Buongiorno,
è stata presentata una scia per attività di CAV da svolgersi in un
appartamento in cui il titolare ha la residenza. Nutro alcune perplessità
sulla possibilità di poter svolgere l'attività nella casa di residenza.
Inoltre, si è presentata un'altra questione. Il titolare di un albergo vuole
ampliare la propria struttura con un altro edificio da adibire a dipendenza
e vorrebbe predisporre una sala pranzo anche nella dipendenza. Poichè
l'art. 28 della L.R. 42/2000 prevede che nella casa madre sono ubicati i
servizi di ricevimento e di portineria nonchè gli altri servizi generali a
disposizione della clientela, si chiede se è possibile.
La legge non dispone niente di specifico sul fatto che un esercente di CAV possa o non possa avere la residenza dell’immobile oggetto di attività. L’interpretazione più favorevole al soggetto, quindi, è quella che la possa anche avere con la precisazione che deve essere offerta al cliente una “unità abitativa autonoma”. In pratica si potrebbe verificare che una stessa casa (stesso subalterno) possa essere strutturata in modo da offrire, nei fatti, più unità abitative.
Il regolamento 18R/2001, anche se lo fa nell’ambito delle strutture alberghiere, definisce come unità abitative, [i]l’insieme di uno o più locali [u]preordinato come autonomo appartamento[/u] e destinato all’alloggio della clientela. Ciascuna unità abitativa deve risultare direttamente accessibile da corridoi o da altre aree comuni mediante porta munita di serratura.[/i]
Se poi nel caso di specie non si verificano queste condizioni, il problema potrà spostarsi sulla residenza. I VVUU potrebbero rilevare che la residenza è solo fittizia e revocarla.
Per l'altra questione, data la definizione di albergo (strutture ricettive, a gestione unitaria, aperte al pubblico che, ubicate in uno o più stabili o parti di stabili, forniscono alloggio e possono disporre di ristorante, bar e altri servizi accessori), ritengo che l’ interpretazione vada nel senso che l’albergatore possa prevedere la duplicazione dei servi offerti nella casa madre anche nelle dipendenze. Ciò è coerente con il regolamento che all’art. 18 prevede che nelle dipendenze si eroghino anche gli stessi servizi della casa madre. Lo stesso dicasi per la previsione della sala prima colazione che nell’accezione dell’art. 18 pare sia una condizione minima.