Mansioni superiori: nessuna norma o principio generale desumibile dall'ordinamento consente la retribuibilità in via di principio delle mansioni superiori comunque svolte nel campo del pubblico impiego
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 11.7.2011
Per la pacifica giurisprudenza del Consiglio di Stato nell’ambito del pubblico impiego le mansioni superiori hanno rilevanza solo nei casi tassativamente previsti dalla legge. Inoltre, va condiviso l’orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale “lo svolgimento di fatto di mansioni più elevate rispetto a quelle della qualifica di appartenenza da parte dei dipendenti della Regione Calabria non ha effetto ai fini dell'inquadramento nella superiore qualifica, dovendosi ritenere abrogate le disposizioni legislative regionali (art. 72 della legge regionale n. 9 del 1975 e art. 1 della legge reg. n. 14 del 1991) che consentono il consolidamento delle mansioni più elevate, ai sensi degli artt. 9, primo comma, e 10, primo comma, della legge n. 62 del 1953, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 29 del 1993 (successivamente confluito nell'art. 1 del d.lgs. n. 165 del 2001) e dell'art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 25 del d.lgs. n. 80 del 1998 (poi confluito nell'art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001), che hanno elevato a principio fondamentale ai sensi dell'art. 117 Cost. il divieto di avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore in conseguenza dello svolgimento di mansioni superiori” (Cass., Sez. Lav., 5 maggio 2010, n. 10829). Pertanto, anche se si fosse riscontrato un obbligo dell’amministrazione di provvedere ex novo sulla richiesta dell’odierno appellante, la stessa non si sarebbe potuta accogliere in sede amministrativa, né pertanto può essere accolta in sede giurisdizionale. A tal fine non vale invocare l’applicazione degli artt. 2126 c.c., 36 Cost. o art. 29, secondo comma, del d.p.r. 761 del 1979. E’ già stato chiarito più volte dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (cfr. la pronuncia n. 22 del 1999), che “nessuna norma o principio generale desumibile dall'ordinamento consente la retribuibilità in via di principio delle mansioni superiori comunque svolte nel campo del pubblico impiego. L'art. 36 Cost., che sancisce il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato, non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli previsti dall'art. 98 Cost. (che nel disporre che « i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione » vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio) e quali quelli previsti dall'art. 97 Cost., contrastando l'esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita con il buon andamento e l'imparzialità dell'Amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità proprie dei funzionari.” Né rilevano –ratione temporis - le disposizioni successivamente entrate in vigore che hanno previsto i casi in cui il giudice civile possa attribuire rilievo alle mansioni superiori, ove esse siano state formalmente conferite in presenza di tutti i relativi presupposti.
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 11.7.2011
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