetto diretto di tale disposizione riguardo ad un’operazione, con la
motivazione che tale soggetto passivo può avvalersi delle disposizioni del diritto nazionale
riguardo ad un’altra operazione relativa ai medesimi beni e che l’applicazione cumulata di
tali disposizioni condurrebbe ad un risultato fiscale complessivo che né il diritto nazionale né
la sesta direttiva 77/388, ove applicati separatamente a tali operazioni, produrrebbero né
perseguirebbero.

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