[color=red]Cessione di ramo d'azienda - APPROFONDIMENTI[/color]
Non c’è trasferimento di azienda se si cedono solo servizi senza alcuna organizzazione stabile
http://www.ecnews.it/2014/04/non-ce-trasferimento-azienda-se-si-cedono-servizi-alcuna-organizzazione-stabile/
ANCORA IN TEMA DI TRASFERIMENTO D'AZIENDA: STABILITA' E PREESISTENZA DEI REQUISITI
http://www.fiba.it/nazionale/documenti/700/trasferimento-dazienda-preesistenza-e-stabilita
TRASFERIMENTO DI RAMO D’AZIENDA
http://www.salonia-associati.com/massime/trasferimento-ramo-dazienda/
Ramo d'azienda - trasferimento
http://www.altalex.com/index.php?tag=Y&qs=ramo+d%27azienda
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CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 aprile 2014, n. 8756
Svolgimento del processo
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 21.9-21.11.2011, in riforma della pronuncia di prime cure, dichiarò l’inefficacia, nei confronti di F.A. delle cessazione del ramo di azienda denominato X e del contratto di lavoro dello stesso F. dalla T.I. spa (qui di seguito, per brevità, anche T.) alla P. & C. R.E. spa (qui di seguito per brevità anche P.) e, per l’effetto, la persistenza del rapporto di lavoro tra le parti originarie.
A sostegno del decisum la Corte territoriale, per ciò che ancora qui specificamente rileva, ritenne quanto segue:
- doveva ritenersi la sussistenza dell’interesse ad agire del lavoratore, essendo l’azione di accertamento necessaria per rimuovere una situazione di obiettiva incertezza giuridica;
- nella fattispecie trovava applicazione l’art. 2112 cc, come modificato dal dl.vo n. 18/01, emanato in attuazione della direttiva 98/50/CE;
- in base a tale normativa la nozione di ramo d’azienda andava identificata in una articolazione aziendale dotata di propria stabile organizzazione di mezzi e personale destinata alla realizzazione di un’attività economica;
- tale entità doveva inoltre preesistere al trasferimento, per evitare che lo strumento della cessione del ramo d’azienda mascherasse una mera cessione di rapporti di lavoro;
- non poteva ritenersi sufficiente che i contraenti avessero denominato una determinata struttura come ramo d’azienda, occorrendo la prova dei suoi precisi connotati oggettivi, e non essendo sufficiente la cessione di meri servizi, senza che ad essi corrisponda anche una stabile organizzazione di beni e personale;
- spettava quindi alla T. l’onere di provare che la X costituisse un ramo d’azienda nei termini anzidetti;
- nessuna prova specifica era stata però offerta da parte della T. sugli elementi significativi per affermare l’autonomia organizzativa e funzionale del X: in particolare non era stata specificata la dotazione organica di personale assegnata alla divisione; la esistenza di una eventuale autonoma direzione del personale medesimo, che sovrintendesse a turnazioni, orari, sostituzioni, ferie e quant’altro; l’eventuale nucleo di personale manageriale addetto alla pianificazione della attività della struttura, alla realizzazione di essa, ad impartire le direttive al personale addetto ed al controllo di esso; l’assegnazione di un autonomo budget; l’assegnazione di una sede autonoma ovvero di uffici distinti e separati da quelli di altre strutture; l’assegnazione esclusiva di beni strumentali, attrezzature e programmi informatici; pertanto, a ben vedere, sulla base di ciò che risultava documentalmente ed alla stregua della prova orale offerta in causa, emergeva semplicemente la cessione di un servizio e di un certo numero di dipendenti addetti ad esso;
- come già accertato in altra pronuncia relativa alla medesima vicenda, l’esiguità della percentuale del valore complessivo del ramo ceduto riconducibile ad immobilizzazione materiali, mentre il resto riguardava costi e crediti verso il personale, avvalorava l’ipotesi che si era trattato di un ramo identificabile nella sola manodopera;
- facevano comunque difetto gli allegati al contratto di cessione dai quali si sarebbero potuti ricavare elementi per apprezzare la consistenza ed autonomia funzionale del ramo di azienda ceduto; il difetto di prova dell’autonomia funzionale del X tale da poterlo individuare come ramo d’azienda, conduceva all’illegittimità della cessione del contratto di lavoro, con conseguente ripristino dello stesso in capo alla T.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la T.I. spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi.
F.A. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.
La P. & C. R.E. spa non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione di plurime norme di diritto, si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto l’interesse ad agire del lavoratore.
1.1 II motivo non merita accoglimento, posto che deve riconoscersi l’interesse concreto ed attuale del lavoratore, in un contesto di incertezza non eliminabile se non attraverso il ricorso alla giurisdizione, all’individuazione del soggetto con il quale deve ritenersi intercorrere il suo rapporto di lavoro.
Ed invero, nel rapporto obbligatorio, il debitore è, di regola, indifferente al mutamento della persona del creditore, mentre il mutamento della persona del debitore può ledere l’interesse del creditore.
In base a questo principio (cfr. artt. 1269, comma 1, 1272, comma 1, 1273, comma 1, 1406 cc) deve considerarsi inefficace la cessione del contratto di lavoro qualora il lavoratore, titolare di crediti verso il datore, non abbia prestato il consenso di cui all’art. 1406 cc; l’art. 2112 cc, che permette all’imprenditore il trasferimento dell’azienda, con successione del cessionario negli obblighi del cedente e senza necessità di consenso del lavoratore, costituisce eccezione a detto principio e non si applica se non sia identificabile, quale oggetto del trasferimento, un’azienda o un suo ramo, da intendere come entità economica organizzata in maniera stabile e con idoneità alla produzione o allo scambio di beni o di servizi.
Di conseguenza sussiste l’interesse del lavoratore ad accertare in giudizio la non ravvisabilità di un ramo d’azienda in un complesso di beni oggetto del trasferimento e perciò l’inefficacia di questo nei suoi confronti, in assenza di consenso.
Né questo interesse è escluso dalla solidarietà di cedente e cessionario stabilita dal capoverso dell’art. 2112 cc, la quale ha per oggetto solo i crediti del lavoratore ceduto “esistenti” al momento del trasferimento e non quelli futuri, onde ben può considerarsi
l’esistenza di un pregiudizio a carico del ceduto nel caso di cessione dell’azienda a soggetto meno solvibile.
2. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 2112 cc, deduce che la Corte territoriale aveva confuso due concetti tra loro diversi, vale a dire l’autonomia funzionale del ramo ceduto e la sua consistenza, posto che il concetto di articolazione funzionalmente autonoma individua un concetto di natura organizzativa, ossia delle esistenza di una organizzazione dotata della idoneità a svolgere un determinato servizio ovvero a produrre un determinato bene; a tal fine non potevano quindi ritenersi rilevanti gli elementi indicati nella sentenza impugnata, ivi compresa l’esiguità dei beni che compongono il ramo.
Con il terzo motivo, denunciando vizio di motivazione, la ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia spiegato la ragione per cui la mancanza di alcuni elementi organizzativi non consentiva di ritenere esistente l’autonomia funzionale, costituendo “un dato pacifico che il ramo abbia continuato a svolgere la propria attività”, senza che fosse stato neppure dedotto, né accertato, che la cessionaria ne aveva integrato la dotazione organica.
Con il quarto motivo, denunciando violazione dell’art. 2112 cc, la ricorrente rileva che, nelle due sentenze richiamate in quella impugnata, la Corte d’Appello di Roma aveva ritenuto che la manodopera impiegata non fosse provvista di specializzazione professionale, nella specie però non necessaria, siccome non richiesta dall’attività esercitata.
Con il quinto motivo, a quanto è dato intendere sempre riferito al contenuto delle due sentenze richiamate, la ricorrente, denunciando violazione di plurime norma di legge, si duole che l’inesistenza di un’autonomia funzionale del ramo alienato sia stata ritenuta dimostrata anche dai frequenti ed intensi rapporti tra il ramo stesso e la struttura della T. con la quale si interfacciava.
Con il sesto motivo, denunciando violazione dell’art. 2112 cc, la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto che il breve periodo di tempo intercorso fra la riorganizzazione del ramo ed il suo trasferimento facesse presumere una connessione fra i due eventi, traendone la conseguenza della insussistenza del requisito della preesistenza.
3. Va anzitutto osservato che l’affermazione della sentenza impugnata relativa all’utilizzabilità degli elementi raccolti in altri giudizi aventi ad oggetto la medesima vicenda trova la sua rilevanza argomentativa solo in relazione a quelli, di tali non altrimenti specificati elementi, che siano stati effettivamente richiamati; e quindi, in concreto, al solo rilievo, nei termini già indicati, della esiguità del valore delle immobilizzazioni materiali.
Dal che discende l’inammissibilità del quarto, del quinto e del sesto motivo di ricorso, siccome riferentisi a valutazioni che, quand’anche svolte nelle sentenze richiamate (ma, al riguardo, il ricorso è anche privo del requisito dell’autosufficienza), non trovano puntuale e decisivo riscontro nella motivazione della pronuncia impugnata.
4. Il secondo e il terzo motivo, tra loro connessi, possono esser esaminati congiuntamente.
Deve premettersi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 2112 cc presuppone che vengano trasferiti, nella loro funzione unitaria e strumentale, beni materiali destinati all’esercizio dell’impresa, ovvero strutture a tal fine organizzate (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 18385/2009; 13270/2007; 10193/2002; 20012/2005); ciò in quanto, seppure un’azienda (o un ramo d’azienda) possa comprendere anche beni immateriali, non può tuttavia ridursi solo ad essi, posto che la stessa nozione di azienda (art. 2555 cc) postula la necessità di beni materiali organizzati fra loro in funzione dell’esercizio dell’impresa, di fatto impossibile in totale assenza di strutture fisiche, per quanto modeste le stesse siano; peraltro, anche laddove i beni immateriali assumano preponderante rilevanza, è d’uopo, ad evitare la realizzazione di un mero trasferimento di mano d’opera, che il ramo d’azienda trasferito sia caratterizzato dall’organizzazione e dal coordinamento, in modo stabile, di dipendenti la cui capacità operativa sia assicurata dal fatto di essere dotati di un particolare know how, o, comunque, dall’utilizzo di copyright, brevetti, marchi, o altro (cfr, Cass., n. 5678/2013).
Sempre in virtù dell’art. 2112 c.c., deve intendersi per ramo autonomo d’azienda, come tale suscettibile di trasferimento, ogni entità economica organizzata in maniera stabile che, in occasione del trasferimento, conservi la propria identità; il che presuppone però una preesistente realtà produttiva funzionalmente autonoma e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 20422/2012; 21697/2009; 21481/2009; 2489/2008; n. 13270/2007).
Nel caso in esame la sentenza impugnata si fonda sul rilievo, reiteratamente affermato, secondo cui la T., a tanto onerata, non aveva fornito la prova dell’autonomia funzionale del X., tale da poterlo individuare come ramo d’azienda.
Una pertinente censura a tale affermazione non può dunque concretizzarsi soltanto nella pretesa irrilevanza degli elementi indicati dalla Corte territoriale come necessari a tal fine, ma avrebbe dovuto essere svolta, in positivo, attraverso la precisa indicazione delle fonti di prova, ritualmente acquisite al processo, dalle quali, se esaminate, si sarebbe dovuto ritenere l’avvenuto assolvimento di tale onere probatorio.
La ricorrente non specifica tuttavia quali siano, e tanto meno in che termini e modi sarebbero state acquisite, siffatte fonti di prova; né, a tal fine, può ritenersi sufficiente il rilievo che costituirebbe “un dato pacifico che il ramo abbia continuato a svolgere la propria attività”, sia perché, in violazione del principio di autosufficienza, non sono state indicate le emergenze processuali dalle quali dovrebbe desumersi tale pacificità, sia perché la mera prosecuzione dell’attività ad opera del ramo ceduto non dimostra affatto che lo stesso configurasse una realtà produttiva funzionalmente autonoma, ossia proprio ciò che l’odierna ricorrente avrebbe dovuto dimostrare a sostengo della legittimità dell’operato trasferimento.
I motivi all’esame non possono pertanto trovare accoglimento.
5. In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo e da distrarsi a favore dei difensori antistatari avv.ti E.L. e P.M.M., seguono la soccombenza.
Non è luogo a provvedere al riguardo nei confronti della parte rimasta intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese in favore di F.A., da distrarsi a favore dei difensori avv.ti E.L. e P.M.M. e che liquida in euro 4.100,00 (quattromilacento), di cui euro 4.000,00 (quattromila) per compenso, oltre accessori come per legge; nulla per le spese quanto alla parte rimasta intimata.